Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11169 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 11169 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/04/2024
Avv. Acc. IRES 2009
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26719/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso il sig. NOME COGNOME in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO.
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore .
-resistente –
e
RAGIONE_SOCIALE, in persona del curatore dott.ssa NOME COGNOME, giusta autorizzazione del G.D. dott. NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo sito in FondiINDIRIZZO EMAIL
-interveniente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LAZIO -SEZIONE STACCATA DI LATINA n. 5505/40/2016, depositata in data 27 settembre 2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5 marzo 2024 dal consigliere dott.ssa NOME COGNOME.
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE riceveva notifica di un avviso di accertamento ai fini IRES, n. NUMERO_DOCUMENTO, relativo all’anno d’imposta 2009. L’ RAGIONE_SOCIALE -direzione provinciale di Latina – sulla scorta di relativo p.v.c. redatto dalla Guardia di Finanza di Fondi, accertava a carico della società contribuente redditi non dichiarati, individuati ex art. 42 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600; all’esito dell’attività di verifica svolta dalla GdF, infatti, risultavano non giustificate alcune movimentazioni finanziarie svolte dal socio COGNOME NOME e il figlio, dipendente della società, COGNOME NOME quali, segnatamente: versamenti per € 135.450,00, di cui € 80.500,00 sul c/c BPF intestato a COGNOME NOME e € 54.950,00 sul c/c Unicredit intestato a COGNOME NOME.
Avverso l’ avviso di accertamento la società contribuente proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di Latina; si costituiva in giudizio anche l’Ufficio , contestando i motivi di ricorso e chiedendo la conferma del proprio operato.
La RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 2010/03/2014, accoglieva il ricorso della società contribuente , annullando l’avviso di accertamento impugnato.
Contro tale decisione proponeva appello l’RAGIONE_SOCIALE dinanzi la C.t.r. del Lazio; si costituiva anche la società contribuente, chiedendo la conferma di quanto statuito in primo grado.
Con sentenza n. 5505/40/2016, depositata in data 27 settembre 201 6, la C.t.r. adita accoglieva il gravame dell’ufficio, dichiarando legittimo l’avviso di cui è causa e condannando la società contribuente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
Avverso la sentenza della C.t.r. del Lazio, la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi.
L ‘RAGIONE_SOCIALE non ha depositato controricorso, ma ha prodotto mera nota di costituzione al dichiarato solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza pubblica.
Con comparsa di costituzione depositata in data 14 dicembre 2023 ha depositato atto d’intervento volontario nel giudizio (da ritenersi ammissibile: cfr., più di recente, Cass. sez. 2, ord. 6 novembre 2023, n. 30875) la RAGIONE_SOCIALE, nelle more fallita, riportandosi alle conclusioni già rassegnate dalla società in bonis.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 5 marzo 2024.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «In merito alla dedotta inammissibilità dell’appello dell’ufficio (per difetto di delega alla sottoscrizione). Omessa pronuncia. Nullità della sentenza per violazione dell’art. 36 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. e dell’art. 111 Cost. (art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.)» la società contribuente lamenta l’ error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. ha mancato di pronunciarsi, sia in punto di fatto che nella parte motiva, sull’eccezione di inammissibilità dell’appello dell’ufficio per carenza di delega alla sottoscrizione dello stesso.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «In merito all’eccepita illegittimità della sottoscrizione dell’avviso di accertamento.
Violazione dell’art. 42, primo e terzo comma, del d.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 17, comma primo bis , del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.)» la società contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. non ha riconosciuto la nullità
dell’avviso di accertamento impugnato in quanto non sottoscritto dal Direttore Provinciale dell’ufficio, ma dal Capo Ufficio Controlli, ritenendo valida una delega di firma (specificata in disposizione di servizio) indicante esclusivamente i processi operativi e le figure delegate (Capo Ufficio, Capo Area e Capo Team ), senza alcuna indicazione nominativa del delegato, dell’efficacia temporale e RAGIONE_SOCIALE ragioni dell’atto di delega.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «In merito all’eccepito difetto di motivazione dell’avviso di accertamento impugnato. Omessa pronuncia. Nullità della sentenza per violazione dell’art. 36 del D.Lgs. n. 546/1992, dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. e dell’art. 111 Cost. (art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.)» la società contribuente lamenta l’ error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. ha mancato di pronunciarsi sull’eccezione di difetto di motivazione dell’atto impugnato circa l’ indicazione dei presupposti di fatto ovvero RAGIONE_SOCIALE ragioni giuridiche che hanno indotto i militari a disattendere la contabilità correttamente tenuta ed a procedere agli accertamenti bancari nei confronti della società dei soci e loro figli.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso, così rubricato: «In merito all’imputabilità alla società ricorrente RAGIONE_SOCIALE movimentazioni bancarie dei soci e dei famigliari. Violazione e falsa applicazione dell’art. 32 del d.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 51 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, nonché dell’art. 2697 cod. civ. (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.)» la società contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. ha presunto il riferimento a operazioni tassabili della stessa partendo da conti non intestati alla società, bensì a persone diverse (soci e dipendenti) per le quali, ancorché legate alla società da vincoli famigliari (e lo stesso sarebbe in presenza di vincoli commerciali e societari), l’ufficio non ha proceduto a dimostrarne il ruolo di soggetti meri interposti della società contribuente effettiva posseditrice.
1.5. Con il quinto motivo di ricorso, così rubricato: «In merito alla giustificazione RAGIONE_SOCIALE movimentazioni finanziarie. Nullità della sentenza per violazione dell’art. 36 del D.Lgs. n. 546/1992, dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. e dell’art. 111 Cost. (art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.), nonché per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.)» la società contribuente lamenta l’ error in procedendo e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. ha mancato di pronunciarsi, sia in punto di fatto che nella parte motiva, in ordine alle specifiche giustificazioni RAGIONE_SOCIALE movimentazioni bancarie addotte, tutte suffragate da documentazione prodotta in atti, ritenendole comunque generiche e non provate, senza che se ne possano individuare le ragioni.
1.6. Con il sesto motivo di ricorso, così rubricato: «In merito all’eccepita omessa deducibilità dei costi. Omessa pronuncia. Nullità della sentenza per violazione dell’art. 36 del D.Lgs. n. 546/1992, dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. e dell’art. 111 Cost. (art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.)» la società contribuente lamenta l’ error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. ha mancato di pronunciarsi sull’eccepita omessa detrazione, da parte dell’ufficio, dell’incidenza percentuale dei costi a fronte dei maggiori ricavi d’impresa accertati con il metodo induttivo.
Il primo motivo di ricorso, articolato in più ordini di censure, è anzitutto inammissibile oltre che infondato.
Invero, il vizio proposto viene formulato come omessa pronuncia il quale è un vizio prospettabile solo in relazione all’omesso esame di eccezioni di merito e, pertanto, la censura, posta sotto il profilo del difetto di motivazione, è da ritenere pure infondata atteso che implicitamente è stata dedotta la violazione della legge processuale, non necessitando di ulteriori accertamenti di fatto, alla
stregua dei principi di diritto affermati da questa Corte in materia. ‘ Nei gradi di merito del processo tributario gli uffici periferici dell’RAGIONE_SOCIALE, secondo quanto previsto dalle norme del regolamento di amministrazione n. 4 del 2000, adottato ai sensi dell’art. 66 del d.lgs. n. 300 del 1999, sono legittimati direttamente alla partecipazione al giudizio e possono essere rappresentati sia dal direttore, sia da altro soggetto delegato, anche ove non sia esibita in favore di quest’ultimo una specifica delega, salvo che non sia eccepita e provata la non appartenenza del sottoscrittore all’ufficio, dovendosi altrimenti presumere che l’atto provenga dallo stesso e ne esprima la volontà ‘ (Cass. sez. 5, 30 ottobre 2018, n. 27570).
Il secondo motivo di ricorso anche è infondato.
3.1. Invero, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, «l’Amministrazione finanziaria, in caso di contestazione, è tenuta, con onere della prova a suo carico (anche per il principio di vicinanza alla prova ex Cass., 2 dicembre 2015, n. 24492), a dimostrare la sussistenza della delega, potendo produrla anche nel secondo grado di giudizio, in quanto la presenza o meno della sottoscrizione dell’avviso di accertamento non attiene alla legittimazione processuale (Cass., 14626/2000; Cass., 14195/2000; Cass., 17044/2013; Cass., 12781/2016; Cass., 14942/2013; Cass. 18758/2014; Cass., 19742/2012; Cass., 332/2016; Cass., 12781/2016; Cass., 14877/2016; Cass., 15781/2017; Cass., 5200/2018; n.19190 /2019; n. 5177 del 26/02/2020). Quanto poi agli effetti della delega con riguardo ai requisiti dell’atto e ai requisiti del firmatario, si è pure chiarito che (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 8814 del 29/03/2019) la delega per la sottoscrizione dell’avviso di accertamento conferita dal dirigente ex all’art. 42, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973, è una delega di firma e non di funzioni; ne deriva che il relativo provvedimento non richiede l’indicazione né del nominativo del soggetto delegato, né
della durata della delega, che pertanto può avvenire mediante ordini di servizio che individuino l’impiegato legittimato alla firma mediante l’indicazione della qualifica rivestita, idonea a consentire, “ex post”, la verifica del potere in capo al soggetto che ha materialmente sottoscritto l’atto. Ancora, con riguardo specificamente della sorte degli atti tributari sottoscritti da soggetti capi di ufficio o delegati, la cui qualifica dirigenziale sia risultata conseguita illegittimamente in relazione alla sopravvenuta sentenza n. 37 del 2015 della Corte costituzionale -che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 24, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 26 aprile 2012, n. 44 -questa Corte (Cass., sez. 5, 9/11/2015, n. 2:2810) ha, altresì, escluso che, ai fini della valida sottoscrizione di un atto impositivo, sia necessario in chi ha sottoscritto l’atto ovvero ha conferito la delega il possesso di una qualifica dirigenziale, rilevando che tale presupposto non è giustificato dal dato normativo. Alla stregua RAGIONE_SOCIALE considerazioni che precedono, dovendo, ai sensi dell’art. 42, primo e terzo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d’ufficio essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell’ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva, di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale, nessun effetto sulla validità dell’atto impositivo, in questa sede impugnato può conseguire dalla declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 8, comma 24, del d. L. n. 16 del 2012, convertito dalla legge n. 44 del 2012 (in senso conforme, Cass., sez. 5, 26/02/2020, n. 5177)», così Cass., n. 33323 del 2023.
2.2. La C.t.r., nel disattendere la censura, ha fatto corretta applicazione dei principi sopra esposti, avendo oltretutto ritenuto soddisfatto l’onere probatorio gravante sull’RAGIONE_SOCIALE.
Il terzo motivo, con il quale ci si duole, sotto il profilo dell’ error in procedendo, che la C.t.r. ha mancato di pronunciarsi
sull’eccezione di difetto di motivazione dell’atto impugnato circa l’ indicazione dei presupposti di fatto ovvero RAGIONE_SOCIALE ragioni giuridiche che hanno indotto i militari a disattendere la contabilità correttamente tenuta ed a procedere agli accertamenti bancari nei confronti della società dei soci e loro figli, è infondato.
La giurisprudenza di legittimità è ferma nel ritenere che “In tema di avviso di accertamento, la motivazione “per relationem” con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell’esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’Ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l’Ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio. (Nella specie, la RAGIONE_SOCIALE.C. ha ritenuto adeguatamente motivato l’avviso di accertamento che, richiamando il processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, evidenziava che la società contribuente aveva annotato fatture per operazioni soggettivamente inesistenti emesse da altra società “cartiera”, così registrando costi indebiti)”. (Cass. 20/12/2018, n. NUMERO_DOCUMENTO).
3.1. Sul punto la C.t.r., con una motivazione esaustiva ha evidenziato che: l’avviso di accertamento si fonda va su un p.v.c. notificato in data 26 ottobre 2011; che parte integrante del verbale era riportato nel predetto atto impositivo che il p.v.c. dava espressamente conto del provvedimento autorizzativo agli accessi bancari, indicandone gli estremi e il contenuto, senza che la contribuente ne avesse contestato l’esistenza, circostanza che costituiva suo preciso onere. Tale motivazione è quindi sufficiente ad individuare la causa giustificativa del recupero a tassazione in relazione al contenuto dell’atto richiamato ed a porre i contribuenti in grado di adeguatamente spiegare le proprie difese, sia negando i
fatti costitutivi della pretesa fiscale, sia contrastando le risultanze dell’atto impositivo mediante acquisizione di ulteriore documentazione e di altri elementi probatori idonei a dimostrare la insussistenza della pretesa fiscale.
Il quarto motivo di ricorso è infondato.
Costituisce principio giurisprudenziale pacifico quello secondo cui (cfr., tra le altre, più di recente, Cass. 21/01/2021, n. 1174, resa in tema di IVA, ma riferibile anche in materia di imposte dirette), ‘ l’accertamento fiscale svolto attraverso acquisizioni bancarie ai sensi dell’art. 51, comma 3, n. 7, d.P.R. n. 633 del 1972 (nel testo applicabile “ratione temporis”) non è limitato ai soli conti bancari o postali o ai libretti di deposito intestati al titolare dell’azienda individuale o alla società, ma, in presenza di elementi sintomatici (quali il rapporto di stretta contiguità familiare, l’ingiustificata capacità reddituale dei prossimi congiunti nel periodo di imposta, l’infedeltà della dichiarazione, l’attività di impresa compatibile con la produzione di utili o, come nella specie, l’essere quella oggetto di verifica un’impresa familiare) può essere esteso anche a quelli intestati a terzi ‘.
5.1. Nella fattispecie in esame, la RAGIONE_SOCIALEtRAGIONE_SOCIALErRAGIONE_SOCIALE ha fatto buon governo dei principi giurisprudenziali allorquando ha ritenuto giusta la presunzione del riferimento a operazioni tassabili della stessa partendo da conti non intestati alla società, bensì a persone diverse (soci e dipendenti) per le quali, ancorché legate alla società da vincoli familiari (e lo stesso sarebbe in presenza di vincoli commerciali e societari) e nonostante l’Ufficio non avesse proceduto a dimostrarne il ruolo di soggetti meri interposti della società contribuente effettiva posseditrice.
Il quinto motivo di ricorso è fondato.
Costituisce principio giurisprudenziale pacifico e reiterato quello secondo cui in tema di accertamenti bancari, gli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972 prevedono una
presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. per le presunzioni semplici, e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa RAGIONE_SOCIALE prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza RAGIONE_SOCIALE relative risultanze (Cass. 30/06/2020, n. 13112). Ancora, ‘ In tema di accertamento RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi, l’art. 32, del d.P.R. n. 600 del 1973 prevede una presunzione legale in base alla quale sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari vanno imputati a ricavi ed a fronte della quale il contribuente, in mancanza di espresso divieto normativo e per il principio di libertà dei mezzi di prova, può fornire la prova contraria anche attraverso presunzioni semplici, da sottoporre comunque ad attenta verifica da parte del giudice, il quale è tenuto ad individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purché grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo, senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative ‘(Cass. 05/05/2017, n. 11102) .
6.1. In dettaglio – secondo questa giurisprudenza di legittimità – in materia di accertamenti bancari, all’onere probatorio gravante sul contribuente che vuole superare la presunzione legale posta dalle predette disposizioni a favore dell’erario -che, avendo fonte legale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729, cod. civ., per le presunzioni semplici -, di fornire non una prova generica, ma una prova
analitica (sul punto, vedi Cass. 26111 del 2015 e la copiosa giurisprudenza ivi richiamata) idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non sono riferibili ad operazioni imponibili, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna RAGIONE_SOCIALE singole operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili (in termini, Cass. n. 18081 del 2010, n. 22179 del 2008 e n. 26018 del 2014), corrisponde l’obbligo del giudice di merito, da un lato, di operare una verifica rigorosa dell’efficacia dimostrativa RAGIONE_SOCIALE prove fornite dal contribuente a giustificazione di ogni singola movimentazione accertata, e, dall’altro, di dare espressamente conto in sentenza RAGIONE_SOCIALE risultanze di quella verifica.
6.2. Nella fattispecie in esame, la C.t.r. non ha approfonditamente
e pertinentemente motivato sulle motivazioni bancarie dettagliatamente indicate e, in ossequio del principio di autosufficienza, riportate in ricorso ritenendo apoditticamente che il contribuente non avesse fornito alcun elemento di prova contraria avverso le presunzioni conseguenti ai controlli bancari, prova che avrebbe dovuto essere specifica non generica e con riferimento alle singole operazioni risultanti dalla documentazione finanziaria. In tal modo i giudici di appello hanno omesso qualsiasi concreta pronuncia obliterando l’esame dei documenti giustificativi decisivi per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti.
Anche il sesto motivo di ricorso è fondato.
Questa Corte ha affermato che in tema di accertamenti bancari di cui all’art. 32, comma 1, n. 2, del d.P.R. n. 602 del 1973, così come interpretato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 10 del 2023, a fronte della presunzione legale di ricavi non contabilizzati, e quindi occulti, scaturenti da prelevamenti bancari non giustificati, il contribuente imprenditore può sempre, anche in caso di accertamento analitico-induttivo, eccepire l’incidenza percentuale dei costi relativi, che vanno, dunque, detratti
dall’ammontare dei prelievi non giustificati (Cass. 08/03/2023, n. 6874; Cass. 23/02/2023, n. 5586).
Nella fattispecie in esame, la C.t.r., sul precipuo punto dedotto in appello -e del quale il ricorrente ha dato prova – ha obliterato ogni valutazione.
In conclusione, vanno accolti il quinto ed il sesto motivo con il rigetto dei restanti, la sentenza impugnata va cassata ed il giudizio va rinviato al giudice a quo affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quinto ed il sesto motivo di ricorso e, rigettati i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia il giudizio innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma in data 5 marzo 2024.