Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34539 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34539 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
AVVISO DI ACCERTAMENTO -IRAP-IVA 2009 IRPEF 2009
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24102/2023 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore protempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ex lege ,
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro-tempore;
COGNOME;
NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale allegata al controricorso,
-controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sicilia -sezione staccata di Catania n. 5392/13/2023, depositata il 23 giugno 2023;
udita la relazione della causa svolta nell’adunanza in camera di consiglio del 1° ottobre 2024 dal consigliere dott. NOME COGNOME
– Rilevato che:
Con avviso di accertamento n. CODICE_FISCALE/2014 l’Agenzia delle Entrate Direzione provinciale di Catania accertava nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE maggiori ricavi, per l’anno d’imposta 2009, per complessivi € 51.236,00 e, per gli effetti, liquidava le maggiori imposte dovute (€ 2.470,00 a titolo di IRAP, € 13.318,00 a titolo di IVA ) ed irrogava una sanzione amministrativa pecuniaria unica pari ad € 9.843,00 .
Con separati avvisi di accertamento n. TYS01S400330/2014 e n. CODICE_FISCALE/2014 l’Ufficio accertava nei confronti rispettivamente dei sigg.ri COGNOME COGNOME e COGNOME Fabio un maggiore reddito imponibile di partecipazione (nella quota del 50% a ciascun socio) pari ad € 36.730,00 e per gli effetti liquidava le maggiori imposte dovute.
La società ed i soci impugnavano i predetti avvisi di accertamento con separati ricorsi dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Catania la quale, con sentenze nn. 996/2021, 995/2021 e 997/2021, pubblicate il 3 febbraio 2021, li accoglieva, annullando gli atti impugnati sulla base di asseriva violazione dell’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212.
Interposti separati gravame dall’Agenzia delle Entrate , la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado (nuova denominazione della Commissione Tributaria Regionale) della Sicilia -sezione staccata di Catania, previa riunione degli appelli, con sentenza n. 5392/13/2023, pronunciata il 22 febbraio 2023, e depositata in segreteria il 23 giugno 2023, rigettava gli appelli riuniti
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate , sulla base di un unico motivo (ricorso notificato il 1° dicembre 2023).
Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate .
Con decreto del 12 giugno 2024 è stata fissata la discussione del ricorso dinanzi a questa sezione per l’adunanza in camera di consiglio del 1° ottobre 2024, ai sensi degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1 cod. proc. civ.
– Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212, in combinato disposto con gli artt. 33 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e 52 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), cod. proc. civ.
Ritiene la ricorrente che la sentenza impugnata sia viziata, nella parte in cui ha affermato che l’azione di riscontro e verifica dell’Ufficio non si sarebbe mai conclusa con la redazione di un processo verbale di constatazione, né sarebbe stato rispettato il termine di sessanta giorni di cui all’art. 12, comma 7, cit.
2. Il motivo è fondato.
La Corte territoriale ha ritenuto applicabile, nella specie, il termine dilatorio di 60 gg. per l’emissione dell’avviso di accertamento, previsto dall’art. 12, comma 7, della legge n. 212/2000, pur vertendosi, nella specie, in un’ipotesi di accertamento ‘a tavolino’ operato presso la sede dell’Ufficio (giusta notizie acquisite al di fuori della sede o residenza del contribuente, sovente attraverso banche dati) , e non all’esito di accessioni, ispezioni e verifiche nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali o prof essionali.
Sul punto, va rilevato che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento, previsto dall’art. 12, comma 7, della legge n. 212/2000, non determina la nullità dell’avviso di accertamento emanato prima di detto termine, ove si tratti di tributi ‘non armonizzati’, e ove si tratti di avvisi emessi non all’esito di accessi, ispezioni e verifiche presso la sede dell’esercizio commerciale o professionale (Cass. 20 luglio 2016, n. 14861).
Più in particolare, le ipotesi del controllo eseguito presso la sede del contribuente e del controllo c.d. a tavolino non possono essere assimilate. Nella prima ipotesi l’espansione della tutela del contraddittorio procedimentale è massima, in quanto tale tutela tende a bilanciare lo squilibrio tra contribuente e Amministrazione derivante dall’assoggettamento del primo ai poteri ispettivi della seconda; cosicché, il termine dilatorio in questione si applica in tutti casi di accesso presso i locali del contribuente, pur quando il relativo processo verbale non contenga rilievi o addebiti (dovendo infatti, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52,
comma 6, richiamato dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 33, redigersi processo verbale anche degli accessi che si risolvano in una mera acquisizione di dati, elementi e notizie) (Cass. 29 ottobre 2018, n. 27420; Cass. 5 novembre 2020, n. 24793).
Nella seconda ipotesi, per contro, la naturale vis expansiva dell’istituto del contraddittorio procedimentale nei rapporti tra fisco e contribuente non giunge fino al punto da imporre termini dilatori all’azione di accertamento che derivi da controlli fatti dall’Amministrazione nella propria sede, in base ai dati forniti dallo stesso contribuente o acquisiti documentalmente.
Al riguardo, il Collegio intende ribadire che, nell’ordinamento non sussiste un principio generale che imponga il contraddittorio fin dalla fase di formazione della pretesa fiscale; né l’esistenza di tale principio potrebbe desumersi dal diritto comunitario, avendo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza 22 ottobre 13 C-276/12, NOME COGNOME , affermato che «l’Amministrazione, quando procede alla raccolta d’informazioni, non è tenuta ad informarne il contribuente né a conoscere il suo punto di vista» (punto 45) (Cass. 13 giugno 2014, n. 13588).
Ciò posto, è pacifico che, nella fattispecie in esame, non vi è stato alcun accesso o ispezione dell’Ufficio presso i locali destinati, ma solo un contradditorio su invito dell’Ufficio in sede di accertamento induttivo per ottenere chiarimenti sulla congruità dei redditi, in relazione allo studio di settore di pertinenza , ragion per cui non vi era obbligo per l’A.F. di attendere il termine di 60 gg. per l’emanazione dell’avviso di accertamento (da ultimo, v. Cass. 30 agosto 2023, n. 25445).
Il ricorso deve quindi essere accolto.
La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata, con rinvio, per nuovo giudizio, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sicilia -sezione staccata di Catania, in diversa composizione, la quale provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, per nuovo giudizio, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sicilia -sezione staccata di Catania, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 1° ottobre 2024.