LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Accertamenti bancari: onere della prova del socio

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 35095/2024, ha chiarito che in caso di accertamenti bancari, spetta al contribuente fornire prova analitica e specifica che le movimentazioni non costituiscono materia imponibile. La Corte ha cassato la decisione di merito che aveva erroneamente accettato una giustificazione generica da parte di una società riguardo a bonifici effettuati in favore del suo socio unico, ribaltando l’onere probatorio sull’Amministrazione Finanziaria. La sentenza sottolinea come la presunzione legale di ricavi derivante dalle movimentazioni bancarie possa essere vinta solo con prove puntuali.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamenti bancari: la prova per i bonifici al socio spetta alla società

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto tributario: l’onere della prova negli accertamenti bancari. La decisione chiarisce che, di fronte a movimentazioni finanziarie contestate dal Fisco, spetta al contribuente dimostrare in modo analitico e non generico la loro natura non imponibile. Questo principio diventa particolarmente stringente quando i trasferimenti di denaro avvengono tra una società e il suo socio unico.

I fatti di causa

Il caso ha origine da un avviso di accertamento per Ires e Irap notificato dall’Amministrazione Finanziaria a una società a responsabilità limitata unipersonale in liquidazione. L’accertamento si basava sui risultati di indagini bancarie, dalle quali erano emersi significativi bonifici effettuati dalla società in favore del suo socio unico. Secondo il Fisco, tali somme, qualificate come “acconto sui dividendi”, superavano di gran lunga gli utili dichiarati per l’anno di imposta e andavano quindi recuperate a tassazione.

La società ha impugnato l’atto, e la Commissione Tributaria Regionale, confermando la decisione di primo grado, le ha dato ragione. I giudici di merito hanno ritenuto sufficiente l’affermazione generica della società secondo cui i bonifici si riferivano a fatture emesse in anni precedenti, sostenendo che spettasse all’Ufficio provare il contrario. L’Amministrazione Finanziaria ha quindi proposto ricorso per cassazione, lamentando la violazione delle norme sull’onere della prova negli accertamenti bancari.

Le motivazioni della Corte sugli accertamenti bancari

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Fisco, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa per un nuovo esame. I giudici supremi hanno basato la loro decisione su un principio consolidato in materia.

L’inversione dell’onere della prova

Il cuore della motivazione risiede nell’interpretazione dell’art. 32 del D.P.R. n. 600/1973. La Corte ha ribadito che, quando l’accertamento si fonda su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione Finanziaria è soddisfatto semplicemente presentando i dati e gli elementi che emergono da tali conti. A questo punto, si determina una vera e propria inversione dell’onere della prova a carico del contribuente.

La necessità di una prova analitica

La Suprema Corte ha precisato che la prova richiesta al contribuente non può essere generica, ma deve essere analitica. Per ogni singola movimentazione contestata, il contribuente deve dimostrare in modo puntuale che gli elementi desumibili non sono riferibili a operazioni imponibili. Nel caso di specie, la Commissione Tributaria Regionale ha errato nel ritenere sufficiente l’affermazione generica della società, secondo cui i bonifici si riferivano a fatture di anni precedenti, senza che questa affermazione fosse supportata da prove specifiche e documentali per ciascuna transazione.

Il ruolo del giudice di merito

La Corte ha censurato l’operato dei giudici di merito per non essersi conformati a questo principio. Essi hanno erroneamente ritenuto idonea a giustificare i movimenti una generica affermazione, di fatto invertendo nuovamente l’onere della prova e ponendolo a carico dell’Ufficio, il quale, secondo i giudici regionali, avrebbe dovuto dimostrare la riferibilità dei bonifici a operazioni imponibili.

Le conclusioni

La decisione in commento rafforza un orientamento giurisprudenziale fondamentale in materia di accertamenti bancari. Per le imprese e i professionisti, il messaggio è chiaro: ogni movimentazione finanziaria, specialmente se anomala o di importo rilevante, deve essere supportata da una documentazione chiara e precisa che ne attesti la natura. Affermazioni generiche o giustificazioni sommarie non sono sufficienti a superare la presunzione legale di ricavi o compensi. Questa ordinanza rappresenta un importante monito, in particolare per le società, sulla necessità di gestire con la massima trasparenza e rigore i rapporti finanziari con i propri soci, al fine di evitare contestazioni fiscali difficilmente superabili in sede contenziosa.

A chi spetta l’onere della prova in caso di accertamenti bancari?
In base alla presunzione legale, una volta che l’Amministrazione Finanziaria ha prodotto le movimentazioni bancarie, l’onere di provare che tali somme non costituiscono materia imponibile si inverte e spetta interamente al contribuente.

È sufficiente una giustificazione generica per contestare un accertamento bancario?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il contribuente deve fornire una prova non generica, ma analitica e puntuale per ogni singola operazione contestata, dimostrando che non è riferibile a operazioni imponibili.

Cosa accade se una questione procedurale non viene contestata nel grado di appello?
Se una questione, come l’ammissibilità del ricorso di primo grado, non viene specificamente contestata con un motivo di appello, su di essa si forma un “giudicato implicito”. Ciò significa che la questione diventa definitiva e non può più essere sollevata per la prima volta in Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati