Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4239 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4239 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-ricorrente – contro
Studio legale Associato COGNOME –COGNOME , e gli associati COGNOME NOME e COGNOME ;
-intimati –
avverso
la sentenza n. 767, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale della Liguria il 5.10.2021 e pubblicata l’11.10.2021;
ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
la Corte osserva:
Fatti di causa
L’Agenzia delle Entrate, a seguito del controllo della posizione fiscale dello Studio legale Associato COGNOME
OGGETTO: Irpef Iva ed Irap 2003 -Studio legale ed associati -Accertamenti bancari -Imponibilità dei versamenti.
COGNOME, ritenuto accertato un maggior reddito non dichiarato anche per effetto di verifiche bancarie, notificava allo studio legale l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO con riferimento ai tributi dell’Iva e dell’Irap, ed agli Avvocati associati COGNOME NOME e COGNOME gli avvisi di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO e n. NUMERO_DOCUMENTO, in relazione al maggior reddito di partecipazione ritenuto conseguito ai fini Irpef.
Gli atti impositivi risultavano fondati su accertamenti bancari, in relazione ai versamenti rinvenuti sui conti correnti, ed anche su prestazioni professionali non dichiarate che gli associati affermavano di avere fornito a titolo di favore o amicizia.
I contribuenti, Studio Legale ed associati, impugnavano gli avvisi di accertamento innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Savona, proponendo plurime censure procedimentali e di merito. La CTP accoglieva solo parzialmente il ricorso cumulativo, e riduceva la pretesa impositiva escludendo i versamenti di importo inferiore ad Euro 800,00.
I contribuenti spiegavano appello avverso la decisione di primo grado, con riferimento alla parte in cui erano rimasti soccombenti, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Liguria. La CTR riteneva che, a seguito della pronuncia della Corte costituzionale n. 228 del 2014, non fosse più consentita l’utilizzazione degli accertamenti bancari per la determinazione del reddito nei confronti dei liberi professionisti, anche in relazione ai versamenti. Riformava perciò la decisione della CTP ed annullava interamente gli atti impositivi.
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, avverso la decisione adottata dal giudice dell’appello, affidandosi a due motivi di ricorso. I contribuenti hanno ricevuto la notificazione del ricorso il 6.4.2022 presso il difensore costituito nel secondo grado del processo, ma non hanno svolto difese nel giudizio di legittimità.
Ragioni della decisione
Con il suo primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’Amministrazione finanziaria contesta la violazione dell’art. 32 del Dpr n. 600 del 1973, per avere la CTR erroneamente ritenuto l’inutilizzabilità degli accertamenti bancari nei confronti dei liberi professionisti con riferimento non solo ai prelevamenti, ma anche ai versamenti.
Con il secondo mezzo d’impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., l’Ente impositore censura la nullità della decisione adottata dal giudice dell’appello, in conseguenza della violazione dell’art. 111, comma sesto, della Costituzione, dell’art. 132, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., dell’art. 118 Disp. att. cod. proc. civ., e dell’art. 36 del D.Lgs. n. 546 del 1992, per avere la CTR interamente annullato gli atti impositivi, senza però affatto pronunciare sulla pretesa tributaria di maggior valore, fondata sull’accertamento di un reddito non dichiarato accertato mediante riscontri documentali, valutazioni presuntive e raccolta di informazioni dalla clientela.
Con il primo motivo di ricorso l’Amministrazione finanziaria denuncia la violazione di legge in cui ritiene essere incorsa l’impugnata CTR per aver ritenuto che debbano essere esclusi dall’imposizione i maggiori redditi accertati mediante verifica delle risultanze dei conti corrente nei confronti dei professionisti, non solo con riferimento ai prelevamenti ma anche ai versamenti riscontrati.
3.1. La CTR effettivamente afferma che debbono essere esclusi dall’imposizione non solo i prelevamenti ma anche i versamenti, e ritiene che tanto dipenda dalla sentenza n. 228 del 2014 della Corte costituzionale.
Questa Corte di legittimità ha però chiarito che ‘in tema di accertamento, resta invariata la presunzione legale posta dall’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 con riferimento ai versamenti
effettuati su un conto corrente dal professionista o lavoratore autonomo, sicché questi è onerato di provare in modo analitico l’estraneità di tali movimenti ai fatti imponibili, essendo venuta meno, all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, l’equiparazione logica tra attività imprenditoriale e professionale limitatamente ai prelevamenti sui conti correnti’, Cass. sez. V, 26.9.2018, n. 22931 (conf. Cass. sez. VI-V, 30.3.2018, n. 7951).
3.2. La CTR afferma pure che la norma di cui all’art. 32 del Dpr n. 600 del 1973, come modificata, la quale prevede la presunzione legale relativa di maggior favore per l’Amministrazione finanziaria in materia di accertamenti (anche) bancari, non ha efficacia retroattiva. Come replicato dall’Amministrazione finanziaria, l’argomento non risulta condivisibile, perché la modifica normativa è intervenuta con legge n. 311 del 2004, art. 1, comma 402, mentre l’accertamento tributario per cui è causa attiene all’anno 2013, e non si pone quindi un problema di retroattività.
Il primo motivo di ricorso proposto dall’Ente impositore risulta pertanto fondato e deve perciò essere accolto.
Mediante il secondo strumento di impugnazione l’Amministrazione finanziaria critica la nullità della decisione della CTR per avere interamente annullato gli atti impositivi, senza però affatto pronunciare sulla pretesa tributaria di maggior valore, che è quella fondata sull’accertamento di un reddito non dichiarato mediante riscontri documentali, valutazioni presuntive e raccolta di informazioni dalla clientela.
4.1. Occorre in proposito ricordare che le maggiori somme contestate allo Studio legale ed ai suoi associati dipendono dall’accertamento che numerose prestazioni professionali fornite risultano non fatturate. I contribuenti hanno opposto che queste prestazioni sono state erogate gratuitamente, a titolo amichevole. L’Amministrazione finanziaria ha quindi inviato dei questionari ai
beneficiari delle prestazioni, ed alcuni hanno risposto di avere invece corrisposto compensi per ottenere le prestazioni. L’Agenzia delle Entrate ha perciò provveduto alla stima presuntiva del maggior reddito conseguito dai contribuenti.
4.2. Tanto premesso la CTR non pronuncia affatto sul punto, pur essendo stata la contestazione dell’Amministrazione finanziaria in materia ritenuta legittima dalla CTP, e tuttavia il giudice del gravame ha disposto l’annullamento integrale degli avvisi di accertamento.
La censurata omessa pronuncia, pertanto, effettivamente sussiste, ed anche il secondo motivo di ricorso deve essere accolto.
In definitiva il ricorso introdotto dall’Ente impositore deve essere accolto, cassandosi la decisione impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria perché proceda a nuovo giudizio.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
accoglie il ricorso proposto dall’ Agenzia delle Entrate e cassa la decisione impugnata, con rinvio innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio e provveda anche a regolare tra le parti le spese di lite del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 22.1.2025.