Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32747 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32747 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
Oggetto: TRIBUTI
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6596/20234 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore e rappresentata e difesa dall’ Avvocatura Generale dello Stato con domicilio in Roma, INDIRIZZO (PEC: EMAIL
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NAPOLI, NOME COGNOME e NOME COGNOME tutti
rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOMEp.e.c. EMAIL)
– tutti controricorrenti – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, n. 278/07/2023 depositata in data 26/01/2023, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 22/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
la società RAGIONE_SOCIALE nonché i soci della stessa, NOME COGNOME (accomandante al 15%), NOME COGNOME (accomandante al 5%), NOME COGNOME (accomandante al 5%), NOME COGNOME (accomandante al 5%), NOME COGNOME (accomandante al 65%) e NOME COGNOME (accomandante al 5%) erano oggetto di verifica fiscale generale ai fini II.DD., IRAP e IVA con riferimento all’anno 2015, in conseguenza della quale l’Ufficio notificava alla società e ai propri soci i relativi avvisi di accertamento aventi ad oggetto, rispettivamente, IVA e IRAP (quanto alla società) e IRPEF (quanto ai soci);
la CTP rigettava i ricorsi riuniti; appellavano i contribuenti;
con la sentenza qui gravata, la CTR ha riformato la pronuncia di primo grado accogliendo le impugnazioni;
ricorre a questa Corte l’Amministrazione finanziaria con atto affidato a quattro motivi;
-resistono i contribuenti con unico controricorso, illustrato con memoria;
Considerato che:
-va preliminarmente affrontata e disattesa l’eccezione posta in controricorso riguardante la asserita tardività del gravame proposto di fronte a questa Corte;
invero, l’art. 1 comma 199 della L. n. 197 del 2022 in vigore dal 31/03/2023 come modificato dal d. L. n. del 30/03/2023 n. 34 , all’art. 20, prevede che ‘ per le controversie definibili sono sospesi per undici mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione, nonché’ per la proposizione del controricorso in cassazione che scadono tra la data di entrata in vigore della presente legge e il 31 ottobre 2023 ‘;
-la formulazione, inequivoca, dell’enunciato normativo (l’uso del modo indicativo: ‘…sono sospesi…’ indica chiaramente la natura automatica ed obbligatoria della sospensione, che è stata introdotta al fine di garantire al contribuente un adeguato spatium deliberandi da utilizzare per valutare se aderire o meno alla procedura di estinzione della controversia;
in tale contesto, e muovendo proprio da detta premessa logica, il legislatore ha, quindi, da un lato, individuato le controversie definibili, dall’altro, ha previsto la sospensione dei termini processuali sganciando tale sospensione dalla effettiva presentazione o meno dell’istanza di definizione, poiché ai fini della sospensione in argomento ciò che conta è che la controversia sia suscettibile di definizione (la disposizione richiama appunto quelle ‘definibili’) e non anche concretamente definita;
vanno quindi esaminati i motivi di censura proposti da parte ricorrente;
il primo motivo, ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3) c.p.c., denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 39, c. 1, lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 2697 c.c., per essere la Corte tributaria di merito incorsa in error in iudicando nel capo con cui è stata esclusa, nel caso, la sussistenza dei presupposti per procedere a un accertamento analitico-induttivo che prescinda dalle risultanze dei documenti contabili di parte contribuente;
il secondo motivo, proposto in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c. si duole della nullità della sentenza viziata da motivazione soltanto apparente ex artt. 32, 112, e 132 c. 2 n. 4 c.p.c. e 111 c. 7 Cost.;
il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360 n. 3) c.p.c., censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 39, comma 1, lett. d) e 40 del d.P.R. n. 600 del 1973, 54, comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972; degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c. per avere la Corte tributaria di secondo grado commesso ulteriore error in iudicando , nel capo di pronuncia con cui, esclusa la sussistenza dei presupposti legittimanti l’accertamento analitico-induttivo di cui al contestato avviso di accertamento per ciò solo ha ritenuto di caducare l’accertamento effettuato dall’Amministrazione Finanziaria;
il quarto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360 n. 5) c.p.c. lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, consistente nella mancata dimostrazione ad opera della contribuente di prova contraria idonea a confutare l’accertamento analitico-induttivo posto in essere dall’Amministrazione, sussistendo invece -secondo parte ricorrente prova invece decisiva, emergente dalla documentazione versata in atti e considerata dal Giudice di merito;
osserva il Collegio che va in primo luogo rigettato il secondo motivo, in quanto infondato;
Cons. Est. NOME COGNOME 4 – invero, secondo la giurisprudenza costante di questa Corte «ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento» (Cass. n. 9105 del2017; Cass. n. 25456 del 2018; n. 22949 del 2018; Cass., 20 dicembre 2021, n. 40735; Cass., 5 luglio 2022, n. 21302; Cass. n. 6032 del 2023): nella specie, la CTR – con una motivazione succinta ma tale da attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111,
comma 6, Cost. -ha espresso le ragioni, corrette o meno che siano qui non interessa, che l’hanno condotta a decisione;
il primo, il terzo e il quarto motivo, suscettibili di esame congiunto in quanto strettamente connessi tra di loro sia logicamente, sia giuridicamente, risultano invece fondati e debbono trovare accoglimento;
-l’Ufficio, partendo dal presupposto che la pronuncia abbia qualificato la metodologia di accertamento applicata come ‘induttivo puro’, in ordine alla quale ha ritenuto non sussistessero i requisiti di legge, ritiene tale conclusione violatrice della norma surrichiamata perché l’Ufficio, non avendo sconfessato la contabilità ma avendo proceduto solo a rettifiche di singole componenti ed avendo proceduto alla ricostruzione tramite presunzioni semplici, sarebbe invece ricorso alla metodologia ‘analitico -induttiva’, prevista dalla norma indicata e non dal secondo comma dell’art. 39, d.P.R. n. 600 del 1973; ne deriverebbe che il ricorso a tale metodologia peraltro era nella specie pienamente legittimo visto che la norma, quali presupposti, non indica affatto un numero minimo di violazioni, ma solo la presenza di incompletezze, inesattezze o infedeltà. In tale situazione l’Agenzia aveva proceduto alla prova per presunzioni, dotate però delle caratteristiche di gravità, precisione e concordanza;
invero, la sentenza impugnata ha ritenuto non sussistere ‘gli elementi che possano legittimare il ricorso alla metodologia analitico-induttiva, non integrando i requisiti previsti dalla legge di gravità precisione e concordanza, che hanno portato l’Ufficio a disconoscere la contabilità (pur formalmente corretta) della società’;
Cons. Est. NOME COGNOME 5 – come si evince da quanto trascritto in ricorso, l’Ufficio ha proceduto a controllo di tipo analitico -induttivo alla luce di elementi gravi precisi e concordanti. La scelta di procedere a tale metodologia accertativa nei confronti del contribuente scaturiva da: 1) bassa redditività sin dall’anno di costituzione; 2) non congruità e la non coerenza dei redditi dichiarati
allo studio di settore WG36U; 3) non correttezza/infedeltà dello Studio di settore WG36U presentato per il periodo d’imposta 2015 ossia:
-dall’analisi delle fatture attive, nonché dalle dichiarazioni rese dalla parte in sede di contraddittorio del 30 maggio 2018, emergeva che una parte delle bevande (nello specifico i vini) veniva venduta con asporto, circostanza non evidenziata nello studio di settore;
nello studio di settore presentato veniva indicata una percentuale di vendite con menù a prezzo fisso del 20%. Tale dato non veniva riscontrato nell’ambito della documentazione fiscale in quanto non evincibile né dagli scontrini emessi, né dal menù prodotto; erano rilevate incongruenze scaturite dal raffronto del dettaglio delle esistenze iniziali con quello delle rimanenze finali; dal controllo della contabilità venivano rilevate delle fatture di vendita di vino a fronte di esistenze iniziali di tale prodotto pari a zero e nessun acquisto dello stesso effettuato in corso d’anno; si rilevava la mancata presentazione, a seguito di richiesta dei verbalizzanti, del listino prezzi dei vini venduti a bottiglia, ma solo la trasmissione di quello relativo a vini somministrati a calice; l’esame degli scontrini emessi aveva rilevato una estrema approssimazione/vaghezza nella descrizione dei prodotti somministrati in quanto recavano diciture dal carattere generico; la medesima criticità veniva rilevata anche nell’ambito delle fatture di acquisto della carne presso il fornitore RAGIONE_SOCIALE; era rilevata l’ assenza di fatture di acquisto di materie prime normalmente somministrate dal locale, (pasta, pesce e dolci, prodotti presenti nel menù); infine, dal riscontro a campione dei pagamenti effettuati dalla clientela a mezzo P.RAGIONE_SOCIALES. e degli scontrini emessi, erano stati individuati i seguenti pagamenti che non trovavano riscontro nei corrispettivi e nelle fatture emesse in pari data;
Cons. Est. NOME COGNOME – orbene, diversamente da quanto erroneamente ritenuto dalla Corte tributaria di merito, tali numerosi e consistenti elementi costituivano in realtà circostanze munite dei requisiti indiziari di gravità, precisione e
concordanza, come tali idonei a fondare la prova della pretesa tributaria, salva la prova del contrario in capo al contribuente;
– va premesso che, per i soggetti obbligati alla tenuta della contabilità (art. 13, d.P.R. n.600 del 1973) l’art. 39, d.P.R. n. 600 del 1973 prevede tre metodologie di accertamento: 1) rettifica contabile analitica, prevista dal primo comma, lett. a), b) e c), dell’art. 39 cit., basata sul riscontro documentale; tale controllo non può prescindere dai dati contabili, ritenuti attendibili, che dovranno dunque essere utilizzate per la ricostruzione di singole categorie di reddito in sede di rettifica; 2) rettifica analitico-induttiva, prevista dal primo comma, lett. d) che è basata sul ricorso a dati, notizie e documenti raccolti nonché su presunzioni semplici, cioè aventi le caratteristiche previste dall’art. 2729, cod. civ. (c.d. praesumptiones hominis ), che vengono utilizzate per le rettifiche, avendo come fatto noto uno o più fattori produttivi; condizione per l’applicazione di tale metodologia è costituita dalla non totale inattendibilità della contabilità, che dunque almeno in parte viene utilizzata, e dalla circostanza per cui dalle fonti probatorie suddette si ricavi l’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza di passività dichiarate; 3) rettifica induttiva pura, prevista dal secondo comma della disposizione in esame, che prescinde completamente dalle risultanze contabili e di bilancio e consente il ricorso a presunzioni prive delle caratteristiche prevedute dall’art. 2729 c.c.;
– alla luce di quanto precede, emerge con tutta evidenze l’errore di sussunzione in cui è caduta la Corte tributaria di merito, laddove ha ritenuto che si sarebbe in presenza di accertamento induttivo puro. Viceversa, l’esame circa la sussistenza dei presupposti di legge per la legittimità dell’accertamento, andava effettuato alla luce del disposto di cui all’art. 39, primo comma, lett. d), d.P.R. n. 600 del 1973, e non -come fatto dalla sentenza – in base ai presupposti previsti dal secondo comma della stessa disposizione, propri invece dell’accertamento induttivo puro;
con riguardo a tale esame, la sussistenza dei dieci elementi indiziari trascritti in ricorso, rendeva legittimo il ricorso all’accertamento analitico -induttivo; si tratta di elementi idonei, ciascuno e tutti nel loro complesso, a fondare la prova presuntiva della pretesa di maggiori tributi, il cui contenuto probatorio andava valutato e posto a confronto con la prova del contrario della quale era quindi onerato il contribuente; – ritiene la giurisprudenza costante di questa Corte (in argomento si veda Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 2482 del 29/01/2019; Sez. 3, Sentenza n. 1163 del 21/01/2020) che l’art. 2729 c.c. ammetta solo le presunzioni che abbiano i connotati della gravità, precisione e concordanza, laddove: la “precisione” va riferita al fatto noto (indizio) che costituisce il punto di partenza dell’inferenza e postula che esso non sia vago, ma ben determinato nella sua realtà storica; la “gravità” va ricollegata al grado di probabilità della sussistenza del fatto ignoto che, sulla base della regola d’esperienza adottata, è possibile desumere da quello noto; la “concordanza” richiede che il fatto ignoto sia, di regola, desunto da una pluralità di indizi gravi e precisi, univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza, dovendosi tuttavia precisare, al riguardo, che tale ultimo requisito è prescritto esclusivamente nell’ipotesi di un eventuale, ma non sempre necessario, concorso di più elementi presuntivi;
orbene, gli elementi qui dedotti e provati dall’Ufficio, analiticamente riportati e descritti in ricorso per cassazione a pag. 3 (si tratta di ben dieci circostanze di fatto) risultano in concreto effettivamente rispondenti sia al requisito della gravità perché indicano una indiscutibile inferenza probabilistica confermativa della tesi dell’Amministrazione Finanziaria, sia al requisito della precisione;
essi, infatti, dirigono non verso inferenze probabilistiche plurime ma verso la sola inferenza assunta dall’Ufficio e posta a base della pretesa tributaria; inoltre, quanto al requisito della concordanza, ne sono
egualmente muniti perché nessuno di tali elementi è dissonante rispetto alla pretesa;
è poi pacifico che competa alla Corte di cassazione, nell’esercizio della funzione nomofilattica che esclusivamente le compete, il controllo della corretta applicazione dei principi contenuti nell’art. 2729 c.c. alla fattispecie concreta, poiché se è devoluta al giudice di merito la valutazione della ricorrenza dei requisiti enucleabili dagli artt. 2727 e 2729 c.c., per valorizzare gli elementi di fatto quale fonte di presunzione, tale giudizio è soggetto al controllo di Legittimità se risulti che, violando i criteri giuridici in tema di formazione della prova critica, il giudice non abbia fatto buon uso del materiale indiziario disponibile, negando o attribuendo valore a singoli elementi, senza una valutazione di sintesi (cfr. Cass., sez. 5, ord. 19352 del 2018, Cass., sez. 6 – 5, n. 10973/2017, Cass. sez. 5, n. 1715 del 2007);
infatti, qualora il giudice di merito sussuma erroneamente sotto i tre caratteri individuatori della presunzione (gravità, precisione e concordanza) fatti concreti che non sono invece rispondenti a quei requisiti, o viceversa neghi tale natura a elementi che invece ne sono muniti, il relativo ragionamento è censurabile in base all’art. 360, n. 3, c.p.c. competendo alla Corte di cassazione, nell’esercizio della funzione di nomofilachia, controllare se la norma dell’art. 2729 c.c., oltre ad essere applicata esattamente a livello di proclamazione astratta, lo sia stata anche sotto il profilo dell’applicazione a fattispecie concrete che effettivamente risultino ascrivibili alla fattispecie astratta (Sez. 3, Sentenza n. 19485 del 04/08/2017; Sez. 3, Sentenza n. 17535 del 26/06/2008);
in ordine all’utilizzo degli indizi, sono proprio e solo la gravità, precisione concordanza degli stessi a permettere di acquisire una prova presuntiva che è sufficiente nel processo tributario a sostenere i fatti fiscalmente rilevanti, accertarti dalla Amministrazione (Cass. sent. n.
1575/2007), e a far scattare l’onere in capo al contribuente di dar prova del contrario;
quando invece manca tale convergenza qualificante è allora necessario disporre di ulteriori elementi per la costituzione della prova. La giurisprudenza di legittimità ha tracciato il corretto procedimento logico del giudice di merito nella valutazione degli indizi, affermando che la gravità, precisione e concordanza richiesti dalla legge vanno ricavati dal loro complessivo esame, in un giudizio globale e non atomistico di essi (ciascuno dei quali può essere insufficiente), ancorché preceduto dalla considerazione di ognuno per individuare quelli significativi, perché necessaria la loro collocazione in un contesto articolato, nel quale un indizio rafforza e ad un tempo trae vigore dall’altro in vicendevole completamento (tra le più recenti cfr. Cass. sent. n.12002/2017; Cass., ord. n. 5374/2017; Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 37404 del 2021). Ciò che dunque rileva, in base a deduzioni logiche di ragionevole probabilità, non necessariamente certe, è che dalla valutazione complessiva emerga la sufficienza degli indizi, o anche di un solo significativo indizio, a supportare la presunzione semplice di fondatezza della pretesa, salvo l’ampio diritto del contribuente a fornire la prova contraria; – ciò posto, appare chiaro che la CTR, nel caso che si occupa, non poteva limitarsi a svalutare l’imponente contenuto indiziario di cui si è detto, che ha quindi correttamente ritenuto grave, preciso, concordante; essa ha quindi correttamente valutati, preso atto della sussistenza del triplice sopra detto carattere degli elementi indiziari in atti, ciascuno di tali elementi indiziari sia singolarmente, sia nel loro insieme, complessivamente, ponendoli confronto con quanto dedotto e provato dalla società contribuente;
la sentenza va quindi cassata, in accoglimento dei motivi di cui si è detto, con rinvio al giudice del merito per nuovo esame del fatto alla luce dei sopra esposti principi;
p.q.m.
accoglie il primo, il terzo e il quarto motivo di ricorso; rigetta il secondo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, che statuirà anche quanto alle spese del presente giudizio di Legittimità.
Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2024.