Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16208 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16208 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/06/2025
Oggetto:
Tributi
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12241/2016 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura speciale a margine del ricorso (PEC: EMAIL; EMAIL);
– ricorrente –
contro
Agenzia delle entrate , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-resistente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 5259/27/2015, depositata il 3.12.2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 febbraio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Commissione tributaria regionale della Lombardia rigettava l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della CTP di Milano che aveva
rigettato il ricorso proposto dalla predetta contribuente avverso l’ avviso di accertamento, per imposte dirette e IVA, in relazione a ll’anno 2008 , con il quale l’Ufficio recuperava a tassazione costi ritenuti indeducibili e maggiori ricavi;
i giudici di appello hanno osservato, per quanto ancora qui rileva, che andava confermata la sentenza di primo grado, che aveva riconosciuto la correttezza dell’accertamento analitico induttivo, stante la rilevata inattendibilità della contabilità per le anomalie e gli errori emersi in sede di verifica; dall’esame delle memorie depositate dall’Ufficio risultava che ‘ bene è stata considerata la realtà dell’azienda, mentre da parte del Contribuente risultano asserzioni non documentate, in particolare circa gli errori di calcolo effettuati dall’Ufficio ‘;
la contribuente impugnava la sentenza con ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi;
-l ‘Agenzia delle entrate si costituiva al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione .
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente deduce la nullità della sentenza impugnata ai sensi degli artt. 36 e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992, 118 disp. att. cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per avere la CTR motivato per relationem alla motivazione della sentenza di primo grado, mediante mera adesione alla stessa, non considerando le critiche mosse nell’atto di appello dalla contribuente e non permettendo l’individuazione delle ragioni poste a fondamento della decisione; precisa che la CTR non ha nemmeno indicato quali fossero le imposte oggetto del recupero, gli argomenti delle parti, i motivi di appello in ordine all’insussistenza dei presupposti dell’accertamento e degli errori commessi in sede di verifica;
la doglianza è infondata;
è stato più volte affermato che ‘la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture ‘ (Cass., Sez. U. 3.11.2016, n. 22232);
con riferimento alla motivazione ” per relationem “, poi, la stessa è stata ritenuta ammissibile, purché il rinvio venga operato in modo tale da rendere possibile ed agevole il controllo della motivazione, essendo necessario che si dia conto delle argomentazioni delle parti e dell’identità di tali argomentazioni con quelle esaminate nella pronuncia oggetto del rinvio (Cass. n. 21978 del 11/09/2018);
per quanto riguarda in particolare il processo tributario, è stato ribadito che è nulla, per violazione degli artt. 36 e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992, nonché dell’art. 118 disp. att. c.p.c., la sentenza della commissione tributaria regionale completamente priva dell’illustrazione delle censure mosse dall’appellante alla decisione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto la commissione a disattenderle e che si sia limitata a motivare ” per relationem ” alla sentenza impugnata mediante la mera adesione ad essa, poiché, in tal modo, resta impossibile l’individuazione del ” thema decidendum ” e delle ragioni poste a fondamento della decisione e non può ritenersi che la condivisione della motivazione impugnata sia stata raggiunta attraverso l’esame e la valutazione dell’infondatezza dei motivi di gravame (Cass. n. 24452 del 05/10/2018);
la motivazione della sentenza impugnata non rientra affatto nei paradigmi invalidanti indicati nei citati, consolidati e condivisibili
orientamenti giurisprudenziali, in quanto non si limita a confermare la decisione di primo grado attraverso il mero rimando al contenuto di tale pronuncia, ma esprime un nucleo di “valutazione autonoma”, richiamando, nella parte iniziale, le richieste delle parti, esplicitando il percorso logico giuridico seguito per pervenire alle proprie conclusioni e rispondendo, seppure sinteticamente, alle censure proposte con l’atto di appello ;
la CTR, invero, dà atto che l’accertamento scaturiva da una verifica ‘ con ricostruzione induttiva, giustificata da contabilità irregolare nella imputazione dei costi ‘; poi riporta in modo conciso le richieste esplicitate dal contribuente nell’atto di appello e le controdeduzioni dell’Ufficio; spiega che la sentenza di primo andava confermata, in quanto aveva riconosciuto la correttezza dell’accertamento analitico induttivo, ‘ stante la rilevata inattendibilità della contabilità ‘, dovuta alle ‘ anomalie ed errori ‘ evidenziati in sede di verifica; precisa, infine, che l’Ufficio aveva considerato bene ‘ la realtà dell’azienda ‘, mentre la contribuente si è limitata a mere ‘ asserzioni non documentate ‘ in ordine a presunti ‘ errori di calcolo effettuati dall’Ufficio ;
si deve ritenere, pertanto, che il giudice tributario di appello abbia assolto il proprio obbligo motivazionale al di sopra del “minimo costituzionale” (cfr. Sez. U. 7.04.2014, n. 8053);
con il secondo motivo, deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 38 e 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973, 54 del d.P.R. n. 633 del 1972, 2727, 2728, 2729 e 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR ravvisato la sussistenza dei presupposti per procedere a ll’accertamento analitico induttivo , senza considerare che: l’Ufficio non aveva fornito elementi, nemmeno indiziari, dotati dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, di ricavi non contabilizzati; l’Ufficio aveva arbitrariamente ripartito i costi generali indiretti della società
fra i due rami aziendali, in difetto di qualsiasi spiegazione logica e, mediante la presunzione di antieconomicità degli eventi che presentavano un rapporto ricavi/costi in perdita, ha invertito l’onere della prova rendendo impossibile la prova contraria della contribuente; l’anomalia riscontrata nel calcolo delle percentuali di guadagno sui singoli eventi organizzati dalla società non era stata rapportata a medie di settore; la ritenuta inattendibilità della contabilità andava esclusa dalla tipologia e quantità dei costi ritenuti indeducib ili; i risultati dell’applicazione dello studio di settore TG53U , apportati in sede di rettifica dai verificatori, non offrivano un risultato di non congruità; la percentuale di scarto, pari al 10,12% sul totale dei ricavi dichiarati non presentava caratteri di abnormità;
– con il terzo motivo, deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 38 e 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973, 54 del d.P.R. n. 633 del 1972, 2727, 2728, 2729 e 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR ravvisato la correttezza dell’accertamento induttivo utilizzato dall’Ufficio e dei risultati dallo stesso ottenuti , in violazione della disciplina sulle presunzioni e della ripartizione dell’onere della prova;
i predetti motivi, che vanno esaminato congiuntamente in quanto connessi, sono inammissibili perché denunciano solo apparentemente una violazione di norme di legge, ma in realtà mirano alla rivalutazione dei fatti, operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. n. 8758 del 4/07/2017), prospettando nel ricorso non l’analisi e l’applicazione delle norme, bensì l’apprezzamento delle prove, rimesso alla esclusiva valutazione del giudice di merito ( ex multis , Cass. n. 3340 del 5/02/2019; Cass. n. 640 del 14/01/2019; Cass. n. 24155 del 13/10/2017);
-con il quarto motivo, deduce l’assoluta illogicità della motivazione e vizio di nullità ex art. 132 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., non avendo la CTR considerato le osservazioni svolte dalla contribuente sull’uso distorto del calcolo della media e sulla non corretta esecuzione dell’accertamento;
il motivo è infondato, in quanto, come si è già osservato con riferimento al primo motivo, le argomentazioni contenute nella sentenza impugnata esplicitano le ragioni della decisione, per cui eventuali profili di insufficienza della motivazione, anche se sussistenti, non la viziano in modo così radicale da renderla meramente apparente;
-con il quinto motivo, deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., non avendo la CTR considerato che la contribuente aveva conseguito, per un certo numero di eventi, un margine di guadagno superiore alla marginalità media;
il motivo è inammissibile, in quanto opera il limite della c.d. “doppia conforme” di cui all’art. 348-ter, comma 5, cod. proc. civ., introdotto dall’articolo 54, comma 1, lett. a), del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis nel presente giudizio, atteso che l’appello avverso la sentenza di primo grado risulta depositato in data 8.04.2015, non avendo la ricorrente dimostrato che le ragioni di fatto, poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di appello, erano fra loro diverse ( ex multis , Cass. n. 266860 del 18/12/2014; Cass. n. 11439 dell’11/05/2018);
in conclusione, il ricorso va rigettato e nulla va disposto in ordine alle spese del giudizio di legittimità, non avendo l’Agenzia delle entrate svolto alcuna difesa.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
dà atto, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 12 febbraio 2025