Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7567 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7567 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2937/2015 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
L’ANTICO FORNO IN LIQUIDAZIONE RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. CAMPANIA n. 5808/2014 depositata il 10/06/2014.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE, esercente attività di panificazione, nonché vendita di prodotti alimentari da banco, ricorreva avverso l’avviso dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per l’anno 2006 che aveva accertato, in via analiticoinduttiva, maggiori ricavi per € 246.898,15 e maggiori imposte IRES, IRAP ed IVA quantificate, rispettivamente, in € 67.347,00, € 11.135,00 ed € 20.408,00 con relative sanzioni.
1.1. L’accertamento scaturiva dal piano di controlli predisposti per i contribuenti esercenti l’attività di panificazione, in
conseguenza del fatto che la società aveva presentato la dichiarazione MoRAGIONE_SOCIALE NUMERO_DOCUMENTO (per l’anno 2006) dichiarando un reddito pari ad € 2.055,00 a fronte di ricavi per € 670.509,00.
Il giudice di prima istanza rigettava il ricorso.
La contribuente proponeva appello rinnovando le censure non apprezzate in primo grado e, in particolare, lamentando tra l’altro: i) che i giudici di primo grado avevano acriticamente condiviso l’operato dell’Ufficio in relazione ad una serie di elementi indiziari, quali la sussistenza di rimanenze di farina e la circostanza che i ricavi dichiarati derivavano non solo dai prodotti di panificazione ma anche dalla vendita di prodotti alimentari di terzi; ii) che la ricostruzione dei ricavi era stata effettuata anche sulla base di un “menù”, disconosciuto dalla società, relativo a prodotti non commercializzati dal contribuente e non risultante tra i documenti acquisiti all’atto dell’accesso; iii) che i primi giudici non avevano tenuto conto della finalità cooperativistica della società, in relazione alla quale era stato documentato che sette su tredici dei lavoratori erano soci della cooperativa a cui erano stati erogati € 88.167,95, così che la RAGIONE_SOCIALE aveva conseguito nell’anno 2006 utili diretti e indiretti pari ad € 90.222,95, di cui € 88.167,95 erogati direttamente ai soci, sotto forma di retribuzioni e oneri contributivi, ed € 2.055,00 dichiarati quale reddito d’impresa.
La Commissione regionale, ritenendo fondate le tesi della società, accoglieva l’appello con sentenza n. 5808/2014, depositata il 10/06/2014.
Avverso la predetta sentenza ricorre l’Amministrazione con tre motivi.
La società contribuente è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso l’RAGIONE_SOCIALE lamenta la «Violazione dell’art. 53 D.Lgs. n. 546/92 e dell’art. 324 c.p.c. Violazione degli artt. 39, 1° c. lett. d) D.P. R. n. 600/73 e 54
2 D.P.R. n. 633/72, nonché degli artt. 2700 e 2730 c.c. (in relazione all’art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c.).
Il motivo è inammissibile laddove cumula in un unico coacervo le censure di cui all’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ., senza evidenziare specificamente la trattazione RAGIONE_SOCIALE doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione RAGIONE_SOCIALE norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto (Cass. n. 8915/2018), non consentendo di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate, sì da consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (Cass., Sez. U., n. 9100/2015).
Ad una testuale riproduzione della motivazione della sentenza fanno infatti seguito due frammentarie censure, con le quali l’Ufficio lamenta che i giudici di appello, tra i molteplici aspetti della vicenda esaminati, non abbiano dato il corretto peso, nella motivazione della sentenza, al fatto che la società non avesse contestato di svolgere attività di catering , né alla circostanza che, a fronte della valutazione espressa della CTP in merito alla insufficiente remunerazione del reddito d’impresa per l’anno in considerazione, la contribuente avesse obiettato che la maggior parte dei ricavi veniva destinata alla remunerazione dei soci lavoratori.
2.1 . Va comunque rilevato che l’Amministrazione ricorrente censura, in sostanza, la mancata rilevazione della non contestazione, con l’appello, di alcuni degli elementi istruttori valorizzati dalla CTP, sostenendo che da soli potrebbero sorreggere la pretesa intera: il motivo è inammissibile anche sotto tale profilo, in quanto non è stata censurata, né per violazione di legge né per omesso esame di fatti noti indizianti, la valutazione espressa dalla CTR in ordine alla carenza dei requisiti della presunzione semplice.
2.2. Né, nei limiti in cui sia possibile estrapolare una critica fondata sulla errata applicazione dell’art. 53 del D.Lgs. n. 546/1992, la stessa potrebbe ritenersi fondata.
2.3. Premesso che l’interpretazione dell’appello è attività riservata esclusivamente al giudice del merito, che ha escluso trattarsi di mera riproposizione dei motivi di primo grado, comunque anche quest’ultima modalità di impugnazione sarebbe ammissibile se sorretta dalla critica della sentenza impugnata, come ravvisato dalla CTR, allineata ai consolidati principi affermati da questa Corte in merito ai canoni di specificità dell’appello.
2.4. E’ orientamento ormai consolidato di questa Corte di legittimità, che giova richiamare, che, ai fini della specificità dei motivi d’appello, richiesta dall’art. 342 c.p.c., l’esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni di fatto e di diritto, invocate a sostegno del gravame, possa sostanziarsi anche nella prospettazione RAGIONE_SOCIALE medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado, non essendo necessaria l’allegazione di profili fattuali e giuridici aggiuntivi, purché ciò determini una critica adeguata e specifica della decisione impugnata e consenta al giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto RAGIONE_SOCIALE censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice (Cass. 28 ottobre 2020, n. 23781; Cass., 15 gennaio 2019, n. 707; Cass., 20 dicembre 2018, n. 32954; Cass. 12 febbraio 2016, n. 2814, fra le altre).
Con il secondo strumento di impugnazione la ricorrente deduce la «Violazione degli artt. 2697 e 2700 c.c. nonché 32, 4° c. D.P.R. n. 600/73 (in relazione all’art. 360, n, 3 c.p.c.)».
L’Amministrazione sostiene che l’affermazione della CTP secondo cui «Dalla contabilità è emerso che sono inesistenti le merci iniziali» e che pertanto «la società effettua acquisti di materie prime in nero e non contabilizzate» avrebbe «valore di atto pubblico, in quanto suppone che il giudice abbia verificato tali risultanze sulla documentazione», sì che la CTR non avrebbe
potuto, dalla medesima documentazione, trarre differenti conclusioni.
3.1. Il motivo, come evidenzia anche il suo ulteriore sviluppo, laddove contesta che, in mancanza del bilancio, la documentazione contabile e la dichiarazione dei redditi esaminate dai giudici di appello non debbano ritenersi idonee a confermare a dimostrare la fondatezza della tesi della contribuente, è inammissibile.
Le censure ivi esposte rivestono natura meritale, profilandosi con tutta evidenza preordinate ad un nuovo esame RAGIONE_SOCIALE risultanze istruttorie, in quanto la ricorrente propone elementi già addotti nei gradi di merito; la prospettazione si palesa finalizzata ad ottenere una valutazione RAGIONE_SOCIALE prove e quindi un accertamento fattuale di segno opposto a quello espresso dalla CTR, fermo restando che la tesi della attribuzione di pubblica fede a quanto affermato dai giudici di primo grado risulta palesemente priva di fondamento.
Con il terzo motivo di ricorso l’RAGIONE_SOCIALE censura la «Violazione dell’art. 2730 c.c. in relazione all’art, 360, n, 3 c.p.c.», lamentando che la CTR, laddove ha rilevato che i ricavi dichiarati derivano non solo dai prodotti di panificazione ma anche dalla vendita di prodotti alimentari, non abbia tenuto adeguato conto che il legale rappresentante della società aveva dichiarato ai verbalizzanti che i prodotti alimentari da banco rappresentavano solo il 5% RAGIONE_SOCIALE vendite.
4.1. Il motivo è inammissibile, in quanto non si imputa ai giudici di appello di avere disatteso, valutandole secondo prudente apprezzamento, una prova legale, ma si risolve in una critica della valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, la prospettazione si palesa finalizzata ad ottenere una valutazione RAGIONE_SOCIALE prove e quindi un accertamento fattuale di segno opposto a quello espresso dalla CTR.
Con il quarto motivo di ricorso si censura la «Violazione degli artt. 112 c.p.c. per omessa pronuncia e 39, 1° c. lett. d DPR 600/73 nonché 54, 2° c. DPRE 633/72 (in relazione all’art. 360 n. 4 e n. 3 c.p.c.).
5.1. Il motivo, al pari del primo strumento di impugnazione, è inammissibile laddove cumula in un unico coacervo le censure di cui all’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ., senza evidenziare specificamente la trattazione RAGIONE_SOCIALE doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione RAGIONE_SOCIALE norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto (Cass. n. 8915/2018), non consentendo di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate, sì da consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (Cass., Sez. U., n. 9100/2015).
5.2. Ulteriore profilo di inammissibilità traspare dalla zoppicante formulazione del motivo ove, con allegazione di natura meritale sostiene, facendo leva su argomenti fattuali (la quantificazione dell’utilizzo RAGIONE_SOCIALE uova al fine della preparazione della ‘pasta choux’), che la CTR non avrebbe dovuto annullare in toto l’avviso di accertamento, ma limitarsi a ridurre l’importo del debito tributario.
La doglianza è inoltre generica, non essendo dedotto in che misura l’imponibile dovrebbe ritenersi accertato, all’interno del delta tra dichiarato e accertato nell’avviso di accertamento; ciò a fronte della pronuncia della CTR, che afferma la totale carenza della presunzione su cui l’atto impugnato si fonda.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Non si procede alla liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità in assenza di attività difensiva della società intimata.
Rilevato che risulta soccombente l’RAGIONE_SOCIALE, ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per
essere amministrazione pubblica difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, non si applica il D.P.R. n. 30 maggio n. 115, art. 13 comma 1- quater, (Cass. 29/01/2016, n. 1778).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 23/02/2024.