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Accertamenti bancari sui familiari: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24998/2024, ha stabilito che gli accertamenti bancari possono legittimamente estendersi ai conti correnti dei familiari dell’imprenditore. In presenza di uno stretto legame familiare, spetta al contribuente dimostrare l’estraneità di tali movimenti alla propria attività. La Corte ha accolto il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, cassando la decisione d’appello che aveva escluso tali conti dalle verifiche fiscali.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamenti bancari: quando il Fisco può controllare i conti dei familiari?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24998 del 17 settembre 2024, è tornata su un tema cruciale per imprenditori e contribuenti: la legittimità degli accertamenti bancari estesi ai conti correnti di familiari. Questa pronuncia chiarisce i confini della presunzione legale e l’inversione dell’onere della prova, principi che possono avere un impatto significativo sugli esiti dei controlli fiscali. L’analisi della Corte fornisce un quadro preciso su quando e come l’Amministrazione Finanziaria può utilizzare le movimentazioni sui conti di terzi per rettificare il reddito di un’impresa.

I fatti del caso

Il caso nasce da un avviso di accertamento notificato a un imprenditore individuale per l’anno d’imposta 2010. L’Amministrazione Finanziaria aveva contestato un maggior reddito imponibile ai fini IRPEF, IRAP e IVA, basando la propria pretesa su una serie di movimenti finanziari ritenuti ingiustificati. Tali movimenti non riguardavano solo i conti correnti intestati direttamente all’imprenditore, ma anche quelli dei suoi familiari.

Il contribuente aveva impugnato l’atto impositivo. In primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale aveva parzialmente accolto le sue ragioni, escludendo dalla ripresa a tassazione i prelevamenti bancari, in applicazione della nota sentenza della Corte Costituzionale n. 228/2014.

Successivamente, la Commissione Tributaria Regionale, in sede di appello, aveva riformato la decisione. Da un lato, aveva ritenuto rilevanti anche i prelievi operati dall’imprenditore sui propri conti. Dall’altro, però, aveva escluso completamente le risultanze degli accertamenti sui conti dei familiari, sostenendo che non fossero “univocamente riferiti alle attività del padre”. Contro questa decisione, l’Amministrazione Finanziaria ha proposto ricorso per Cassazione.

La questione degli accertamenti bancari sui conti di terzi

Il nodo centrale della controversia, affrontato dalla Corte di Cassazione, riguarda il primo motivo di ricorso dell’Agenzia delle Entrate. L’Amministrazione lamentava la violazione delle norme sulle presunzioni tributarie (in particolare l’art. 32 del d.P.R. 600/1973), sostenendo che la Commissione Regionale avesse errato nell’escludere a priori la rilevanza dei conti correnti dei familiari.

La Suprema Corte ha accolto pienamente questa tesi, ribadendo un principio consolidato nella sua giurisprudenza. Secondo i giudici, in presenza di determinati elementi, la presunzione legale di maggiori ricavi può essere estesa anche a conti formalmente intestati a terzi.

La decisione della Corte di Cassazione sui prelievi e sui conti dei familiari

La Corte ha anche affrontato il ricorso incidentale del contribuente, che contestava la rilevanza dei prelevamenti non giustificati e il mancato riconoscimento del regime agricolo. Entrambi i motivi sono stati respinti.

Sul tema dei prelievi, la Cassazione ha chiarito un punto fondamentale: la sentenza della Corte Costituzionale n. 228/2014, che ha dichiarato illegittima la presunzione di reddito per i prelievi ingiustificati, si applica esclusivamente ai lavoratori autonomi e non agli imprenditori. Per questi ultimi, la presunzione secondo cui i prelievi non giustificati costituiscono costi “in nero” (e quindi sottendono ricavi non dichiarati) rimane pienamente valida.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una solida base giurisprudenziale. Il principio cardine è che, una volta dimostrata la pertinenza dei rapporti bancari di terzi all’attività d’impresa, scatta un’inversione dell’onere della prova. Non è l’Amministrazione Finanziaria a dover provare che ogni singola movimentazione è un’operazione aziendale, ma è il contribuente a dover dimostrare l’esatto contrario, cioè l’estraneità di ciascuna operazione all’attività imprenditoriale.

La Corte ha specificato quali elementi possono giustificare l’estensione degli accertamenti bancari a terzi:
1. Stretto rapporto familiare: la contiguità familiare tra l’imprenditore e l’intestatario del conto è un indizio primario.
2. Composizione ristretta del gruppo sociale: come nel caso di un’impresa familiare.
3. Elementi sintomatici: ad esempio, l’ingiustificata capacità reddituale dei congiunti o la loro collaborazione nell’impresa.

In presenza di questi fattori, si presume che i movimenti sui conti dei familiari siano riferibili all’attività economica dell’imprenditore, a meno che quest’ultimo non fornisca una prova contraria, analitica e specifica per ogni operazione contestata. La semplice cointestazione del conto o la commistione tra spese familiari e aziendali non è sufficiente a vincere la presunzione.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso principale dell’Amministrazione Finanziaria e ha rigettato quello incidentale del contribuente. La sentenza d’appello è stata cassata con rinvio a un’altra sezione della Corte di giustizia tributaria di secondo grado. Il nuovo giudice dovrà riesaminare il caso applicando i principi di diritto enunciati dalla Suprema Corte, ovvero dovrà tener conto anche delle movimentazioni bancarie sui conti dei familiari, ponendo a carico del contribuente l’onere di giustificarle analiticamente. Questa ordinanza rafforza gli strumenti a disposizione del Fisco negli accertamenti bancari e sottolinea l’importanza per l’imprenditore di poter documentare in modo puntuale la natura di tutte le operazioni finanziarie, incluse quelle che transitano sui conti di persone a lui vicine.

Gli accertamenti bancari del Fisco possono riguardare anche i conti correnti dei familiari di un imprenditore?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che, in presenza di elementi come uno stretto legame familiare e una collaborazione nell’attività d’impresa, l’Amministrazione Finanziaria può presumere che le movimentazioni sui conti dei familiari siano riferibili all’attività dell’imprenditore.

In caso di accertamento sui conti dei familiari, chi deve fornire la prova della natura delle operazioni?
L’onere della prova ricade sul contribuente. Una volta che l’Amministrazione Finanziaria ha stabilito un collegamento tra i conti dei familiari e l’impresa, spetta all’imprenditore dimostrare, con prove analitiche per ogni singola operazione, che tali movimenti sono estranei alla sua attività economica.

La presunzione che i prelievi non giustificati siano ricavi imponibili vale anche per gli imprenditori?
Sì. La Corte ha chiarito che la sentenza della Corte Costituzionale n. 228/2014, che ha limitato tale presunzione, si applica solo ai lavoratori autonomi. Per i titolari di reddito d’impresa, la presunzione legale secondo cui i prelievi ingiustificati corrispondono ad acquisti non registrati (e quindi a ricavi non dichiarati) rimane pienamente efficace.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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