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Accertamenti bancari: sì ai costi presunti

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12540/2025, ha stabilito un principio importante in materia di accertamenti bancari. Nel caso di un lavoratore autonomo (istruttore di volo) accertato sulla base dei versamenti bancari, la Corte ha confermato la legittimità della presunzione di maggiori ricavi. Tuttavia, ha cassato la sentenza di merito perché non aveva riconosciuto al contribuente una deduzione forfettaria dei costi, come imposto da una recente sentenza della Corte Costituzionale. Il caso è stato rinviato per la quantificazione di tali costi.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamenti bancari e costi presunti: la Cassazione fa chiarezza

L’ordinanza n. 12540/2025 della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale per i lavoratori autonomi: gli accertamenti bancari. Questa pronuncia chiarisce la legittimità della presunzione di ricavi derivante dai versamenti sui conti correnti, ma, allo stesso tempo, sancisce il diritto del contribuente al riconoscimento di costi, anche in via forfettaria, in linea con recenti interventi della Corte Costituzionale. Il caso analizzato riguarda un istruttore di volo, la cui attività è stata qualificata come lavoro autonomo, con tutte le conseguenze fiscali che ne derivano.

I Fatti di Causa

Un contribuente, istruttore ed esaminatore di volo per elicotteri, riceveva un avviso di accertamento per IRPEF e IVA relativo all’anno d’imposta 2011. L’atto impositivo si basava principalmente su accertamenti bancari che avevano evidenziato versamenti sui conti correnti ritenuti dall’Agenzia delle Entrate come ricavi non dichiarati, derivanti da un’attività di lavoro autonomo non ufficializzata.

La Commissione Tributaria Regionale (CTR) aveva confermato la validità dell’accertamento, respingendo l’appello del contribuente. Secondo la CTR, l’attività svolta possedeva i requisiti di autonomia, professionalità e abitualità tipici del lavoro autonomo ai sensi dell’art. 53 del TUIR. Di conseguenza, il contribuente aveva l’onere di dimostrare che i versamenti bancari non costituivano reddito imponibile, prova che non era riuscito a fornire in modo adeguato. Il contribuente ha quindi presentato ricorso in Cassazione, contestando sia la qualificazione della sua attività come lavoro autonomo, sia l’applicabilità della presunzione legale sui movimenti bancari.

La qualificazione del reddito e gli accertamenti bancari

La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi del ricorso in due blocchi. In primo luogo, ha respinto le argomentazioni del contribuente volte a escludere la natura di lavoro autonomo della sua attività. I giudici hanno confermato la valutazione della CTR, ritenendo che la continuità dell’attività (svolta dal 2008 al 2014), il possesso di una specifica abilitazione professionale e l’organizzazione autonoma dei corsi integrassero pienamente i requisiti di abitualità e professionalità. La Corte ha sottolineato che tali valutazioni costituiscono un apprezzamento di fatto, non sindacabile in sede di legittimità.

Il punto cruciale della decisione riguarda il terzo motivo di ricorso, relativo agli accertamenti bancari. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: la presunzione legale secondo cui i versamenti su un conto corrente costituiscono ricavi (art. 32 del d.P.R. 600/1973) si applica a tutti i contribuenti, inclusi i lavoratori autonomi. Spetta al contribuente superare tale presunzione fornendo una prova analitica della non rilevanza fiscale di ogni singola operazione.

Le Motivazioni della Decisione

La vera novità della pronuncia risiede nell’applicazione dei principi sanciti dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 10 del 2023. La Cassazione ha accolto parzialmente il ricorso del contribuente proprio su questo punto. Sebbene l’accertamento basato sui soli versamenti fosse legittimo, la CTR aveva errato nel non riconoscere al contribuente la deducibilità dei costi inerenti alla produzione di quel reddito presunto.

I giudici di legittimità hanno chiarito che, a fronte di ricavi accertati presuntivamente, deve essere riconosciuta un’incidenza percentuale dei costi. Negare questa possibilità porterebbe a tassare il ricavo lordo anziché il reddito netto, violando il principio di capacità contributiva. Poiché il contribuente non aveva fornito prove specifiche sui costi sostenuti, la Corte ha stabilito che il giudice di rinvio dovrà procedere a una loro determinazione forfettaria o presuntiva. Questa valutazione potrà basarsi su medie di settore o, se necessario, su una consulenza tecnica d’ufficio.

Le Conclusioni

In conclusione, l’ordinanza n. 12540/2025 rappresenta un punto di equilibrio fondamentale nella gestione degli accertamenti bancari per i lavoratori autonomi. Da un lato, conferma la piena efficacia della presunzione legale sui versamenti bancari come strumento di lotta all’evasione. Dall’altro, tutela il contribuente garantendo che la tassazione avvenga sul reddito netto, attraverso il riconoscimento, anche presuntivo, dei costi di produzione. La sentenza impugnata è stata quindi cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, che dovrà ricalcolare l’imposta dovuta tenendo conto di un’adeguata incidenza forfettaria dei costi sui maggiori ricavi accertati.

Quando un’attività è considerata lavoro autonomo ai fini fiscali?
Un’attività è considerata lavoro autonomo quando è svolta con carattere di autonomia (assenza di subordinazione), professionalità (richiede specifiche competenze) e abitualità (non è occasionale, ma svolta con regolarità e sistematicità), come previsto dall’art. 53 del TUIR.

I versamenti sul conto corrente di un lavoratore autonomo possono essere considerati ricavi non dichiarati?
Sì. Secondo l’art. 32 del d.P.R. n. 600/1973, i versamenti bancari sui conti di qualsiasi contribuente, inclusi i lavoratori autonomi, si presumono legalmente come ricavi o compensi. Spetta al contribuente l’onere di fornire la prova contraria, dimostrando analiticamente per ogni versamento che le somme non hanno rilevanza fiscale.

Se l’Agenzia delle Entrate accerta maggiori ricavi basandosi sui versamenti bancari, il contribuente ha diritto a una deduzione per i costi?
Sì. La Corte di Cassazione, richiamando una sentenza della Corte Costituzionale (n. 10/2023), ha stabilito che, a fronte di ricavi accertati presuntivamente tramite accertamenti bancari, devono essere riconosciuti i relativi costi. Se il contribuente non fornisce prove documentali specifiche, tali costi devono essere determinati in misura forfettaria o presuntiva dal giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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