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Accertamenti bancari: onere della prova e costi

Una società S.R.L. ha subito un accertamento fiscale per IRES basato su movimenti bancari non giustificati sui conti correnti del socio e di suo figlio. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 11169/2024, ha respinto i motivi procedurali del ricorso ma ha accolto quelli di merito. Ha stabilito che i giudici di secondo grado hanno errato nel non esaminare in modo approfondito e analitico le prove fornite dalla società per giustificare le operazioni. Inoltre, ha ribadito il principio secondo cui, a fronte di maggiori ricavi presunti, il contribuente ha sempre diritto a dimostrare e dedurre i costi correlati. La sentenza è stata cassata con rinvio per un nuovo esame su questi punti.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamenti Bancari: Prova Contraria e Deducibilità dei Costi

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su un tema centrale del diritto tributario: gli accertamenti bancari. Questa decisione chiarisce due aspetti fondamentali per la difesa del contribuente: le modalità con cui fornire la prova contraria per superare le presunzioni legali del Fisco e il diritto a vedersi riconosciuti i costi relativi ai maggiori ricavi accertati. L’ordinanza analizzata sottolinea il dovere del giudice di merito di esaminare in modo rigoroso e non superficiale le prove documentali offerte, pena la nullità della sentenza.

I Fatti di Causa

Una società a responsabilità limitata riceveva un avviso di accertamento ai fini IRES per l’anno 2009. L’Agenzia delle Entrate, sulla base di un processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, contestava redditi non dichiarati. L’accertamento si fondava sull’analisi di alcune movimentazioni finanziarie ritenute non giustificate, effettuate sui conti correnti personali del socio amministratore e di suo figlio, dipendente della società.

La società impugnava l’atto impositivo e otteneva una vittoria in primo grado, con l’annullamento dell’accertamento. Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale, in sede di appello, ribaltava la decisione, accogliendo il ricorso dell’Ufficio e confermando la legittimità dell’atto. Contro questa sentenza, la società proponeva ricorso per cassazione, affidandosi a sei distinti motivi.

Analisi degli Accertamenti Bancari e Onere della Prova

La Suprema Corte ha ritenuto infondati i primi quattro motivi di ricorso, che vertevano su questioni procedurali come il difetto di delega nella sottoscrizione dell’appello, l’illegittimità della firma sull’avviso di accertamento e il difetto di motivazione dell’atto. Su questi punti, i giudici hanno ribadito principi consolidati.

L’attenzione si è concentrata, invece, sul quinto e sesto motivo, che sono stati accolti, portando alla cassazione della sentenza impugnata. Questi motivi riguardavano il cuore della controversia: la valutazione delle prove e la deducibilità dei costi.

La Prova Contraria del Contribuente

Il quinto motivo lamentava l’omessa valutazione, da parte dei giudici d’appello, delle specifiche giustificazioni documentali fornite dalla società per ogni movimentazione bancaria contestata. La Corte di Cassazione ha affermato un principio cruciale: di fronte alla presunzione legale secondo cui i versamenti bancari non giustificati costituiscono ricavi, il contribuente ha l’onere di fornire una prova analitica e rigorosa che dimostri la non imponibilità di ciascuna operazione.

Tuttavia, a questo onere del contribuente corrisponde un preciso dovere del giudice di merito. Quest’ultimo deve operare una verifica rigorosa dell’efficacia dimostrativa delle prove offerte e non può liquidarle come generiche o non provate in modo apodittico. Nel caso di specie, i giudici d’appello avevano omesso qualsiasi concreta pronuncia, obliterando l’esame dei documenti giustificativi che erano stati oggetto di discussione tra le parti. Questo comportamento integra un vizio della sentenza.

La Deducibilità dei Costi negli Accertamenti Bancari

Il sesto motivo, anch’esso accolto, riguardava l’omessa pronuncia sull’eccepita deducibilità dei costi a fronte dei maggiori ricavi accertati con metodo induttivo. La Corte, richiamando anche una pronuncia della Corte Costituzionale (sentenza n. 10 del 2023), ha ribadito che il contribuente imprenditore può sempre eccepire l’incidenza percentuale dei costi relativi ai ricavi presunti, anche in caso di accertamento analitico-induttivo scaturito da prelevamenti bancari non giustificati.

I giudici di merito avevano completamente ignorato questo punto, che era stato specificamente dedotto in appello e provato dal ricorrente. L’obliterazione di ogni valutazione su un aspetto così rilevante della difesa del contribuente ha costituito un ulteriore motivo per la cassazione della sentenza.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione su principi giuridici consolidati, distinguendo nettamente tra i vizi procedurali, ritenuti infondati, e i vizi di merito, considerati fondati. Per quanto riguarda la firma dell’atto di appello e dell’avviso di accertamento, la Corte ha ribadito che le norme sull’organizzazione interna dell’Agenzia delle Entrate consentono deleghe di firma ampie, e spetta a chi eccepisce il difetto di potere dimostrarlo. Similmente, la motivazione per relationem a un PVC della Guardia di Finanza è stata ritenuta legittima, in quanto l’atto era noto al contribuente.

La svolta decisiva si è avuta nell’analisi dei motivi di merito. La Corte ha censurato la Commissione Tributaria Regionale per non aver adempiuto al proprio obbligo di valutare analiticamente le prove. La sentenza impugnata si era limitata a ritenere apoditticamente che il contribuente non avesse fornito alcuna prova contraria, senza entrare nel dettaglio della documentazione prodotta. Questo, per la Cassazione, equivale a un’omessa pronuncia e a un vizio motivazionale, poiché il giudice ha il dovere di dare conto delle ragioni per cui ritiene le prove inidonee. Analogamente, sul sesto motivo, la totale assenza di valutazione sulla richiesta di deduzione dei costi è stata considerata un grave errore, violando il diritto del contribuente a vedere determinata l’imposta sul proprio reddito effettivo, al netto dei costi inerenti.

le conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte ha accolto il quinto e il sesto motivo di ricorso, ha rigettato gli altri e ha cassato la sentenza impugnata. Il giudizio è stato rinviato a un’altra sezione della Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio. I nuovi giudici dovranno procedere a un nuovo e motivato esame della causa, attenendosi ai principi di diritto enunciati dalla Cassazione: dovranno valutare in modo specifico e analitico le prove documentali offerte dalla società e pronunciarsi sulla richiesta di deduzione dei costi relativi ai maggiori ricavi eventualmente accertati. Questa ordinanza rafforza le garanzie difensive del contribuente nel contesto degli accertamenti bancari, imponendo un controllo giurisdizionale effettivo e non meramente formale.

Quando i movimenti sul conto corrente di un socio possono essere imputati alla società?
Secondo l’ordinanza, ciò è possibile in presenza di elementi sintomatici, come uno stretto rapporto di contiguità familiare, l’ingiustificata capacità reddituale dei congiunti e un’attività d’impresa compatibile con la produzione di utili. Tali elementi creano una presunzione che i fondi siano riferibili alla società.

Come può un contribuente difendersi dagli accertamenti bancari?
Il contribuente deve fornire una prova analitica, specifica per ogni singola operazione contestata, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non si riferiscono a operazioni imponibili. La prova non può essere generica, ma deve essere rigorosa e puntuale.

Se l’Agenzia delle Entrate presume maggiori ricavi da movimenti bancari non giustificati, è possibile dedurre i costi?
Sì. L’ordinanza conferma che, a fronte della presunzione legale di ricavi non contabilizzati, il contribuente imprenditore può sempre eccepire e provare l’incidenza dei costi relativi, i quali devono essere detratti dall’ammontare dei maggiori ricavi accertati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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