Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8905 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8905 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 04/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25990/2017 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato RAGIONE_SOCIALE (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende -controricorrente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. CALABRIA-CATANZARO n. 2888/2016 depositata il 08/11/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, l’Ufficio di Catanzaro dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE rideterminava, ai fini di imposte dirette ed indirette, il reddito conseguito nell’anno di imposta 2003 da COGNOME NOME , che esercita l’attività di dottore commercialista. L’avviso era emesso sulla base di processo verbale di constatazione redatto dalla stessa RAGIONE_SOCIALE, a seguito di una verifica generale per l’anno d’imposta 2003, aperta in quanto era emerso che il contribuente ed il coniuge avevano effettuato anticipazioni in conto capitale per importi superiori a due milioni di euro.
1.1. Per quel che rileva nel presente grado di giudizio, l’avviso, facente seguito all’attivazione del contraddittorio, determinava maggiori componenti positivi di reddito, scaturenti da indagini finanziarie, per complessivi euro 3.442.374,13, di cui euro 2.173.852,28 come versamenti ed euro 1.268.521,85 come prelevamenti non giustificati, a fronte dell’affermazione del contribuente -tuttavia dall’Ufficio ritenuta non supportata da documentazione -secondo cui si trattava di anticipazioni o rimborsi fatti a società di cui egli era legale rappresentante.
Il contribuente proponeva ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Catanzaro, chiedendo l’annullamento dell’avviso in considerazione, tra l’altro, dell’insussistenza RAGIONE_SOCIALE ragioni del recupero: erano state fornite le contabili bancarie, da cui risultava la coincidenza dei movimenti rilevati con quelli evincibili dai conti della società; la mancanza di documentazione riguardava soggetti diversi, vale a dire le stesse società; erronea era l’applicazione RAGIONE_SOCIALE norme relative alla determinazione del reddito professionale.
2.1. Con sentenza n. 307/1/10, emessa il 30 settembre 2009 e depositata il 3 novembre 2010, la CTP accoglieva in parte il ricorso,
ritenendo non giustificati movimenti per euro 472.151,00 intrattenuti presso la Banca Popolare di Crotone, in quanto non riscontrati dalla contabilità di tale RAGIONE_SOCIALE
Proponeva appello in via principale il contribuente, evidenziando in particolare come la CTP avesse male valutato le prove, anche perché l’RAGIONE_SOCIALE, rispetto a tale importo di euro 472.151,00 , aveva condotto un’indagine solo parziale, in quanto aveva considerato unicamente le movimentazioni sul conto anticipazioni soci di RAGIONE_SOCIALE, mentre aveva omesso di analizzare i rapporti intrattenuti dal Dandolo con le fornitrici di RAGIONE_SOCIALE, tali RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE.
3.1. Proponeva a sua volta appello in via incidentale l’RAGIONE_SOCIALE per la parte di rispettiva soccombenza.
3.2. La CTR, con la sentenza in epigrafe, così decideva:
in parziale riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso del contribuente avverso l’avviso di accertamento, limitatamente al reddito desunto dai prelevamenti da conto corrente bancario,
compensando le spese del doppio grado.
3.2.1. In motivazione, essa faceva ampio riferimento a C. Cost. n. 228 del 2014, indi osservava:
-r ispetto ai prelevamenti dai conti, deve essere affermata l’esistenza dell’onere dell’RAGIONE_SOCIALE di provare che ad essi corrisponda un ricavo. Deve ritenersi gravare, invece, sul contribuente l’onere di dimostrare che i versamenti in conto non costituiscano operazioni imponibili. L’RAGIONE_SOCIALE, nella presente fattispecie, non ha compiuto alcuno sforzo probatorio che vada al di là della mera rilevazione dei prelevamenti dai conti bancari. Non resta, pertanto, che affermare l’infondatezza della pretesa avanzata con l’avviso di accertamento impugnato, nella parte in cui essa si basa sui prelevamenti effettuati sui conti bancari;
quanto ai versamenti, si è detto che l’onere probatorio grava sul contribuente, odierno appellante principale. Tale onere è rimasto totalmente insoddisfatto nell’ambito del giudizio di primo grado, nel corso del quale il contribuente si è limitato ad indicare le ragioni alla base dei movimenti bancari e ad affermare che la mancata contabilizzazione di essi non gli può essere addebitata. In relazione a tali operazioni risulta, pertanto, condivisibile l’affermazione dell’RAGIONE_SOCIALE riguardo all’erroneità della sentenza di primo grado, che ha ritenuto giustificata una parte cospicua dei movimenti bancari. La situazione non è sostanzialmente mutata con l’appello principale, che invero ha ben pochi punti di contatto con il ricorso introduttivo e si concentra, comunque, sulla limitata parte di movimenti ritenuta non giustificata dal Giudice di primo grado. È vero che in esso vi è riferimento specifico ad alcune operazioni che nelle intenzioni dell’appellante dovrebbero escludere il carattere imponibile dei movimenti, ma è pur vero che la dimostrazione di tali operazioni è affidata a una massa informe di documenti e che, comunque, le argomentazioni dedotte si presentano alla stregua di una mera ricostruzione a posteriori di una serie intricata di operazioni di cessione di crediti. Si tratta di elementi che, non essendo basati su documentazione specifica ed esattamente individuata e frutto di una correlazione tra operazioni che è semplicemente dedotta ma non dimostrata, non appaiono in grado di vincere la presunzione legale .
Propone il contribuente ricorso per cassazione con due motivi. Resiste l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso. Il contribuente illustra ulteriormente le proprie ragioni con memoria telematica addì 16 ottobre 2023.
Considerato che:
Con il primo motivo si denuncia: ‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 32 del D.P.R. n. 600 del 1973 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.’.
‘I Giudici di secondo grado hanno ritenuto operante, quanto ai versamenti, la presunzione di cui all’art. 32 del D.P.R.·600/73 nei confronti dei lavoratori autonomi o professionisti intellettuali ‘. L”opzione ermeneutica’ percorsa dalla CTR non può essere condivisa, poiché, ‘a seguito della citata pronuncia del Giudice RAGIONE_SOCIALE leggi, alcuna presunzione può operare nei confronti dei lavoratori autonomi e, quindi, nel caso di specie, del ricorrente’. Inoltre, la presunzione è stata abrogata, anche con riguardo ai versamenti, per i soli professionisti ed i lavoratori autonomi, dell’art. 7-quater del d.l. 193 n. 2016, da ritenersi applicabile anche al giudizio in corso, attesone il carattere interpretativo. ‘Ad ogni modo, anche ove possa porsi in dubbio che la norma in esame sia effettivamente interpretativa, la stessa deve esser considerata di carattere procedimentale -così come affermato per l’articolo 1, commi 402 e 403, della legge 311/2004, che aveva invece introdotto la presunzione di cui trattasi -e quindi applicabile anche nel presente giudizio’. Oltretutto il ricorrente aveva eccepito l’inapplicabilità della presunzione all’a.i. 2003, stante l’irretroattività della legge 311 del 2004.
1.1. Il motivo è infondato.
1.2. La giurisprudenza di questa Suprema Corte è ormai costante nell’affermare – definitivamente superando minoritarie pronunce di segno contrario (tra cui Sez. 5, n. 23041 del 11/11/2015) – che ‘resta invariata la presunzione legale posta dall’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 con riferimento ai versamenti effettuati su un conto corrente dal professionista o lavoratore autonomo, sicché questi è onerato di provare in modo analitico l’estraneità di tali movimenti ai fatti imponibili, essendo venuta meno, all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del
2014, l’equiparazione logica tra attività imprenditoriale e professionale limitatamente ai prelevamenti sui conti correnti’ (Sez. 5, n. 22931 del 26/09/2018, Rv. 650334 -01; Sez. 6 -5, n. 7951 del 30/03/2018, Rv. 647721 -01; Sez. 5, n. 16697 del 09/08/2016, Rv. 640983 -01).
1.2.1. Segnatamente, come osservato in motivazione dalla citata Sez. 5, n. 22931 del 2018:
la maggior coerenza di tale orientamento con la sentenza della Corte costituzionale discende dalla considerazione che la discrasia tra motivazione e dispositivo della stessa non si traduce in un vero e proprio contrasto tra le due parti della pronuncia, il che comporta che la sua portata precettiva debba essere individuata integrando il dispositivo con la motivazione (arg. da Cass., sez. lav., n. 12841 del 2016). Ed in questa è chiaramente desumibile, anche alla stregua della questione di costituzionalità sollevata dal giudice remittente, che la Corte costituzionale ha inteso escludere l’operatività della presunzione legale basata sugli accertamenti bancari, nei confronti dei lavoratori autonomi, solo ed esclusivamente ai prelevamenti. E lo si ricava dalle argomentazioni svolte dal Giudice RAGIONE_SOCIALE leggi nel corpo motivazionale della pronuncia (punti 4, 4.1 e 4.2) e dalla conclusione tratta al punto 5, ove si afferma che «Pertanto nel caso di specie la presunzione è lesiva del principio di ragionevolezza nonché della capacità contributiva, essendo arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell’ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito», nessun accenno venendo fatto in tali sviluppi argomentativi ai «versamenti» in conto.
Inoltre, come ricordato sempre da Sez. 5, n. 22931 del 2018,
questa Corte ha affermato che «anche con riferimento al testo dell’art. 32 d.P.R. n. 600/73 antecedente l’entrata in vigore della novella del 2004 è del tutto pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che la norma in questione e la presunzione in essa contenuta seppure letteralmente riferibile ai soli ‘ricavi’, sia da intendersi applicabile anche al reddito da lavoro autonomo e non solo al reddito di impresa» (Cass. n. 802 del 2011; n. 11750 e n. 430 del 2008; Cass. n. 4601 del 2002); ne consegue, nei limiti della operatività nei confronti dei lavoratori autonomi della presunzione legale di cui all’art. 32 cit. con riguardo ai soli «versamenti» non giustificati, la applicabilità retroattiva della norma agli anni di imposta precedenti all’entrata in vigore della legge n. 311 del 2004.
1.3. A revocare in dubbio siffatto consolidato orientamento ermeneutico di questa Suprema Corte non pare idoneo un recente arresto a termini del quale
in tema di indagini bancarie, la presunzione legale relativa in favore dell’Amministrazione prevista, previa modifica dell’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, con riguardo ai versamenti effettuati su un conto corrente anche dai professionisti e dai lavoratori autonomi, non ha efficacia retroattiva, poiché, per un verso, si tratta di una norma che non riveste natura processuale, essendo quelle in tema di presunzioni abitualmente collocate, tra quelle sostanziali, nel codice civile, e, per un altro, una differente interpretazione potrebbe – in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost. -pregiudicare l’effettività del diritto di difesa del contribuente rispetto alla scelta in ordine alla conservazione di un certo tipo di documentazione.
1.3.1. Trattasi invero di argomenti – quelli su cui tale arresto fonda – già confutati dall’anteriore giurisprudenza – che esso non sottopone a revisione critica – la quale (come, tra l’altro, ricordato
dall’RAGIONE_SOCIALE nel controricorso) ha esplicitamente avuto modo (giusta, ad es., Sez. 5, n. 14088 del 27/02/2017), di osservare che
è orientamento consolidato, al quale questo Collegio intende dare continuità, quello secondo cui la presunzione legale posta dall’art. 32, D.P.R. citato, “doveva ritenersi applicabile, fin dall’origine, a tutti i redditi derivanti non soltanto dall’esercizio della impresa (i prelevamenti vengono imputati a ricavi) ma anche da lavoro autonomo -arti o professioni -(i prelevamenti vengono imputati a compensi), e dunque la modifica introdotta dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 402, si è limitata a chiarire in modo espresso tale interpretazione secondo la quale, già in precedenza, alla espressione ricavi doveva essere attribuita valenza onnicomprensiva di qualsiasi incremento reddituale, senza distinzione tra le differenti voci di reddito” (Cass. n. 14026 del 2012, che richiama, altresì, Cass. n. 4601 del 2002; n. 11750 del 2008; n. 14041 del 2011), avendosi avuto cura di precisare (nella sent. n. 14026/2012 cit.) che “alle modifiche normative apportate dalla Legge Finanziaria del 2005 deve riconoscersi, da un lato, funzione esplicativa del maggiore imponibile che è oggetto della presunzione speciale prevista dal d.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2), dall’altro funzione ampliativa dei poteri di indagine della Amministrazione finanziaria”, e “non investe -modificando retroattivamente gli effetti già prodotti -il momento genetico, né il momento funzionale dei rapporti tributari già insorti in data anteriore la entrata in vigore della legge. Le nuove norme, infatti, non incidono sul rapporto di diritto sostanziale, in quanto non individuano nuove componenti positive di reddito assoggettabili ad imposta, precedentemente esenti, né modificano le precedenti aliquote d’imposta, né ancora immutano gli elementi costitutivi del presupposto d’imposta,
né intervengono a sanzionare condotte precedentemente lecite, limitandosi soltanto ad ampliare la portata applicativa della prova presuntiva legale (non solo le movimentazioni emergenti dai conti bancari ma qualsiasi variazione della situazione economico -patrimoniale derivante da rapporti od operazioni bancarie, non giustificata dal contribuente, può integrare il fatto noto -conseguimento di ricavi o corrispettivi –
-dal quale trarre come conseguenza il fatto ignorato maggiore reddito prodotto da recuperare ad imponibile)”.
1.4. Né, infine, coglie nel segno l’argomento imperniato sull’art. 7 -quater d.l. n. 193 del 2016, che avrebbe abrogato la presunzione.
1.4.1. L’art. 7 -quater d.l. n. 193 del 2016, conv. con mod. dalla l. n. 225 del 2016, alla lett. a) del comma 1, si è limitata a prestare ossequio al ‘decisum’ di C. Cost. n. 228 del 2014, eliminando dall’art. 32, comma 1, n. 2, d.P.R. n. 600 del 1973 le parole: ‘o compensi’, talché da allora la disposizione rilevante recita:
alle stesse condizioni sono altresì posti come ricavi a base RAGIONE_SOCIALE stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi nell’ambito dei predetti rapporti od operazioni per importi superiori a euro 1.000 giornalieri e, comunque, a euro 5.000 mensili .
In ragione di siffatto tenore letterale, l’eliminazione del riferimento ai ‘compensi’ afferisce espressamente soltanto ai prelevamenti dei professionisti o più in generale lavoratori autonomi, e non anche ai versamenti, ingiustificati: per i quali versamenti, dunque, sopravvive tal quale la presunzione di maggior reddito.
1.5. Sia consentito di far rilevare che -a dispetto dell’interpretazione proposta nei lavori preparatori (‘La lettera ‘a’
del comma 1, espungendo le parole ‘o compensi’, elimina il riferimento ai soggetti titolari di redditi di lavoro autonomo. Considerato che la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della disposizione citata limitatamente alle parole ‘o compensi’ con riferimento alla presunzione relativa ai prelievi da parte dei professionisti, si deve ritenere che con la norma in esame si chiarisc che anche con riguardo ai versamenti non può trovare applicazione la presunzione legale relativamente ai rapporti bancari dei lavoratori autonomi. Si ricorda che la Corte Costituzionale con la sentenza n. 228 del 2014 ha ritenuto arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell’ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito’) – la conclusione dianzi attinta (condivisa da ampia dottrina) fonda solidamente sia sulla ‘littera legis’, che non fa alcuna menzione dei versamenti, i quali pertanto esulano dall’oggetto dell’intervento di riperimetrazione di cui all’art. 7 -quater d.l. n. 193 del 2016, sia sull’evoluzione storica, che registra come immediato antecedente l’intervento demolitorio, come detto solo parziale, di cui a C. Cost. n. 228 del 2014.
1.6. Né – valga aggiungere – ad esiti diversi conduce la considerazione, nell’art. 32, comma 1, n. 2, d.P.R. n. 600 del 1973, a fianco dei ‘prelevamenti’, degli ‘importi riscossi’ (‘ i prelevamenti o gli importi riscossi ‘).
1.6.1. A differenza di quanto talvolta, anche di recente, opinato da alcuni commentatori (che tra l’altro ritengono di poter trarre argomento da un accenno agli ‘importi riscossi’ contenuto nella motivazione della recentissima C. Cost. n. 10 del 2023), gli ‘importi riscossi’ non rilevano come versamenti in sé e per sé e dunque non legittimano un’esegesi che, per il loro tramite, introduca un fattore di equiparazione tra prelevamenti e versamenti.
1.6.2. Infatti, in recepimento di un linguaggio prasseologico, gli ‘importi riscossi’ si identificano sostanzialmente con operazioni cd. extra conto – o comunque non direttamente intermediate in conto – di regolazione a fronte di versamenti della presunzione suddetta quanto agli importi riscossi, ossia ai versamenti bancari ingiustificati, risultanti dai conti del contribuente . Essi, in mancanza di prova contraria, si presumono essere ricavi occulti (‘in nero’) dell’attività di impresa’].
Un tanto si verifica tipicamente nelle operazioni di cambio di assegni o di valute: ragion per cui la rilevanza ‘anche’ di un tal genere di operazioni, oltreché di quelle ‘contabilizzate’ (ossia registrate in conto), in realtà, ha semmai una funzione estensiva (e non restrittiva) della presunzione.
Con il secondo motivo si denuncia: ‘Violazione e falsa applicazione degli artt. 132 c.p.c., 36 d.lgs. n. 546192 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.’.
2.1. Per tutte le operazioni il contribuente aveva indicato il titolo dell’incasso, specificando che in alcuni casi si era trattato di rimborsi di anticipazioni dalle società di cui era socio. La pluralità RAGIONE_SOCIALE giustificazioni è stata disattesa dalla CTR con una motivazione globale e generica, anziché puntuale e specifica.
2.2. Il motivo -non inammissibile, come eccepito in controricorso, essendo rivolto, non a pretendere un nuovo giudizio di merito, bensì a denunciare, con precisa individuazione della ‘ratio decidendi’ meritevole di censura, un incolmabile deficit motivazionale della sentenza impugnata in derivazione dall’erroneo intendimento del meccanismo di operatività della presunzione di cui all’art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973 -è fondato e merita accoglimento.
2.3. Questa Suprema Corte insegna che, ‘in tema di accertamenti bancari, gli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972 prevedono una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. per le presunzioni semplici, e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa RAGIONE_SOCIALE prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza RAGIONE_SOCIALE relative risultanze’ (cfr., ad es., Sez. 5, n. 13112 del 30/06/2020, Rv. 658392 -01).
In ragione di quanto precede, la presunzione ‘consente all’Amministrazione finanziaria di riferire ‘de plano’ ad operazioni imponibili i dati raccolti in sede di accesso ai conti correnti bancari del contribuente’ (Sez. 5, n. 10249 del 26/04/2017, Rv. 644098 -01). Ciò significa che, ‘qualora l’accertamento effettuato dall’Ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo l’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova, non generica, ma analitica, per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili’ (in termini, da ultimo, Sez. 5, n. 15857 del 29/07/2016, Rv. 640618 -01).
Donde, ‘poiché il contribuente ha l’onere di superare la presunzione posta dagli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972, dimostrando in modo analitico l’estraneità di ciascuna RAGIONE_SOCIALE operazioni a fatti imponibili, il Giudice di merito è
tenuto ad effettuare una verifica rigorosa in ordine all’efficacia dimostrativa RAGIONE_SOCIALE prove fornite dallo stesso, rispetto ad ogni singola movimentazione, dandone compiutamente conto in motivazione’ (Sez. 6 -5, n. 10480 del 03/05/2018, Rv. 648064 -01).
2.4. La CTR ha disatteso i superiori insegnamenti.
2.4.1. Affermando che ‘la dimostrazione di tali operazioni’ ossia RAGIONE_SOCIALE operazioni addotte a giustificazione RAGIONE_SOCIALE movimentazioni di conto -‘è affidata a una massa informe di documenti e che, comunque, le argomentazioni dedotte si presentano alla stregua di una mera ricostruzione a posteriori di una serie intricata di operazioni di cessione di crediti’, essa palesa di non aver provveduto -come invece avrebbe dovuto fare (eventualmente, in caso di soverchia difficoltà per la notevole mole di documenti, previa CTU contabile) -ad un’analitica disamina RAGIONE_SOCIALE produzioni versate in atti dalla difesa del contribuente (di cui è ampia illustrazione nella memoria depositata).
Né la circostanza che gli elementi offerti dal contribuente fossero ‘frutto di una correlazione tra operazioni’ esimeva la CTR da detta analitica disamina, nel rispetto, nondimeno, del principio secondo cui la prova contraria (rispetto alla presunzione) deve essere valutata in funzione della riconciliazione RAGIONE_SOCIALE singole poste di conto con i singoli titoli giustificativi.
In definitiva, in accoglimento del secondo motivo, la sentenza impugnata va annullata con rinvio per nuovo esame ed altresì, all’esito, per la regolazione tra le parti RAGIONE_SOCIALE spese, comprese quelle del presente grado di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo, rigettato il primo motivo,
In relazione al motivo accolto, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, per nuovo esame e per le spese.
Così deciso a Roma, lì 8 novembre 2023.