Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 866 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 866 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/01/2025
Avv. Acc. IRES IRAP 2011
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25104/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato.
fratelli paternostro figli di natale RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore .
-intimata –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. SICILIA n. 1120/35/2016, depositata in data 1° aprile 2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 novembre 2024 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
Con l’avviso di accertamento n. CODICE_FISCALE emesso nei confronti della Società RAGIONE_SOCIALE, l’Agenzia delle Entrate -direzione provinciale di Palermo – a conclusione di una complessa e articolata attività di
indagine, provvedeva a calcolare per l’anno di imposta 2006 un maggior reddito d’impresa ai fini IRES e IRAP di € 138.000,00. Per mezzo del suddetto avviso di accertamento l’Ufficio annullava e sostituiva, nell’esercizio del potere di autotutela, disciplinato dall’art. 2 quater D.L. 30 settembre 1994, n. 564, altro precedente avviso ritenuto illegittimo. In particolare, l’Ufficio rideterminava i presunti maggiori ricavi della contribuente ritenendo che la società avesse ottenuto maggiori ricavi non dichiarati e contabilizzati. A tale conclusione perveniva sulla scorta di un elenco, fornito dal Comune di Palermo, dei servizi funebri eseguiti nel 2005 dalla società ricorrente e sulla base del prezzo medio praticato per il singolo servizio. Richiamava poi alcuni questionari inviati alle famiglie dei defunti,
Avverso il suddetto avviso di accertamento la società contribuente proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di Palermo; si costituiva in giudizio anche l’Ufficio, chiedendo la conferma del proprio operato.
La RAGIONE_SOCIALE previa riunione dei ricorsi, con sentenza n. 3218/07/2014, rigettava il ricorso della società.
Contro tale decisione proponeva appello la società contribuente dinanzi la RAGIONE_SOCIALE della Sicilia; si costituiva in giudizio anche l’Agenzia delle Entrate, chiedendo la conferma di quanto statuito in primo grado.
Con sentenza n. 1120/35/2016, depositata in data 1° aprile 2016, la C.t.r. adita accoglieva il gravame della società.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Sicilia, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi mentre la società contribuente è rimasta intimata.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 28 novembre 2024.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 39, primo comma, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 nonché dell’art. 2729 e dell’art. 2697 cod. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. ha fatto mala applicazione della ripartizione dell’onere probatorio (invertendolo tra le parti), non partendo dalla valutazione delle presunzioni utilizzate in sede di accertamento analitico induttivo in punto di precisione, gravità e concordanza e concludendo con la valutazione dell’idoneità delle difese della contribuente a sconfessare l’attività di controllo e ricostruzione dei ricavi operata dall’Ufficio.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ. e 115 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. ha ritenuto applicabile il principio di non contestazione ai documenti prodotti da controparte a base delle proprie difese, principio invece da riferirsi esclusivamente a ‘fatti’.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Omesso esame di un fatto controverso che sia stato oggetto di discussione fra le parti in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.» l’Ufficio lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la CRAGIONE_SOCIALE ha motivato in maniera contraddittoria la propria decisione.
I tre motivi, da trattare congiuntamente per evidenti ragioni di connessione e per l’affinità delle critiche sollevate, sono infondati.
2.1. L’art. 39, primo comma, lettera d) del d.P.R. n. 600 del 1973 prescrive che: ‘ d) se l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta dall’ispezione delle scritture contabili e dalle altre verifiche di
cui all’articolo 33 ovvero dal controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi all’impresa nonché dei dati e delle notizie raccolti dall’ufficio nei modi previsti dall’articolo 32. L’esistenza di attività non dichiarate o la inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti. L’art. 38, terzo comma, d.P.R. cit. prescrive che ‘L’incompletezza, la falsita’ e l’inesattezza dei dati indicati nella dichiarazione, salvo quanto stabilito nell’art. 39, possono essere desunte dalla dichiarazione stessa, dal confronto con le dichiarazioni relative ad anni precedenti e dai dati e dalle notizie di cui all’articolo precedente anche sulla base di presunzioni semplici, purche’ queste siano gravi, precise e concordanti.’
2.2. Il metodo di accertamento c.d. analitico-induttivo è una metodologia di accertamento che consente all’amministrazione finanziaria di potersi avvalere di presunzioni aventi determinati requisiti, per determinare attività non dichiarate ovvero disconoscere passività dichiarate, disattendendo in parte le risultanze delle scritture contabili. Quindi il presupposto di tale metodo di accertamento è costituito dall’incompletezza, falsità o inesattezza dei dati indicati nella dichiarazione, risultanti: dall’ispezione delle scritture contabili e dalle altre verifiche di cui all’articolo 33 del D.P.R. 600/1973; dal controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi all’impresa – dei dati e delle notizie raccolti dall’ufficio nei modi previsti dall’articolo 32 del D.P.R. 600/1973. Sostanzialmente, i presupposti affinchè l’amministrazione finanziaria possa procedere attraverso un accertamento di tipo analiticoinduttivo sono costituiti dall’esistenza di: 1) prove dirette, materiali e/o documentali; 2) prove indirette di tipo presuntivo caratterizzate da gravità, precisione e concordanza.
Si ritiene che la natura di questa particolare metodologia accertativa possa essere ricercata nella necessità per l’amministrazione finanziaria di colmare, attraverso un ragionamento logico di tipo induttivo, le lacune e le inesattezze di una contabilità ritenuta comunque nel complesso come attendibile.
2.3. Quindi, con riferimento a fattispecie come quella in oggetto, l’Ufficio «può desumere in via induttiva, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, il reddito del contribuente, utilizzando le incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, incombendo sul contribuente l’onere di fornire la prova contraria e dimostrare la correttezza delle proprie dichiarazioni. Gli elementi assunti a fonte di presunzione, peraltro, non devono essere necessariamente plurimi, potendosi il convincimento del giudice fondare anche su di un elemento unico, purché preciso e grave, la cui valutazione non è sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata» (Cass. n. 25217/2018, Cass. n. 27552/2018 e Cass. n. 26036/2015).
2.4. Dunque, punto centrale nella valutazione che deve compiere l’Ufficio è costituito dall’utilizzo di presunzioni semplici, le quali devono rispettare i seguenti criteri (da cui si può invece prescindere nel momento in cui si utilizzi il metodo induttivo puro; v. Cass. n. 1883/2024): – gravità, che si riferisce al grado di convincimento che le presunzioni sono idonee a produrre, ovvero l’esistenza del fatto ignoto dev’essere desunta con ragionevole certezza, anche probabilistica; – precisione, il quale impone che i fatti noti, da cui muove il ragionamento probabilistico, e il percorso che essi seguono non siano vaghi ma ben determinati nella loro realtà storica; concordanza (criterio, come si è poc’anzi visto, all’occorrenza non necessario), per il quale la prova deve essere desunta da una pluralità di indizi gravi, precisi e univocamente
convergenti nella dimostrazione della sussistenza del fatto ignoto (Cass. n. 7202/2023 e Cass. n. 35625/2022).
2.5. Per costante giurisprudenza di questa Corte di legittimità (v.Cass.n.33604 del 18/12/2019 e, in precedenza, Cass. n.30803 del 2017; Cass. n.33604 del 2019, Cass.n. 7025 del 2018 ) «in tema di rettifica dei redditi d’impresa, il discrimine tra l’accertamento con metodo analitico induttivo e quello con metodo induttivo puro sta, rispettivamente, nella parziale o assoluta inattendibilità dei dati risultanti dalle scritture contabili: nel primo caso, la “incompletezza, falsità od inesattezza” degli elementi indicati non è tale da consentire di prescindere dalle scritture contabili, in quanto l’Ufficio accertatore può solo completare le lacune riscontrate, utilizzando ai fini della dimostrazione dell’esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati, anche presunzioni semplici; nel secondo caso, invece, “le omissioni o le false od inesatte indicazioni” sono così gravi, numerose e ripetute da inficiare l’attendibilità -e dunque l’utilizzabilità, ai fini dell’accertamento – anche degli altri dati contabili (apparentemente regolari), sicché l’amministrazione finanziaria può “prescindere, in tutto o in parte, dalle risultanze del bilancio e delle scritture contabili in quanto esistenti” ed è legittimata a determinare l’imponibile in base ad elementi meramente indiziari, anche se inidonei ad assurgere a prova presuntiva ex artt. 2727 e 2729 c.c». Si è, poi, statuito (Cass. n. 30985 del 02/11/2021; Cass. n. 22184 del 14/10/2020) che in tema di accertamento analitico-induttivo, a fronte dell’incompletezza, falsità o inesattezza dei dati contenuti nelle scritture contabili, l’amministrazione finanziaria può completare le lacune riscontrate utilizzando, ai fini della dimostrazione dell’esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati, anche presunzioni semplici, aventi i requisiti di cui all’art. 2729 c.c., con la conseguenza che l’onere della prova si sposta sul contribuente.
2.6. Nel caso di specie, la sentenza impugnata si conforma ai principi sopra richiamati, poiché il giudice di appello, con accertamento in fatto non sindacabile in sede di legittimità, ha valutato le prove prodotte dall’amministrazione finanziaria, ritenendo che esse non fossero sufficienti a giustificare l’accertamento, in quanto fondate su di un elenco comunale generico ed inesatto, a fronte della documentazione contabile prodotta dalla società contribuente, costituita da fatture e ricevute che precisavano analiticamente la natura del servizio funebre realizzato (secondo la C.t.r., la società contribuente aveva dimostrato che sui 120 nominativi di persone defunte di cui all’elenco comunale, risultavano esservi 67 funerali, 38 operazioni cimiteriali, 4 servizi svolti per conto terzi, 6 noleggi, 4 servizi non svolti dalla società ed un disbrigo pratiche).
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Nulla per le spese essendo la contribuente rimasta intimata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma il 28 novembre 2024.