Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29580 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 29580 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’AVV_NOTAIO generale dello Stato ;
– ricorrente –
contro
Fallimento RAGIONE_SOCIALE, con AVV_NOTAIO;
– controricorrente –
Avverso la sentenza n. 535/03/23 resa dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado delle Marche e depositata in data 23 giugno 2023.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23 ottobre 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
1. Con avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO per l’anno di imposta 2003 nei confronti della ‘RAGIONE_SOCIALE‘, esercente attività di impresa di costruzioni, l’Ufficio ha accertato: un maggior reddito per € 558.508, di cui € 258.423 derivanti da ricavi non
ACC ANALITICO INDUTTIVO
dichiarati e € 300.085 relativi a ricavi di competenza non imputati all’esercizio, cui corrispondeva una maggiore imposta IRPEG pari ad € 189.893 e IRAP maggiore pari ad € 28.764; maggiori imponibili IVA pari ad € 258.423, di cui € 73.440 con aliquota del 4% . L’Ufficio in particolare ha constatava numerose anomalie relativamente al prezzo di compravendita di alcuni appartamenti. Tali prezzi risultavano addirittura la metà rispetto ai valori più alti dichiarati in cessioni comparabili (valori OMI e comparazione con i dati rilevati nella zona dal Bollettino immobiliare) in modo da rilevarsi incongruenze tali da far presupporre che i valori dichiarati nelle compravendite immobiliari intercorse tra le parti non corrispondessero a quelli effettivi.
In particolare la ditta RAGIONE_SOCIALE, nel corso del 2003, con due diverse compravendite, in data 21/7/2003 e 30/10/2003, aveva acquistato dalla contribuente ben 5 appartamenti comprensivi di garage, con prezzi scostati e modalità di pagamento che presentavano delle incongruenze. Infatti, a fronte di un saldo creditorio nei confronti del RAGIONE_SOCIALE di € 200.903 (tenuto conto che la fattura 44 del 21/7/2003 è stata annullata dalla nota di credito 5 del 30/10/2003) erano presenti ben 5 accolli di mutuo per complessivi € 327.584,17, riscontrabili sia dagli atti notarili che dal conto mastro del cliente COGNOME (il che evidenzia già di per sé un corrispettivo superiore di € 126.680 a quello dichiarato). Inoltre, tale incongruenza è evidenziata anche dal conto di mastro del COGNOME, che si chiude con un saldo negativo di € 90.585. Infine, la società aveva erroneamente contabilizzato la cessione del 30/10/2003. Infatti, in riferimento alla vendita della Palazzina ‘A’ a favore del COGNOME, di cui alla fattura n. 57 del 30/10/2003, la stessa società non aveva contabilizzato tra i ricavi nell’anno 2003 il 1° acconto ricevuto in data 19/9/2001 di € 300.084, mentre aveva correttamente imputato tra i ricavi dell’anno il 2° acconto ricevuto in data
16/12/2002 di € 33.732,48, mentre l’art. 75 comma 2 del D.P.R. 917/1986 (dal 1.1.2004 art 109 c. 2) dispone che i ricavi di vendita si considerano conseguiti al momento del trasferimento giuridico della proprietà, ossia nel presente caso nel 2003.
In base a tali elementi, l’Ufficio ha ricostruito, con metodo analiticoinduttivo ai sensi dell’art. 39 comma l lettera d) del DPR. 600/73, i ricavi limitatamente alle cessioni immobiliari in parola (pertanto con accertamento ‘parziale’ ex art. 41 cit. dpr). A tale scopo, l’Amministrazione ha moltiplicato i metri quadri dell’appartamento + ½ della superficie del garage per il valore di € 1.3200 indicato per costruzioni analoghe nella zona dall’OMI. Tale determinazione si basa sui seguenti fatti: 1) corrisponde al prezzo/mq indicato in atti dalle parti nelle cessioni in favore di altri acquirenti (COGNOME NOME NOME prezzo applicato = € 1.337,79 al mq.; COGNOME NOME prezzo applicato= € 1.329,79 al mq) corrisponde al valore indicato nella perizia estimatoria richiesta dalla banca al fine del rilascio del mutuo per la compravendita COGNOME–COGNOME; altre cessioni dichiarano prezzi/mq addirittura superiori rispetto a quello ricostruito. L’Ufficio ha, inoltre, riscontrato violazioni formali relative alla numerazione irregolare del Libro Inventari, alla mancata indicazione del metodo di valutazione delle rimanenze sul libro inventari, sanzionando tali condotte ex art.9 del D. Lgs. n. 471 del 18/12/1997. La CTP, con sentenza n. 733/01/15, ha accolto il ricorso. L’Ufficio ha proposto appello alla CTR, insistendo sugli elementi presuntivi addotti. Intervenuta la declaratoria di fallimento, la curatela ha chiesto prima l’interruzione e successivamente si è costituita in giudizio. Il giudizio di II grado, dichiarato interrotto con decreto n.387/2018 del 3/8/2018, è stato erroneamente dichiarato estinto. Avverso l’estinzione, ha proposto reclamo l’RAGIONE_SOCIALE e , annullato il decreto, finalmente la causa è stata tenuta in decisione. La Corte di giustizia di II grado delle Marche, ha respinto l’appello con la motivazione
seguente: ‘L’appello non può essere accolto. La sentenza di prime cure, la quale accoglie le preliminari eccezioni di illegittimità sollevate dal contribuente in merito alla procedura accertativa utilizzata va confermata. Infatti l’ADE al fine di giustificare il ricorso alla procedura accertativa analiticoinduttiva di cui all’art. art. 39 comma 1 lett. d), denuncia la presenza nella contabilità della società contribuente (nel prosieguo dichiarata fallita) di violazioni formali e nello specifico: -numerazione irregolare del libro inventari; – mancata indicazione del metodo di valutazione delle rimanenze sul libro inventari, relativa ad ogni cantiere (per le voci ‘manodopera’ e ‘spese generiche’), in merito alla quale non viene fornita alcuna indicazione utile per la loro suddivisione in quanto la formula utilizzata dal contribuente è eccessivamente generica e tale da non consentire la individuazione delle suddette voci, ad eccezioni dei costi rinvenibili dal bilancio. I primi giudici hanno ritenuto che le suddette violazioni formali denunciate dall’Ufficio fossero di scarso rilievo. E tale conclusione è condivisa da questo collegio anche perché dette violazioni formali non hanno inciso né impedito una valutazione da parte dell’Ufficio della contabilità della società accertata e tutto al più avrebbero potuto dar luogo a delle sanzioni… Né peraltro verso potrà soccorrere l’Ufficio il ricorso all’art. 41/bis DPR cit. ai fini della rideterminazione del reddito per violazioni sostanziali in quanto l’utilizzo da parte dell’Ufficio dell’accertamento parziale di cui alla norma citata presuppone la presenza di elementi certi, precisi e concordanti che non possono essere ravvisati nei cosiddetti valori OMI e/o RAGIONE_SOCIALE immobiliare dell’Adriatico, i quali tale efficacia non realizzano … in assenza di ulteriore attività istruttoria …l’accertamento di un maggior reddito derivante dalla predetta cessione di beni immobili non può essere fondato soltanto sulla sussistenza di uno scostamento tra il corrispettivo dichiarato nell’atto di compravendita ed il valore normale del bene quale risulta dalle quotazioni OMI, ma richiede la
sussistenza di ulteriori elementi indiziari gravi, precisi e concordanti’ (Cfr. Cassazione, pronunce nn. 2155/2019 e 9474/2017)’ così Cass -sent. 4141/2021.’
A fronte di ciò l’RAGIONE_SOCIALE propone ricorso in cassazione affidato a un solo motivo, mentre il fallimento resiste con controricorso e da ultimo lo stesso ha depositato memoria illustrativa.
CONSIDERATO CHE
1. Con l’unico motivo l’RAGIONE_SOCIALE deduce ‘ Violazione degli artt. 39 comma 1 lett. d) DPR 600/73 e 54 DPR 633/72 e falsa applicazione dell’art. 39 comma 2 dpr 600/73, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. E’ pacifico e incontroverso che l’Ufficio ha proceduto con metodologia analitico-induttiva ex art. 39 comma 1 lett. d) dpr 600/73. La CTR ha annullato l’accertamento sull’assunto che: – per avvalersi dell’ accertamento analitico induttivo l’Ufficio dovrebbe preventivamente accertare la ricorrenza di irregolarità contabili tali da impedirgli la ricostruzione degli imponibili (…). Come è noto, l’art. 39 comma 1 lett. d) DPR 1973/600 prevede che ‘l’esistenza di attività non dichiarate…… è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici purché queste siano gravi, precise e concordanti’ (art. 39 co 1 lett. d). Analoga previsione si rinviene nella disposizione dell’art 54 co.2 DPR 1972/633 in tema di Iva. La chiara lettera della norma non prescrive una previa prova della ricorrenza di anomalie che giustifichino il ricorso al metodo analitico induttivo. La ricostruzione analitico induttiva costituisce infatti l’ordinario metodo di accertamento, che comporta l’ordinario onere della prova a carico dell’Ufficio, onere che , come è noto, è assolto anche mediante il ricorso a presunzioni purché munite dei caratteri di cui all’art. 2727 cc. Mediante tale metodo, l’Ufficio non disattende per intero le dichiarazioni fiscali e la contabilità aziendale, ma anzi si basa su di esse, essendo legittimato a rettificarle al fine di ripristinare l’aderenza del dato formale a quello sostanziale. Proprio il carattere ordinario e l’assenza di
un’alterazione dell’onere della prova comportano che il ricorso al metodo analitico induttivo non richieda la previa verifica di alcun requisito a monte dell’accertamento stesso. Infatti, la difformità tra il reddito dichiarato e quello reale ben può risultare direttamente dall’esito dell’attività accertativa condotta con il metodo analitico induttivo, non necessitando questa di alcuna prova preventiva sulla ricorrenza di indici di anomalia. (…) La ratio della disposizione di cui all’art. 39 commi 1 e 2 dpr 600/73 è quella di prevedere ordinariamente il ricorso al metodo analitico-induttivo al fine di addivenire alla rettifica sostanziale degli imponibili dichiarati con onere della prova a carico dell’Ufficio e , soltanto in particolari ipotesi, il ricorso al metodo sintetico al fine di ricostruire direttamente l’imponibile anche sulla base di presunzioni semplicissime (…) Ne consegue che mentre la legittimità dell’accesso al metodo induttivo puro richiede effettivamente l’accertamento anche giudiziario della ricorrenza delle particolari ipotesi, analoga esigenza non sussiste , né è in alcun modo prevista per l’adozione del metodo analitico -induttivo.’
La difesa erariale richiama a suffragio della propria ricostruzione la giurisprudenza di questa Corte secondo cui ‘è consentito all’Ufficio dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate e desumere, sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, maggiori ricavi o minori costi, rideterminando induttivamente il reddito del contribuente mediante applicazione di percentuali di ricarico, con conseguente spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente’ (Cass. civ. Sez. V Ord., 14/06/2021, n. 16749); ‘l’esistenza di attività non dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, con conseguente inversione dell’onere della prova, spettando al contribuente dimostrare – anche in presenza di scritture contabili formalmente corrette l’infondatezza della pretesa fiscale’ (Cass. civ. Sez. V Ord., 20/05/2021, n. 13842). E’ appena il caso di
precisare che il meccanismo presuntivo determina l’inversione dell’onere della prova (Cass. n. 9755/2003, n. 17016/2002), legittimando l’esercizio del potere di accertamento induttivo (Cass. n. 11645/2001, n. 1628/1995) non perché l’Amministrazione finanziaria non abbia l’onere di dimostrare la fondatezza della propria pretesa impositiva (Cass. n. 7477/2002), ma perché tale prova può essere data mediante presunzioni fondate su presunzioni semplici.
1.1. Il motivo è fondato.
La giurisprudenza di questa Corte regolatrice si è chiaramente espressa in ordine alla fatto che l’inattendibilità della contabilità costituisce, nel caso dell’accertamento analitico induttivo solo il punto di arrivo, cioè il risultato dell’applicazione di elementi presuntivi per la ricostruzione di elementi reddituali, ma in base ad una praesumptio hominis fondata su elementi gravi, precisi e concordanti, laddove, viceversa, nel caso dell’accertamento induttivo pure l’inattendibilità costituisce un presupposto immancabile, a seguito del quale la ricostruzione della contabilità avverrà a mezzo anche di presunzioni c.d. super semplici (in tal senso, da ultimo, Cass. n. 16901/25).
Ne deriva la piana conseguenza che ben può l’amministrazione procedere alla ricostruzione del reddito sulla base di elementi gravi, precisi e concordanti, pur senza procedere ad una preventiva dimostrazione circa l’inattendibilità della contabilità, perché essa appunto si dimostrerà (con riguardo agli elementi così ricostruiti) come tale solo all’esito del processo inferenziale, però ancorato ai requisiti richiesti in via ordinaria già descritti e, pur indicati dall’art. 39 del d.p.r. n. 600/73, sono in primis introdotti nell’ordinamento dall’art. 2729 c.c. come fondanti una regolare prova presuntiva di un fatto ignoto.
La sentenza impugnata, che in qualche modo pare pur consapevole della possibilità per l’amministrazione di procedere alla
ricostruzione dei ricavi anche senza imputare preliminarmente un’inattendibilità formale della contabilità, purtuttavia erra nel governo delle norme che era chiamata ad applicare, laddove trascura il fatto che l’amministrazione non si era limitata ad allegare, per costruire una diversità dei ricavi rispetto alle dichiarazioni ed alla contabilità della società contribuente, un solo elemento e cioè i valori OMI od il bollettino degli immobili, ma anche altri elementi, costituiti dalla perizia di valutazione da parte di un terzo del valore di un edificio similare (e realizzato nel medesimo contesto) e i prezzi di compravendita per immobili simili conclusi dalla stessa contribuente (anch’essi realizzati nello stesso contesto) con altri soggetti, esimendosi così dalla verifica circa la sussistenza nella specie dei presupposti perla sussistenza dei requisiti fondanti una presunzione semplice più volte ricordati.
3.Da quanto precede discende la cassazione dell’erronea pronuncia con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado che provvederà a conformarsi ai principi qui espressi ed altresì a liquidare le spese del giudizio.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata, rinviando alla Corte di giustizia tributaria delle Marche che, in diversa composizione, deciderà la controversia adeguandosi ai principi qui espressi e determinerà le spese del giudizio.
Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2025
Il Presidente (NOME COGNOME)