Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6711 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6711 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3053/2020 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME
-intimato- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELL’ABRUZZO n. 601/2/19 depositata il 18 giugno 2019
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 22 gennaio 2025 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
La Direzione Provinciale di Teramo dell’Agenzia delle Entrate notificava ad NOME COGNOME titolare dell’impresa individuale , un avviso di accertamento con il quale, all’esito di controlli incrociati dei rapporti commerciali intercorsi fra il contribuente e la RAGIONE_SOCIALE, da lui
partecipata al 99%, contestava ricavi non dichiarati in relazione all’anno 2011, operando le conseguenti riprese fiscali ai fini dell’IRPEF, dell’IRAP e dell’IVA.
Il COGNOME impugnava l’atto impositivo dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Teramo, che respingeva il suo ricorso.
La decisione veniva in sèguito parzialmente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo, la quale, con sentenza n. 601/2/19 del 18 giugno 2019, accoglieva per quanto di ragione l’appello della parte privata, disponendo che, «a fronte dei maggiori ricavi accertati (€ 399,627,44), il reddito imponibile ven (isse) rideterminato da ciò detraendo i relativi maggiori costi da computarsi in base al costo di produzione evincibile dal Conto Economico dell’anno di riferimento (2011)» .
Avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
Il COGNOME è rimasto intimato.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è denunciata la violazione dell’art. 109 del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR) e dell’art. 2697 c.c..
1.1 Si censura l’impugnata sentenza per aver erroneamente stabilito che dai maggiori ricavi accertati e ripresi a tassazione dall’Ufficio debbano essere dedotti i costi di produzione, la cui quantificazione è stata peraltro affidata , quale quello del ‘costo di produzione evincibile dal Conto Economico dell’anno di riferimento’ .
1.2 Viene, al riguardo, posto in evidenza che nel caso di specie trattavasi di accertamento analitico-induttivo ex art. 39, comma 1, lettera c), del D.P.R. n. 600 del 1973, e non invece di accertamento induttivo extracontabile (o puro) effettuato ai sensi del comma 2
dello stesso articolo, né tantomeno di accertamento d’ufficio compiuto a norma dell’art. 41 del medesimo decreto presidenziale, sicchè incombeva sul contribuente l’onere di dimostrare l’esistenza di costi deducibili afferenti ai maggiori ricavi a lui imputati.
1.3 Si assume, inoltre, che il riconoscimento della deducibilità dei costi in oggetto risulta , in quanto, per un verso, l’accertamento di cui trattasi e da , per altro verso, appare del tutto generico il criterio indicato dal collegio di secondo grado per la determinazione dei detti costi, il quale si risolve nel puro e semplice rinvio al conto economico del contribuente.
Il ricorso è fondato.
2.1 La CTR abruzzese ha acclarato che l’accertamento tributario compiuto nei confronti del COGNOME era di tipo analitico-induttivo, precisando che doveva ritenersi legittimo il «contestuale ricorso a più tipi di accertamento» e soggiungendo che: «all’accertamento induttivo, ove… ne ricorrano i presupposti, può farsi ricorso anche in presenza di una contabilità formalmente ineccepibile» ; -«tale ultima circostanza, anche ove parimenti si fa ricorso all’accertamento induttivo, non esclude che si possa ‘scovare’ reddito da un riscontro analitico dei dati offerti allo scrutinio dell’ufficio» .
2.2 Ciò posto, giova ricordare che, per giurisprudenza di questa Corte, mentre nell’ipotesi di accertamento induttivo cd. ex art. 39, comma 2, del D.P.R. n. 600 del 1973 l’Amministrazione Finanziaria deve comunque riconoscere la deduzione dei costi di produzione, anche determinandola in misura percentuale forfettaria, per contro, in caso di accertamento analitico o analitico-
presuntivo, spetta al contribuente dimostrare l’esistenza dei presupposti per la deducibilità dei costi afferenti ai maggiori ricavi o compensi da riprendere a tassazione, senza che l’Ufficio possa o debba procedere al riconoscimento forfettario di componenti negativi (cfr. Cass. n. 19952/2024, Cass. n. 34830/2023, Cass. n. 34996/2022, Cass. n. 22868/2017).
2.3 Dalla suenunciata «regula iuris» si è erroneamente discostato il collegio di secondo grado nel momento in cui, a fronte di un accertamento da essa stessa qualificato come analitico-induttivo, ha ritenuto che dovesse essere operata in favore del COGNOME la deduzione forfettaria dei «maggiori costi di produzione (al nero)» , senza minimamente dare conto dell’avvenuto assolvimento del relativo onere probatorio gravante sul contribuente.
Va, pertanto, disposta, ai sensi degli artt. 384, comma 2, prima parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992, la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Abruzzo, in diversa composizione, perché proceda a un nuovo esame della controversia uniformandosi al principio di diritto sopra espresso.
3.1 Al giudice del rinvio viene rimessa anche la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità, a norma degli artt. 385, comma 3, seconda parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. cit..
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Abruzzo, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione