Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5566 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5566 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso n.28286/2015 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’ AVV_NOTAIO, EMAIL, presso cui ha eletto domicilio in Roma al INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura dello Stato, presso cui è domiciliata ope legis in Roma alla INDIRIZZO;
-controricorrente-
ricorrente incidentale-
e
RAGIONE_SOCIALE, direzione provinciale RAGIONE_SOCIALE Palermo, in persona del direttore pro tempore;
tributi
-intimata- avverso la sentenza n.1625/30/15 della Commissione tributaria regionale della Sicilia, pronunciata in data 24 febbraio 2015, depositata in data 17 aprile 2015 e non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26 gennaio 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
RAGIONE_SOCIALE ricorre, con quattro motivi, nei confronti d ell’RAGIONE_SOCIALE , che resiste con controricorso e spiega ricorso incidentale, avverso la sentenza indicata in epigrafe, che ha parzialmente accolto l’appello del l’ufficio , ritenendo fondato il rilievo n.1, ai fini Ires, Irap ed Iva, relativo alla omessa contabilizzazione di ricavi per euro 432.000,00, contenuto nell’avviso di accertamento con cui veniva accertato un maggior reddito di impresa per l’anno di imposta 2006, rigettando l’appello incidentale della contribuente, in relazione al rilievo n.2, concernente l’omessa contabilizzazione degli interessi attivi.
Con la sentenza impugnata, la RAGIONE_SOCIALE rilevava in fatto che, con riferimento al rilievo n.1, l’ufficio aveva effettuato un accertamento analitico induttivo per la mancanza di riscontri contabili alle giustificazioni della contribuente, la quale non aveva mai istituito un conto ‘soci c/anticipazione’, cui imputare i prelevamenti in contanti dei soci, nè aveva emesso fatture giustificative dei costi RAGIONE_SOCIALE merci ‘fresche’, asseritamente sostenuti mediante pagamento diretto dei soci.
In relazione al rilievo n.2, il giudice di appello riteneva legittima la ripresa a tassazione degli interessi attivi, ritenendo che il prestito di una somma cospicua (nella specie 100.000,00 euro) generasse interessi che dovevano essere contabilizzati e sottoposti a tassazione.
Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 26 gennaio 2024, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 -bis. 1 cod. proc. civ., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31 agosto 2016, n.168, conv. dalla legge 25 ottobre 2016, n.197.
CONSIDERATO CHE:
1.1. Con il primo motivo del ricorso principale, la società contribuente denunzia la violazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., 39, comma 1, lett. d), d.P.R. 29 settembre 1973, n.600, 54, comma 2, d.P.R. 26 ottobre 1972, n.633, in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, cod. proc. civ., nonché degli artt. 36, comma 2, d.lgs. 31 dicembre 1992, n.546, 132 cod. proc. civ. e 111 Cost.
La ricorrente sostiene che il giudice di appello abbia male applicato la disciplina RAGIONE_SOCIALE presunzioni, in quanto, a differenza di quanto previsto per le operazioni bancarie, nel caso di specie non può ritenersi operante alcuna presunzione legale in favore dell’amministrazione finanziaria, la quale aveva l’onere di provare che i prelevamenti in contanti dei soci dalla cassa corrispondevano a ricavi in nero.
Trattandosi di accertamento analitico induttivo, i giudici di appello avrebbero dovuto valutare l’insussistenza di gravi, precisi e concordanti elementi presuntivi, dai quali ricavare che i prelevamenti in contanti dei soci fossero ricavi occulti, valutazione del tutto assente nel caso di specie.
La decisione impugnata, quindi avrebbe violato le norme sull’onere della prova e della prova presuntiva, ritenendo, senza sufficienti elementi presuntivi, che i prelevamenti dei soci in contanti dalla cassa celassero acquisti della società, che le merci acquistate fossero state rivendute in evasione d’imposta e che il ricarico fosse del 100 per cento.
1.2. Con il secondo motivo, la ricorrente denunzia l’omesso esame di un fatto decisivo ed oggetto di discussione, ai sensi dell’art. 360,
primo comma, n.5, cod. proc. civ., consistente nella insussistenza, alla base della decisione adottata, di gravi, precisi e concordanti elementi presuntivi, dai quali evincere che i prelevamenti in contanti dei soci celassero ricavi occulti.
1.3. Con il terzo motivo, la società contribuente denunzia la violazione degli artt. 36, comma 2, d.lgs. 31 dicembre 1992, n.546, 132 cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ. e 111 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, cod. proc. civ.
Secondo la ricorrente, la sentenza della C.t.r. sarebbe priva della esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni di fatto e di diritto della decisione.
1.4. Con il quarto motivo, la società contribuente denunzia la violazione degli artt. 35, comma 3, d.lgs. 31 dicembre 1992, n.546, 99 e 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n.4, cod. proc. civ., per omessa pronuncia e violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato.
Secondo la ricorrente, i giudici di appello avrebbero omesso di pronunciarsi sullo specifico motivo di appello avente ad oggetto l’esistenza di un giudicato interno, riguardante la parte della sentenza di primo grado, non impugnata dall’ufficio con l’appel lo principale, con cui la C.t.r. aveva riconosciuto che, nella specie, non operava la presunzione legale, prevista dall’art.32 d.P.R. n.600/1973 solo per le indagini bancarie.
2.1. Con l’unico motivo del ricorso incidentale, l’RAGIONE_SOCIALE denunzia la violazione dell’art.109, comma 2, lett. a), d.P.R. 22 dicembre 1986, n.917 (T.u.i.r.), in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, cod. proc. civ.
L’ufficio deduce che la RAGIONE_SOCIALE, con la sentenza di primo grado, aveva annullato integralmente il rilievo relativo ai maggiori ricavi di 432.000,00 e parzialmente il rilievo relativo all’indebita deduzione di costi di complessivi € 47.807,08, ritenendo, in particolare, illegittima
la ripresa a tassazione dei costi non di competenza per € 23.885,56 e non inerenti per € 1.850,00.
L’ufficio aveva proposto appello principale chiedendo la conferma del rilievo principale di € 432.000,00 e di quello relativo all’indebita deduzione di costi non di competenza, abbandonando l’indebita deduzione di costi non inerenti.
In sede di costituzione in giudizio la società appellata controdeduceva sui motivi di appello proposti dall’ufficio e proponeva appello incidentale sui capi di sentenza a lei sfavorevoli.
Con la sentenza di secondo grado, la RAGIONE_SOCIALE accoglieva l’appello dell’ufficio in relazione ai maggiori ricavi, respingeva l’appello incidentale di controparte e confermava nel resto la sentenza gravata.
In definitiva, sul recupero a tassazione, per costi indebitamente dedotti di 47.807,08, l’ufficio era rimasto soccombente per 23.885,56 avendo la CRAGIONE_SOCIALEt.r., in relazione a detti costi, confermato la sentenza di primo grado, con ciò incorrendo, secondo il ricorrente incidentale, nella denunziata violazione di legge.
Ai sensi dell’art.109 T.u.i.r., invero, <>. Nel caso che ci occupa, secondo l’ufficio, risulterebbe assodato e non contestato che la merce, come risulta dalle fatture e dai documenti di trasporto, era entrata nella disponibilità della società nell’anno 2005, per cui, anche se la fattura era stata emessa nell’anno successivo, il relativo costo, ai sensi del sopracitato art. 109 T.u.i.r., doveva essere imputato in tale
anno, risultando ininfluente quanto osservato dalla C.t.p. in merito ad una presunta mancanza di danno all’erario.
3.1. Il primo ed il terzo motivo del ricorso principale, da esaminare congiuntamente perché connessi, sono infondati, in quanto la sentenza contiene l’ esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni di fatto e di diritto della decisione, ha una motivazione chiaramente intellegibile, fondandosi sul rilievo che, circostanza ormai pacifica, l’amministrazione abbia proceduto ad un accertamento analitico induttivo, riscontrando l’irregolarità della contabilità in relazione ai prelievi effettuati in contanti dalla società dal proprio conto cassa e indirizzati ad i soci.
Tali prelievi, tutti in contanti, continui e relativi ad un’ingente somma complessiva, venivano giustificati dalla società contribuente adducendo la necessità di restituire ai soci quanto anticipato per l’acquisto della merce fresca; secondo la società, qu indi, sarebbero stati dei costi e non dei ricavi, come presunto dall’amministrazione.
Tuttavia, come dedotto dall’ufficio, la RAGIONE_SOCIALE rileva che tale giustificazione non ha trovato alcun riscontro probatorio, non risultando istituito un conto ‘anticipazione soci’, che potesse dimostrare quanto fosse stato versato dai soci, né alcuna fattura RAGIONE_SOCIALE successive operazioni commerciali di acquisto della merce ‘fresca’.
Pertanto, di fronte all’irregolarità contabile dell’annotazione dei prelievi, per oltre quattrocentomila euro complessivi in contanti a titolo di finanziamento soci, senza che risultasse il conto attestante la provenienza RAGIONE_SOCIALE somme o alcuna documentazione sul loro successivo impiego, il giudice di appello ha ritenuto che fondatamente l’amministrazione finanziaria avesse fatto ricorso al metodo di accertamento analitico induttivo, basato su di un quadro indiziario univoco e significativo in ordine all’esis tenza di ricavi occulti.
Sarebbe stato onere della società dimostrare l’inesistenza di tali ricavi, coincidente con l’importo complessivamente oggetto del prelievo
in contante, che non trova ulteriore riscontro nella contabilità aziendale.
3.2. Il secondo motivo è all’evidenza inammissibile, traducendosi nella denunzia, già oggetto del primo motivo, di violazione RAGIONE_SOCIALE norme sulla prova presuntiva, infondato per le ragioni sopra esplicitate.
3.3. Il quarto motivo è parimenti inammissibile, in quanto nella fattispecie è pacifico che non si tratti di indagini bancarie, ma di un accertamento analitico induttivo basato sulle rilevate irregolarità contabili, il che rende priva di interesse la specifica doglianza in ordine alla sussistenza del giudicato interno sull’inapplicabilità, alla fattispecie in esame, della presunzione legale di cui all’art.32 d.P.R. n.600/1973.
4.1. Risulta, invece, fondato il ricorso incidentale, in quanto il giudice non ha esaminato la censura, specificamente proposta con i motivi di appello, in ordine alla indeducibilità dei costi non di competenza.
Di conseguenza la sentenza impugnata va cassata in relazione all’accoglimento del ricorso incidentale, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso incidentale, rigettato quello principale; cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso incidentale accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 26 gennaio 2024