Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29093 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 29093 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/11/2025
Oggetto: Avviso di accertamento – IRES 2008 -Rottamazione quater -Inammissibilità del ricorso della società per sopravvenuta carenza di interesse – Ricorso del socio – Spese per carburante – Natanti Inerenza – Presupposti
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2967/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , e COGNOME NOME, rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO;
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-resistente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, n. 7045/04/2018, depositata in data 11 ottobre 2018;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23 settembre 2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
1. A seguito di verifica fiscale eseguita dalla Guardia di Finanza di Ponza presso la società contribuente emergeva l’indebita contabilizzazione di costi non inerenti, la contabilizzazione di costi relativi a fatture emesse per operazioni inesistenti e l’indebita deduzione di costi per carburante; i militari procedevano, altresì, ad indagini di tipo finanziario sui conti correnti della società e dei soci.
L ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE entrate notificava , quindi, l ‘avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, con il quale recuperava a tassazione maggior reddito ai fini IRES, per l’anno di imposta 200 8 per effetto dello scomputo di alcuni costi ritenuti non deducibili (perché relativi ad operazioni inesistenti o ad acquisto di carburante in assenza RAGIONE_SOCIALE relative schede) e del calcolo di alcune movimentazioni bancarie eseguite sui conti correnti dei soci.
La società proponeva ricorso innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Latina, deducendo l’illegittimità dell’avviso sotto plurimi aspetti.
Con autonomo ricorso NOME COGNOME impugnava l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, con il quale l’Ufficio aveva recuperato maggiore IRPEF per l’anno 2008.
La CTP, riuniti i ricorsi, li accoglieva, ritenendo inerenti all’attività di impresa tutti i costi esposti dalla società.
L ‘Ufficio proponeva gravame innanzi alla Commissione tributaria regionale del Lazio, Sezione Staccata di Latina, che riformava la decisione della CTP: preliminarmente, rilevava che l’Ufficio aveva tenuto in debito conto la documentazione prodotta dalla società, ‘tanto da determinare un consistente abbattimento del reddito accertato’. A ffermava, poi, la correttezza dell’operato dell’Ufficio con riferimento all’esito degli accertamenti bancari ed al mancato riconoscimento della detrazione per le fatture provenienti dalla società RAGIONE_SOCIALE, sia pure in importo minore rispetto a quello indicato nell’avviso di accertamento .
Avverso la decisione della Commissione tributaria regionale i contribuenti propongono ricorso per cassazione, affidandosi a quattro motivi.
L ‘Ufficio ha depositato atto con il quale ha chiesto di partecipare all’eventuale udienza di discussione .
È stata fissata l’adunanza camerale per il 23/09/2025.
La società ha depositato, in data 16/06/2025, istanza di cessazione della materia del contendere per effetto della presentazione della domanda di definizione agevolata ex lege n. 197/2022.
Considerato che:
Con il primo motivo i contribuenti lamentano la «violazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 n.3 cpc. con riferimento a gli artt. 23 e 57 D. Lgs. 546/92» per avere la CTR erroneamente ritenuto le eccezioni proposte dall’Ufficio per la prima volta con l’atto di appello ammissibili in quanto ‘precisazioni e puntualizzazioni’ .
Con il secondo motivo denunciano la «violazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 n.3 cpc. con riferimento all’art. 109 DPR 917/86 e all’art. 1 DPR 444/97» per aver la CTR erroneamente ritenuto non deducibili i costi per carburante.
Con il terzo motivo di ricorso lamentano la «violazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 n.3 cpc. con riferimento all’art. 2697 c.c., all’art. 116 cpc, all’art. 7 D. Lvo 546/92, all’art. 32 DPR 600/73 e all’art.51 DPR n. 633/72» per avere la CTR erroneamente ritenuto legittimo l’accert amento bancario.
Con il quarto motivo, infine, lamentano la «violazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 n.3 cpc. agli artt. 47, 115 e 116 DPR n. 917/86» per avere la CTR omesso qualsiasi decisione sull’eccezione, proposta dal COGNOME in primo grado e riproposta in appello, circa la misura della sua effettiva partecipazione societaria.
In via preliminare va rilevato che la società ricorrente ha depositato memoria con la quale ha rappresentato di avere aderito alla definizione dei carichi affidati all’RAGIONE_SOCIALE
Riscossione in considerazione di quanto disposto dall’art. 1, commi da 231 a 252, della legge n. 197 del 2022 (cosiddetta rottamazione quater ), con riferimento alla cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA, relativa alla pretesa oggetto del contenzioso, allegando il pagamento di n. 5 rate su 18 rate previste, con scadenza dell’ultima rata alla data del 30 novembre 2027, chiedendo dichiararsi la cessazione della materia del contendere.
Tuttavia, la documentazione in atti non vale a dimostrare la precisa corrispondenza tra la cartella oggetto della definizione agevolata e l’ avviso di accertamento oggetto del presente giudizio.
Ad ogni modo la difesa della ricorrente ha chiesto dichiararsi la cessazione della materia del contendere depositando la definizione agevolata e l’RAGIONE_SOCIALE non ha contestato l’intervenuta definizione della controversia.
Per questa via, può essere dichiarata la sopravvenuta inammissibilità del ricorso, limitatamente alla posizione della società, per difetto di interesse della ricorrente.
Le spese del presente grado, nel rapporto tra la società e l’Ufficio, restano a carico di chi le ha anticipate ai sensi dell’art. 46, comma 4, d.lgs. n. 546/1992.
In ragione della definizione agevolata della controversia, non si ravvisano i presupposti per imporre il pagamento del c.d. doppio contributo unificato, siccome misura applicabile ai soli casi tipici di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del gravame e, pertanto, non suscettibile, per la sua natura lato sensu sanzionatoria, di interpretazione estensiva o analogica (tra le tante Cass. 18/01/2022, n. 1420).
Non avendo il socio NOME COGNOME aderito alla definizione agevolata, il giudizio prosegue limitatamente alla sua posizione; va, però, esaminato non solo il quarto motivo di ricorso, l’unico relativo al la sua posizione, ma anche i primi tre motivi di ricorso, relativi a vizi dell’accertamento societario. Infatti, il socio,
nell’ipotesi (ricorrente nella specie) in cui non sia caduto il giudicato sull’avviso societario, può far valere vizi relativi a quest’ultimo.
11. Con il primo motivo il contribuente lamenta la «violazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 n.3 cpc. con riferimento agli artt. 23 e 57 D. Lgs 546/92» per avere la CTR erroneamente rigettato l’eccezione di inammissibilità dell’appello dell’Ufficio, eccezione sollevata dagli appellati in considerazione della novità RAGIONE_SOCIALE censure proposte nel gravame.
Il motivo è infondato.
11.1. È noto che il divieto di ius novorum in grado di appello è stato introdotto nel 1992 (art. 57 d.lgs. n. 546/1992), difettando, di contro, una espressa disciplina in tal senso nella pregressa normativa del processo tributario (d.P.R. n. 636/1972).
Dottrina e giurisprudenza concorde di questa Corte ( ex multis , Cass. 26/03/2002, n. 4335 e Cass. 24/12/2020, n. 29526) ritengono che, sebbene sia precluso all’Ufficio di introdurre nuove ragioni a sostegno della pretesa impositiva, ciò non discende dalla previsione dell’art. 57 del d.lgs. n. 546/1992 bensì semmai da l divieto di modificare, in sede giudiziale, la motivazione dell’atto impositivo impugnato. Il predetto divieto costituisce la naturale e logica contropartita del principio per cui i motivi di nullità e/o illegittimità dell’atto impositivo devono necessariamente essere dedotti dal contribuente quali motivi del ricorso introduttivo; il contribuente, quindi, non potrebbe difendersi da contestazioni e motivazioni diverse ed ulteriori rispetto a quell e inserite nell’atto impositivo e presentate solo successivamente, in corso di causa, ed è per questo che è preclusa all’Amministrazione finanziaria l’introduzione di pretese nuove rispetto all’atto già nel processo di primo grado (a maggior ragione nel grado di appello) indipendentemente dal divieto contenuto nell’art. 57. In altri termini, l’oggetto del processo tributario è circoscritto ai presupposti di fatto e alle ragioni di diritto contenuti nell’atto impositivo ed ai motivi di ricorso proposti dal contribuente in primo grado (Cass. n. 29526/2020 cit.).
Si è correttamente affermato, quindi, che è soltanto il contribuente a poter in teoria presentare domande, con il ricorso introduttivo o con il ricorso in appello, per ottenere l’eliminazione dell’atto impugnato ovvero la riduzione RAGIONE_SOCIALE sue conseguenze e, pertanto, è nei suoi confronti che opera effettivamente e propriamente il divieto di cui all’art. 57 cit.. Il giudizio tributario è volto esclusivamente a verificare la legittimità, formale e sostanziale dell’atto impositivo impugnato, per cui l’Amministr azione finanziaria convenuta in primo grado non può presentare domande riconvenzionali né, a maggior ragione, domande nuove in appello; l’indagine sul rapporto tributario è limitata al riscontro della consistenza della pretesa fatta valere con gli atti impositivi indicati nell’art. 19 d.lgs. n. 546/1992 (Cass. 31/08/2022, n. 25635).
Questa Corte ha precisato che il processo tributario, in quanto rivolto a sollecitare il sindacato giurisdizionale sulla legittimità del provvedimento impositivo, è strutturato come un giudizio di impugnazione del provvedimento stesso, nel quale l’Ufficio assume la veste di attore in senso sostanziale, e la sua pretesa è quella risultante dall’atto impugnato, sia per quanto riguarda il petitum sia per quanto riguarda la causa petendi . Tale caratteristica circoscrive il dibattito alla pretesa effettivamente avanzata con detto atto alla stregua dei presupposti di fatto e di diritto in esso indicati ed entro i limiti RAGIONE_SOCIALE contestazioni mosse dal contribuente. Da tale principio discende che la novità RAGIONE_SOCIALE difese dell’Amministrazione finanziaria che ha emesso l ‘atto impositivo impugnato deve essere necessariamente verificata in base, non solo (e/o non tanto), alle controdeduzioni di primo grado della stessa, ma, soprattutto, in stretto riferimento alla pretesa effettivamente avanzata con detto atto, ovvero alla stregua dei presupposti di fatto e di diritto in esso indicati (Cass. 27/09/2019, n. 17231; Cass. 07/10/2024, n. 26214).
Quello che, pertanto, l’Amministrazione finanziaria non può mutare sono i termini della contestazione, deducendo motivi diversi da quelli contenuti nell’atto di accertamento ed avanzando
nell’appello pretese diverse, sotto il profilo del fondamento giustificativo e, dunque, sul piano della causa petendi , da quelle recepite nell’atto impositivo, altrimenti ledendosi la concreta possibilità per il contribuente di esercitare il diritto di difesa attraverso l’esternazione dei motivi di ricorso, i quali, necessariamente, vanno rapportati a ciò che nell’atto s tesso risulta esposto (Cass. 10/05/2019, n. 12467).
Nello stesso senso si è precisato che nel processo tributario la parte resistente la quale, in primo grado, si sia limitata ad una contestazione generica del ricorso, può rendere specifica la stessa in sede di gravame poiché il divieto di proporre nuove eccezioni in appello, posto dall’art. 57, comma 2, del d.lgs. n. 546/1992, riguarda solo le eccezioni in senso stretto e non anche le mere difese, che non introducono nuovi temi di indagine (Cass. 23/05/2018, n. 12651).
11.2. Nella specie la CTR, rigettando l’eccezione di inammissibilità ex art. 57 d.lgs. n. 546/1992 sollevata dagli appellati, si è conformata alla giurisprudenza sopra richiamata, affermando che i motivi di gravame integravano ‘precisazioni e puntualizzazioni volte a contestare talune affermazioni contenute nella’ sentenza di primo grado .
Invero, nessun mutamento della pretesa impositiva e dei relativi fatti posti a base della stessa è stato operato dall’RAGIONE_SOCIALE con il gravame; l’Ufficio, a fronte di un a decisione sfavorevole, ha argomentato circa i recuperi dei costi, ritenuti sin dall’avviso di accertamento non inerenti, e le risultanze RAGIONE_SOCIALE movimentazioni bancarie.
In definitiva, alla luce dei principi appena richiamati, deve ritenersi che l’Ufficio non abbia affatto proposto in appello domande e/o eccezioni nuove, avendo unicamente precisato la difesa già svolta in primo grado circa la legittimità del proprio operato. In tal modo non ha affatto mutato la propria pretesa (risultante dall’atto impugnato), sia per quanto riguarda il petitum sia per quanto riguarda la causa petendi .
12. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la «violazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 n.3 cpc. con riferimento all’art. 109 DPR 917/86 e all’art. 1 DPR 444/97 » per avere la CTR erroneamente escluso l’inerenza dei costi sostenuti per il carburante, come riportati nelle relative fatture di acquisto. Sostiene, in particolare, che l’unica attività della società è la locazione di natanti, che costituiscono gli unici beni esistenti nel patrimonio societario. Di qui, l’inerenza RAGIONE_SOCIALE spese sostenute per l’acquisto di carburanti, in quanto destinati non già ad uno specifico motore, bensì ai motori secondo necessità.
Il motivo è infondato.
12.1. Costituisce principio giurisprudenziale pacifico quello per il quale, in tema di imposte dirette ed IVA, il contribuente è onerato di comprovare, con idonea documentazione, l’inerenza dell’operazione all’attività d’impresa, con la conseguenza che, laddove la fatturazione sia priva degli elementi che consentano di dimostrare la riferibilità di dette spese ai mezzi strumentali impiegati per l’esercizio dell’impresa, va esclusa la deducibilità dei costi medesimi e la detraibilità dell’IVA (cfr. Cass. 22/07/2020, n. 15616).
Con particolare riferimento alle spese di carburante per autoveicoli o, comunque, per veicoli a motore, si è affermato (Cass. 22/05/2025, n. 13764) che la deducibilità dei relativi costi è subordinata all’esistenza di fatture in cui sia specificamente indi cata la targa del veicolo (elemento identificativo dello stesso, unico in grado di dimostrare la riferibilità della spesa all’automezzo aziendale).
Ora, ritiene la Corte che analogo principio debba valere anche nell’ipotesi di carburante acquistato per natanti, privi sì di targa, ma comunque dotati di altri elementi identificativi (ad es. il codice identificativo nazionale, NUMERO_DOCUMENTO). Non può, invece, ritenersi sufficiente l’astratta inerenza dell’operazione (acquisto di carburante) all’attività di impresa (locazione di natanti).
12.2. La decisione gravata è, quindi, anche in parte qua immune da censure, essendosi la CTR uniformata al seguente principio di diritto: « ai sensi dell’art. 109 , comma 5, t.u.i.r., il contribuente è tenuto a dimostrare l’inerenza del costo all’attività d’impresa, con la conseguenza che, in ipotesi di acquisto di carburante destinato ai natanti impiegati per l’esercizio dell’impresa, la fatturazione deve contenere gli elementi (ad es. il CIN) atti a dimostrare la riferibilità della spesa ai natanti, dovendo in caso contrario escludersi la deducibilità dei costi medesimi».
13. Con il terzo motivo il contribuente deduce la «violazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 n.3 cpc. con riferimento all’art. 2697 c.c., all’art. 116 cpc, all’art. 7 D. Lgs. 546/92, all’art. 32 DPR 600/73 e all’art. 51 DPR n. 633/72» per avere la CTR erroneamente ritenuto riferibili ai soci NOME COGNOME ed NOME COGNOME i conti correnti nn. 93 e 8523, nonostante la certificazione bancaria in senso contrario prodotta nei gradi di merito. Sotto altro aspetto, il ricorrente lamenta la mancata valutazione, ad opera del giudice di appello, della documentazione giustificativa di alcune operazioni effettuate sul conto corrente n. 157613 intestate a NOME COGNOME.
Il motivo è fondato nei termini appresso indicati.
13.1. La CTR ha ritenuto irrilevante la circostanza che il conto corrente non fosse riferibile a NOME COGNOME, in quanto ‘il conto corrente è comunque intestato ad uno dei soci della società’ (penultima pagina della sentenza), con ciò volendo evidenziare che, pur volendo ritenere (sulla scorta della certificazione bancaria, in cui si parla di ‘estraneità di fatto’ del socio al conto) i conti correnti nn. 93 e 8523 non intestati a NOME COGNOME, le movimentazioni in esso confluite andavano comunque prese in considerazione in quanto i conti erano comunque intestati ad un socio della società. Tale ultimo accertamento in fatto non è stato contestato dal ricorrente, che ritiene invece sufficiente, al fine di espungere le movimentazioni operate sul detto conto corrente, la propria estraneità ad essi.
La Corte osserva, ad ogni buon conto, che la CTR ha fatto corretta applicazione dei principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità in materia: in ipotesi di società a ristretta base familiare, l’Ufficio finanziario può utilizzare, nell’esercizio dei poteri attribuitigli sia dall’art. 32 d.P.R. n. 633/1973, che dall’art. 51, secondo comma, nn. 2 e 7, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, le risultanze dei conti correnti bancari intestati ai soci, imputando alla medesima società le operazioni ivi riscontrate tenuto conto anche della relazione di parentela che lega i singoli partecipanti alla ristretta base sociale, circostanza idonea a far presumere la sostanziale sovrapposizione degli interessi personali e societari, nonché ad identificare in concreto gli interessi economici perseguiti dalla società con quelli dei soci, rimanendo comunque la possibilità per la società di dare la prova contraria. Tali legami familiari, proprio perché gli stessi hanno agito unitariamente sotto lo schermo sociale, costituiscono elementi indiziari che assumono consistenza di prova presuntiva legale, ove il soggetto formalmente titolare del conto non sia in grado di fornire indicazioni sulle somme prelevate o versate (Cass. 10/06/2022, n. 18704).
13.2. Fondata è, invece, la censura relativa all’omessa valutazione, da parte della CTR, della documentazione prodotta dal ricorrente (tre operazioni di versamento) a giustificazione di alcune movimentazioni sul conto corrente n. 157613 acceso presso MPS (per poco più di Euro 16.000,00).
È noto che in tema di accertamenti bancari, poiché il contribuente ha l’onere di superare la presunzione posta dagli artt. 32, d.P.R. n. 600 del 1973, e 51, d.P.R. n. 633 del 1972, dimostrando in modo analitico l’estraneità di ciascuna RAGIONE_SOCIALE operazioni a fatti imponibili, il giudice di merito è tenuto ad effettuare una verifica rigorosa in ordine all’efficacia dimostrativa RAGIONE_SOCIALE prove fornite dallo stesso, rispetto ad ogni singola movimentazione, dandone compiutamente conto in motivazione (Cass., 10480/2018).
Si è tuttavia anche avvertito che, ove il contribuente fornisca prova analitica della natura RAGIONE_SOCIALE movimentazioni sui propri conti in modo da superare la presunzione di cui all’art. 32 cit., il giudice è tenuto ad una valutazione altrettanto analitica di quanto dedotto e documentato, non essendo a tal fine sufficiente una valutazione RAGIONE_SOCIALE suddette movimentazioni per categorie o per gruppi (Cass., 30786/2018; 26111/2015).
La sentenza gravata è affetta da un deficit argomentativo in relazione alla suddetta documentazione giustificativa prodotta dal ricorrente e va, pertanto, in parte qua cassata.
14. Con il quarto motivo il socio lamenta la «violazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 n.3 cpc. agli artt. 47, 115 e 116 DPR n. 917/86» per avere la CTR omesso qualsiasi decisione sull’eccezione proposta dal contribuente sin dal primo grado re lativa alla propria quota di partecipazione sociale.
Il motivo è fondato.
14.1. Effettivamente è mancata, da parte della CTR, qualsiasi decisione sulla eccezione, riproposta dal socio in appello, circa l’effettiva consistenza della sua partecipazione all’interno della compagine sociale, per effetto della cessione di parte RAGIONE_SOCIALE sue quote per atto AVV_NOTAIO.
15. In definitiva, i primi due motivi vanno rigettati, accolti il terzo, per quanto di ragione, ed il quarto. La sentenza gravata va, pertanto, cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, perché, in diversa composizione, proceda a nuovo giudizio in relazione alle censure accolte, in particolare a rivalutare il materiale probatorio in atti, tenendo conto dei principi di diritto esposti, provvedendo anche a regolare le spese del giudizio di legittimità tra il socio e l’Uf ficio.
P.Q.M.
La Corte dichiara l’inammissibilità sopravvenuta del ricorso proposto dalla società; rigetta il primo ed il secondo motivo del ricorso del socio, accoglie il terzo, per quanto di ragione, ed il quarto motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, perché, in diversa composizione, proceda a nuovo giudizio in relazione alle censure accolte, provvedendo anche a regolare le spese del giudizio di legittimità tra il socio e l’Ufficio .
Così deciso in Roma, nelle camere di consiglio del 23 settembre 2025 e del 27 ottobre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME