Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13979 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13979 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/05/2024
ORDINANZA
Sul ricorso n. 7401-2016, proposto da:
COGNOME NOME (cf. CODICE_FISCALE), elettivamente domiciliato in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, dal quale è rappresentato e difeso –
Ricorrente
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE , cf CODICE_FISCALE, in persona del Direttore p.t., elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato –
Resistente
Avverso la sentenza n. 1725/13/2015 della Commissione tributaria regionale del l’Emilia -Romagna, depositata il 14.09.2015; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21 novembre
2023 dal AVV_NOTAIO COGNOME,
Accertamento
–
Studi
di settore –
Configurabilità
Rilevato che
Nella sentenza impugnata si riferisce che relativamente all’anno d’imposta 200 4 l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE , riscontrando uno scostamento tra i ricavi dichiarati e quelli puntuali emergenti dallo studio di settore applicabile al caso di specie, e conseguentemente procedendo alla rideterminazione degli stessi mediante gli elementi presuntivi propri degli accertamenti analitico-induttivi, notificò a COGNOME NOME, esercente commercio all’ingrosso di prodotti ittici, l’avviso d’accertamento, con il quale, contestando l’occultamento di ulteriori ricavi (pari alla differenza tra quelli dovuti in base allo studio di settore € 1.224.507,00 – e quelli dichiarati 1.173.023,00), pretese il pagamento dell’ulteriore importo di € 66.583,85 a titolo di Irpef, Irap, Iva e addizionale regionale, oltre contributi, interessi e sanzioni.
Seguì il contenzioso, esitato dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Rimini nella sentenza n. 94/01/2012, di rigetto RAGIONE_SOCIALE ragioni del contribuente, e dinanzi alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia -Romagna nella sentenza n. 1725/13/2 015, che respinse le ragioni d’appello del COGNOME.
Il giudice regionale ha ritenuto non condivisibili le critiche indirizzate dal contribuente all’atto impositivo per insufficienza e contraddittorietà della sua motivazione, per carenza di presunzioni gravi, precise e concordanti, per erronea valutazione di due sole tipologie di prodotti tra i tanti trattati. Ha di contro ritenuto legittimo il ricorso all’accertamento ex art. 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, pur nell’apparente regolarità RAGIONE_SOCIALE scritture contabili, qualora riscontrati indici di inattendibilità dei dati relativi ad alcune poste di bilancio. Ha richiamato le regole sull’accertamento tributario standardizzato, mediante l’applicazione degli studi di settore, ha ponderato gli elementi allegati al giudizio, reputando non significativi quelli del contribuente a supporto della dichiarazione di ricavi inferiori a quello evincibile dagli studi di settore, a fronte RAGIONE_SOCIALE incongruenze evidenziate dall’Amministrazione finanziaria.
Il ricorrente ha chiesto la cassazione della sentenza, affidandosi a cinque motivi . L’RAGIONE_SOCIALE ha depositato una irrituale comparsa di costituzione, per l’eventuale partecipazione all’udienza pubblica.
All’esito dell’adunanza camerale del 21 novembre 2023 la causa è stata riservata e decisa.
Considerato che
Con il primo motivo il contribuente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. 29 settembre 1979, n. 600, dell’art. 54, comma 2, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, dell’art. 62 -sexies, d.l. 30 agosto 1993, n. 331. nonché de ll’ art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. Premettendo che la rettifica del reddito imponibile traeva origine dalla incongruità del reddito dichiarato dal COGNOME rispetto allo studio di settore applicabile, il giudice regionale erroneamente avrebbe ritenuto corretta l ‘applicazione del le regole dell’accertamento analitico -induttivo, pur nell’inesistenza dei presupposti.
Il motivo non ha pregio.
Consolidata giurisprudenza di legittimità ha avvertito come ai fini della rettifica dei redditi d’impresa, l’accertamento analitico induttivo presuppone, a differenza di quello induttivo “puro”, che la documentazione contabile sia, sul piano formale, complessivamente corretta, ancorché complessivamente inattendibile, sicché la ricostruzione fondata sulle presunzioni semplici, di cui all’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973, non ha ad oggetto il reddito nella sua totalità, ma singoli elementi attivi e passivi, dei quali risulti provata ‘ aliunde” la mancanza o l’inesattezza (Cass., 21 marzo 2018, n. 7025); e, ancora, che presupposto per procedere col metodo analitico induttivo è la ‘ complessiva ‘ inattendibilità della contabilità, ancorché le scritture contabili siano formalmente corrette. Pertanto, procedendosi con presunzioni, ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. 600 del 1973, dette presunzioni non devono essere necessariamente plurime, potendosi il convincimento del giudice fondare anche su un elemento unico, preciso e grave (Cass., 14 ottobre 2020, n. 22184).
Nel caso di specie, partendo da un dato, lo scostamento tra i ricavi dichiarati e quelli emergenti dallo studio di settore applicabile, l’Amministrazione finanziaria ha proceduto al riscontro di ulteriori elementi e incongruenze -esaminate analiticamente in sede giurisdizionale nei gradi di merito, evidenziandosi, tra le altre cose e significativamente, l’irrisorietà della percentuale di redditività riportata nella dichiarazione-. Dagli elementi raccolti ha reputato complessivamente inattendibili i dati contabili ed ha
ricostruito dunque il reddito ‘agganciandosi’ ai risultati dello studio di settore applicabile. Nessun illegittimo utilizzo del metodo d’accertamento è ravvisabile nell’attività accertativa dell’ufficio . Ciò è quanto ha rilevato il giudice regionale, come chiaramente desumibile dalla sentenza impugnata, che pertanto è indenne da vizi di erronea interpretazione RAGIONE_SOCIALE regole applicabili.
Con il secondo motivo il ricorrente si duole dell’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. Il giudice regionale avrebbe ignorato tutte le documentate giustificazioni addotte dal contribuente a fronte degli indizi ac quisiti dall’Amministrazione finanziaria.
Con il terzo motivo lamenta la nullità della pronuncia per violazione dell’art. 116, primo comma, cod. proc. civ. La commissione regionale avrebbe omesso ogni valutazione sugli elementi istruttori offerti nei gradi di merito dal contribuente.
Con il quarto motivo denuncia l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. Il giudice d’appello avrebbe ignorato quanto dedotto dal contribuente in ordine allo scostamento tra i ricavi dichiarati e quelli di ‘riferimento’, rilevati dall’Ufficio con l’applicazione del lo studio di settore, pari solo ad una percentuale del 4,38%.
Con il quinto motivo il ricorrente si duole della violazione dell’art. 62 -sexies del d.l. n. 331 del 1993, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. Il giudice regionale avrebbe erroneamente applicato la disciplina degli studi di settore al caso di specie, non avvedendosi che la percentuale di scostamento tra il dichiarato e i risultati dello studio di settore era scarsamente significativo, mancando pertanto la gravità dell’incongruenza quale presupposto applicativo dello studio di setto re.
I moti dal secondo al quinto possono essere trattati congiuntamente, perché con essi il contribuente, sotto il profilo del vizio di motivazione o quello dell’errore di diritto nell’interpretazione o applicazione RAGIONE_SOCIALE norme, critica la decisione in merito alla ponderazione degli elementi allegati al giudizio e alle conclusioni cui è pervenuto.
Essi sono infondati, quando non inammissibili.
Le censure si rivelano inammissibili perché in concreto si tratta di critiche rivolte al fatto. Con esse si contesta il procedimento logico-giuridico utilizzato dal giudice per ponderare gli elementi, presuntivi e più in generale probatori, allegati da ciascuna RAGIONE_SOCIALE parti a conforto RAGIONE_SOCIALE proprie difese. Esse si rivelano inammissibili ai sensi dell’art. 348 ter, quinto comma, cod. proc. civ., ancora applicabile al caso di specie, ai sensi dell’art. 35, comma 1, del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, trattandosi di decisione conforme, per i medesimi fatti, a quella del giudice di primo grado.
In ogni caso le ragioni addotte dalla difesa del COGNOME non tengono conto che ogni questione proposta afferisce al l’accertamento in fatto, che spetta al giudice di merito e che è inammissibile dinanzi al giudice di legittimità. Questo riguarda anche il quinto motivo, che pur formalmente invoca l’errore giuridico nell’interpretazione RAGIONE_SOCIALE norme in ragione dello scarso scostamento tra il dichiarato ed i risultati dello studio di settore, atteso che dalla piana lettura della sentenza emerge che il giudice d ‘appello, nel reputare irrisoria la percentuale di redditività emergente dalla dichiarazione del contribuente, ha eseguito un accertamento di fatto, la cui revisione non può certo essere richiesta in sede di legittimità.
Né le argomentazioni utilizzate nella sentenza impugnata, indirizzate non solo a rilevare la citata irrisorietà della redditività, ma tutti gli altri elementi esaminati (comprese le ragioni giustificative allegate dal contribuente già in sede endoprocedimentale), rivelano errori materiali o vizi logici, che soli avrebbero potuto inficiare in questa sede la sentenza ora al vaglio della Corte. Il ricorso va in conclusione rigettato.
Nulla va disposto in ordine alle spese processuali, non avendo provveduto l’RAGIONE_SOCIALE a controdedurre ritualmente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis del medesimo articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il giorno 21 novembre 2023