Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16481 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 16481 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/06/2025
Oggetto: Accertamenti bancari – Art. 32 d.P.R. 600/1973 e art. 55 d.P.R. 633/1972
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 15229/2019 R.G. proposto da
COGNOME rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia, n. 3293/03/2018, depositata il 13 novembre 2018.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 23 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Uditi per l’Agenzia delle entrate gli avvocati dello Stato NOME COGNOME ed NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
A seguito di indagini finanziarie condotte dalla Guardia di Finanza di Andria sulla ditta individuale ‘COGNOME Lucia’ , esercente attività sia agricola sia commerciale, l ‘Agenzia delle Entrate , sulla scorta delle risultanze del PVC redatto dai militari il 28.4.2011, notificava alla contribuente tre avvisi di accertamento nn. TVS010200426, TVS010200427 e TVS010200428, con i quali accertava, per gli anni di imposta 2008, 2009 e 2010, maggior reddito di impresa, e determinava maggiori IVA, IRAP ed IRPEF.
In particolare, le indagini erano svolte ex artt. 32, comma 1 n. 2, d.P.R. n. 600/1973, e 51, comma 2 n. 2, d.P.R. 633/1972, sui conti correnti intestati alla ricorrente ed al coniuge, NOME COGNOME.
La contribuente impugnava, con distinti ricorsi, i tre avvisi innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Bari, deducendo l’illegittimità degli atti sotto plurimi profili.
La CTP, previa riunione dei ricorsi, li accoglieva in parte. Precisamente, riteneva alcuni versamenti irrilevanti ai fini reddituali (Euro 24.880,00 per il 2008, Euro 3.583,00 per il 2009 ed Euro 16.296,00 per il 2010) in quanto corrispondenti a ricavi di operazioni imponibili agricole regolarmente dichiarati nelle dichiarazioni. Confermava nel resto gli avvisi impugnati, rideterminando in melius per la ricorrente i volumi d’affari IVA accertati e gli imponibili fiscali ai fini IRPEF ed IRAP in relazione ai singoli anni.
La contribuente proponeva gravame innanzi alla Commissione tributaria regionale della Puglia, depositando con successiva memoria una perizia giurata (a firma del dott. COGNOME.
La CTR rigettava l’impugnazione rilevando l’inammissibilità della censura relativa alla ‘comparazione effettuata tra attività d’impresa e attività agricola’, in quanto proposta per la prima volta in sede di gravame mediante il richiamo a quanto affermato nella perizia giurata a firma del dott. COGNOME. Parimenti inammissibile doveva ritenersi ‘la potenzialità di evasione fiscale proveniente dalla locazione di immobili, mai formulata in sede di ricorso’ (pag. 5 della sentenza).
Con riferimento, poi, alla ‘potenzialità di evasione dei terreni agricoli’, la CTR evidenziava che la CTP aveva già rigettato la doglianza, fondata sulle risultanze della perizia a firma del dott. COGNOME e la contribuente aveva prodotto una seconda perizia in appello, portante il medesimo risultato, ‘senza porsi l’onere di confutare il decisum’ del primo giudice (sempre pag. 5).
Circa, infine, la deducibilità di costi presuntivamente dimostrati, la CTR, dopo aver distinto l’accertamento sintetico e l’accertamento bancario, riteneva non assolto nella specie l’onere probatorio incombente sul contribuente-titolare dei conti correnti.
La contribuente propone ricorso per cassazione affidato a quindici motivi. L’Ufficio resiste con controricorso.
Il Sostituto Procuratore Generale, nella persona della dott.ssa NOME COGNOME ha depositato memoria con la quale ha chiesto rigettarsi il ricorso.
All’udienza pubblica del 23/05/2025 il Sostituto Procuratore Generale, nella persona del dott. NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso; il patrono erariale ha chiesto il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la «nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art.57 del d.lgs. n.546/92 » (pag. 15 del ricorso). Lamenta, in particolare, che erroneamente la
CTR avrebbe ritenuto inammissibile, perché ‘mai formulato in sede di ricorso’ , il motivo relativo alla ‘comparazione effettuata tra attività d’impresa e attività agricola’ (pag. 5 della sentenza); osserva, di contro, che sin dall’atto introduttivo della lite aveva contestato all’Ufficio di non aver ‘fornito alcuna prova della correlazione tra le movimentazioni rilevate sui conti correnti bancari della ricorrente e del coniuge e l’attività svolta dalla contribuente’, dolendosi dell’imputazione di tutti i ricavi all’attività di impresa, nonostante lo svolgimento (anche) di attività agricola.
Il motivo è fondato.
1.1. Dall’esame dei ricorsi di primo grado (riportati per stralci nel ricorso per cassazione ed allegati a questo) emerge, invero, che la contestazione relativa all’esatta ripartizione dei ricavi (non dichiarati) tra l’attività d’impresa e quella agricola era stata sollevata dalla contribuente. Infatti, dopo aver contestato l’idoneità della documentazione bancaria a costituire prova sufficiente della omessa dichiarazione di ricavi (tutti imputati dall’Ufficio alla sola attività di impresa), la contribuente si doleva della carenza di prova della correlazione tra le movimentazioni rilevate sui conti correnti e l’attività dalla stessa svolta.
La contestazione de qua era, poi, specificata nelle memorie illustrative depositate in primo grado, in cui la ricorrente affermava che l’Ufficio non aveva dimostrato la correttezza dell’attribuzione dei maggiori proventi all’attività di impresa piuttosto che all’attività agricola.
La CTP accoglieva in parte i ricorsi riconoscendo, per ciascun anno, alcuni versamenti, giustificati in quanto relativi a ricavi provenienti dall’attività agricola.
Nell’atto di appello la contribuente ha lamentato come l’Ufficio non avesse provato che tutti gli altri versamenti fossero imputabili all’attività di impresa, e non anche (proporzionalmente) a redditi agrari. A sostegno del proprio assunto depositava, in sede di gravame, la perizia giurata a firma del dott. COGNOME.
1.2. Ora, contrariamente a quanto sostenuto dalla CTR, la doglianza relativa alla ‘comparazione tra attività di impresa ed attività agricola’, ovvero alla imputazione all’una e/o all’altra dei ricavi non dichiarati dalla contribuente, non è stata proposta per la prima volta in appello; i ricorsi introduttivi contengono, infatti, una specifica contestazione sul punto.
Pertanto, erroneamente la CTR ha dichiarato inammissibile, in quanto nuovo, il motivo di appello con il quale la contribuente sostanzialmente reiterava il motivo già svolto con i ricorsi introduttivi, chiedendo alla CTR una nuova valutazione sulla imputazione dei ricavi, eseguita dall’Ufficio esclusivamente all’attività di impresa.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la «nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione degli artt.53 del d.lgs. n.546/92 e 2909 c.c.» (pag. 23 del ricorso). Lamenta, in particolare, che erroneamente la CTR avrebbe ritenuto formatosi il giudicato interno sulla ‘potenzialità di evasione dei terreni agricoli’, in quanto basata sulla perizia giurata a firma del dott. COGNOME già ‘rigettata’ dalla CTP ‘per mancanza di certezza e inerenza’. Contrariamente a quanto ritenuto dalla CTR, la ricorrente sostiene di aver confutato la decisione di primo grado in parte qua mediante il deposito in appello di altra perizia (a firma del dott. COGNOME).
2.1. Il motivo è fondato.
Invero, dalla lettura dell’atto di appello (riportato per stralci nel ricorso per cassazione ed allegato ad esso) emerge che la contribuente aveva contestato la decisione della CTP circa la ‘potenzialità di evasione fiscale derivante dalla locazione di immobili’ ribadendo l’infondatezza della pretesa tributaria, infondatezza scaturente dall’erronea ripartizione dei ricavi tra l’attività di impresa e quella agraria . All’uopo aveva depositato in appello altra perizia giurata, a firma del dott. COGNOME.
Nessun giudicato interno (che, l’altro, si forma su fatti, non già su argomentazioni) può, pertanto, ritenersi formato sul punto.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la «nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione degli artt.2697 c.c. e 6 del DPR 917/86» (pag. 30 del ricorso) per avere la CTR erroneamente ritenuto che incombesse sulla contribuente l’onere di dimostrare che parte dei ricavi accertati dall’Ufficio non fossero imputabili all’attività di impresa. Afferma, al riguardo, che ‘la prova della ripartizione dei ricavi accertati tra le due atti vità non poteva che gravare sull’Ufficio accertatore, alla luce del principio generale di distribuzione dell’onere della prova che prevede che chi voglia fare valere un diritto debba assolvere alla relativa dimostrazione’ (pag. 33).
3.1. Il motivo è infondato.
È noto che la violazione del precetto di cui all’art. 2697 cod. civ. si configura unicamente nell’ipotesi in cui il giudice di merito abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, non anche quando il ricorrente intenda lamentare che, a causa di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, la sentenza impugnata abbia ritenuto erroneamente che la parte onerata non avesse assolto tale onere (Cass., 21/3/2022, n. 9055).
3.2. Nella specie non sussiste il lamentato vizio: in primo luogo, la doglianza muove da un presupposto di fatto non corrispondente al vero, ovvero dalla circostanza che la CTR avrebbe affermato che gravava sulla contribuente l’onere di dimostrare che parte dei ricavi fosse derivante dallo svolgimento dell’attività di impresa. Orbene, in nessun passo della sentenza gravata è dato rinvenire simile affermazione.
In secondo luogo, la presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari, giusta l’art. 32, comma 1, n. 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, non è riferibile ai soli titolari di reddito di impresa o da lavoro
autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti, come si ricava dal successivo art. 38, riguardante l’accertamento del reddito complessivo delle persone fisiche, che rinvia allo stesso art. 32, comma 1, n. 2 (Cass. 02/07/2014, n. 15050; Cass., 20/01/2017, n. 1519; Cass., 16/11/2018, n. 29572; Cass., 09/08/2016, n. 16697; Cass. n. 104 del 2019, in motivazione; in ultimo in termini ancora Cass. 34704/2019). Il contribuente può superare la presunzione posta da tali norme, dimostrando l’estraneità di ciascuna delle operazioni bancarie a fatti imponibili; ove il contribuente eserciti due attività (una di impresa, l’altra agricola), potrà, quindi, provare non solo che le operazioni sono estranee ad ambedue le attività svolte, ma anche che, ove imputate dall’Ufficio ad una sola attività (nella specie, di impresa) sulla base di circostanze di fatto evidenziate nell’avviso di accertamento, sian o invece in parte (come avvenuto nella specie) riferibili all’altra.
Circa la pretesa necessità che l’Ufficio alleghi e provi, aliunde e preventivamente, la specifica attività dalla quale derivi il maggior reddito presumibile dalle indagini bancarie, che avrebbero quindi esclusivamente la funzione di determinare il quantum del relativo imponibile, deve rilevarsi che invece, come questa Corte ha già avuto modo di precisare, dando continuità ad un orientamento conforme precedente, «quando sussistono flussi finanziari che non trovano corrispondenza nella dichiarazione dei redditi, il recupero fiscale non è subordinato alla prova preventiva che il contribuente eserciti una specifica attività; in assenza di contestazione sulla legittimità dell’acquisizione dei dati risultanti dai conti correnti bancari, i dati medesimi possono, infatti, essere utilizzati sia per dimostrare l’esistenza di un’eventuale attività occulta (impresa, arte o professione), sia per quantificare il reddito ricavato da tale attività, incombendo al contribuente l’onere di dimostrare che i movimenti bancari, che non trovano giustificazione sulla base delle sue dichiarazioni, non sono fiscalmente rilevanti» (Cass. 27/11/2020, n. 27145; Cass. 13/05/2011, n. 10578, e precedenti ivi richiamati.
Nello stesso senso, con specifico riferimento all’esclusione della necessità che l’Amministrazione, qualora si avvalga legittimamente della presunzione in parola, sia obbligata a qualificare il reddito corrispondente presunto, Cass. 31/01/2017, n. 2432, in motivazione).
Nella specie, quindi, alcuna violazione dell’art. 2697 cod. civ. (e dei criteri di riparto dell’onere probatorio) vi è stata.
Con il quarto motivo la contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la «nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione degli artt.2727 del c.c. e 32, comma 1, n. 2) del DPR 600/73» (pag. 34 del ricorso) per avere la CTR erroneamente ritenuto che la perizia giurata a firma del dott. COGNOME fosse affidata a mere ipotesi probabilistiche, senza invece considerare che la ricostruzione dei ricavi della ricorrente era stata operata sulla base di idonea documentazione.
Con il quinto motivo la contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la «nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132, co. 2, n.4 del c.p.c.» (pag. 43 del ricorso) per avere la CTR del tutto trascurato la valutazione di tutto il materiale documentale e probatorio offerto nella perizia a giustificazione delle movimentazioni bancarie.
I motivi quarto e quinto, aventi un nucleo censorio comune (ossia, il merito della perizia del dott. COGNOME) devono ritenersi assorbiti nell’accoglimento dei primi due; in oltre, le considerazioni svolte dalla CTR circa la prova della ripartizione tra attività agraria ed attività commerciale, all’esito dell’accoglimento di plurime pregiudiziali (appello inammissibile per novità della questione e giudicato), costituiscono un mero obiter dictum , come tale nemmeno censurabile in questa sede.
Piuttosto, per effetto dell’accoglimento dei primi due motivi di ricorso, la CGT-2 in sede di rinvio dovrà valutare la prova contraria liberatoria fornita dalla contribuente sulla scorta della perizia di parte, vagliando in particolare il contenuto di ques t’ultima.
6. Con il sesto motivo la ricorrente denuncia, sempre in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la «nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132, co. 2, n.4 del c.p.c.» (pag. 58 del ricorso) per avere la CTR del tutto trascurato la valutazione di tutti gli elementi documentali e fattuali, ulteriori rispetto alla perizia giurata, prodotti al fine di giustificare le movimentazioni bancarie. In particolare, la ricorrente aveva dedotto: a) di aver prestato a COGNOME NOME Euro 28.000,00, somma da questi poi restituita; b) di aver disinvestito vecchi titoli e versato sui conti correnti dei figli Euro 400.000,00, dai figli gradualmente restituiti fino al raggiungimento dell’importo di Euro 230.000,00, pari al prezzo di acquisto di un immobile; c) di aver acquistato, al prezzo di Euro 700.000,00, l’opificio, mediante, in gran parte, un mutuo di Euro 500.000,00.
La CTR avrebbe valutato (parzialmente) unicamente la perizia a firma del dott. COGNOME pretermettendo qualsiasi motivazione sugli ulteriori elementi di fatto (documentati) suddetti.
Il motivo è fondato.
6.1. Giova premettere che secondo la giurisprudenza di questa Corte «la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e
Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa
qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione» (Cass., Sez. U., 07/94/2014 n. 8053).
Inoltre, la motivazione è solo «apparente» e la sentenza è nulla quando benché graficamente esistente, non renda percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U. n. 8053/2014 cit.).
Si è, più recentemente, precisato che «in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali» (Cass. 03/03/2022, n. 7090).
6.2. Con particolare riferimento alla tecnica motivazionale per relationem questa Corte ha ripetutamente affermato che detta motivazione è valida a condizione che i contenuti mutuati siano fatti oggetto di autonoma valutazione critica e le ragioni della decisione risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo (Cass., Sez. U., 4/6/2008 n. 14814). Il giudice di appello è tenuto ad esplicitare le ragioni della conferma della pronuncia di primo grado con riguardo ai motivi di impugnazione proposti ( ex multis , Cass., 7/8/2015 n. 16612) sicché deve considerarsi nulla -in quanto meramente apparente -una motivazione per relationem alla sentenza di primo
grado, qualora la laconicità della motivazione, come nel caso di specie, non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice di appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di grav ame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello ( ex multis , Cass. 21/9/2017 n. 22022 e Cass. 25/10/2018 n. 27112).
6.3. Nella specie la CTR ha completamente pretermesso qualsiasi valutazione, prima, e decisione, poi, sulla cospicua documentazione (ulteriore rispetto alla perizia giurata) offerta dalla contribuente a supporto della prova contraria alla presunzione legale fissata dall’art. 32 cit..
La sentenza deve, quindi, essere cassata anche in parte qua .
In definitiva, il giudice del rinvio dovrà vagliare la prova contraria fornita dalla contribuente in relazione ai singoli prelevamenti e versamenti (anche per mezzo della perizia di parte, incentrandosi sui fatti in quest’ultima riportati), in virtù dei co stanti principi affermati da questa Corte in materia di redditometro (applicabili anche nella specie, trattandosi pur sempre di adempimento di prova contraria ad una presunzione legale), principi che richiedono «un esame analitico da parte dell’organo giud icante, che non può pertanto limitarsi a giudizi sommari, privi di riferimento alla massa documentale entrata nel processo relativa agli indici di spesa» (Cass. 08/10/2020, n. 21700). Tale conclusione è corroborata, infine, dall’orientamento di legittimità che ritiene la motivazione ‘statica’, ovvero quella che non illustra l’iter attraverso il quale il giudice perviene alla conclusione, nulla.
Con il settimo motivo la contribuente lamenta, in relazione all’articolo 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., la «nullità della sentenza per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti», ovvero ‘l’esame della ricostruzione (analitica e documentale) delle circostanze
giustificative alle movimentazioni bancarie rilevate dall’Ufficio negli atti accertativi’ (pag. 73 del ricorso).
Il motivo, espressamente proposto in via subordinata rispetto ai due precedenti , deve ritenersi assorbito nell’accoglimento del sesto.
Con l’ottavo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’articolo 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., la «nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132, co. 2, n. 4 del c.p.c.» per non avere la CTR spiegato, dopo aver affermato l’esistenza di una sostanziale differenza tra accertamento sintetico ed accertamento bancario, quale rilevanza aveva detta differenza nella specie al fine di escludere i costi deducibili. In particolare, la metodologia analitico-induttiva di c ui all’art. 39 d.P.R. n. 600/1973 avrebbe sì consentito di accertare l’IRPEF, l’IVA e l’IRAP, ma anche di riconoscere i costi sostenuti dalla contribuente, come documentati anche se non contabilizzati. Elenca, quindi, i detti costi anno per anno, che la CTR non avrebbe in alcun modo considerato.
Il motivo è fondato.
8.1. Anche sotto tale profilo la motivazione della sentenza gravata è meramente apparente (essendo affidata ad una mera affermazione di stile circa la ‘sostanziale differenza tra la tipologia accertativa sintetica e la tipologia accertativa bancaria’, affermazione non argomentata né specificata nelle sue conseguenze nella fattispecie) e, inoltre, contraria alla pacifica giurisprudenza di questa Corte in tema di deducibilità dei costi formatasi dopo la sentenza n. 10/2023 della Corte Costituzionale: «in tema di accertamenti bancari di cui all’art. 32, comma 1, n. 2, del d.P.R. n. 602 del 1973, così come interpretato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 10 del 2023, a fronte della presunzione legale di ricavi non contabilizzati, e quindi occulti, scaturenti da prelevamenti bancari non giustificati, il contribuente imprenditore può sempre, anche in caso di accertamento analitico-induttivo, eccepire l’incidenza percentuale dei costi relativi, che vanno, dunque, detratti
dall’ammontare dei prelievi non giustificati» (Cass. 08/03/2023, n. 6874; Cass. 09/03/2023, n. 7122 in tema di accertamento induttivo puro).
Il principio della deduzione forfettaria dei costi sul reddito ricostruito sulla base dei ricavi induttivamente determinati è stato esteso anche ai lavoratori autonomi e, in particolare, ai professionisti (Cass. 11/12/2024, n. 31981).
In sede di rinvio la Corte di giustizia tributaria di secondo grado dovrà quindi rideterminare il reddito imponibile della contribuente riconoscendo una deduzione in misura percentuale forfettaria dei costi in relazione ai ricavi accertati, avvalendosi anche – se del caso -dell’ausilio di consulenza tecnica d’ufficio.
9. Con il nono motivo di ricorso la contribuente denuncia, sempre in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la «nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art.115 c.p.c.» (pag. 86 del ricorso) per avere la CTR del tutto omesso di considerare che alcune delle movimentazioni bancarie, rilevate dall’Ufficio, avevano trovato giustificazione nella documentazione fornita dalla contribuente, al punto che l’Ufficio stesso, in sede di accertamento con adesione, aveva fatto una proposta (non accettata dalla contribuente) nella quale esse erano state escluse; l’Ufficio, anche in sede di appello, aveva rassegnato le proprie conclusioni nel senso della ‘conferma del proprio operato nei termini già individuati con la proposta di accertamento con adesione’ (cfr. memorie d atate 19/09/2017 per l’udienza del 09/10/2017 ).
Pertanto, doveva ritenersi infondato il recupero dei ricavi, nei seguenti termini:
-Euro 32.553,11 per l’anno 2008;
-Euro 44.423,00 per l’anno 2009;
-Euro 32.742,97 per l’anno 2010.
Il motivo è fondato.
9.1. Emerge, invero, dagli atti che l’Ufficio, in sede di gravame, aveva concluso richiamando la proposta di accertamento con
adesione, nella quale aveva ritenuto giustificate numerose movimentazioni bancarie, per ciascun anno, negli importi indicati nella memoria depositata in prossimità dell’udienza del 09/10/2017.
La CTR ha omesso completamente qualsiasi valutazione di tale non contestazione (in particolare, del suo oggetto e dell’effetto sul giudizio). Secondo la giurisprudenza di questa Corte « i l verbale redatto nell’ambito del procedimento di accertamento per adesione e sottoscritto sia dall’Amministrazione finanziaria, sia dal contribuente, costituisce un documento utilizzabile a fini probatori nel giudizio tributario anche in caso di mancato perfezionamento del procedimento, atteso che tale circostanza non fa venir meno la valenza dell’atto quale documento e la sua riconducibilità, in assenza di contestazioni sul punto, alla volontà delle parti che lo hanno sottoscritto, ferma restando la libertà del giudice di valutare la rilevanza e attendibilità delle circostanze ivi rappresentate» (Cass. 28/02/2022, n. 6391).
Anche in parte qua s’impone, quindi, la cassazione della sentenza con rinvio alla CGT-2 della Puglia, in diversa composizione, perché valuti la portata e gli effetti della condotta processuale serbata dall’Ufficio.
Con il decimo motivo la contribuente lamenta, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la «nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.» (pag. 91 del ricorso) per avere la CTR espressa senza ‘stralciare’ i recuperi relativi alle movimentazioni bancarie che l’U fficio aveva ritenuto giustificate.
Il motivo, espressamente proposto in via subordinata, deve ritenersi assorbito nell’accoglimento del nono.
11 . Con l’undicesimo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la «nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art.115 c.p.c.» (pag. 93 del ricorso) per avere la CTR del tutto omesso di pronunciarsi sul l’eccezione di nullità dell’avviso di accertamento per
inesistenza dell’autorizzazione del comandante della GDF , eccezione riproposta in appello.
Con il dodicesimo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la «nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art.115 c.p.c.» (pag. 96 del ricorso) per avere la CTR del tutto omesso di pronunciarsi sull’eccezione di illegittimità degli avvisi impugnati per non essere stata la COGNOME invitata a fornire le giustificazioni delle movimentazioni su conti correnti (ma solo il di lei coniuge), eccezione riproposta in appello.
Con il tredicesimo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la «nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art.115 c.p.c.» (pag. 100 del ricorso) per avere la CTR del tutto omesso di pronunciarsi sul dedotto vizio di utilizzo indiscriminato delle due metodologie accertative (artt. 38 e 39 d.p.r. 600/1973), vizio riproposto in appello.
Con il quattordicesimo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la «nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art.115 c.p.c.» (pag. 104 del ricorso) per avere la CTR del tutto omesso di pronunciarsi sull’eccezione relativa all’i llegittimo assoggettamento ad IRAP, eccezione riproposta in appello.
I motivi dall’undicesimo al quattordicesimo, avendo ad oggetto il medesimo error in procedendo (violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.), possono essere trattati congiuntamente.
Essi sono fondati: le quattro doglianze sopra indicate, invero, risultano ritualmente proposte nei tre ricorsi in primo grado, e riproposti in sede di gravame; su di esse è mancata qualsiasi decisione da parte della CTR.
Con il quindicesimo (ed ultimo) motivo la contribuente lamenta, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la
«nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art.53 del d.lgs.n.546/1992» (pag. 107 del ricorso).
Il motivo è inammissibile in quanto attinge una pronuncia (declaratoria di inammissibilità dell’appello ) in realtà inesistente in quanto inespressa dalla CTR, che si è pronunciata nel merito del gravame proposto dalla contribuente. Di tanto è consapevole anche la ricorrente che, infatti, dopo aver evidenziato che la CTR, nella parte della sentenza relativa allo ‘svolgimento del processo’, dà atto della proposizione, da parte dell’Ufficio, dell’eccezione di inammissibilità del gravame, rimette sostanzialmente a questa Corte la valutazione circa l’esistenza di una declaratoria di inammissibilità del gravame e, in caso positivo, censura tale (ipotetica ed insussistente) ratio decidendi .
16. In definitiva, vanno accolti i motivi primo, secondo, sesto, ottavo, nono, undicesimo, dodicesimo, tredicesimo e quattordicesimo, rigettato il terzo, assorbiti i motivi quarto, quinto, settimo e decimo, inammissibile il quindicesimo. La sentenza gravata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, perché provveda a nuovo esame in relazione alle censure accolte, nel rispetto dei principi esposti, ed a regolare le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie i motivi primo, secondo, sesto, ottavo, nono, undicesimo, dodicesimo, tredicesimo e quattordicesimo, rigettato il terzo, inammissibile il quindicesimo, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, perché provveda a nuovo esame in relazione alle censure accolte, nel rispetto dei principi esposti, ed a regolare le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 23 maggio 2025.