Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31306 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31306 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/12/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14923/2020 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore, ex lege domiciliata in INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE DELLO RAGIONE_SOCIALE (P_IVAP_IVA che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA della COMMISISONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA CAMPANIA -SEZ. STACCATA DI SALERNO n. 6980/2019 depositata il 19/09/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/11/2025 dal Co: COGNOME NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il contribuente NOME COGNOME conduce attività di bar con connessa vendita di generi di monopolio in agro irpino ed era attinto da avviso di accertamento per l’anno di imposta 2010, ove riprendeva a tassazione il maggio reddito induttivamente ricostruito in base alle rimanenze sugli acquisti, ai generi di monopolio venuti, alla rettifica della percentuale di ricarico significativamente inferiore -per i diversi settori merceologicidalla media d’area.
Le ragioni della parte contribuente erano apprezzate dal giudice di prossimità, ma la sentenza veniva riformata in grado d’appello, confermando integralmente la ripresa a tassazione.
Avverso questa sentenza propone ricorso il contribuente NOME COGNOME, svolgendo due motivi di impugnazione, ulteriormente illustrati con memoria in prossimità dell’adunanza, mentre spiega tempestivo controricorso l’RAGIONE_SOCIALE, con il patrocini o dell’Avvocatura generale dello Stato.
CONSIDERATO
Vengono proposti due motivi di ricorso.
1.1. Con il primo motivo si prospetta censura ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 e 5 del c.p.c., in relazione agli articoli 54 d.P.R. n. 633/1972 ed art. 39, primo comma, del d.P.R. n. 600/1973, dell’art. 2697 del codice civile e art. 115 del codice di rito civile. Nella sostanza si lamenta il ricorso al metodo analitico induttivo in assenza dei presupposti e di specifica motivazione sulla loro sussistenza.
1.2. Con il secondo motivo si profila censura ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5 del codice di procedura civile, per omessa o comunque insufficiente valutazione relativamente al capo della
sentenza che oblitera del tutto le censure del contribuente in relazione all’assunta quantità di 7 grammi necessaria per la preparazione di una tazzina di caffè.
Occorre primieramente esaminare le eccezioni di inammissibilità dei motivi sollevate dal Patrono erariale, ove afferma il carattere meritale RAGIONE_SOCIALE censure di parte privata. Così non è, innervandosi il ricorso su profili che attengono ai presupposti dell ‘accertamento analitico induttivo ed alla motivazione di rigetto.
Il ricorso è pertanto ammissibile ed i motivi possono essere esaminati.
Il primo motivo non può essere accolto. Correttamente, richiamando altresì precedenti di questa Suprema Corte di legittimità, la sentenza in scrutinio ha esaminato le condizioni legittimanti la procedura di ricostruzione del reddito con il sistema analitico -induttivo, qualora -come nel caso in esame- le percentuali di ricarico, desunte dal venduto rispetto alle rimanenze di magazzino, siano enormemente più basse della media di settore. Detto diversamente, la merce veduta -come calcolata dalla differenza degli acquisti rispetto alle rimanenze- ha generato ricavi con ricarico di poco più del 9%, contro una media di settore che va da oltre il 200% minimo ad oltre il 600% massimo. Di qui, la presunzione di maggior reddito occulto, calcolando analiticamente per singola tipologia merceologica l’adeguato ricarico medio.
3.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. V, n. 1347/2019), «l’accertamento con metodo analitico-induttivo, con quale cui il fisco procede alla rettifica di singoli componenti reddituali, ancorché di rilevante importo, è consentito, ai sensi dell’art. 39, primo comma, lett. d) del d.P.R. del 29 settembre 1973, n. 600, pure in presenza di contabilità formalmente tenuta, giacché la disposizione presuppone, appunto, scritture regolarmente tenute e, tuttavia, contestabili in forza di valutazioni condotte sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti che facciano seriamente
dubitare della completezza e fedeltà della contabilità esaminata» (cfr. Cass. nn. 20060/2014; 20857/2007; cfr., altresì, Cass. nn. 9084/2017; 14428/2005; con riferimento specifico all’IVA, si veda, altresì, Cass. n. 7184/2009; 6800/2009; 21165/2005); è stato, infine, affermato che «in tema di prova civile conseguente ad accertamento tributario, gli elementi assunti a fonte di presunzione non debbono essere necessariamente plurimi – benché l’art. 2729, primo comma, cod. civ., l’art. 38, quarto comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e l’art. 54 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 si esprimano al plurale – potendosi il convincimento del Giudice fondare anche su un elemento unico, preciso e grave, la valutazione della cui rilevanza, peraltro, nell’ambito del processo logico applicato in concreto, non è sindacabile in sede di legittimità ove sorretta da motivazione adeguata e logicamente non contraddittoria» (cfr. Cass. nn. 656/2014; 17574/2009; 8484/2009).
3.2. In tema di imposte sui redditi, la tenuta della contabilità in maniera formalmente regolare non è di ostacolo alla rettifica RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni fiscali e, in presenza di un comportamento assolutamente contrario ai canoni dell’economia, che il contribuente non spieghi in alcun modo, è legittimo l’accertamento su base presuntiva, ed il giudice di merito, per poter annullare l’accertamento, deve specificare, con argomenti validi, le ragioni per le quali ritiene che l’antieconomicità del comportamento del contribuente non sia sintomatico di possibili violazioni di disposizioni tributarie (Cass. V, n. 9084/2017). I giudici di merito hanno correttamente applicato il principio più volte affermato da questa Corte: ciò comporta l’inversione dell’onere della prova, spettando al contribuente – che nel caso di specie non vi ha provveduto, secondo l’insindacabile accertamento in fatto del giudice di merito – fornire elementi contrari intesi a dimostrare che il reddito (risultante algebrica di costi e ricavi) non è stato prodotto o che è stato prodotto
in misura inferiore a quella indicata dall’ufficio (cfr. Cass. n. 9755/2003; n.17016/2002). (Così Cass. V., n. 18865/2005).
Il procedere dell’Amministrazione finanziaria è stato coerente con questi principi ed il primo motivo di ricorso non può dunque essere accolto.
Neppure il secondo motivo è fondato.
Vi si lamenta la mancata risposta alla censura di parte contribuente in ordine alla congruità della misura di 7 g di polvere di caffè per la preparazione di una tazzina di espresso.
4.1. Non ricorre vizio di omessa pronuncia su punto decisivo qualora la soluzione negativa di una richiesta di parte sia implicita nella costruzione logico-giuridica della sentenza, incompatibile con la detta domanda (v. Cass., 18/5/1973, n. 1433; Cass., 28/6/1969, n.2355). Quando cioè la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte comporti necessariamente il rigetto di quest’ultima, anche se manchi una specifica argomentazione in proposito (v. Cass., 21/10/1972, n. 3190; Cass., 17/3/1971, n. 748; Cass., 23/6/1967, n.1537). Secondo risalente insegnamento di questa Corte, al giudice di merito non può invero imputarsi di avere omesso l’esplicita confutazione RAGIONE_SOCIALE tesi non accolte o la particolareggiata disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi, giacché né l’una né l’altra gli sono richieste, mentre soddisfa l’esigenza di adeguata motivazione che il raggiunto convincimento come nella specie risulti da un esame logico e coerente, non già di tutte le prospettazioni RAGIONE_SOCIALE parti e le emergenze istruttorie, bensì solo di quelle ritenute di per sé sole idonee e sufficienti a giustificarlo. In altri termini, non si richiede al giudice del merito di dar conto dell’esito dell’avvenuto esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli, ma di fornire una motivazione logica ed adeguata dell’adottata decisione, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla, ovvero la carenza di esse (cfr. Cass. V, n. 5583/2011).
4.2. Peraltro, in tema di valutazione RAGIONE_SOCIALE prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione RAGIONE_SOCIALE predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., come riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012 (Cass. III, n. 23940/2017).
4.3. Come è noto, il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, RAGIONE_SOCIALE argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente la prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. 4 novembre 2013 n. 24679; Cass. 16 novembre 2011 n. 27197; Cass. 6 aprile 2011 n. 7921; Cass. 21 settembre 2006 n. 20455; Cass. 4 aprile 2006 n. 7846; Cass. 9 settembre 2004 n. 18134; Cass. 7 febbraio 2004 n. 2357). Né il giudice del merito, che attinga il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, è tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (ad es.: Cass. 7 gennaio 2009 n. 42; Cass. 17 luglio 2001 n. 9662).
4.4. Per completezza argomentativa, quanto alla denuncia di vizio di motivazione, poiché è qui in esame un provvedimento pubblicato dopo il giorno 11 settembre 2012, resta applicabile ratione temporis il nuovo testo dell’art. 360, comma primo, n. 5) c.p.c. la cui riformulazione, disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, secondo le Sezioni Unite deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 RAGIONE_SOCIALE preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez.Un. 7 aprile 2014 n. 8053).
Ora, la sentenza in scrutinio si pone ben al di sopra del predetto minimo costituzionale, donde il motivo non può essere accolto.
In definitiva, il ricorso è infondato e dev’essere rigettato, le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente che liquida in €.quattromilacento/00, oltre all e spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 115/2002 la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 05/11/2025.
Il Presidente NOME COGNOME