Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1854 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1854 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 17/01/2024
IRPEF AVVISO ACCERTAMENTO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8662/2016 R.G. proposto da:
COGNOME NOMENOME NOME domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO che lo rappresenta e difende unitamente e disgiu ntamente all’AVV_NOTAIO,
-ricorrente-
controricorrente incidentale -Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata ex lege in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende,
-controricorrente-
ricorrente incidentale –
avverso la sentenza della COMM.TRIB. REGIONALE LOMBARDIA n. 4251/2015, depositata il 10/07/2015; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20
dicembre 2023 dal consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che:
L’Ufficio recuperava a tassazione, nei confronti di NOME COGNOME, ai fini Irpef, per l’anno di imposta 2008, la plusvalenza realizzata a seguito della cessione di due aree site nel medesimo Comune di Giussano e identificate in catasto al fg. 12 part. 668, 669, 670 e 671.
Rispetto alle particelle 668 e 669, l’Ufficio riteneva invalida la rivalutazione di cui all’art. 7 legge 28 dicembre 2001, n. 448 per non essere stata versata tutta l’imposta sostitutiva dovuta in ragione del valore accertato con la perizia di stima. Rispetto alle particelle 670 e 671 rilevava la natura fittizia e simulata della risoluzione dell’NOME di donazione in ragione del quale il contribuente era divenuto proprietario del bene . Quest’ultimo, originariamente di proprietà d NOME COGNOME, era stato donato al figlio NOME NOME NOME pubblico del 28 luglio 1998; in data 24 aprile 2008, tuttavia, il padre era rientrato nella titolarità dei ben in virtù di NOME di risoluzione della precedente donazione e lo aveva alienato a terzi. L’Ufficio riteneva che t ale operazione negoziale fosse funzionale all’evasione di imposta da parte del figlio che, pertanto, veniva attinto dall’accertamento quale dissimulato alienante.
La C.t.p. accoglieva il ricorso annullando l’NOME di accertamento.
Con riferimento alla prima contestazione, rilevava che l’Ufficio non aveva considerato che la perizia di stima prodotta ai fini della rivalutazione del terreno riguardava anche particelle diverse da quelle oggetto di cessione. Quanto alla seconda contestazione riteneva che non vi fosse stata alcuna interposizione fittizia.
La RAGIONE_SOCIALE, in parziale accoglimento dell’appello dell’Ufficio , riteneva legittimo l’accertamento con riferimento alla prima contestazione. Quanto, invece, alla seconda, riteneva che non vi fossero prove sufficienti della simulazione.
Avverso detta sentenza ricorrono NOME COGNOME e l’RAGIONE_SOCIALE, rispettivamente in via principale ed incidentale.
Con memoria depositata l’11 novembre 2023 il contribuente ha chiesto dichiararsi l’estinzione del giudizio assumendo di aver aderito alla definizione agevolata ai sensi dell’art. 6 d.l. n. 193 del 2016, convertito dalla legge n. 225 del 2016 e di aver corrisposto le somme quantificate da RAGIONE_SOCIALE, come d quietanze versate in atti.
Considerato che:
In via preliminare va disattesa l’istanza di estinzione del giudizio avanzata dal contribuente. La domanda di definizione agevolata ha ad oggetto cartella di pagamento per la quale non vi è prova che sia stata emessa in ragione dell’avviso di accertamento qui impugnato. Non vi è prova, di conseguenza, che il contribuente abbia definito la pretesa tributaria di cui all’NOME impositivo oggetto di giudizio.
Il ricorso, pertanto, va deciso nel merito.
Con l’unico motivo di ricorso principale il contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. , la violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 97 Cost. e dell’art. 12, comma 7, legge 27 luglio 2000, n. 212.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto legittimo l’avviso di accertamento , nonostante l’omissione del contraddittorio endo-procedimentale e la violazione del termine di cui all’art. 12, comma 7 cit.
Con l’unico motivo di ricorso incidentale l’RAGIONE_SOCIALE denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. ,
la violazione e falsa applicazione dell’art. 67 t.u.i.r. e degli artt. 1414, 1417 e 2697 cod. civ.
L’Ufficio censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso la sussistenza di sufficienti indizi della simulazione della revoca della donazione, assumendo che quest’ultima poteva giustificarsi anche con l’esigenza di tutelare il terzo acquirente dai rischi connessi dall’azione di riduzione. Osserva che la stessa RAGIONE_SOCIALE ha manifestato perplessità in ordine alla ragioni sottese alla revoca e che, pertanto, avrebbe dovuto esplicitare gli elementi probatori utili a dissipare tali dubbi.
Il ricorso principale è infondato.
4.1. In materia fiscale le regole che disciplinano la redazione di un processo verbale di constatazione, all’esito dell’attività amministrativa, sono finalizzate ad assicurare un contraddittorio endo-procedimentale, entro i limiti RAGIONE_SOCIALE ipotesi in cui ciò sia ritenuta garanzia imprescindibile della difesa del contribuente. Tale garanzia è indispensabile tutte le volte in cui l’atteggiarsi dell’attività dell’Amministrazione implichi accertamenti a sorpresa, in cui si verifica un ‘intromissione dell’autorità fiscale nei luoghi di sua pertinenza.
Si è precisato, pertanto, che il perimetro entro il quale si colloca la necessità della redazione di un processo verbale è segnato dall’elaborazione giurisprudenziale in tema di rispetto del termine dilatorio prescritto dall’art. 12, comma 7, legge n. 212 del 2000 (Cfr. Cass. 02/05/2023, n. 11365).
Per giurisprudenza costante di questa Corte la redazione del verbale di verifica e di quello conclusivo RAGIONE_SOCIALE operazioni è richiesta dall’art. 52, comma 6, del d.P.R. n. 633 del 1972 (applicabile non solo in materia di Iva ma anche di imposte dirette, in virtù del richiamo operato dall’art. 33, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973) esclusivamente nelle ipotesi di accesso finalizzato all’acquisizione di documentazione, e non anche in quello di accertamenti documentali
«a tavolino», espletati autonomamente dall’Amministrazione finanziaria nei propri uffici (Cass. 04/04/2018, n. 8246).
4.2. Nella stessa direzione, per giurisprudenza consolidata, il termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, legge n. 212 del 2000 opera soltanto in caso di controllo eseguito presso la sede del contribuente e non anche nella diversa ipotesi, non assimilabile alla precedente, di accertamenti «a tavolino», atteso che la naturale vis expansiva dell’istituto del contraddittorio procedimentale nei rapporti tra Fisco e contribuente non giunge fino al punto di imporre termini dilatori all’azione di accertamento derivanti da controlli eseguiti nella sede dell’Amministrazione sulla base dei dati forniti dallo stesso contribuente o acquisiti documentalmente (Cass. 05/11/2020, n. 24793).
4.3. Si è precisato che l’Amministrazione finanziaria è tenuta a rispettare, anche nell’ambito RAGIONE_SOCIALE indagini «a tavolino» effettuate nei confronti di terzi, il contraddittorio endo-procedimentale ove l’accertamento attenga a tributi armonizzati, ma la violazione di tale obbligo comporta l’invalidità dell’NOME purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere (Cass. 20/12/2022, n. 37234). Questa Corte, infatti, ha evidenziato che, anche con riferimento ai tributi armonizzati, in riferimento ai quali la garanzia del contraddittorio impone sempre e comunque il rispetto del termine dilatorio, perché la violazione dell’obbligo comporti l’invalidità dell’NOME, il contribuente non deve aver proposto proposto un’opposizione meramente pretestuosa (Cass. Sez. U. 09/12/2015, n. 24823).
4.4. La RAGIONE_SOCIALE si è attenuta a questi principi.
Infatti, ha affermato che la disposizione di cui all’art. 12 legge n. 212 del 2000 opera soltanto in caso di controllo eseguito presso la sede del contribuente.
Il ricorso incidentale è inammissibile.
5.1. La RAGIONE_SOCIALE ha ritenuto che non ci fossero elementi sufficienti per ritenere che la revoca della donazione fosse simulata ed ha esplicitato le ragioni del decisum evidenziando che la medesima ben si poteva giustificare nella prospettiva di tutelare l’acquirente da azioni di riduzione.
Il ricorrente assume che non sarebbero stati valutati gli elementi di prova contraria.
Così facendo, se pure prospetta un vizio di violazione di legge, mira a una rivalutazione dei fatti e del ragionamento decisorio che ha portato il giudice del merito a ritenere non provata la simulazione. Tale censura realizza una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. 04/07/ 2017, n. 8758). Oggetto del giudizio che si vorrebbe demandare a questa Corte non è l’analisi e l’applicazione RAGIONE_SOCIALE norme, bensì l’apprezzamento RAGIONE_SOCIALE prove, ri messo alla valutazione del giudice di merito (Cass. 13/05/2022, n. 17744, Cass. 05/02/ 2019, n. 3340; Cass. 14/01/ 2019, n. 640; Cass. 13/10/ 2017, n. 24155; Cass. 04/04/2013, n. 8315).
Le spese del giudizio di legittimità restano compensate in ragione della reciproca soccombenza.
Sussistono i presupposti di cui all’art. 13 comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 nei confronti del solo ricorrente principale in quanto la norma non si applica alla parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale dello Stato,
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e incidentale; dichiara interamente compensate le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà NOME della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del solo ricorrente principale , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto
Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2023.