Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30037 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30037 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al n. 5591/2018 R.G.) proposto da:
COGNOME NOME , nato a Torre del Greco (NA) il DATA_NASCITA e domiciliato in Pietrelcina (INDIRIZZO), al INDIRIZZO (Codice Fiscale: CODICE_FISCALE), elettivamente domiciliato in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘ AVV_NOTAIO che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale in calce al ricorso introduttivo del presente giudizio di legittimità (indirizzo p.e.c. del difensore: ‘ EMAIL ‘ );
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (Codice Fiscale: CODICE_FISCALE), in persona
del Direttore pro tempore ;
-intimata –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 6485/18/2017, pubblicata l ‘ 11 luglio 2017;
n. 5591/2018 R.G.
COGNOME.
Rep.
A.C. 8 luglio 2025
OGGETTO
:
IVA,
IRPEF
e
IRAP
Reddito d’impresa
– Studi di settore.
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio dell ‘ 8 luglio 2025, dal AVV_NOTAIO;
FATTI DI CAUSA
1.- In punto di fatto e limitando l ‘ esposizione alle sole circostanze rilevanti in questa sede, si osserva che l ‘ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE emetteva avviso di accertamento per l ‘ anno d ‘ imposta 2009 nei confronti del contribuente COGNOME NOME, esercente attività di lavori di installazioni e vendite di impianti informatici (impresa con ditta ‘ RAGIONE_SOCIALE) , con cui recuperava a tassazione la maggiore IVA di €. 5.927,00 (euro cinquemilanovecentoventisette/00), oltre sanzioni, interessi e spese. L ‘ atto impositivo, infatti, procedendo con metodo analitico-induttivo, accertava ai fini IVA maggiori ricavi non dichiarati per €. 30.212,00 (euro trentamiladuecentododici/00), rilevando una grave incongruenza dei ricavi dichiarati per €. 31.618,00 (euro trentunomilaseicentodiciotto/00), rispetto a quelli dello studio di settore di riferimento di €. 61.828,00 (euro sessantunomilaottocentoventotto/00), nonché un ‘ inspiegabile e costante antieconomicità dell ‘ andamento dell ‘ impresa nell ‘ intero quadriennio dal 2008 al 2011. Il contribuente risultava infine proprietario, insieme alla moglie, di ben cinque immobili e di un ‘ autovettura e una motocicletta, così manifestando una notevole capacità di spesa in contrasto con l ‘ esiguo reddito dichiarato.
L ‘ avviso di accertamento veniva preceduto da un regolare invito al contribuente per controdeduzioni, ma la procedura di accertamento con adesione aveva esito negativo ed infine anche il tentativo di reclamo e mediazione falliva, per cui veniva proposto ricorso al giudice tributario.
La CTP di Benevento, con la sentenza di primo grado, reputava infondate le doglianze del ricorrente per i seguenti motivi: – a nulla rilevava che l ‘ impresa avesse iniziato l ‘ attività nel dicembre 2008, poiché l ‘ anno verificato era il 2009 ed inoltre gli studi di settore non si applicano solo alle imprese che abbiano iniziato e cessato l ‘ attività nel medesimo anno; – la questione di incostituzionalità dell ‘ art. 17bis d.lgs. n. 546 del 1992 che
non prevede che la mediazione sia svolta da un organo imparziale, era inammissibile perché già affrontata e rigettata con sentenza della Corte costituzionale n. 98 del 2014; – erano tutte infondate e da rigettarsi le seguenti eccezioni di nullità dell ‘ avviso di accertamento sollevate dal ricorrente con riguardo al difetto di motivazione del provvedimento, violazione di legge nell ‘ applicazione degli studi di settore, insufficienza della presunzione semplice degli studi di settore, insufficienza del ricorso al profilo dell ‘ antieconomicità, erronea scelta dello studio di settore applicato, non gravità dell ‘ incongruenza con lo studio di settore applicato, onere della prova dell ‘ evasione a carico dell ‘ ufficio accertatore, mancata considerazione dei costi correlati ai maggiori ricavi attribuiti, violazione degli artt. 3, 23, 24, 53 e 97 della Costituzione, illegittimità RAGIONE_SOCIALE sanzioni per assenza di colpa e per erronea quantificazione.
2.- Il contribuente proponeva appello, per i seguenti motivi: a) nullità della sentenza di primo grado, che non aveva risposto chiaramente a tutti i motivi del ricorso; b) insufficienza della presunzione semplice degli studi settore non corroborati da ulteriori elementi; c) violazione del principio del contraddittorio per mancanza di repliche al contribuente; d) nullità dell ‘ avviso per l ‘ irregolare sottoscrizione di funzionario non abilitato; e) omessa valutazione dei costi correlati ai maggiori ricavi attribuiti dagli studi di settore; f) vizio di motivazione dell ‘ accertamento ed impossibilità di difesa per il contribuente; g) irrilevanza dell ‘ incongruenza fra i ricavi dichiarati e gli studi di settore; h) regolarità formale RAGIONE_SOCIALE scritture contabili dell ‘ impresa verificata.
La CTR della Campania, con la sentenza impugnata, rigettava l ‘ appello osservando che: « 1) … il motivo di appello inerente il difetto di legittimazione del funzionario firmatario dell ‘ avviso di accertamento, deve essere dichiarato inammissibile ex art. 57 co. 1° d.lgs. 546/1992. Si tratta infatti di una domanda del tutto nuova rispetto al pur abbondante ricorso introduttivo del primo grado. A tal proposito ugualmente infondata è la doglianza dell ‘ appellante che la C.T.P. di Benevento non avrebbe
adeguatamente motivato il rigetto di tutte le questioni in fatto ed in diritto sollevate nell ‘ iniziale ricorso: ed invero la sentenza di primo grado (alla cui completa lettura si rinvia), in 17 pagine di fitta motivazione, ha addirittura numerato ciascun motivo di ricorso ed ha risposto a tutte le eccezioni una per una. 2) L ‘ impugnato avviso di accertamento non è di tipo sintetico ex art. 62 bis d.l. 331/1993 conv. con modif. in legge 427/1993 bensì di tipo analitico-induttivo ex artt. 39 co. 1, lett. d) e 40 d.p.r. 600/1973, come del resto ha sempre sostenuto l ‘ ufficio finanziario. Ed invero il presupposto da cui è scaturita la rettifica, peraltro ai soli fini iva, dei ricavi dichiarati per l ‘ anno 2009 non è soltanto l ‘ incongruenza con gli studi di settore, ma consiste anche nell ‘ evidente antieconomicità di ben quattro esercizi consecutivi dal 2008 al 2011, sebbene risultanti da una contabilità che si deve considerare solo apparentemente regolare. 3) Ne consegue che l ‘ impugnato avviso di accertamento analitico-induttivo è pienamente legittimo ex art. 62 sexies d.l. 331/1993, laddove ha rettificato i ricavi dichiarati allineandoli alla media prevista dal settore produttivo di riferimento. Per la natura giuridica dell ‘ accertamento ricadeva sul contribuente l ‘ onere della prova contraria di giustificare le cause dell ‘ antieconomicità e del grave scostamento dagli standard della categoria. Ed invero: “Nel giudizio tributario, una volta contestata dall ‘ erario l ‘ antieconomicità di un comportamento posto in essere dal contribuente, poiché assolutamente contrario ai canoni dell ‘ economia, incombe sul medesimo l ‘ onere di fornire, al riguardo, le necessarie spiegazioni, essendo in difetto – pienamente legittimo il ricorso all ‘ accertamento induttivo da parte della amministrazione, ai sensi degli artt. 39 del d.P.R. n. 600 de! 1973 e 54 del d.P.R. n. 633 del 1972. (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 6918 del 20/3/2013, Rv. 1625848)”. 4) Non v ‘ è dubbio che il contribuente è venuto meno al suo onere di prova contraria, in quanto egli: sia in sede di contraddittorio con l ‘ ufficio finanziario che in sede di ricorso giurisdizionale non ha fornito alcuna giustificazione alla pur rilevante incongruenza dei ricavi dichiarati in misura della metà rispetto
agli studi di settore; allo stesso modo nessuna giustificazione ha fornito all ‘ andamento antieconomico della “RAGIONE_SOCIALE” per quattro esercizi consecutivi né alla capacità di spesa dimostrata dalla proprietà di cinque immobili, di un ‘ automobile e di una motocicletta; ugualmente non ha chiarito come faccia tenere un simile tenore di vita, se la sua ditta nei 2009 ha incamerato ricavi dichiarati di appena euro 31.618,00 e quindi un reddito, al netto del costi, vicino alla soglia di puro sostentamento di una famiglia. 5) Il ricorso in primo grado e la dichiarazione di appello infatti nulla dicono in ordine al concreto merito dell ‘ impugnato avviso di accertamento e si attardano a sollevare esclusivamente questioni generiche e formali del tutto infondate anche sulla illegittimità costituzionale della normativa sugli studi di settore. Tutto ciò senza considerare che la Suprema Corte di Cassazione anche recentemente ha confermato che “I parametri o studi di settore previsti dall ‘ art. 3 co. 181 e 187 della legge n. 549 del 1995 … integrano il presupposto per il legittimo esercizio da parte dell ‘ ufficio dell ‘ accertamento analitico-induttivo ex art. 39 co. 1 lett. d) d.p.r. 600/1973, che deve essere necessariamente svolto in contraddittorio con il contribuente, sul quale, nella fase amministrativa e soprattutto contenziosa, incombe l ‘ onere di allegare e provare, senza limitazioni di mezzi e di contenuto, la sussistenza di circostanze di fatto tali da allontanare le sua attività dal modello normale al quale i parametri fanno riferimento, sì da giustificare un reddito inferiore a quello che sarebbe stato normale … (Cass. Sez. 5^, Sentenza n. 14288 de113/7/2016, Rv. 640541-01)”. ».
3.- Avverso la menzionata sentenza d ‘ appello, il contribuente COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a nove motivi.
4.- L ‘ RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo, il ricorrente denuncia l ‘ « Insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio », in relazione all ‘ art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c..
Sostiene, in sintesi, che i giudici della CTR avrebbero respinto l ‘ appello senza esaminare la documentazione probatoria prodotta nel corso del giudizio, e senza esaminare le eccezioni in fatto ed in diritto da lui sollevate.
2.- La censura è palesemente inammissibile per plurime ragioni.
È senz ‘ altro inammissibile, anzitutto, sotto il profilo del vizio denunciato ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., trattandosi di censura formulata in violazione del disposto di cui all ‘ art. 348-ter c.p.c., ora art. 360, comma 4, c.p.c., vertendosi, nella specie, in ipotesi di doppia pronuncia di merito conforme in relazione alle censure dedotte, peraltro senza che il ricorrente si sia minimamente premurato di assolvere all ‘ onere di indicare i profili di divergenza tra le ragioni di fatto a base della decisione di primo grado e quelle a base del rigetto dell ‘ appello, com ‘ era invece necessario per dar ingresso alla censura proposta (cfr. Cass. civ., Sez. 1, sentenza n. 26774 del 22 dicembre 2016, Rv. 643244-03; Cass. civ., Sez. 2, sentenza n. 5528 del 10 marzo 2014, Rv. 630359-01 e, più recentemente, Cass. civ., Sez. 3, ordinanza n. 5947 del 28 febbraio 2023, Rv. 667202-01).
Non v ‘ è, poi, evidenza alcuna di precisi fatti storici la cui valutazione sarebbe stata omessa, ma, semmai, di argomentazioni e tesi sviluppate dal ricorrente, in particolare circa gli studi di settore e la metodologia adottata dall ‘ amministrazione finanziaria per la determinazione dei maggiori ricavi attribuiti a carico del contribuente.
Con specifico riguardo al profilo attinente alla motivazione, deve, peraltro, ricordarsi il principio nomofilattico in base al quale « La riformulazione dell ‘ art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall ‘ art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall ‘ art. 12 RAGIONE_SOCIALE preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l ‘ anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di
legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all ‘ esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l ‘ aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione » (Cass. civ., Sez. U., sentenza n. 8053 del 7 aprile 2014, Rv. 629830-01, cui hanno fatto seguito numerose pronunce conformi RAGIONE_SOCIALE sezioni ordinarie, tra cui Cass. civ., Sez. 1, ordinanza n. 7090 del 3 marzo 2022, Rv. 664120-01, nonché Cass. civ., Sez. T, ordinanza n. 6986 del 9 marzo 2023, Rv. 667340-01, in motivazione). In altri termini, « In seguito alla riformulazione dell ‘ art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall ‘ art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all ‘ obbligo di motivazione previsto in via generale dall ‘ art. 111, sesto comma, Cost. e, nel processo civile, dall ‘ art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c.. Tale obbligo è violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perché perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.. » (Cass. civ., Sez. 3, ordinanza n. 22598 del 25 settembre 2018, Rv. 650880-01).
Infine, con specifico riguardo agli elementi probatori, posti a sostegno dell ‘ accertamento tributario operato dall ‘ amministrazione finanziaria, non è chi non veda come il motivo si infranga contro il consolidato principio secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, deve ritenersi
inammissibile il motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un ‘ alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme (Cass. civ., ordinanza n. 10927 del 23 aprile 2024, Rv. 670888-01). E ciò, in quanto il ricorrente per cassazione non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e RAGIONE_SOCIALE prove è sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. civ., Sez. T, ordinanza n. 32505 del 22 novembre 2023, Rv. 669412-01).
3.- Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia, ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 42 e 56 d.P.R. n. 633 del 1972 e dell ‘ art. 7 l. n. 212 del 2000.
Sostiene, in particolare, che la sentenza impugnata non avrebbe rilevato la carenza di motivazione dell ‘ avviso di accertamento.
4.- Anche tale censura risulta palesemente inammissibile, in quanto non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata dalla quale emerge come l ‘ atto impositivo fosse motivato e giustificato, in particolare, dall ‘ antieconomicità dell ‘ attività svolta dal contribuente. La pronuncia, infatti, chiarisce espressamente come la scaturigine della ripresa a tassazione fosse da individuarsi non soltanto nell ‘ incongruenza con gli studi di settore, ma altresì nell ‘ evidente antieconomicità di ben quattro
esercizi consecutivi dal 2008 al 2011, sebbene risultanti da una contabilità che da reputarsi solo apparentemente regolare. Inoltre, la CTR non ha mancato di precisare come il contribuente, a carico del quale gravava il relativo onere, non avesse fornito spiegazioni ed elementi di prova valevoli a giustificare l ‘ antieconomicità della propria condotta.
Del resto, come chiarito da questa Corte regolatrice, « In tema di accertamento RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi di impresa, l ‘ Amministrazione finanziaria, anche in presenza di contabilità formalmente regolare, ma intrinsecamente inattendibile per l ‘ antieconomicità del comportamento del contribuente, può desumere in via induttiva, ai sensi dell ‘ art. 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973, sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti il reddito del contribuente, utilizzando le incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, incombendo sul contribuente l ‘ onere di fornire la prova contraria dimostrando la correttezza RAGIONE_SOCIALE proprie dichiarazioni. » (Cass. civ., Sez. T, ordinanza n. 24773 dell ‘ 8 settembre 2025). Parimenti, è stato chiarito che « Nel giudizio tributario, una volta contestata dall ‘ erario l ‘ antieconomicità di un comportamento posto in essere dal contribuente, poiché assolutamente contrario ai canoni dell ‘ economia, incombe sul medesimo l ‘ onere di fornire, al riguardo, le necessarie spiegazioni, essendo – in difetto – pienamente legittimo il ricorso all ‘ accertamento induttivo da parte dell ‘ amministrazione, ai sensi degli artt. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 del d.P.R. n. 633 del 1972. » (Cass. civ., Sez. 5, ordinanza n. 21128 del 22 luglio 2021, Rv. 661938-01).
5.- Con il terzo motivo, il ricorrente denuncia, ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 39 d.P.R. n. 600 del 1973, dell ‘ art. 54 d.P.R. n. 633 del 1972 e dell ‘ art. 2729 c.c..
Sostiene, al riguardo, come presupposto immancabile per procedere ad un accertamento analitico-induttivo fondato sugli studi di settore sia
soltanto la sussistenza di una grave incongruenza tra i ricavi dichiarati e quelli risultanti dall ‘ applicazione degli studi di settore; grave incongruenza che deve sussistere ancor prima di procedere all ‘ accertamento e che l ‘ amministrazione finanziaria è, comunque, tenuta a dimostrare e a indicare nel proprio accertamento, il quale non può essere, quindi, fondato esclusivamente sulle risultanze degli studi di settore, pena l ‘ illegittimità dello stesso per violazione dell ‘ art. 62sexies del d.l. n. 331 del 1993. In tale ottica, assume il ricorrente, lo studio di settore rappresenta un mero indizio che deve, essere corroborato da ulteriori elementi.
6.- Anche tale censura risulta palesemente inammissibile.
Ed invero, anzitutto anch ‘ essa non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata che, come già chiarito in sede di scrutinio del secondo motivo di ricorso, ha evidenziato come l ‘ accertamento fosse basato non soltanto sull ‘ incongruenza con gli studi di settore ma altresì sull ‘ antieconomicità dell ‘ attività esercitata dal contribuente, antieconomicità che comportava l ‘ inversione dell ‘ onere della prova a carico del predetto che non lo aveva assolto.
In secondo luogo, con specifico riguardo agli elementi probatori posti a sostegno dell ‘ accertamento tributario operato dall ‘ amministrazione finanziaria, anche tale censura finisce con l ‘ infrangersi contro il consolidato principio già sopra richiamato secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, deve ritenersi inammissibile il motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un ‘ alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme (Cass. civ., ordinanza n. 10927 del 23 aprile 2024, Rv. 670888-01).
7.- Con il quarto motivo, il ricorrente denuncia, ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 75 TUIR (d.P.R. n. 917 del 1986) e 53 Cost.
Sostiene che la sentenza non avrebbe rilevato che l ‘ amministrazione finanziaria avrebbe fatto ricorso ad un accertamento induttivo puro in assenza dei presupposti di legge, né avrebbe tenuto conto dei costi valevoli a generare i ricavi presunti.
8.- Pure tale censura risulta inammissibile, non confrontandosi con la motivazione della sentenza impugnata che ha chiarito come, quello operato dall ‘ amministrazione finanziaria a carico del contribuente COGNOME NOME, fosse senz ‘ altro un accertamento di tipo analitico-induttivo ex art. 39, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 600 del 1973 a fondamento del quale erano stati posti sia gli studi di settore, sia l ‘ antieconomicità dell ‘ attività esercitata dal contribuente (espressamente definita nella sentenza impugnata come prossima « alla soglia di puro sostentamento di una famiglia »), senza che, peraltro, quest ‘ ultimo avesse fornito elementi di prova valevoli a giustificare l ‘ incongruenza dei ricavi dichiarati rispetto agli standards previsti dagli studi di settore, né in ordine all ‘ andamento antieconomico dell ‘ impresa per ben quattro esercizi consecutivi ed alla capacità di spesa dimostrata dal predetto ricorrente attraverso la proprietà di ben cinque immobili, di un ‘ automobile e di un motociclo.
Con riguardo ai costi, infine, anche tale motivo si risolve nella pretesa di una ricostruzione della vicenda fattuale, alternativa rispetto a quella già operata dal giudice del merito e in un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio, notoriamente precluso in sede di legittimità.
9.- Con il quinto motivo, il ricorrente denuncia, ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 2697 c.c.
Sostiene, al riguardo, che la CTR avrebbe violato il principio secondo cui l ‘ onere della prova ricade principalmente sull ‘ ente impositore, che deve provare la propria pretesa, innanzitutto, con la motivazione dell ‘ atto e, successivamente, in sede giurisdizionale, con la legittimità RAGIONE_SOCIALE richieste impositive.
10.- La censura è infondata.
Ed invero, come si è già sopra chiarito, la CTR si è attenuta ai principi enucleati da questa Corte regolatrice, in base ai quali: 1) « In tema di accertamento RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi di impresa, l ‘ Amministrazione finanziaria, anche in presenza di contabilità formalmente regolare, ma intrinsecamente inattendibile per l ‘ antieconomicità del comportamento del contribuente, può desumere in via induttiva, ai sensi dell ‘ art. 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973, sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti il reddito del contribuente, utilizzando le incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, incombendo sul contribuente l ‘ onere di fornire la prova contraria dimostrando la correttezza RAGIONE_SOCIALE proprie dichiarazioni. » (Cass. civ., Sez. T, ordinanza n. 24773 dell ‘ 8 settembre 2025); 2) « Nel giudizio tributario, una volta contestata dall ‘ erario l ‘ antieconomicità di un comportamento posto in essere dal contribuente, poiché assolutamente contrario ai canoni dell ‘ economia, incombe sul medesimo l ‘ onere di fornire, al riguardo, le necessarie spiegazioni, essendo – in difetto – pienamente legittimo il ricorso all ‘ accertamento induttivo da parte dell ‘ amministrazione, ai sensi degli artt. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 del d.P.R. n. 633 del 1972. » (Cass. civ., Sez. 5, ordinanza n. 21128 del 22 luglio 2021, Rv. 66193801).
In particolare, si ribadisce che la sentenza impugnata ha chiarito come a fondamento dell ‘ accertamento di tipo analitico-induttivo ex art. 39, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 600 del 1973 compiuto nei confronti dell ‘ odierno ricorrente fossero stati posti sia gli studi di settore, sia l ‘ antieconomicità dell ‘ attività esercitata dal predetto (espressamente definita nella sentenza impugnata come prossima « alla soglia di puro sostentamento di una famiglia »), senza che, peraltro, quest ‘ ultimo avesse fornito elementi di prova valevoli a giustificare l ‘ incongruenza dei ricavi dichiarati rispetto agli standards previsti dagli studi di settore, né in ordine all ‘ andamento antieconomico dell ‘ impresa per ben quattro esercizi
consecutivi ed alla capacità di spesa dimostrata, dal predetto ricorrente, attraverso la proprietà di ben cinque immobili, di un ‘ automobile e di un motociclo. Alcuna violazione dei criteri di riparto dell ‘ onere della prova può, pertanto, predicarsi con riguardo alla sentenza impugnata.
11.- Con il sesto motivo, il ricorrente denuncia, ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché dell ‘ art. 167 c.p.c. e dell ‘ art. 23 d.lgs. n. 546 del 1992.
Sostiene, al riguardo, che la CTR non avrebbe tenuto conto che gli elementi di prova forniti dal contribuente e la documentazione dal medesimo prodotta non erano stati investiti da alcuna specifica contestazione ad opera dell ‘ amministrazione finanziaria.
12.- Anche tale censura risulta palesemente inammissibile, giacché rimane estremamente generica e si infrange contro l ‘ affermazione di questa Corte regolatrice secondo cui il ricorso per cassazione con cui viene dedotta la violazione del principio di non contestazione deve indicare sia la sede processuale in cui sono state dedotte le tesi ribadite o lamentate come disattese, inserendo nell ‘ atto la trascrizione dei relativi passaggi argomentativi, sia, specificamente, il contenuto della comparsa di risposta avversaria e degli ulteriori scritti difensivi, in modo da consentire alla Corte di valutare la sussistenza dei presupposti per la corretta applicazione dell ‘ art. 115 c.p.c. (Cass. civ., Sez. 3, ordinanza n. 15058 del 29 maggio 2024, Rv. 671191-01).
13.Con il settimo e l ‘ ottavo motivo, il ricorrente denuncia, rispettivamente ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3) e n. 4), c.p.c., la violazione dell ‘ art. 132 c.p.c., nonché la nullità della sentenza per violazione degli artt. 36 d.lgs. n. 546 del 1992, 112 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c.
Sostiene, al riguardo, che: « Le argomentazioni del giudice sono del tutto inidonee a rivelare le ragioni della decisione e non consentono l ‘ identificazione dell ‘ iter logico seguito dalla Commissione per giungere alla conclusione fatta propria nel dispositivo risolvendosi in espressioni
assolutamente generiche e prive di qualsiasi riferimento ai motivi del contendere, tali da non consentire di comprendere la ratio decidendi seguita dal giudice … Il percorso argomentativo adottato nella sentenza di merito, del tutto generico, non esamina i motivi del ricorso posti a fondamento dell ‘ impugnazione e le lapidarie argomentazioni non sono ancorate né a presupposti di fatto specifici propri della vicenda esaminata, né alle ragioni di diritto idonee a supportare la decisione assunta, tenuto conto RAGIONE_SOCIALE numerose eccezioni evidenziate dal contribuente nel corso del giudizio. Inoltre, giudici non si sono espressi su tutte le eccezioni sollevate dal contribuente e pertanto la sentenza è da considerarsi nulla anche per omessa pronunzia riguardo il mancato esame RAGIONE_SOCIALE domande. La motivazione della sentenza emessa dai i giudici, oltre a risultare nella motivazione insufficiente risulta anche contraddittoria, in quanto contiene affermazioni inconciliabili che si elidono reciprocamente. » (cfr., all ‘ uopo, il ricorso introduttivo del presente giudizio di legittimità, alla pag. 31).
Assume, altresì, che: « La sentenza emessa dai giudici è da considerarsi nulla anche ai sensi dell ‘ art.112 del c.p.c., in quanto non vi è corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato. La sentenza, pertanto è nulla in quanto è viziata da ultra-extra petizione e da omessa pronuncia (artt.112, 115, 116 e 167 del c.p.c.). Peraltro le richiamate disposizioni costituiscono attuazione, anche nel processo tributario, del principio costituzionale, secondo cui ‘ tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivat i’ ( art.111 comma 6, a seguito della Legge costituzionale 23 novembre 1999 n. 2, recante inserimento dei principi del giusto processo nell ‘ articolo 111 della Costituzione). Tanto premesso, non pare che i richiamati precetti siano stati rispettati dal Collegio atteso che – a ben vedere – la sentenza omette sostanzialmente di motivare i punti della controversia e di rendere conto RAGIONE_SOCIALE ragioni di fatto e di diritto che hanno determinato l ‘ accoglimento dell ‘ appello risolvendosi, sostanzialmente, in una motivazione solo apparente. Invero l ‘ articolo 112 del cpc così recita: ‘ Il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di
essa; e non pronunciare d ‘ ufficio su eccezioni, che possono essere proposte soltanto dalle parti. ‘ . Orbene, come si evince chiaramente dalla parte motiva della sentenza i giudici della CTR non hanno rispettato tale precetto. L ‘ art. 112 c.p.c. relativo alla corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato in relazione ai poteri del Giudice chiarisce che lo stesso deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa non potendo pronunciare d ‘ ufficio su eccezioni, che possono essere proposte soltanto dalle parti. Il principio, dunque, tra il chiesto ed il pronunciato la cui violazione determina il vizio della ultrapetizione, implica il divieto per il giudice di emettere una statuizione che non trovi corrispondenza nella domanda. » (cfr., all ‘ uopo, il ricorso introduttivo del presente giudizio di legittimità, alla pag. 32).
14.Le censure, s enz’altro suscettibili di essere scrutinate congiuntamente, sono palesemente inammissibili, giacché – com ‘ è evidente dalla stessa lettura e disamina del testo di cui esse si compongono (presente nelle pagg. 31 e 32 del ricorso e già sopra riportato) – risultano estremamente generiche e non chiariscono, in modo alcuno, quali siano i profili in ordine ai quali la motivazione risulterebbe apparente e quali le doglianze non esaminate dalla CTR.
15.- Con il nono (e ultimo) motivo, il ricorrente denuncia, ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 47 e 52 d.lgs. n. 546 del 1992, in quanto la CTR non avrebbe deciso sulla sospensione dell ‘ esecuzione della sentenza di primo grado.
16.- La censura è manifestamente inammissibile per difetto di interesse, giacché il profilo concernente la sospensione dell ‘ efficacia esecutiva della sentenza di primo grado risulta assorbito nell ‘ avvenuta definizione del giudizio d ‘ appello realizzata con la pronuncia della sentenza impugnata.
17.- In conclusione, il ricorso deve essere respinto, senza che vi sia luogo a provvedere in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità,
non avendo l ‘ amministrazione finanziaria intimata svolto alcuna attività difensiva.
18.- Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l ‘ impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, in data 8 luglio 2025.
Il Presidente NOME COGNOME