Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16528 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 16528 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: LA ROCCA NOME
Data pubblicazione: 13/06/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 14354/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME ( -) rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. NAPOLI n. 11121/2015 depositata il 09/12/2015.
Udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME nella pubblica udienza del 14 febbraio 2024;
Sentiti il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento
del ricorso, e l’AVV_NOTAIO per la ricorrente, non essendo comparso nessuno per la controricorrente;
FATTI DI CAUSA
La Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Napoli ha accolto il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE contro l’avviso di accertamento per il 2008 emesso dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per maggiori IRES, IRAP e IVA, sul presupposto che la RAGIONE_SOCIALE operasse come ‘cartiera’ e nel contempo svolgesse una propria attività di commercio di rottami ferrosi con ricavi ‘in nero’ , ricostruiti utilizzando anche dati della contabilità della RAGIONE_SOCIALE.
La CTP ha ritenuto la regolarità RAGIONE_SOCIALE operazioni IVA, ha escluso che i corrispettivi risultanti dalle fatture fittizie potessero essere imputati come ricavi, trattandosi di poste inesistenti, e ha affermato che l’accertamento del reddito d’impresa sarebbe dovuto avvenire sinteticamente, sulla base di elementi e notizie acquisite dall’amministrazione finanziaria, prescindendo, contrariamente a quanto avvenuto in concreto, dai risultati della contabilità aziendale.
L’appello erariale, con il quale si era sostenuto di aver legittimamente proceduto alla determinazione del reddito mediante accertamento analitico -induttivo ex art. 39 comma 1 lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973, è stato rigettato dalla Commissione Tributaria Regionale (CTR) della Campania con la sentenza n. 11122/32/15.
Il Giudice d’appello ha osservato che la RAGIONE_SOCIALE, tra il 2005 e il 2009, era stata utilizzata per il compimento di reati tributari, emettendo fatture per operazioni soggettivamente inesistenti nei confronti di una pluralità di imprese, come accertato dalle indagini svolte che avevano condotto ad una precisa ricostruzione della regolamentazione finanziaria dei rapporti (infatti, ai bonifici bancari effettuati dai fittizi acquirenti seguivano prelevamenti in contanti per importi di poco inferiori da parte dell’amministratore della
RAGIONE_SOCIALE che li riversava materialmente ai titolari RAGIONE_SOCIALE ditte acquirenti); la CTR, inoltre, ha rilevato che « la contabilità rinvenuta presso la sede (..) risultava completamente inattendibile e insufficiente a ricostruire l ‘effettivo andamento dell a gestione societaria ». Peraltro, la CTR ha concluso che la ricostruzione del reddito di impresa non era stata « convincente », non avendo l’Ufficio offerto spiegazioni sul perché fossero stati ritenuti veritieri i dati relativi alle rimanenze e agli acquisti né dimostrato l’effettiva operatività della RAGIONE_SOCIALE, rigettando così l’appello .
5 . L’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione di questa sentenza fondato su due motivi.
Ha resistito con controricorso la RAGIONE_SOCIALE.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo l’RAGIONE_SOCIALE deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell’art.112 c.p.c. perché la CTR ha omesso di pronunciarsi sui recuperi ai fini IVA, pur avendo confermato la sostanziale fondatezza degli accertamenti svolti. Infatti , l’avviso di accertamento aveva contestato anche l’omessa dichiarazione annuale IVA con recupero di IVA a debito per euro 83.246,33.
Il motivo è fondato.
2.1. La CTR, dopo la premessa in cui accerta, in sostanza, la fondatezza dei fatti dedotti dall’Ufficio ed afferma esplicitamente che « tutte le operazioni di vendita di rottami di cui risulta traccia nella contabilità della RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE acquirenti sono risultate inesistenti », respinge l’appello motivando essenzialmente con riguardo al profilo del « reddito di impresa e del valore RAGIONE_SOCIALE operazioni imponibili », cioè dei ricavi ‘in nero’ contestati, sia per il metodo seguito -perché si erano utilizzati dati della contabilità ritenuta totalmente inattendibile -sia perché non erano mai state effettuate indagini «v olte ad accertare l’effettiva esistenza e operatività nel settore della vendita dei rottami metallici », cioè
l’effettivo compimento di operazioni imponibili e il conseguimento di « utili di esercizio presupposto di imposte sul reddito ».
2.2. In altri termini, la CTR si è occupata soltanto dei rilievi relativi alle imposte dirette ma ha trascurato completamente quello attinente all ‘IVA che costituisce oggetto di una domanda del tutto autonoma, cosicché non ricorre un rigetto implicito (Cass. n. 12131 del 2023) e la sentenza risulta viziata da omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c.
Con il secondo motivo l’RAGIONE_SOCIALE deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 39 e 41 bis del D.P.R. n. 600/1973, dell’ art. 25 d.lgs. n. 446/1997, dell’ art. 54 del d.P.R. n. 633/1972 nonché dell’ art. 109 TUIR, laddove la CTR h a ritenuto illegittimo l’operato dell’Ufficio, che « dopo aver -condivisibilmente -dimostrato la totale inattendibilità della documentazione contabile detenuta dalla RAGIONE_SOCIALE ricorrente », aveva considerato « veritieri i dati relativi alle rimanenze e agli acquisti » senza spiegarne le ragioni.
4. Il motivo è fondato.
4.1. La CTR, in sostanza, ha ritenuto che l’accertamento della complessiva inattendibilità RAGIONE_SOCIALE scritture contabili precluda, di regola, la loro utilizzazione ai fini della determinazione del reddito, con ciò escludendo la possibilità di un accertamento di tipo analitico e lasciando spazio soltanto ad un accertamento induttivo ‘puro’.
4.2. Ciò non corrisponde al dato normativo, come costantemente interpretato dalla giurisprudenza di questa Corte, perché il giudizio di complessiva o intrinseca inattendibilità RAGIONE_SOCIALE scritture contabili, ancorché formalmente corrette, costituisce presupposto per procedere col metodo analitico-induttivo, da valutarsi sulla base di presunzioni ex art. 39, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 600, del 1973, cioè gravi, precise e concordanti (Cass. n. 22184 del 2020; Cass. n. 35713 del 2022; Cass. n. 14288 del 2016 ), richiedendo l’accertamento induttivo ‘puro’, che consente di
avvalersi di presunzioni cc.dd. ‘supersemplici’ prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, la ricorrenza di una RAGIONE_SOCIALE tassative condizioni previste dall’a rt. 39 comma 2 cit. (Cass. n. 17244 del 2021; Cass. n. 2581 del 2021; Cass. n. 19191 del 2019); ma anche laddove ricorrano i presupposti, l’accertamento induttivo ‘puro’ costituisce una ‘facoltà’ per l’Amministrazione che può prescindere anche solo ‘in parte’ dalle scritture contabili e dal bilancio. Né è richiesta alcuna specifica motivazione per l’utilizzazione di dati indicati in contabilità o in dichiarazione o comunque provenienti dallo stesso contribuente, anche a fronte di un giudizio di complessiva inattendibilità della contabilità, purché la ricostruzione avvenga sempre secondo criteri di ragionevolezza e nel rispetto del parametro costituzionale della capacità contributiva (Cass. n. 1506/2017; Cass. n. 19191 del 2029).
4.3. In questo caso, il giudizio di inattendibilità della contabilità si fondava essenzialmente sul fatto che la RAGIONE_SOCIALE aveva svolto l’attività di ‘cartiera’ e riguardava in particolare il profilo RAGIONE_SOCIALE vendite ; pertanto, l’utilizzo dei dati relativi ad acquisti e rimanenze, comunque provenienti dalla contribuente, non può dirsi irragionevole. L ‘accertamento si era svolto proprio considerando « il valore contabile ritenuto espressivo della merce realmente venduta ovvero il valore RAGIONE_SOCIALE rimanenze iniziali sommato a quello degli acquisti di merci e sottratto quello RAGIONE_SOCIALE rimanenze finali »: al costo del venduto risultante in contabilità si era applicata la percentuale di ricarico del 10%, « ritenuta congrua sia dalla parte che dagli operatori », utilizzando la stessa percentuale di incidenza dei costi risultante dalla contabilità e giungendo così al maggior reddito imponibile.
Conclusivamente, il ricorso deve essere accolto e la sentenza deve essere cassata di conseguenza con rinvio al giudice di merito che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 14/02/2024.