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Accertamenti bancari sui soci: quando sono validi?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 22430/2025, ha rigettato il ricorso di una S.r.l. contro un avviso di accertamento basato su indagini bancarie estese ai conti correnti dei soci. La Corte ha confermato che, in presenza di società a ristretta base sociale, è legittimo presumere che le movimentazioni sui conti personali dei soci, specie se sproporzionate rispetto ai loro redditi dichiarati (impossidenti), siano riconducibili all’attività d’impresa. Questi accertamenti bancari sono dunque uno strumento valido per ricostruire il reddito non dichiarato della società. La sentenza chiarisce inoltre che non sussiste litisconsorzio necessario tra la società di capitali e i soci nel relativo contenzioso.

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Pubblicato il 20 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamenti bancari sui soci: la Cassazione stabilisce quando sono legittimi

L’uso degli accertamenti bancari è uno degli strumenti più efficaci a disposizione dell’Agenzia delle Entrate per contrastare l’evasione fiscale. Ma fino a che punto il Fisco può spingersi? È legittimo estendere queste indagini ai conti correnti personali dei soci per rettificare il reddito di una società di capitali? La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 22430 del 4 agosto 2025, ha fornito importanti chiarimenti su questo tema, delineando i presupposti e i limiti di tale pratica, soprattutto nel caso di società a ristretta base sociale.

I fatti di causa

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda il ricorso presentato dal rappresentante legale di una società a responsabilità limitata (S.r.l.) contro un avviso di accertamento per imposte dirette e IVA. L’accertamento si basava su una verifica fiscale e su indagini bancarie che avevano analizzato non solo i conti della società, ma anche quelli dei suoi soci, marito e moglie.

Dalle indagini erano emerse significative movimentazioni bancarie sui conti personali dei soci, per un importo di oltre 800mila euro, che secondo l’Ufficio erano riconducibili a redditi non dichiarati dalla società. I giudici di merito, sia in primo grado che in appello, avevano confermato la legittimità dell’operato dell’Agenzia delle Entrate, ritenendo che, in assenza di giustificazioni e data la condizione di “impossidenti” dei soci, tali somme dovessero essere attribuite all’attività d’impresa. La società ha quindi proposto ricorso per cassazione, sollevando diverse censure, tra cui la violazione delle norme sugli accertamenti bancari e la presunta ultrapetizione della sentenza d’appello.

Legittimità degli accertamenti bancari estesi ai soci

Il cuore della questione ruota attorno alla legittimità delle presunzioni legali previste dall’art. 32 del d.P.R. n. 600/1973. Secondo tale norma, le movimentazioni bancarie non giustificate si presumono ricavi o compensi non dichiarati. La Cassazione ha ribadito un principio ormai consolidato: questa presunzione opera anche per le società di capitali in relazione ai conti intestati ai soci, specialmente quando la società ha una ristretta base sociale e vi sono stretti legami familiari tra i soci e l’amministratore.

In questi contesti, la probabilità che vi sia una sovrapposizione tra gli interessi personali e quelli societari è molto elevata. Di conseguenza, le movimentazioni sui conti dei soci e dei loro familiari possono essere considerate riferibili alla società, a meno che l’ente non fornisca una prova contraria, dimostrando l’estraneità di ogni singola operazione all’attività d’impresa.

Tuttavia, la Corte precisa che non basta il solo rapporto familiare o la qualifica di socio per giustificare l’estensione delle indagini. L’Agenzia delle Entrate ha l’onere di allegare ulteriori elementi indiziari, come:

1. L’ingiustificata capacità reddituale dei soci.
2. L’infedeltà delle dichiarazioni fiscali.
3. L’esercizio di un’attività compatibile con la produzione di maggiori redditi.

Nel caso di specie, i giudici hanno ritenuto che lo stretto vincolo familiare tra i soci (coniugi) e la loro condizione di “impossidenti” fossero elementi sufficienti a giustificare la riconducibilità delle somme alla società.

Altre questioni processuali affrontate

La Corte ha anche rigettato le altre censure sollevate dalla ricorrente. In particolare, ha escluso la violazione del principio del contraddittorio, affermando che non vi è alcun obbligo per l’amministrazione finanziaria di allegare all’avviso di accertamento la documentazione bancaria in originale, essendo sufficiente che il contenuto essenziale sia stato riversato nell’atto e che il contribuente ne fosse a conoscenza, come dimostrato dalla sua difesa nel merito.

Inoltre, è stato chiarito che, nel caso di società di capitali, non sussiste un litisconsorzio necessario tra la società e i soci. A differenza delle società di persone, dove l’accertamento sul reddito della società si ripercuote direttamente sui soci, per le società di capitali esiste solo un rapporto di pregiudizialità-dipendenza, che non impone la partecipazione congiunta al processo.

Le motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso basandosi su un orientamento giurisprudenziale consolidato. I giudici hanno sottolineato che in contesti societari a base familiare o ristretta, la distinzione tra il patrimonio sociale e quello personale dei soci tende a sfumare. Le movimentazioni bancarie sui conti personali dei soci, se non adeguatamente giustificate e sproporzionate rispetto ai loro redditi dichiarati, creano una presunzione grave, precisa e concordante della loro riferibilità all’attività sociale. L’onere della prova contraria grava sul contribuente, che deve dimostrare in modo analitico che ogni operazione è estranea all’impresa.

La censura di ultrapetizione è stata respinta poiché l’avviso di accertamento originario già fondava la pretesa sulla riconducibilità delle somme alla società a causa dell’esiguità dei redditi personali dei soci, non su una presunta interposizione fittizia. La Corte ha inoltre giudicato inammissibili i motivi relativi a vizi di motivazione, in quanto formulati in violazione dei limiti imposti dalla riforma dell’art. 360, n. 5, c.p.c., che restringe il sindacato di legittimità al solo “minimo costituzionale”. Infine, è stata confermata la correttezza procedurale della verifica fiscale, ritenendo non necessaria l’allegazione dell’autorizzazione alle indagini bancarie, la cui esistenza era stata menzionata nel processo verbale di constatazione consegnato al contribuente.

Conclusioni

La pronuncia in esame consolida un importante principio in materia di accertamenti bancari: nelle società di capitali a ristretta base partecipativa, i confini tra la sfera giuridica della società e quella dei soci diventano più labili. Di conseguenza, il Fisco è legittimato a estendere le verifiche ai conti personali dei soci e dei loro familiari, a condizione che sussistano indizi qualificati (come la sproporzione tra le movimentazioni e i redditi dichiarati) che facciano presumere una commistione tra i patrimoni. Questa ordinanza rappresenta un monito per gli amministratori e i soci di piccole S.r.l., ribadendo la necessità di mantenere una netta separazione tra le finanze personali e quelle aziendali e di essere in grado di giustificare analiticamente ogni movimentazione bancaria.

È legittimo per il Fisco estendere gli accertamenti bancari ai conti correnti dei soci di una società di capitali?
Sì, secondo la Corte è legittimo, specialmente in presenza di società di capitali a ristretta base sociale e con stretti legami familiari tra i soci. In questi casi, le movimentazioni sui conti intestati ai soci o ai loro congiunti possono essere ritenute riferibili alla società.

Quali condizioni devono sussistere perché le movimentazioni sui conti dei soci possano essere attribuite alla società?
Devono sussistere elementi sintomatici e indiziari che facciano presumere la riconducibilità. Tra questi, la Corte indica la ristretta compagine sociale, lo stretto rapporto di contiguità familiare, e soprattutto una situazione reddituale dei soci incompatibile con le movimentazioni riscontrate (come nel caso di soci “impossidenti”). L’onere di fornire questi indizi è a carico dell’Ufficio.

In caso di accertamento su una società di capitali a ristretta base sociale, esiste un litisconsorzio necessario tra società e soci?
No. La Corte ha escluso il litisconsorzio necessario tra la società di capitali e i suoi soci. A differenza delle società di persone, per le quali l’accertamento è unitario, nel caso delle società di capitali sussiste solo un nesso di pregiudizialità-dipendenza tra l’accertamento sociale e quello dei soci, che non obbliga alla partecipazione congiunta al medesimo processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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