Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15505 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15505 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/06/2025
Oggetto: accertamento analitico induttivo
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11859/2021 R.G. proposto da rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME (PEC:
), elettivamente domiciliata presso lo studio dell’INDIRIZZO;
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, . NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 2362/13/2020, depositata il 19.10.2020 e non notificata.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 13 marzo 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 2362/13/2020, depositata il 19.10.2020 veniva rigettato l’appello proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE esercente attività di RAGIONE_SOCIALE, avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Pavia n. 133/1/2019 avente ad oggetto l’avviso di accertamento per II.DD.e IVA 2013 emesso ex art.39, comma 1, lett. d), d.P.R. n.600/1973.
Il giudice di prime cure rigettava il ricorso affermando che i dati risultanti dalle dichiarazioni dei redditi e dalla contabilità evidenziavano l’antieconomicità dell’attività esercitata dalla contribuente e che la ricostruzione dei ricavi era corretta. Il giudice d’appello a sua volta confermava integralmente le riprese.
Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per Cassazione la contribuente deducendo tre motivi, che illustra con memoria ex art.380 bis.1. cod. proc. civ., cui replica l’Agenzia con controricorso.
Considerato che:
1. Il primo motivo di ricorso attiene alla dedotta nullità della sentenza ai fini dell’art.360, primo comma, n.4 cod. proc. civ., in quanto conterrebbe una motivazione meramente apparente nella parte in cui la decisione del giudice di seconde cure ha ritenuto fondato l’appello del contribuente in ordine al denunciato criterio dell’antieconomicità in relazione all’accertamento analitico-induttivo, sul quale il giudice di prime cure aveva basato la propria decisione, profilo di contestazione non sollevato nell’avviso di accertamento e venuto
meno il quale le contestazioni dell’amministrazione rimarrebbero prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.
1.1. Preliminarmente, va dato atto del l’eccezione di inammissibilità del motivo sollevata dalla controricorrente per mancata individuazione delle norme processuali asseritamente violate.
In disparte da tale profilo formale, la doglianza è anche manifestamente infondata.
2.1. Si deve ribadire che la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo , quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016). La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione» (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
2.2. Nel caso di specie la motivazione del giudice di seconde cure è ampia ed articolata, contiene riferimenti circostanziati al quadro istruttorio in relazione ai molteplici profili di contestazione. Ad esempio, nel corpo della motivazione si legge: «è stato escluso lo sfrido per i prodotti preconfezionati ovvero non contenenti creme (in quanto non deperibili) siccome per torte assortite, pari al 73% del venduto, atteso che il peso delle stesse (da 6 ad oltre 10 kg) effettivamente riconduce la destinazione delle stesse ad eventi e ricorrenze, ovvero circostanze che ne presuppongono la ordinazione», cfr. pagg. 4-5 della sentenza. E ancora, «la evidente incongruenza tra i dati, obiettivi, riferiti all’anno di imposta 2013, ovvero: redditi dichiarati per euro 2.397,00, a fronte di spese sostenute per il personale dipendente di euro 40.786,00 e costi di locazione per euro 12.000,00 (né può trascurarsi che, siccome evidenziato dall’Ufficio, analoghe considerazioni valgano per gli anni 2014, 2015 e 2016, nei quali, parimenti, il reddito di impresa dichiarato è stato sistematicamente inferiore alle retribuzioni del personale dipendente» ( ibidem, p.5). Tale argomentare certamente rispetta il minimo costituzionale indipendentemente dalla questione dell’antieconomicità che, comunque, poteva ben essere introdotta in giudizio anche se non originariamente contenuta nell’avv iso.
Con il secondo motivo la ricorrente censura, ai fini dell’art.360, primo comma, n.5, cod. proc. civ., l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in relazione all’esclusione dell’elemento presuntivo dello sfrido con riguardo a prodotti preconfezionati ovvero non deperibili ovvero infine in quanto presuntivamente prodotti su ordinazione.
3.1. Preliminarmente va esaminata e disattesa l’eccezione del controricorrente di inammissibilità del secondo motivo ai sensi dell’art. 348 cod. proc. civ. per doppia conforme con riferimento al paradigma del prospettato vizio motivazionale alla luce del doppio rigetto della prospettazione di parte contribuente sia in primo sia in secondo
grado. Il collegio osserva innanzitutto che l’abrogazione dell’art. 348-ter cod. proc. civ., già prevista dalla legge delega n.206/2021 attuata per quanto qui interessa dal d.lgs. n.149/2022, ha comportato il collocamento all’interno dell’art. 360 cod. proc. civ. di un terzo comma, con il connesso adeguamento dei richiami, il quale ripropone la disposizione dei commi quarto e quinto dell’articolo abrogato e prevede l’inammissibilità del ricorso per cassazione per il motivo previsto dal n. 5 dell’art. 360 citato, ossia per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. L’eccezione non può trovare accoglimento perché ai sensi del n.5 dell’art. 360 cod. proc. civ. la preclusione sussiste «quando la pronuncia di appello conferma la decisione di primo grado per le stesse ragioni, inerenti ai medesimi fatti, poste a base della decisione impugnata» e, come si evince dagli atti processuali ed evidenziato anche dalla contribuente nella memoria illustrativa, le ragioni giuridiche poste a fondamento delle due decisioni dei giudici di merito sono state differenti. Infatti, da un lato il giudice di prime cure pone a base della decisione la ricostruzione del maggior reddito in ragione della rilevata antieconomicità dell’attività svolta. Dall’altro , il giudice d’appello, ritenendo che tale elemento costituisca solo circostanza adducibile ad ulteriore conferma dei rilievi formulati dall’Ufficio, argomenta che l’atto impositivo risulta emesso in forza delle emergenze del pvc, avendo l’attività di controllo provveduto alla disamina dei diversi prodotti oggetto di commercializzazione e della determinazione della percentuale di ricarico.
3.2. Il motivo è nondimeno inammissibile perché volto a sollecitare una rivalutazione delle risultanze istruttorie preclusa in sede di legittimità (cfr. Cass. n. 32180/2022, Cass. n. 9054/2022) dal momento che, a fronte dei puntuali rilievi del giudice di seconde cure in ordine alla deperibilità dei prodotti e delle modalità di commercializzazione al fine della quantificazione dello sfrido operata in relazione ai prodotti di maggiore consumo, con esclusione dei prodotti preconfezionati ovvero non contenenti creme, la ricorrente si limita a riproporre
la propria interpretazione del quadro probatorio, già vagliata dal giudice d’appello e disattesa sulla base della articolata argomentazione, già sopra sintetizzata.
Il terzo e ultimo motivo di ricorso censura, in relazione all’art.360, primo comma, n.3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600/1973, e non è inammissibile come sostiene il controricorso per novità della questione, poiché la sentenza di seconde cure richiama espressamente il motivo d’appello con il quale viene censurata «l’erronea/falsa applicazione dell’art. 39, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 600/1973» (cfr. pag. 2 sentenza CTR).
Nondimeno, il mezzo di impugnazione è inammissibile per difetto di specificità. La critica avanzata nel motivo non è orientata alla contestazione della pronuncia impugnata e, quindi, alla prospettazione della chiara e specifica indicazione delle ragioni per cui essa sarebbe errata, piuttosto alle censurate «criticità rilevate dall’Ufficio».
Le argomentazioni del dissenso che la parte intende sollevare nei riguardi della decisione impugnata debbono essere formulate in termini tali da soddisfare esigenze di specificità, di completezza e di riferibilità a quanto pronunciato. Il motivo che non rispetti tale requisito deve considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un non motivo, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 cod. proc. civ. n. 4 (cfr. a riguardo Cass. n. 359/2005).
In conclusione, il ricorso dev’essere rigettato e le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in euro 2.400 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Si dà atto del fatto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 13.3.2025