Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29620 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 29620 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17285/2018 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, con l’avvocato AVV_NOTAIO -ricorrente- contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dalla Avvocatura Generale dello Stato
-controricorrente-
avverso la Sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia -Romagna n. 3201/2017 depositata il 27/11/2017. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/11/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Come si apprende dagli atti, la presente controversia trae origine dall’emissione, nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, ora RAGIONE_SOCIALE, di un atto impositivo recante un accertamento analiticoinduttivo, ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 600 del 1973.
1.1. L’atto in questione derivava dal verificato scostamento tra il reddito dichiarato dalla società con riferimento all’anno di imposta 2007 e i valori di redditività stimati, in via presuntiva e statistica, ai sensi d ell’ art. 30 comma 1, della L. n. 724 del 1994, in materia di società non operative.
1.2. A fronte della mancata presentazione, relativamente al periodo di imposta interessato, dell’interpello volto a ottenere, ai sensi del comma 4-bis del citato art. 30, la disapplicazione della normativa in materia di società non operative, l’Ufficio invitava la società contribuente a presentare osservazioni e informazioni in merito alle ragioni del mancato superamento del test di operatività previsto dall’ art. 30 cit.
1.3. La società presentava memorie, imputando il mancato conseguimento dei ricavi presunti dalla norma a fattori oggettivi, e come tali estranei alla volontà degli organi e della compagine sociali. In particolare, faceva presente che la RAGIONE_SOCIALE, società che aveva avuto la disponibilità del principale cespite immobiliare della società verificata, oggetto di un contratto di affitto di azienda e impiegato per lo svolgimento di un’attività di ristorazione, aveva improvvisamente sospeso le proprie attività nel corso del periodo di imposta considerato, e precisamente nel mese di maggio 2007.
1.4. L’Ufficio, esaminati gli elementi addotti dalla contribuente, non li reputava sufficienti e, conseguentemente, provvedeva a notificare l’avviso di accertamento recante recupero a tassazione del maggior reddito imponibile, come stimato per l’anno di imposta in discorso.
Nel dettaglio, la dedotta interruzione del contratto di affitto di azienda non veniva reputata sufficiente a spiegare la perdita riportata, dal momento che, per un verso, la società affittuaria aveva una compagine sociale sostanzialmente sovrapponibile a quella della società locatrice e, per altro verso, il canone pattuito nel contratto di affitto risultava comunque inferiore ai valori di mercato, stimato sulla base dei valori OMI disponibili per l’affitto di immobili analoghi.
1.5. Alla società contribuente, in dichiarata applicazione del metodo analiticoinduttivo di cui all’art. 39, comma 1, lett. d) del DPR n. 600/1973, veniva quindi imputato per l’anno di imposta in esame un reddito quantificato in misura pari al 50% di quello che sarebbe risultato applicando i parametri presuntivi di cui all’art. 30, comma
3, della L. n. 724/1994, per un valore finale di euro 36.971,35, con conseguente recupero RAGIONE_SOCIALE imposte dirette e dell’Iva indebitamente portata in detrazione.
La società contribuente impugnava l’atto impositivo, deducendo la nullità per difetto di motivazione dell’avviso di accertamento e, nel merito, la inapplicabilità, nella fattispecie concreta, della disciplina di cui all’art. 30 della L. n. 724 del 1994, affermando di avere fornito la prova dell’esistenza di oggettive imprevedibili situazioni che avrebbero impedito di superare il test di operatività, e segnatamente l’ improvvisa interruzione, in pendenza del periodo di imposta considerato, del rapporto contrattuale di affitto di azienda.
La CTP di Bologna adita accoglieva il ricorso, rilevando la prospettiva di un’oggettiva situazione che aveva reso impossibile il conseguimento di ricavi e di proventi, e dunque il raggiungimento del ‘ reddito minimo ‘, per circostanze non dipendenti dalla volontà della società interessata.
Quindi la Commissione regionale, con la sentenza indicata in epigrafe, accoglieva l’appello dell’Ufficio.
Avverso detta sentenza ricorre la società contribuente con tre motivi e resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la società contribuente deduce la «Nullità della sentenza d’appello per motivazione apparente nonché illogica e perplessa, e quindi violazione e falsa applicazione dell’art. 36, comma 2, n. 4 del D.Lgs. n. 546/1992, in rel azione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.с.».
Con il secondo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.с. la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2727 c.c., nonché dell’art. 39, comma 1, lett. d) del DPR. 600/1973, ovvero dell’art. 30 della L. 724/1 994.
Con il terzo strumento di impugnazione la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.с., l’omesso esame circa
un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
I primi due motivi di ricorso devono opportunamente essere oggetto di trattazione congiunta, stante la stretta connessione logica RAGIONE_SOCIALE censure sollevate, pur in relazione a vizi di legittimità differenti. 4.1. Preliminarmente, si rende inoltre opportuna una corretta qualificazione del primo motivo di ricorso, da ricondurre al vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.с., senza che l’erronea rubricazione ne comporti l’inammissibilità. Si ricorda a tale riguardo che l’erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta alla sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360, comma 1, c.p.c., né determina l’inammissibilità del ricorso, se dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato (da ultimo v. Cass. Sez. 5, 12/01/2025, n. 759).
Tanto premesso, i motivi suddetti sono fondati.
5.1. La società contribuente rileva che la controversia ha ad oggetto la contestazione della ricostruzione analitico-induttiva del reddito di impresa ex art. 39, comma 1, lett. d) DPR n. 600/1973, giustificata dall’Ufficio in ragione della reputata antieco nomicità della condotta della società accertata.
5.2. Ed è la stessa Amministrazione finanziaria, nelle proprie difese (v. controricorso, passim e, in particolare, a p.10), ad avallare tale ricostruzione laddove conferma, peraltro richiamando testualmente la contestazione contenuta n ell’avviso impugnato, c he l’accertamento ha preso le mosse dal riscontro del mancato rispetto degli indici presuntivi di cui all’articolo 30 della L. 724/1994, ma limitatamente alla ‘ pars destruens ‘ , nel senso che gli illustrati parametri sono serviti per valutare come inaffidabile la dichiarazione dei redditi resa dalla società sottoposta ad accertamento fiscale. Una volta fatto ciò, la pars construens ‘ , vale a dire la ricostruzione dell’esatta misura del reddito imponibile della società verificata, è
stata poi fondata sull’accertamento analitico-induttivo di cui all’art. 39, comma 1, lett. d) DPR n. 600/1973.
5.3. Ma se così è, la sentenza impugnata si regge su una motivazione non conferente rispetto alle tesi propugnate dall’ Amministrazione finanziaria. I giudici dell’appello hanno fondato la loro decisione non sulla sussistenza di indici presuntivi di un maggior reddito -effettivo e non dichiarato -accertato ex art. 39 comma 1, lett. d) DPR n. 600/1973, ma sulla considerazione che la società contribuente non abbia -in concreto – raggiunto la soglia minima del reddito presunto ex art. 30 della L. 724/1994, senza che ciò fosse giustificato da circostanze oggettive esterne, e bensì dipendendo da scelte imprenditoriali degli amministratori.
5.4. Ha infatti così argomentato la CTR: «(…) la società conduttrice, RAGIONE_SOCIALE, e quella locatrice, RAGIONE_SOCIALE, sono entrambe partecipate dai medesimi soci, COGNOME NOME e COGNOME NOME, per cui, considerato altresì che l’affitto aziendale costituisce l’oggetto dell’attività di impresa della società contribuente, la mancanza dei proventi derivanti dal canone d’affitto non appaiono come uno specifico elemento straordinario ed imprevedibile tale da configurare una oggettiva situazione di impossibilità di conseguimento di nuovi ricavi. Ed invero, l’analoga identità soggettiva RAGIONE_SOCIALE parti del rapporto di affittanza dell’azienda di ristorazione esclude il suddetto carattere oggettivo RAGIONE_SOCIALE circostanze che hanno impedito il raggiungimento di soglia minima di ricavi e di reddito almeno pari a quello minimo presunto, poiché il minor reddito è dipeso dalle scelte e dalla volontà dei soggetti partecipanti dell’una e dell’altra compagine sociale, essendo del resto configurabile la possibilità di adottare, da parte della società appellata, qualsivoglia iniziativa o attività volta al rispetto dei vincoli imposti dalla legge n. 724/1994».
5.5. Ancora, per necessaria conseguenza, come denunciato con il secondo motivo di ricorso, la CTR, confermando l’accertamento in ragione del -solo -elemento consistente nello scostamento dal
reddito minimo presunto ex art. 30 cit., ed anzi affermando, positivamente, che alcun maggior reddito sarebbe stato conseguito, non si è conformata ai principi in materia di accertamento analiticoinduttivo dettati da questa Corte, segnatamente ove si è affermato che «In materia di IVA, l’Amministrazione finanziaria, in presenza di contabilità formalmente regolare ma intrinsecamente inattendibile per l’antieconomicità del comportamento del contribuente, può desumere in via induttiva, ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 54, commi 2 e 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, il reddito del contribuente utilizzando le incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, incombendo su quest’ultimo l’onere di fornire la prova contraria e dimostrare la correttezza RAGIONE_SOCIALE proprie dichiarazioni (Cass. Sez. 6, 05/12/2022, n. 35713; Cass. Sez. 6, 30/12/2015, n. 26036).
6. In conclusione, accolti il primo e secondo motivo di ricorso e assorbito il terzo, la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nel rispetto dei principi sopra illustrati, nonché provveda a regolare le spese del giudizio di legittimità tra le parti.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda a regolare le spese del giudizio di legittimità tra le parti.
Così deciso in Roma, il 05/11/2025.
La Presidente
NOME COGNOME