Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9151 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 9151 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/04/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 85/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE
-intimati- avverso la SENTENZA di COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. LECCE n. 1731/2018 depositata il 28/05/2018.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso ovvero, in subordine, la sospensione del giudizio e la rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimità costituzionale evidenziata in requisitoria.
Sentita l’avv. dello Stato NOME COGNOME per la ricorrente.
FATTI DEL PROCESSO
La RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME e i suoi soci NOME e NOME COGNOME hanno proposto separati ricorsi avverso l’avviso di accertamento per il 2007 con il quale erano stati accertati per la società maggiori redditi e determinati minori costi relativi a fatture fittizie per operazioni inesistenti, notificato anche ai soci per trasparenza ex art. 5 d.P.R. n. 916/1986.
La Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Brindisi accoglieva parzialmente i ricorsi riuniti con compensazione delle spese, osservando che i maggiori redditi accertati dall’Ufficio, sulla base delle dichiarazioni rese dai fornitori che avevano asseverato crediti inferiori a quelli risultanti dalla contabilità della RAGIONE_SOCIALE, dovevano essere ridotti dell’importo di euro 77.600,00 risultati pagati nel corso del 2008, cosicché il maggior reddito risultava fissato in euro 90.000,00.
Avverso questa sentenza i contribuenti proponevano appello mentre l’Agenzia proponeva appello incidentale laddove i giudici di prime cure avevano ridotto la pretesa; la Commissione Tributaria Regionale (CTR) della Puglia, con la sentenza in epigrafe, accoglieva il gravame dei contribuenti annullando in toto l’atto impositivo.
L’accertamento era scaturito dalle divergenze risultanti tra la contabilità della società e le dichiarazioni dei terzi fornitori in risposta ai questionari inviati ma, secondo i giudici d’appello, tali dichiarazioni non potevano considerarsi alla stregua di presunzioni qualificate, valendo soltanto come presunzioni semplici che dovevano essere corroborate da ulteriori elementi desunti dalla contabilità, la quale era tenuta regolarmente; invece, l’Amministrazione non aveva fornito ulteriori elementi probatori a supporto della sua ricostruzione.
Evidenziavano, inoltre, che nelle more era intervenuta sentenza penale di assoluzione ‘perché il fatto non sussiste’ nei confronti di COGNOME Domenico, in relazione ai medesimi fatti oggetto dell’avviso di accertamento impugnato.
Avverso questa pronunzia l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 12.12.2018, affidandosi a quattro motivi.
Sono rimasti intimati la RAGIONE_SOCIALE e i due soci.
Il Pubblico Ministero ha depositato requisitoria scritta.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve essere disattesa l’istanza di riunione della presente causa a quelle pendenti al R.G. nn. 21924/2016 e 4864/2018, chiamate alla medesima udienza pubblica e aventi ad oggetto distinte sentenze relative ad avvisi di accertamento riguardanti diversi anni di imposta nei confronti della stessa società. Invero, la riunione delle impugnazioni è obbligatoria ai sensi dell’art. 335 c.p.c. ove abbiano ad oggetto la stessa sentenza, mentre può essere facoltativamente disposta, anche in sede di legittimità, ove esse siano proposte contro diverse sentenze pronunciate fra le medesime parti, in relazione a ragioni di unitarietà sostanziale e processuale della controversia, ovvero ove si ravvisino in concreto elementi di connessione tali da rendere opportuno, per ragioni di economia processuale, il loro esame congiunto (Cass., n. 27550 del 2018; Cass., sez. un., n. 1521 del 2013; Cass., sez. un. n. 18050 del 2010). In questo caso, non appare opportuna la riunione, ricorrendo differenti situazioni processuali e non essendo la trattazione disgiunta ostativa all’applicazione dei medesimi principi di diritto.
Passando al ricorso, con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sull’appello incidentale dell’Agenzia.
2.1. Il motivo è infondato in quanto, atteso il tenore della decisione, vi è stato un rigetto implicito del gravame erariale. Invero, ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto; tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di una specifica argomentazione (Cass. n. 12131 del 2023; Cass. n. 2151 del 2021; Cass. n. 24953 del 2020).
3 . Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 c.c., in quanto la CTR aveva errato nella considerazione delle dichiarazioni dei terzi che provenendo da creditori della società assurgono, invece, a confessioni stragiudiziali.
3.1. Il motivo è infondato.
3.2. Le dichiarazioni dei terzi hanno natura confessoria riguardo ai fatti ammessi sfavorevoli al dichiarante e nei confronti di questo; invece, nei confronti del soggetto sottoposto all’accertamento tributario, secondo costante giurisprudenza di questa Corte, le dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale hanno il « valore probatorio proprio degli elementi indiziari, senza che ciò comporti il venir meno del potere-dovere del giudice tributario di valutare l’attendibilità del contenuto delle dichiarazioni, secondo il principio della libera valutazione delle prove, confrontando le propalazioni raccolte e valutando la credibilità dei dichiaranti in base ad elementi soggettivi e oggettivi, come la loro qualità e vicinanza alle parti, l’intrinseca congruenza di dette dichiarazioni e la convergenza di queste con eventuali altri elementi acquisiti » (tra le tante, ultimamente Cass. n. 28022 del 2024).
4 . Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 39 comma 1 lett. d) del d.P.R. n. 600/1973 in quanto la CTR non aveva considerato che l’accertamento si fondava su numerose incongruenze che denotavano irregolare tenuta della contabilità, contabilizzazione di passività inesistenti e mancata prova di pagamenti: in particolare, all’interno del conto ‘debiti c/fornitori’ risultavano debiti sorti in tempi remoti rispetto alla prassi commerciale e dalle risposte ai questionari dei fornitori (asseriti creditori) era emersa una situazione debitoria inferiore a quella risultante dalla contabilità della contribuente con la conseguenza che i maggiori debiti dichiarati dovevano, in realtà, corrispondere a ricavi non contabilizzati.
4.1. Il motivo è fondato.
4.2. In materia di accertamento analitico – induttivo di cui all’art. 39 comma 1 lett. d) del d.P.R. n. 600/1972, secondo cui l’Amministrazione finanziaria, in presenza di contabilità formalmente regolare ma intrinsecamente inattendibile può desumere in via induttiva, ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 54, commi 2 e 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, il reddito del contribuente utilizzando le incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, incombendo su quest’ultimo l’onere di fornire la prova contraria e dimostrare la correttezza delle proprie dichiarazioni (Cass. n. 35713 del 2022); in questo caso l’inattendibilità contabile si fondava sul rilevo che il conto ‘debiti verso fornitori’ mostrava debiti sorti in tempi remoti, quando la prassi commerciale prevede l’estinzione in tempi ridotti (a 30, 90 o 120 gg.) (v. pag. 28 del ricorso), ed è stata confermata dalla discrepanza tra i debiti
risultanti in contabilità e quelli dichiarati dai fornitori per un importo non trascurabile (euro 168.500,00).
4.3. Invero, « l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati » possono risultare « dal controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi all’impresa nonché dei dati e delle notizie raccolti dall’ufficio nei modi previsti dall’articolo 32 », tra i quali le risposte ai « questionari relativi a dati e notizie di carattere specifico rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti nonché nei confronti di altri contribuenti con i quali abbiano intrattenuto rapporti, con invito a restituirli compilati e firmati » (art. 32 comma 1 n. 4 d.P.R. n. 600/1973).
4.4. E’ altresì pacifica l’ammissibilità delle dichiarazioni o informazioni di terzi acquisite dall’ufficio – purché inserite nel processo verbale di constatazione, o trascritte essenzialmente nella relativa motivazione, ovvero allegate all’avviso di rettifica notificato – nel giudizio tributario, ove trovano ingresso come elementi indiziari, liberamente valutabili dal giudice del merito (Cass., n. 3104 del 2014, n. 21812 del 2012, n. 20032 del 2011, n. 11785 del 2011, n. 21317 del 2010), potendo la loro efficacia probatoria essere contestata anche attraverso controdichiarazioni di analoga natura, parimenti soggette al prudente apprezzamento del giudice tributario (cfr. Corte Cost., sent. n. 18 del 2000).
4.5. La CTR, laddove si è limitata ad osservare che le dichiarazioni dei terzi non erano sufficienti, in quanto « a fronte di una contabilità regolarmente tenuta, l’Amministrazione finanziaria non ha fornito ulteriori elementi probatori a supporto di quanto sostenuto », non ha fatto buon governo di quei principi, avendo omesso di considerare il complessivo quadro indiziario che ha giustificato l’accertamento analitico induttivo.
5 . Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 654 c.p.p., perché la CTR aveva basato la propria decisione esclusivamente sulle conclusioni del giudice penale senza alcun esame critico di tali risultanze.
5.1. Il motivo è fondato alla luce del principio consolidato secondo cui le prove raccolte in giudizio penale definito con sentenza irrevocabile costituiscono fonte di prova che il giudice tributario è tenuto ad esaminare e da cui può trarre elementi di giudizio, sia pure non vincolanti, su dati e circostanze ivi acquisiti con le garanzie di legg e (Cass. n. 6532 del 2020; Cass. n. 17258 del 2019); ma il giudice tributario, pur potendo trarre elementi di convincimento dai fatti materiali accertati nel giudizio penale, è tenuto sempre ad operare una valutazione critica di dette circostanze fattuali in relazione al complessivo materiale probatorio acquisito al giudizio tributario (così, Cass. n. 3105 del 2014; Cass. n. 27814 del 2020; Cass. n. 28174 del 2017; Cass. n. 16262 del 2017; Cass. n. 8129 del 2012).
5.2. La CTR, invece, si è limitata a richiamare la « sentenza assolutoria ‘perché il fatto non sussiste’ n. 387/15 del 04/02/2015 divenuta irrevocabile in data 03/06/2015 del Tribunale di Brindisi -Sez. Penale resa nel procedimento n. 96994/10 R.G.N.R. in cui si contestava al sig. COGNOME COGNOME quale socio accomandatario della RAGIONE_SOCIALE COGNOME Domenico RAGIONE_SOCIALE. il delitto di cui all’art. 2 e 4 D.Lgs. 74/2000, ovvero i medesimi fatti che hanno dato luogo alle contestazioni oggetto del presente contenzioso tributario », senza svolgere alcuna valutazione critica.
5.3. Il Pubblico Ministero pone il tema dell’applicabilità dell’art. 21-bis del d.lgs. n. 74/2000, rubricato « Efficacia delle sentenze penali nel processo tributario e nel processo di Cassazione », introdotto dal decreto legislativo n. 87 del 2024, sollevando questione di legittimità costituzionale con riguardo, in particolare,
all’efficacia del giudicato penale nei confronti di una parte (l’Amministrazione finanziaria) che non ha partecipato al relativo processo.
5.4. La norma citata, invero, dispone: « 1. La sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi. 2. La sentenza penale irrevocabile di cui al comma 1 può essere depositata anche nel giudizio di Cassazione fino a quindici giorni prima dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio . 3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano, limitatamente alle ipotesi di sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste, anche nei confronti della persona fisica nell’interesse della quale ha agito il dipendente, il rappresentante legale o negoziale, ovvero nei confronti dell’ente e società, con o senza personalità giuridica, nell’interesse dei quali ha agito il rappresentante o l’amministratore anche di fatto, nonché nei confronti dei loro soci o associati ». La disposizione non può trovare applicazione nel presente giudizio di legittimità stante il mancato deposito della sentenza, come richiesto anche dalla norma, cosicché è impedita ogni verifica in ordine a contenuto ed efficacia di tale giudicato e la stessa questione costituzionale sollevata risulta irrilevante.
Conclusivamente, accolti il terzo e quarto motivo, rigettati gli altri, la sentenza impugnata deve essere cassata di conseguenza con rinvio al giudice del merito.
p.q.m.
accoglie il terzo e quarto motivo, rigettati gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia che in diversa composizione deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Roma, 15 gennaio 2025