Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23819 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23819 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/09/2024
Oggetto: accertamento analitico-induttivo studi di settore rilevanza di costi non dichiarati – condizioni
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6232/2017 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, in persona del Direttore RAGIONE_SOCIALE pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE, nei cui uffici domicilia in Roma, alla INDIRIZZO
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore -intimata – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, depositata il 15 settembre 2016, n. 7945/29/16; Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 luglio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTI DELLA CAUSA
Come risulta dalla sentenza impugnata e dalla ricostruzione in fatto operata dalla ricorrente, l’RAGIONE_SOCIALE Napoli ha
notificato alla società ‘RAGIONE_SOCIALE, esercente commercio al minuto di abbigliamento, un avviso di accertamento con cui, per l’anno 2008, determinava induttivamente i ricavi in euro 892.205, a fronte di quelli dichiarati per euro 798.876.
L’atto impositivo conseguiva alla mancata partecipazione al contraddittorio preventivo e alla riscontrata incongruità del reddito dichiarato rispetto a quello presunto in base agli studi di settore.
L’avviso di accertamento veniva impugnato innanzi alla CTP di Napoli. Quest’ultima rigettava il ricorso, rilevando che la società ricorrente non aveva ottemperato all’onere della prova contraria rispetto al contestato scostamento, limitandosi a generiche critiche sulla validità degli studi di settore.
La società proponeva appello, eccependo l’omesso esame dell’eccezione di difetto di sottoscrizione dell’avviso di accertamento, il mancato esame RAGIONE_SOCIALE eccezioni di irrilevanza RAGIONE_SOCIALE scostamento fra ricavi dichiarati e ricavi considerati congrui (in quanto inferiore all’11 per cento), la presenza di ulteriori ricavi non considerati e la marginalità dell’impresa, situata in una zona popolare di Napoli.
La CTR considerava l’appello parzialmente fondato.
Rigettata l’eccezione di difetto di sottoscrizione dell’avviso di accertamento, accoglieva il motivo di ricorso fondato sulla scarsa rilevanza RAGIONE_SOCIALE scostamento fra ricavi dichiarati e ricavi considerati congrui, attestantesi intorno a una percentuale pari all’11 per cento, e riteneva che tale scostamento fosse talmente marginale da far ritenere ‘abnorme’ la differenza tra reddito dichiarato (pari a 20.220 €) e reddito accertato (pari a euro 113.549).
Per la CTR doveva desumersi che tale ingiustificata discrepanza era dovuta al mancato riconoscimento, da parte dell’Ufficio, dei maggiori costi sostenuti ed inerenti ai maggiori redditi presunti.
La CTR procedeva quindi a calcolare induttivamente i maggiori costi connessi ai maggiori ricavi accertati e, in parziale riforma della sentenza impugnata, rideterminava il maggior reddito imponibile, ai
soli fini RAGIONE_SOCIALE imposte dirette (e non anche ai fini IVA), in euro 11.877.
Contro questa decisione l’RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
La società contribuente è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., si denuncia la nullità della sentenza per ultrapetizione, in violazione dell’art. 112 c.p.c.
Secondo la ricorrente, la contribuente non avrebbe mai eccepito l’omessa considerazione, da parte dell’Ufficio, dei maggiori costi presunti e, riproducendo testualmente l’atto di appello, evidenzia come una censura del genere sia del tutto assente, sicché la pronuncia della CTR – che ha determinato in euro 81.452 i maggiori costi connessi ai maggiori ricavi accertati – sarebbe andata ultra petita .
Secondo la ricorrente, peraltro, anche a voler ammettere la legittimità di una pronuncia d’ufficio sul punto, quest’ultima potrebbe valere nelle sole ipotesi di accertamento induttivo puro, solo rispetto al quale, a fronte dei maggiori ricavi induttivamente determinati, bisognerebbe tenere conto dei maggiori costi ad essi inerenti, per non assoggettare a imposta il prodotto lordo anziché quello netto, in violazione dell’articolo 53 della Costituzione.
Nella specie, invece, sarebbe pacifico che l’accertamento ha seguito il metodo analitico-induttivo ex art. 39, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973, sicché il giudice non avrebbe potuto rideterminare il reddito accertando d’ufficio i maggiori costi corrispo ndenti, senza che il contribuente avesse offerto la prova della loro certezza desumibile dalle scritture contabili.
Con il secondo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si denuncia la violazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 109, comma 4, del TUIR, nonché la falsa applicazione dell’art. 39, comma 2, del d.p.r. n. 600 del 1973.
La ricorrente lamenta il mancato rispetto del principio dell’onere della prova in ordine alla determinazione dei costi suscettibili essere portati in deduzione.
Osserva a tale proposito che, con riferimento ai costi ‘occulti’, ossia non riportati in contabilità, come quelli di cui la RAGIONE_SOCIALE avrebbe tenuto conto, essi possono essere presi in considerazione, in caso di accertamento analitico e analitico-induttivo di cu i all’art. 39, comma 1, d.P.R. n. 600 del 1973 – come quello appunto operato nei confronti della società contribuente – solo se «risultano da elementi certi e precisi», ai sensi dell’art. 109, comma 4, ultimo periodo, del TUIR, con onere della prova a carico del contribuente.
I motivi non sono fondati.
3.1. Quanto al primo, risulta dall’atto di appello trascritto nella parte rilevante – alle pagine da 11 a 20 del ricorso – che la società contribuente, con il suo secondo motivo di ricorso in appello, ha denunciato una violazione di legge per avere l’Ufficio fondato l’avviso di accertamento principalmente su una incongruenza tra i ricavi dichiarati dal contribuente e quelli desumibili dagli studi di settore, che a suo parere non poteva essere considerata grave (in quanto inferiore all’11 per cento) e doveva, piuttosto, rientrare in un ‘ range di tolleranza’, oltre a non essere confortata da altri indizi ritenuti necessari per consentire l’operatività della presunzione di produzione di ricavi effettivi.
In definitiva, ciò che veniva contestato in primo luogo -come risulta dal passo trascritto a pag. 16 del ricorso dell’RAGIONE_SOCIALE -era «l’assenza di alcuna ragione dell’accertamento diversa da quanto riportato negli studi di settore» oltre alla «genericità assoluta e fuorviante» degli indicatori economici utilizzati dagli studi di settore. Come emerge dalla trascrizione dell’atto di appello riportata a pag. 19 del ricorso dell’RAGIONE_SOCIALE, la società contribuente aveva tuttavia denunciato anche l’assenza di una «indagine sui costi effettivi e sul risultato di esercizio», rivolgendo alla RAGIONE_SOCIALE, sebbene in via subordinata (cfr. conclusione trascritta a pag. 23 del ricorso
dell’RAGIONE_SOCIALE), domanda volta a «congruamente ridurre l’imponibile accertato, alla luce di quanto dedotto ut supra ».
Alla luce di quanto illustrato, non può affermarsi che la statuizione della CTR volta a rideterminare, in senso riduttivo, il maggior reddito imponibile sia estranea al perimetro della domanda avanzata dalla società contribuente.
3.2. Quanto al secondo motivo, va certamente ribadito che, in tema di accertamento RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi, l’Amministrazione finanziaria, in sede di accertamento induttivo, deve procedere alla ricostruzione della situazione reddituale complessiva del contribuente, tenendo conto anche RAGIONE_SOCIALE componenti negative del reddito che siano comunque emerse dagli accertamenti compiuti, tanto che, qualora per alcuni proventi non sia possibile accertare i costi, questi possono essere determinati induttivamente, perché diversamente si assoggetterebbe ad imposta, come reddito d’impresa, il profitto lordo, anziché quello netto, in contrasto con il parametro costituzionale della capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost., comma 1.
Di recente, tuttavia, questa Corte -applicando i principi espressi da Corte cost. 31/01/2023, n. 10 – ha precisato che un tale obbligo a carico dell’amministrazione finanziaria deve essere riconosciuto anche in caso di accertamento analitico-contabile, altrimenti si finirebbe, irragionevolmente, per prevedere un trattamento più severo, quanto al regime della possibile prova contraria rispetto alla presunzione legale in esame, in danno del contribuente che abbia tenuto una contabilità complessivamente attendibile (e che può essere destinatario di un accertamento analitico-induttivo) rispetto al regime probatorio di cui si avvale chi, destinatario di un accertamento induttivo, abbia omesso qualsiasi contabilità, ovvero ne abbia tenuta una complessivamente inattendibile o abbia posto in essere gravi condotte, quale l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi (Sez. 5, ordinanza n. 5267 del 28/02/2024; Sez. 5, ordinanza n. 6874 del 08/03/2023, rv. 667379-01; Sez. 5,
ordinanza 23/02/2023, n. 5586, pronunciate in tema di accertamenti sorretti anche da indagini bancarie, ma che esprimono un principio applicabile in via generale).
Anche in caso di accertamento analitico-induttivo, dunque, deve essere riconosciuta, pur in mancanza di idonea documentazione, una incidenza percentuale di costi presunti a fronte di maggiori ricavi (in senso analogo, Sez. 5, ordinanza n. 7122 del 09/03/2023, rv. 667432-01).
La CTR, nella sentenza impugnata, si è attenuta a tali principi, sicché il ricorso deve essere rigettato.
Nulla per le spese, non avendo la società contribuente svolto attività difensiva.
Si deve dare atto dell’insussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso.
PQM
Rigetta il ricorso.
Così deciso, in Roma, il 12 luglio 2024.