Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24998 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24998 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/09/2024
Oggetto: avviso di accer- tamento – artt. 32 e 39 d.P.R. n.600/73 – II.DD. e IVA
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16698/2017 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente – contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO (PEC: EMAIL) ed elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo RAGIONE_SOCIALE legale RAGIONE_SOCIALE ;
-controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n.73/7/17 della Commissione Tributaria Regionale della Puglia depositata il 16.1.2017, non notificata. camerale del 12 settembre
Udita la relazione svolta nell’adunanza 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia veniva parzialmente accolto gli appelli dell’RAGIONE_SOCIALE e di NOME COGNOME proposti avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Bari n. 314/10/15 con la quale il giudice aveva rigettato il ricorso introduttivo proposto dal contribuente avverso l’avviso di accertamento n.NUMERO_DOCUMENTO.
Si legge nella sentenza impugnata che con tale atto impositivo l’RAGIONE_SOCIALE, in relazione ai movimenti finanziari ingiustificati sui conti correnti bancari del contribuente e dei suoi familiari, determinava, per l’anno d’imposta 2010, un maggior reddito imponibile di euro 313.988,00 (euro 183.516,00 riferito a prelevamenti ed euro 130.472,00 a versamenti) ai fini IRPEF e relative addizionali e contributi previdenziali. Veniva inoltre quantificato un maggior valore della produzione di pari importo ai fini IRAP, un maggior volume di affari ai fini IVA di euro 300.920,00 (euro 130.472,00 + 170.448,00 riferito a fatture non contabilizzate di cui al PVC del 27.9.2010). Venivano quindi determinate le maggiori imposte, i contributi e irrogate sanzioni, comprese quelle di euro 7.340,62 riferite all’IVA non corrisposta per i prelevamenti suddetti, considerati ai fini di tale imposta come acquisti in nero non auto-fatturati.
Il giudice di prime cure accoglieva parzialmente la prospettazione del contribuente, determinando in euro 130.472,00 il reddito da attribuire al ricorrente, pari ai versamenti bancari ingiustificati, ai fini RAGIONE_SOCIALE II.DD., IVA, accessori e sanzioni, mentre escludeva la rilevanza dei prelevamenti in applicazione della sentenza della Corte costituzionale n.228/2014.
A sua volta, la CTR, in accoglimento parziale della prospettazione RAGIONE_SOCIALE parti, riteneva da un lato di non poter tener conto RAGIONE_SOCIALE risultanze degli accertamenti bancari condotti sui conti correnti dei familiari di NOME COGNOME in quanto «non univocamente riferiti alle attività del padre». D all’altro, a differenza del giudice di prime cure riteneva rilevanti anche i prelievi non giustificati, e non solo i versamenti, operati da NOME COGNOME sui conti correnti a lui intestati. La CTR in applicazione dell’art.71 del d.P.R. n.633/72 rideterminava anche l’imposta armonizzata dovuta. Per l’effetto, il giudice d’appello rideterminava il maggior reddito ai fini IRPEF, addizionali, contributi previdenziali e relative sanzioni, in euro 249.773,56, determinava il maggior valore della produzione netta ai fini IRAP e RAGIONE_SOCIALE relative sanzioni per pari importo, determinava un maggior volume d’affari ai fini IVA e RAGIONE_SOCIALE relative sanzioni per euro 170.448,43 e applicava la sola sanzione in relazione all’imponibile IVA non autofatturato concernente i prelevamenti bancari.
Avverso tale sentenza l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso principale per Cassazione, articolato in due censure, al quale il contribuente ha replicato con controricorso e ricorso incidentale affidato a due motivi.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso principale viene prospettata la violazione e falsa applicazione degli articoli 2697 cod. proc. civ. e 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del decreto dei Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ..
Il motivo non è inammissibile come eccepito in controricorso, dal momento che la censura non è generica né priva di autosufficienza poiché individua con precisione il capo della sentenza impugnato e pone una questione di diritto e non di fatto, ed è fondato.
Le riprese ad imposizione sono radicate nel processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza, richiamato nell’ avviso di
accertamento impugnato, sulla base del quale a NOME COGNOME è stato applicato un accertamento ex art. 39 del d.P.R. 600/73 e ricostruito il volume ai sensi dell’art. 55 del d.P.R. 633/72. A tal fine sono state applicate, quale mezzo istruttorio, anche le indagini bancarie di cui all’art. 32 del d.P.R. 600/73 su conti dell’imprenditore e dei suoi familiari.
Orbene, con riferimento all’art.32 cit. (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 21420 del 30/11/2012), una volta dimostrata la pertinenza all’impresa dei rapporti bancari intestati alle persone fisiche con essa collegate, l’Amministrazione finanziaria non è tenuta a provare che tutte le movimentazioni che risultano da quei rapporti rispecchino operazioni aziendali, bensì è onere dell’impresa contribuente dimostrare l’estraneità di ciascuna di quelle operazioni alla propria attività di impresa.
Infatti, la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 428 del 14/01/2015) ha chiarito che lo stretto rapporto familiare e la composizione ristretta del gruppo sociale sono sufficienti a giustificare, salva la prova contraria, la riferibilità RAGIONE_SOCIALE operazioni riscontrate sui conti correnti bancari di tali soggetti all’attività economica della società sottoposta a verifica. Sicché, in assenza di prova di attività economiche svolte dagli intestatari dei conti, idonee a giustificare i versamenti e i prelievi riscontrati, e in presenza di un contestuale rapporto di collaborazione con la società, deve ritenersi soddisfatta la prova presuntiva a sostegno della pretesa fiscale, con spostamento dell’onere della prova contraria sul contribuente.
Il principio di diritto richiamato non vale solo con riferimento alla ricostruzione RAGIONE_SOCIALE imposte sul reddito evase, ma anche ai fini IVA (Cass. Sez. 5, ordinanza n. 1174 del 21/01/2021). È quindi possibile per l’Amministrazione finanziaria procedere attraverso acquisizioni bancarie ai sensi dell’art. 51, comma 3, n. 7, d.P.R. n. 633 del 1972, nel testo applicabile ratione temporis , non limitatamente ai soli conti
bancari o postali o ai libretti di deposito intestati al titolare dell’azienda individuale. In presenza di elementi sintomatici può essere esteso anche a quelli intestati a terzi, elementi quali il rapporto di stretta contiguità familiare, l’ingiustificata capacità reddituale dei prossimi congiunti nel periodo di imposta, l’infedeltà della dichiarazione, l’attività di impresa compatibile con la produzione di utili o, come nella specie, l’essere quella oggetto di verifica un’impresa familiare
Non è sufficiente ad escludere l’operatività della presunzione (v. Cass. Sez. 5, sentenza n. 20981 del 16/10/2015) il mero riferimento alla contitolarità del conto con il coniuge – anche non impiegato nell’azienda -e con gli altri familiari ed alla commistione tra consumi della famiglia ed attività imprenditoriale, essendo necessaria la prova analitica dell’estraneità ai fatti imponibili degli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria.
La doglianza in disamina trova quindi accoglimento perché la decisione del giudice d’appello con riferimento agli accertamenti bancari sui familiari di COGNOME NOME ha erroneamente ritenuto che non trovi applicazione la presunzione semplice discendente dall’art.32 cit., con conseguente onere della prova a carico di parte contribuente di fornire le giustificazioni RAGIONE_SOCIALE contestate movimentazioni bancarie anche sui conti dei familiari dell’imprenditore.
3. Il secondo motivo proposto dal l’RAGIONE_SOCIALE deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 51, comma 1, n. 7 del d.P.R. n. 633 del 1972, 54 e 55 del d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., con riferimento al capo di decisione che ha stabilito: «con riguardo all’IVA, l’art. 71, comma 1, n. 7 del d.P.R. 633/1972 pone una disposizione analoga a quella dell’art. 32 del d.P.R. 600/1973, stabilendo che i dati ed elementi attinenti ai rapporti ed alle operazioni finanziarie sono posti a base RAGIONE_SOCIALE rettifiche e degli accertamenti previsti dagli articoli 54 e 55 se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto nelle dichiarazioni o che non si riferiscono ad operazioni imponibili. L’RAGIONE_SOCIALE ha
ritenuto ricavi non dichiarati sia le somme relative ai versamenti bancari (euro 130.472,41 compresi i versamenti dei famigliari di cui si è detto) sia l’importo di euro 170.448,43, quest’ultimo corrispondente al totale dell’imponibile RAGIONE_SOCIALE fatture emesse nel 2010 da NOME COGNOME – non contabilizzate, rinvenute in sede di verifica conclusa con il p.v.c. del 27.9.2010 – accertando un maggior imponibile di euro 300.920,41. L’operato dell’RAGIONE_SOCIALE, in parte qua , non appare corretto perché giunge a determinare una maggior imposta di euro 12.033,00 esorbitante rispetto alle risultanze RAGIONE_SOCIALE verifiche.».
4. Il motivo non è inammissibile, come genericamente dedotto a pag.15 del controricorso senza ragione di distinzione dalla ulteriore deduzione di infondatezza, ed è fondato.
Premesso che è incongruo il riferimento operato dalla sentenza all’articolo 71 del d.P.R. n. 633 del 1972, il quale riguarda le operazioni relative alla Città del Vaticano e non le operazioni IVA in contestazione, il Collegio osserva che, anche in diretta conseguenza dell’accoglimento del precedente motivo, la determinazione della maggiore IVA è la logica conseguenza della mancata contabilizzazione da parte di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE operazioni economiche evidenziate dalle indagini bancarie e non giustificate, senza che perciò sussista alcuna duplicazione dell’imposta armonizzata ai fini del presente giudizio. Proprio perché quanto sopra ritenuto è diretta conseguenza dell’applicazione RAGIONE_SOCIALE presunzioni dell’art.32 del d.P.R. 600/1973, non è ben calibrato il riferimento al principio di non contestazione, il quale riguarda fatti giuridici e non l’applicazione di norme di diritto.
Con il primo motivo di ricorso incidentale, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 cod. proc. civ. il contribuente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2135 e 2697 cod. civ., 32 del d.P.R. n. 917/1986, nonché 34 del d.P.R. n 633/1972, in relazione al mancato riconoscimento del regime agricolo da parte del giudice.
6. Il motivo è inammissibile. La censura, sotto lo schermo della violazione di legge, è in realtà motivazionale perché mira a rovesciare l’accertamento compiuto dal giudice circa l’inesistenza dei presupposti utili per il riconoscimento del regime agricolo in capo a NOME COGNOME, operato all’esito dell’apprezzamento del quadro probatorio.
Il motivo è inammissibile per doppia conforme con riferimento al paradigma del prospettato vizio motivazionale alla luce del doppio rigetto della prospettazione di parte contribuente sulla questione sia in primo sia in secondo grado. Infatti, l’abrogazione dell’art. 348-ter cod. proc. civ., già prevista dalla legge delega n.206/2021 attuata per quanto qui interessa dal d.lgs. n.149/2022, ha comportato il collocamento all’interno dell’art. 360 cod. proc. civ. di un terzo comma, con il connesso adeguamento dei richiami, il quale ripropone la disposizione dei commi quarto e quinto dell’articolo abrogato e prevede l’inammissibilità del ricorso per cassazione per il motivo previsto dal n. 5 dell’art. 360 citato, ossia per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Il ricorrente non ha dimostrato che le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello sono state tra loro diverse.
Il secondo motivo proposto dal ricorrente incidentale, dedotto in rapporto all’art. 360 comma 1 n. 3 cod. proc. civ., prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 32, comma 1, n. 2 del d.P.R. n. 600/1973, dell’art. 2697 del cod. civ., nonché degli artt. 3 e 53 della costituzione, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 228/2014, con riferimento ai prelievi non giustificati, di cui il giudice avrebbe erroneamente tenuto conto.
8. Il motivo è infondato. La sentenza della Corte Costituzionale n. 228 del 2014 ha ritenuto irragionevole e contraria al principio di capacità contributiva la presunzione secondo la quale i prelievi ingiustificati dai conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo sono destinati ad un investimento nell’ambito della propria
attività professionale e che questo sia a sua volta produttivo di reddito. Sulla scorta di tale principio di diritto, la Corte di Cassazione ha più volte affermato (da ultimo, v. Cass. Sez. 5, ordinanza n. 9403 del 08/04/2024), anche in riferimento all’imprenditore individuale, sia in tema d’imposte sui redditi che di IVA, che la presunzione relativa della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari, giusta l’art. 32, comma 1, n. 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, è innanzitutto riferibile ai titolari di reddito di impresa, anche individuale, quale è il contribuente. Si estende inoltre al lavoro autonomo e alla generalità dei contribuenti, come si ricava dal successivo art. 38 del decreto, riguardante l’accertamento del reddito complessivo RAGIONE_SOCIALE persone fisiche, che rinvia allo stesso art. 32, comma 1, n. 2. Ciò premesso, all’esito della sentenza della Corte cost. n. 228 del 2014, le operazioni bancarie di prelevamento hanno valore presuntivo nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, anche individuale, mentre quelle di versamento nei confronti di tutti i contribuenti, i quali possono contrastarne l’efficacia dimostrando che le stesse sono già incluse nel reddito soggetto ad imposta o sono irrilevanti. Bene, dunque, ha fatto la sentenza impugnata a ritenere applicabili le presunzioni nel caso di specie.
Inoltre, al fine di superare la presunzione posta a carico del contribuente dall’art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (in virtù della quale i prelevamenti ed i versamenti operati su conto corrente bancario vanno imputati a ricavi conseguiti nell’esercizio dell’attività d’impresa), non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell’affluire di somme sul proprio conto corrente. È necessario che il contribuente fornisca la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni, ovvero dell’estraneità RAGIONE_SOCIALE stesse alla sua attività (cfr., tra le molte, Cass. Sez. 5, sentenza n. 4829 del 11/03/2015). Quanto all’accertamento riferito all’imposizione indiretta va ribadito che tutti i movimenti sui conti bancari del contribuente, siano essi accrediti che addebiti, si presumono, ai sensi dell’art.32, comma 1,
n.2 del d.P.R. n.600 del 1973, e dell’art.51, comma 2, n.2, del d.P.R. n.633 del 1972, riferiti all’attività economica del contribuente, i primi quali ricavi e i secondi quali corrispettivi versati per l’acquisto di beni e servizi reimpiegati nella produzione, spettando all’interessato fornire la prova contraria che i singoli movimenti non si riferiscono ad operazioni imponibili (cfr. ex multis , Cass. Sez. 5, sentenza n.26111 del 30/12/2015; conforme Cass. Sez. 5, sentenza n.15857 del 29/07/2016).
Per superare tale presunzione, il contribuente deve in particolare dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni operazione bancaria, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili (Cass. Sez. 5, sentenza n.15857 del 29/07/2016, conforme, Cass. Sez. 5, sentenza n.4829 del 11/03/2015). Il giudice ha accertato che tale onere della prova non è stato assolto da NOME COGNOME con riferimento alle operazioni sui conti a lui intestati, attraverso una articolata motivazione non censurabile in questa sede nei termini proposti.
9. In conclusione, accolto il ricorso principale, disatteso il ricorso incidentale, la sentenza impugnata dev’essere cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo e per la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale, rigettato il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo e per la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite. Si dà atto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.