Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1474 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1474 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 21/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3127/2020 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE -ricorrente- contro
AGENZIA RAGIONE_SOCIALE ENTRATE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende -controricorrente- avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna n. 2573/2019 depositata il 05/11/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Emerge dalla sentenza impugnata oltre che dagli atti di parte, per il profilo ancora d’interesse, che l’Agenzia delle Entrate ‘dopo
aver esaminato la documentazione prodotta dalla contribuente, con frequenti contatti, in fase istruttoria, con quest’ultima’ notificò a RAGIONE_SOCIALE un avviso di accertamento, relativo al periodo di imposta 2011, con cui determinò maggiori imposte per Ires, Irap ed Iva nonché le relative sanzioni per infedele dichiarazione ed interessi di legge.
In particolare con l’avviso di cui innanzi, l’Ufficio recuperò a tassazione costi non documentati per autoveicoli e spese di carburante.
La società contribuente propose ricorso contro l’avviso di rettifica notificatogli alla Commissione tributaria provinciale che lo rigettò. Successivamente venne presentato appello ma anch’esso venne respinto.
Il giudice di seconde cure rigettò, in particolare, tutte le eccezioni preliminari di merito e di rito, escluse l’illegittimità della firma posta in calce all’atto di accertamento, stante la delega del dirigente competente, escluse altresì la denunciata decadenza dell’Ufficio dall’attività di accertamento non essendo la contribuente destinataria del regime premiale di cui all’art. 10, commi 9 e 10, del d.l. n. 201 del 2001.
Si affermò che l’ufficio avesse operato correttamente nei confronti della società sia per le estese motivazioni dell’accertamento sia per le varie fasi interlocutorie durante la fase istruttoria, dopo la notifica del questionario.
Si specificò che ‘l’accertamento di che trattasi per entrare nel merito della causa in trattazione -origina proprio dall’applicazione dei suddetti poteri dell’Ufficio, così come disposto dal citato art. 32 1° comma- nn.2 e 3, che non prevedono il contraddittorio, previsto per i tributi armonizzati; né tali modalità istruttorie di avvio dell’attività accertativa prevedono la compilazione finale di un PVC (come nel
caso di accessi o verifiche presso i locali di esercizio di attività d’impresa o professionali).
L’accertamento, dopo la fase interlocutoria e i chiarimenti richiesti e forniti fra l’Ufficio e la RAGIONE_SOCIALE (com’è avvenuto nel caso di che trattasi) deve essere notificato senza alcun obbligo di rispettare i termini (60gg) di cui alla legge 212/2000 – art. 12, comma 7-; questo di controllo sostanziale (c.d. a tavolino) non prevede alcun P.V.C. finale, essendoci un rapporto diretto ed interlocutorio fra le Parti, che è -sostanzialmente diverso dal rapporto di natura ‘ispettiva’ che si determina nel corso dell’attività di verifica tecnicamente intesa -nei locali dell’impresa o del professionista. Peraltro l’ufficio non ha rettificato i ricavi dichiarati dalla srl, ma si è limitato a disconoscere la natura di alcuni costi…’.
Avverso la prefata decisione ricorre RAGIONE_SOCIALE con 7 motivi.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo del ricorso si denuncia la violazione dell’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000 per nullità dell’avviso in assenza di processo verbale di constatazione.
Il ricorrente censura la sentenza per aver ritenuto non operante, in relazione all’accertamento effettuato cd. a tavolino l’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale, e, quindi, per aver ritenuto legittimo l’avviso di accertamento ancorché in assenza del processo verbale di constatazione.
2.Con il secondo motivo si denuncia la nullità dell’avviso aver ritenuto legittimo l’avviso pur in assenza dell’allegazione del PVC ex art. 7, comma 1, della l. n. 212 del 2000.
3. I primi due motivi possono essere trattati congiuntamente, in quanto connessi, e sono infondati.
Infatti, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, questa Corte ha osservato che non sussiste per l’Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale per gli accertamenti ai fini delle imposte non armonizzate, assoggettati esclusivamente alla normativa nazionale, vertendosi in ambito di indagini cosiddette “a tavolino’ (Cass., Sez. Un., 09/12/2015, n. 24823).
Si è così chiarito che le garanzie previste dall’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, operano esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente (Cass.19/10/2017, n. 24636; conformi, ex plurimis, da ultimo Cass. 16/11/2021, n. 34586; Cass. 11/09/2020, n. 18854).
Si è inoltre specificato che in caso di verifica cd. a tavolino, tra le quali rientra quella effettuata nella specie, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale ma con riferimento alle imposte armonizzate, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché, peraltro, il contribuente abbia assolto in giudizio all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, contenuto che può essere desunto in positivo anche dal comportamento tenuto dall’Amministrazione finanziaria nel caso concreto successivamente alla notifica dell’atto impositivo (Cass. n. 37234 del 2022).
In tal caso, inoltre, l’amministrazione finanziaria è tenuta a rispettare il contraddittorio endoprocedimentale in presenza di tributi armonizzati, ma le modalità per la sua realizzazione non sono a forma vincolata, essendo sufficiente assicurare l’effettività dello stesso, indipendentemente dagli strumenti in concreto adottati, quali il
ricorso a procedure partecipative o l’impiego di altri meccanismi finalizzati all’interlocuzione preventiva, come l’inoltro di questionari ed il riconoscimento dell’accesso agli atti (Cass. 18489/2024).
Quindi, alla luce dei principi innanzi riportati, il contraddittorio endoprocedimentale non è previsto per tutti i tributi ma solo per quelli armonizzati e, alla sua violazione, non consegue in via immediata l’illegittimità dell’accertamento poiché grava sul contribuente comunque l’onere di fornire la cd. prova di resistenza.
Nel caso di specie, l’obbligo di contraddittorio preventivo quanto alle imposte nazionali non sussiste, per le ragioni innanzi esplicitate, mentre per quanto concerne le imposte armonizzate, la società contribuente, ai fini della prova di ‘resistenza’, non ha assolto all’onere di enunciare, in concreto, le specifiche ragioni che avrebbe potuto far valere nel contraddittorio preventivo e che, valutate ex ante, avrebbero potuto impedire l’emanazione dell’atto impositivo.
Ne consegue l’infondatezza delle prime due censure poiché nella specie non sussiste né obbligo di contraddittorio endoprocedimentale né quindi della redazione di un previo verbale di constatazione.
3.Con il terzo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione, ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. ‘inibizione dell’accertamento a seguito di congruità studi di settore + termini di accertamento ridotti di 1 anno’.
Si contesta l’affermazione della C.T.R. secondo cui la società non era destinataria del regime premiale di cui all’art. 10, comma 9 e 10 della l. n. 201 del 2011, ‘constatata l’incoerenza degli indici dei costi per beni mobili e l’incidenza dei costi residuali di gestione sui ricavi’.
Emerge dagli atti (il controricorso e la sentenza di secondo grado) che la non coerenza sia stata accertata dal giudice di prime e seconde cure.
Premessa quindi la sussistenza di non coerenza, secondo il ricorrente la disposizione citata troverebbe comunque applicazione nella specie perché l’abrogazione ad opera del comma 12 del citato art. 10, del comma 4 dell’art. 10 della l. n. 146 del 1998, opera dall’annualità 2012.
Tale circostanza non rileva nella specie e pertanto il motivo è infondato in quanto non impatta sulla ratio della sentenza impugnata.
infatti, diversamente da quanto affermato nel motivo di ricorso, la situazione di incoerenza della società è acclarata e accertata in primo ed in secondo grado, sicché il riferimento all’applicabilità alla fattispecie della disposizione premiale, non rileva.
RAGIONE_SOCIALE era esclusa dal regime premiale non perché la norma non operava temporalmente ma poiché non sussistono i presupposti normativamente previsti per la sua applicazione.
Il motivo è quindi respinto.
4.Con la quarta censura si denuncia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., difetto di motivazione, violazione dell’ art. 42, comma 2, del d.P.R. n. 60/73.
Si evidenzia al riguardo come la sia la C.T.P. di Ferrara che la C.T.R. dell’ Emilia Romagna ‘non accennino minimamente ad una risposta in funzione dei rilievi mossi’ atteso che si limitano a ‘dire che non sono stati contestati i maggiori ricavi da ricostruzioni induttive essendo lo stesso basato sui documenti contabili forniti dalla parte; pertanto nulla rileva sul difetto di motivazione che sull’accertamento eseguito dall’Agenzia delle Entrate di Ferrara che è di tipo analitico induttivo’.
Nella sostanza la C.T.R. non avrebbe chiarito se ci si trovi al cospetto di un accertamento analitico o analitico-induttivo, atteso che a seconda del tipo di accertamento, muta la motivazione dell’atto
impositivo. L’agenzia delle entrate non avrebbe quindi ben motivato l’atto in considerazione dei requisiti che lo stesso deve rispettare.
Il motivo è inammissibile per difetto di specificità.
Nella sentenza impugnata, infatti, non vi è alcun riferimento alla questione (relativa al tipo di accertamento effettuato) sollevata, né il ricorrente ha localizzato l’atto nel quale egli ha formulato la relativa doglianza, né ancora è stato riportato l’avviso nella parte contestata, e ciò in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6 c.p.c.
Difatti, la norma suddetta, che impone ‘l’indicazione espressa degli atti processuali o dei documenti sui quali il ricorso si fonda’, va intesa nel senso che ‘indicare un documento significa necessariamente, oltre che specificare gli elementi che valgono ad individuarlo, riportandone il contenuto, dire dove nel processo esso è rintracciabile, sicché la mancata «localizzazione» del documento basta per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, senza necessità di soffermarsi sull’osservanza del principio di autosufficienza dal versante «contenutistico»’ (cfr., da ultimo, Cass. Sez. 1, ord. 10 dicembre 2020, n. 28184, Rv. 660090-01).
Con il quinto motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione di ‘norme di diritto’ ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. per errata interpretazione ed errato recupero dei costi deducibili dal reddito di impresa.
Il motivo, al di là della sua formulazione, è inammissibile per difetto di specificità atteso che quanto in esso evidenziato non emerge nella sentenza impugnata né risulta localizzato l’atto nel quale egli ha formulato la relativa doglianza e ciò in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6 c.p.c.
La CTR ha peraltro affermato ‘in sostanza tutti tali costi dettagliati sia nel contesto dell’avviso di accertamento, che nell’atto di appello, non si possono definire in realtà coerenti con la struttura
della srl appellante, poste che la stessa opera nel contesto di un mercato commerciale (numero di clienti in particolare) limitato prevalentemente alla provincia di Ferrara’.
6.La censura, peraltro, non coglie nel segno.
Da un lato essa è aspecifica e dall’altro è costituita da una ricostruzione fattuale delle emergenze istruttorie, non risultanti in alcun modo dalla sentenza impugnata, rispetto alle quali non vi margine di riesame da parte di questa Corte. Il motivo si traduce, quindi, in una inammissibile critica alla valutazione degli elementi indiziari operata dal giudice di merito, dovendosi richiamare il principio, da questa Corte affermato, per cui spetta al giudice di merito valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità.
7.Con il sesto motivo si impugna la sentenza per essere l’accertamento nullo non potendosi evincere dallo stesso che il delegato sia funzionario con carriera direttiva.
Il motivo è infondato.
Il giudice di merito ha affermato che ‘con riferimento alla presunta illegittimità della firma in calce all’atto di accertamento, è accertato che la Funzionaria che lo ha sottoscritto, appartenente alla carriera direttiva, è stata delegata dal Dirigente competente, in totale ossequio all’art. 42 del DPR 600/73’.
Ciò che il ricorrente contesta è quindi, non l’errata applicazione di una norma di legge ma la bontà dell’accertamento effettuato dal giudice di merito, rispetto al quale non vi è margine di apprezzamento da parte di questa Corte.
Il motivo si traduce quindi in una inammissibile critica alla valutazione degli elementi indiziari operata dal giudice di merito, dovendosi richiamare il principio, da questa Corte affermato, per cui spetta al giudice di merito valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità.
Circa la contestazione per carenza di sottoscrizione elettronica il motivo è inammissibile per difetto di specificità atteso che quanto in esso evidenziato non emerge nella sentenza impugnata né risulta localizzato l’atto nel quale egli ha formulato la relativa doglianza e ciò in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6 c.p.c.
8.Con il settimo motivo si denuncia testualmente:’ violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 4 cpc mancanza di motivazione (nulla viene detto) dalla commissione tributaria provinciale di Ferrara e dalla Commissione tributaria di Bologna. Ex art. 111 Costituzione; art. 36 c.2 dlgs 546/1992 e dell’art. 132 comma 2 n. 4 cpc relativo al motivo 2 per relationem e motivo n. 4 difetto di motivazione art. 42 C.2.’
La C.T.R., alla pari della C.T.P., relativamente alla seconda doglianza formulata nel ricorso per cassazione, ed alla quarta doglianza, anch’essa formulata nel ricorso, non si sarebbero pronunciate.
Si denuncia quindi la nullità della sentenza.
La censura è in parte inammissibile ed in parte infondata.
Da un lato infatti il motivo si palesa come non specifico, sul punto possono quindi richiamarsi le osservazioni già svolte in relazione al sesto motivo non essendo stato riportato l’atto di appello nella parte in cui tali doglianze sono state formulate e dall’altro è,
comunque, infondato atteso che giudice di merito ha chiaramente esplicitato il proprio convincimento in punto di legittimità dell’operato dell’Agenzia sia in termini formali che sostanziali affermando tra le altre cose la non necessità di un PVC conclusivo, ‘essendoci un rapporto diretto ed interlocutorio fra le parti’. In conclusione il ricorso deve essere respinto e la società ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali oltre che di quelle prenotate a debito nei termini di cui al dispositivo. Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in euro 4300,00 oltre le spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 6 novembre 2024