Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8949 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8949 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 04/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16590/2016 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato RAGIONE_SOCIALE (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l ‘ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende -controricorrente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. CAMPANIA-NAPOLISEZ.DIST. SALERNO n. 11916/2015 depositata il 28/12/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
COGNOME NOME , esercente impresa individuale di produzione e commercio di ceramiche, sanitari e manufatti, a seguito di omessa dichiarazione IVA per l’a.i. 2006, in esito a questionario, era attinta da avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO per il recupero a tassazione di maggiori imposte dirette ed indirette e di contributi previdenziali, oltre accessori, relativamente al suddetto a.i., giusta rettifica del reddito dichiarato, siccome ricostruito con metodologia analitico-induttiva ex art. 39, comma 1, lett. d), DPR n. 600 del 1973, in considerazione della ritenuta incongruità dei ricavi esposti.
La contribuente impugnava l’avviso, adducendo di aver presentato la dichiarazione nel 2007, tuttavia non recepita dal sistema per un problema tecnico, e contestando nel merito le valutazioni poste a fondamento del recupero, siccome in contrasto con le risultanze contabili.
La Commissione Tributaria Provinciale di Salerno, con sentenza n. 76/10/13, depositata in data 11/02/2013, rigettava il ricorso e compensava le spese.
La contribuente proponeva appello, respinto dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania, con la sentenza in epigrafe, che riteneva giustificato il recupero alla luce delle condivise argomentazioni espresse dall’RAGIONE_SOCIALE nell’avviso.
Propone ricorso per cassazione la contribuente con sei motivi. Resiste l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo si denuncia: ‘N ullità della sentenza di appello ex art. 360 comma 1 n. 4) c.p.c. per carenza assoluta di motivazione ai sensi dell’art. 36 comma 2 nn. 2-3-4 del D.Lgs. n. 546/1992 – Error in iudicando, per vizi della motivazione, ai sensi
dell’art. 360 n. 5 c.p.c. Nullità della sentenza’. ‘La impugnata sentenza d’appello, senza alcun ragionamento argomentativo e logico da un punto di vista giuridico e fattuale, conferma la decisione di primo grado, condividendo ‘sic e simpliciter’ le controdeduzioni dell’Ufficio, con carenza assoluta di motivazione, senza statuire sui fondati e specifici motivi di appello, di assoluta e decisa confutazione delle risultanze dell’accertamento impositivo impugnato’.
1.1. Il motivo è manifestamente infondato.
È sufficiente una semplice lettura della sentenza impugnata per apprezzare che la stessa esibisce una motivazione effettiva sia dal punto grafico che dal punto di vista contenutistico, viepiù ampia e logica, al di fuori -a differenza di quanto infondatamente ritenuto nel motivo -dello schema della motivazione ‘per relationem’, poiché riprende esplicitamente (condividendone contenuto, portata ed efficacia dimostrativa) gli indici fattuali su cui l’accertamento fonda, rispetto ai quali osserva che la contribuente non ha concretamente addotto alcunché in contrario.
Talché -escluso che la vigente formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. consenta la deduzione di meri vizi motivazionali, in specie per pretese insufficienze argomentative (sostanzialmente denunciate nel motivo in disamina) rispetto alle prospettazioni difensive -la motivazione offerta dalla sentenza impugnata -essendo di gran lunga superiore al cd. minimo costituzionale, unico vizio motivazionale il cui difetto è censurabile in cassazione (cfr. ad es. Sez. 1, n. 13248 del 2020) -va esente dalle critiche mossele.
Con il secondo motivo si denuncia: ‘Nullità impugnata sentenza – Violazione o falsa applicazione di legge con riferimento all’art. 10, comma 3 bis, L. 146 del 1998 – Error in judicando ex art. 360 cpc n. 3 – Violazione e falsa applicazione degli artt. 62sexies D.L. 331/93, 39, c. 1, lett. d), 40 d.p.r. 600/73, 53
d.p.r. 633/72, 25 D.lgs. 446/97, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per mancata attivazione del contraddittorio preventivo, mancato controllo delle scritture contabili ed omessa valutazione di congruità e coerenza con gli studi di settore’. ‘Nella specie, l’amministrazione si è solo limitata a richiedere dei documenti alla ricorrente, procedendo poi alla notifica dell’atto impositivo senza alcuna attivazione del contraddittorio preventivo’. ‘L’Ufficio, con tale atto impositivo ha mosso delle contestazioni circa la ripetuta non congruità dei ricavi dichiarati con quelli risultanti dagli studi di settore , senza instaurazione alcuna con di alcun contraddittorio ai sensi dell’art. 10 comma 3bis L. n. 146 del 1998’.
2.1. Con il terzo motivo si denuncia: ‘ Violazione o falsa applicazione della previsione di cui all’art. 12 comma 7 della legge 212/2000 – Difetto di motivazione del provvedimento impugnato Error in judicando ex art. 360 n. 3. c.p.c. – Violazione o falsa applicazione degli artt. 21 L. 241/91, 5, 6, 7, 10 e 12 L. 212/2000, 41, 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, 10 L. 146/1998, in relazione all’art. 360, numero 3, c.p.c. per la mancata attivazione del preventivo contraddittorio -Error in judicando ex art. 360 n. 3. c.p.c. per espressa violazione della legislazione comunitaria’. ‘Il contraddittorio endoprocedimentale e preventivo, secondo la normativa vigente, pur non essendo un adempimento generalizzato, anzi, da espletare nelle ipotesi espressamente previste dalla legge, ha trovato, proprio in merito ai cd. tributi armonizzati – IVA – oggetto anche dell’atto impositivo impugnato, costante approfondimento giurisprudenziale sia in sede nazionale che europea’. ‘Nella specie, in sede contenziosa sono state addotte dalla ricorrente serie e motivate ragioni , che potevano essere fatte valere concretamente anche in sede di procedimento amministrativo’.
2.2. Entrambi i motivi -congiuntamente esaminabili per comunanza di censure – sono manifestamente infondati.
La CTR mette chiaramente in luce che l’accertamento, per un verso, consegue a ‘rituale convocazione’, nel corso della quale la contribuente forniva la documentazione richiestale con questionario, e, per altro verso, non riposa sull’applicazione degli studi di settore (con rilevazione di scostamenti e rettifica di reddito in funzione dei parametri), ma sul diretto esame della contabilità, ritenuta nel complesso inattendibile, ancorché formalmente regolare, attesa la mancata giustificazione dell’assoluta sproporzione tra ricavi e costi, tale da rendere totalmente antieconomica l’attività d’impresa.
Alla luce di tale quadro fattuale, da cui si evince che in effetti un contraddittorio si è persino instaurato, alla luce della partecipazione della contribuente alla convocazione mediante questionario, il contradittorio preventivo prescritto in materia di accertamento cd. standardizzato, a differenza di quanto sostenuto nel motivo, non era dovuto per non avere l’amministrazione proceduto alla stregua di tale metodologia accertativa.
Sotto altro profilo, pur a voler prescindere da quanto innanzi, e dunque a voler riguardare la fattispecie in relazione alla ripresa a tassazione anche di una maggiore IVA, con conseguente teorica applicabilità, relativamente a quest’ultima, della disciplina unionale del contraddittorio preventivo, parimenti invocata dalla contribuente, difetta comunque, e decisivamente, la necessaria allegazione, da parte della medesima, di non dilatorie ragioni giuridico -fattuali che, spiegate in sede di contraddittorio, avrebbero potuto avere un’astratta incidenza sulle determinazioni dell’amministrazione (cfr. Sez. U, n. 24823 del 2015): infatti, del tutto generica ed assertiva è l’affermazione circa l’essere state ‘addotte’, ‘in sede contenziosa’, ‘serie e motivate ragioni , che potevano essere fatte valere concretamente anche in sede di
procedimento amministrativo’ (fg. 9 ed ancora fg. 11 ric.), mancando la benché minima indicazione di esse ed ‘a fortiori’ della loro serietà.
3. Con il quarto motivo si denuncia: ‘ Nullità della sentenza Violazione o falsa applicazione dell’art. 36-bis del D.P.R. 600/73 Nullità della sentenza di appello ex art. 360 comma 1 n. 4) c.p.c. per carenza assoluta di motivazione’. ‘L’articolo 36 -bis del D.P.R. 600/73 è riservato esclusivamente al cd. controllo automatizzato inerente aspetti meramente formali e non può essere utilizzato dall’Ufficio per contestare elementi sostanziali’. ‘Nel caso in esame è sin troppo evidente che tale attività di accertamento è di fatto mancata. I primi giudici e, a maggior ragione i giudici del Collegio di appello, non hanno rilevato tale illegittimità nella procedura adottata e, al contrario, hanno avallato le richieste documentali dell’Ufficio di fatto costringendo la parte a fornire elementi probatori riservati a diversa fase del procedimento di accertamento, fase mai attuata. Infatti, la ricostruzione documentale delle ragioni giustificatrici l debito d’imposta doveva essere in primo luogo oggetto di contraddittorio preventivo tra la parte e l’Ufficio, ai sensi dell’art. 6 dello Statuto dei diritti del contribuente e solo eventualmente oggetto di verifica giudiziale’.
3.1. Il motivo è manifestamente infondato.
Richiamato quanto già osservato in relazione ai motivi precedenti circa l’infondatezza delle censure volte a denunciare l’assenza di motivazione della sentenza impugnata e la violazione delle norme sul contraddittorio preventivo, l’evocazione della violazione dell’art. 36 -bis DPR n. 600 del 1973 è totalmente fuori contesto, non avendo fatto applicazione di tale norma né l’amministrazione in sede di emissione dell’avviso, pacificamente fondato sull’art. 39, comma 1, lett. d), DPR n. 600 del 1973, né, ‘a fortiori’, la CTR in sede di conferma della legittimità dello stesso.
Con il quinto motivo si denuncia: ‘ Violazione o falsa applicazione di legge sull’onere della prova ex art. 2697 c.c. – Error in iudicando, per vizi della motivazione, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c.’. La CTR ha erroneamente posto l’onere della prova a carico della contribuente: ‘n on potendo la sola motivazione dell’avviso di accertamento – senza prova dei fatti affermati – valere a superare le contestazioni mosse dal contribuente aventi ad oggetto proprio l’esistenza e l’idoneità di quei fatti atti a giustificare il ragionamento effettuato dall’amministrazione finanziaria, si chiede dichiararsi il vizio di motivazione della impugnata sentenza’.
4.1. Il motivo è manifestamene infondato.
Come già rilevato nella disamina del primo motivo, il vizio di motivazione, di per sé stesso, non è più deducibile ai sensi della vigente formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.
Ulteriormente, la CTR non ha affatto posto l’onere della prova a carico della contribuente, come questa, del tutto infondatamente, sostiene, ma ha anzi ritenuto l’efficacia dimostrativa, sia singolarmente che nel complesso, degli specifici elementi di fatto -di per sé neppure dalla medesima contestati -addotti dall’amministrazione a giustificazione dell’accertamento. A fronte di detti elementi di fatto, analiticamente ripercorsi, la CTR ha conclusivamente, e legittimamente, osservato come, di contro, la contribuente ‘ non ha addotto alcun concreto elemento di confutazione delle risultanze dell’accertamento’, in tal guisa dimostrando di aver fatto corretto governo dell’art. 2697 cod. civ., giacché quello addossato alla contribuente è l’onere, non della prova, bensì della controprova.
Con il sesto motivo si denuncia: ‘ Violazione o falsa applicazione dell’art. 39, comma 1, lett. d), d.p.r. 600/73, con riferimento all’art. 2727 c.c. – Violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c. e dei principi sull’onere della prova, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. – Violazione e falsa applicazione degli artt.
39, c. 1, lett. d), 40 d.p.r. 600/73, 54 d.p.r. 633/72; 25 D.lgs. 446/97, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.’. ‘L’avviso di accertamento da studi di settore, per essere fondato, necessita del riscontro di ulteriori prove oltre alla mera difformità tra quanto dichiarato e le medie del settore’. ‘La motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel mero rilievo dello scostamento dai parametri’. ‘Il giudice di merito non ha fatto corretta applicazione di questi principi, oltre a non avere attribuito il giusto peso all’assenza di allegazione all’atto di accertamento dei parametri utilizzati dall’Ufficio’.
5.1. Il motivo è manifestamente infondato.
Come detto nella disamina del secondo e del terzo motivo, nella specie non si verte di accertamento basato su studi di settore, ma di accertamento analitico -induttivo che trova fondamento nella totale inattendibilità della contabilità, pur regolarmente tenuta, in un quadro di patente antieconomicità dell’attività d’impresa. Per l’effetto, le censure che ne occupano sono completamente decentrate, viepiù pretermettendo nell’interezza la solida ricostruzione del quadro indiziario legittimante l’accertamento effettuata dalla CTR.
In definitiva, il ricorso va integralmente rigettato, con le statuizioni consequenziali come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE delle entrate le spese di giudizio, liquidate in euro 5.800, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, lì 8 novembre 2023.