Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3072 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3072 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/02/2025
Oggetto:
Tributi
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 26713/2022 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’ avvocato NOME COGNOME come da procura speciale in calce al ricorso (PEC: EMAIL;
-ricorrente –
contro
Agenzia delle entrate , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell ‘Abruzzo n. 245/07/2022, depositata il 7.04.2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 novembre
2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La CTR dell ‘Abruzzo accoglieva l’ appello proposto dall ‘Agenzia delle entrate avverso la sentenza della CTP di Chieti, che aveva accolto il
ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso l’avviso di accertamento n. TAZ03I200549/2019, emesso per imposte dirette e IVA , per l’anno 20 14, sulla base delle risultanze desumibili da un PVC emesso dall’Ufficio doganale di Pescara, con il quale era stata contestata la cessione di gasolio denaturato per uso agricolo senza emissione di documento fiscale;
dalla sentenza impugnata si evince, in sintesi e per quanto ancora qui rileva, che:
il procedimento di accertamento analitico – induttivo adottato dall’Ufficio era legittimo, in quanto condotto sulla base delle scritture contabili, da cui si evincevano rimanenze giornaliere di gasolio aventi valori negativi o superiori alla capacità di deposito, omesse scritturazioni e difformità sui registri di carico e scarico dei prodotti petroliferi e mancata tenuta del registro fiscale dei DAS;
-l’Amministrazione finanziaria aveva, quindi, adeguatamente assolto al proprio onere probatorio, mentre le argomentazioni sostenute dalla contribuente erano rimaste sfornite di prove;
la società contribuente impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi;
-l’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo, la contribuente deduce la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, in particolare degli artt. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 2729 cod. civ., per avere la CTR errato nel l’utilizzare la presunzione semplice, con conseguente inversione dell’onere della prova, non per verificare la validità della ricostruzione contabile operata dall’Ufficio doganale, ma per legittimare l’accertamento induttivo eseguito, con la conseguenza che la contribuente è stata costretta a subire le risultanze dell’accertamento, nonostante gli evidenti errori commessi ;
– il motivo è infondato;
-questo Collegio condivide l’orientamento , secondo il quale, ‘ In tema di accertamento dei redditi, costituisce presupposto per procedere col metodo analitico induttivo la complessiva inattendibilità della contabilità, da valutarsi sulla base di presunzioni ex art. 39, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 600, del 1973, alla stregua di criteri di ragionevolezza, ancorché le scritture contabili siano formalmente corrette; dette presunzioni non devono essere necessariamente plurime, potendosi il convincimento del giudice fondare anche su un elemento unico, preciso e grave ‘ (Cass n. 22184 del 14/10/2020);
-per procedere all’accertamento con metodo analitico induttivo è comunque sufficiente anche una parziale inattendibilità dei dati risultanti dalle scritture contabili, nel senso che la “incompletezza, falsità od inesattezza” degli elementi indicati non è tale da consentire di prescindere del tutto dalle scritture contabili, potendo però l’Ufficio utilizzare, ai fini della dimostrazione dell’esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati, anche presunzioni semplici aventi i requisiti di cui all’art. 2729 cod. civ. (cfr. Cass. n. 33604 del 18/12/2019);
la CTR ha ritenuto che sussistevano le presunzioni, gravi, precise e concordanti per procedere all’accertamento analitico -induttivo, posto che dalla sentenza impugnata si evince che l’accertamento aveva preso le mosse da ll’esame delle scritture contabili che presentavano molteplici incongruenze, quali rimanenze giornaliere di gasolio aventi valori negativi o superiori alla capacità del deposito, omesse scritturazioni e difformità sui registri di carico e scarico dei prodotti petroliferi e mancata tenuta del registro fiscale dei DAS; a seguito della ricostruzione della contabilità aziendale e dei movimenti di deposito, anche sulla base dei DAS reperiti presso fornitori (non avendo la contribuente tenuto il relativo registro), recanti il timbro
della competente autorità doganale (che attestava l’avvenuta circolazione dei prodotti petroliferi) erano emerse rilevanti differenze che configuravano una presunzione di cessione del prodotto, senza contabilizzazione dei corrispettivi;
la presunzione di evasione è stata desunta, dunque, dai plurimi elementi indicati dall’Ufficio, fra i quali l’omessa rilevazione delle rimanenze finali, le irregolarità riscontrate sui registri di carico e scarico dei prodotti, l’omessa tenuta dei registri fiscali dei DAS, il rinvenimento presso i fornitori dei DAS riguardanti la contribuente e da questa non contabilizzati;
la CTR ha fatto, quindi, corretta applicazione della giurisprudenza di questa Corte in tema di accertamento analitico – induttivo;
con il secondo motivo, deduce la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, in particolare dell’art. 7, comma 5 -bis del d.lgs. n. 546 del 1992, introdotto con la l. n. 130 del 2022, per avere la CTR ritenuto legittimo l’avviso di accertamento impugnato, nonostante la prova della fondatezza della pretesa fosse mancante, contraddittoria o insufficiente, essendo risultata erronea la ricostruzione delle rimanenze di carburante;
il motivo è infondato, avendo questa Corte recentemente affermato che, in materia di giudizio tributario, il nuovo comma 5 -bis dell’art. 7 del d.lgs. n. 546 del 1992, introdotto dall’art. 6 della l. n. 130 del 2022, essendo una norma di natura sostanziale e non processuale, si applica ai giudizi introdotti successivamente al 16 settembre 2022, data di entrata in vigore della legge predetta (Cass. n. 20816 del 25/07/2024; n. 16493 del 13/06/2024);
-con il terzo motivo, deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, avendo il giudice di appello omesso di motivare sulla questione relativa alla legittimità o meno del metodo di accertamento utilizzato dall’Ufficio
doganale nel ricostruire la contabilità della contribuente, avendo ricostruito la quantità di carburanti, negli anni 2014 e 2015, attraverso l’esame analitico dei carichi e degli scarichi, senza arrestare il conteggio a fine anno;
il motivo è inammissibile;
-al riguardo occorre precisare che con l’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, che ha modificato l’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., è stato introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia);
si tratta di censura che, tuttavia, impone a chi la denunci di indicare, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” ( ex multis , Cass. Sez. U. n. 8053/2014 cit.);
resta fermo che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie ( ex plurimis , Cass. Sez. U. n. 8053/2014 cit.);
-nel richiedere che il vizio riguardi l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, ossia un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico – naturalistico, la cui esistenza
risulti dalla sentenza o dagli atti processuali che hanno costituito oggetto di discussione tra le parti avente carattere decisivo, l’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., nella sua nuova formulazione, esclude le mere questioni o argomentazioni difensive, quali quella formulata con la terza censura (riguardante il metodo di ricostruzione delle rimanenze), che non costituiscono “fatto storico” (Cass. n. 13024 del 26/04/2022);
la ricorrente ha censurato, nella sostanza, una insufficiente ed erronea motivazione della sentenza impugnata in ordine ad alcuni aspetti di valutazione delle prove, con ciò attingendo l’apprezzamento e l’articolata motivazione del giudice di merito, al fine di provocare un nuovo accertamento in fatto, non consentito in questa sede;
in conclusione, il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che si liquidano in euro 2.400,00, oltre alle spese prenotate a debito;
dà atto, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 21 novembre 2024