Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32440 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 32440 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME Raffaele COGNOME rappresentato e difeso, giusta procura speciale stesa su atto allegato al ricorso, dall’Avv.to NOME COGNOME che ha indicato recapito Pec, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv.to NOME COGNOME, alla INDIRIZZO in Roma (come da comunicazione di variazione della domiciliazione del 1°.2.2021);
-ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-resistente –
avverso
la sentenza n. 2794, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, il 14.6.2016, e pubblicata il 20.7.2016;
Oggetto: Irpef 2006 -Accertamenti bancari -Oneri probatori.
ascoltata la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
raccolte le conclusioni del P.M., s.Procuratore Generale NOME COGNOME che ha confermato la propria richiesta di rigettare il ricorso;
nessuno essendo comparso per le parti;
la Corte osserva:
Fatti di causa
L’ Agenzia delle Entrate notificava a NOME COGNOME invito al contraddittorio, comunicando l’esito di accertamenti bancari relativi agli anni 2006 e 2007, e sollecitava il contribuente ad esibire idonea documentazione giustificativa dei movimenti riscontrati. Il contribuente onorava la richiesta e produceva documentazione. L’Amministrazione finanziaria notificava quindi, il 18.11.2011, l’avviso di accertamento n. TYS01D402044/2011, avente ad oggetto Irpef, Iva ed Irap con riferimento all’anno 2006, in relazione al maggior reddito d’impresa ritenuto conseguito.
Il contribuente impugnava l’atto impositivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Catania, proponendo censure procedimentali e di merito. La CTP riteneva infondate le critiche proposte e rigettava il suo ricorso.
Il contribuente spiegava appello avverso la decisione sfavorevole assunta dai giudici di primo grado, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania. Il giudice dell’appello confermava la decisione assunta dalla CTP.
Avverso la decisione adottata dalla CTR ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME affidandosi a sette strumenti di impugnazione. L’Agenzia delle Entrate non si è costituita tempestivamente nel giudizio di legittimità, ma ha depositato nota con la quale ha domandato di partecipare all’eventuale discussione pubblica del ricorso. Il contribuente ha pure depositato memoria ed istanza di sollecita fissazione dell’udienza di trattazione.
4.1. Il Pubblico Ministero, in persona del s.Procuratore Generale NOME COGNOME ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte, con le quali ha domandato rigettarsi il ricorso.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il contribuente contesta la violazione dell’art. 42, comma 2, del Dpr n. 600 del 1973, e dell’art. 7, comma 1, della legge n. 212 del 2000 (c.d. Statuto del contribuente), per avere il giudice dell’appello erroneamente ritenuto valido l’avviso di accertamento impugnato, sebbene non congruamente motivato.
Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto ancora ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente censura la violazione dell’art. 32, comma 1, n. 7, del Dpr n. 600 del 1973, e dell’art. 51, comma 2, n. 2, del Dpr n. 633 del 1972, per avere il giudice del gravame ritenuto legittimo l’avviso di accertamento fondato su indagini bancarie, sebbene fosse stata fornita la prova contraria alle deduzioni dell’Ente impositore.
Con il suo terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma n. 5, cod. proc. civ., il contribuente critica l’omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, per non avere la CTR tenuto conto della ‘assoluta e dimostrata estraneità al reddito di impresa di operazioni extra conto contestate dall’Ufficio, quali ricavi in nero, recuperati a tassazione’ (ric., p. 16), con particolare riferimento alla somma di Euro 40.000,00 recata da assegni circolari.
Mediante il suo quarto mezzo d’impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 39, comma 1, lett. d), del Dpr n. 600 del 1973, perché l’accertamento analitico induttivo svolto dall’Amministrazione finanziaria, che peraltro neppure provvede ad indicarne la natura, può essere legittimo solo se assistito da
presunzioni gravi, precise e concordanti che consentano di ritenere inattendibile la contabilità aziendale, circostanze che nel caso di specie non ricorrono affatto.
Con il suo quinto motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., il contribuente critica l’omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, per non avere la CTR pronunciato sulla contestazione relativa al difetto dei presupposti per il ricorso all’accertamento analitico induttivo.
Mediante il sesto strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., ilricorrente contesta la nullità della decisione impugnata, in conseguenza della violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per non avere il giudice dell’appello pronunciato circa l’invalidità dell’avviso di accertamento in conseguenza della violazione degli artt. 32 e 33 del Dpr n. 600 del 1973 e dell’art. 12 della legge n. 212 del 2000, non avendo l’Agenzia delle Entrate rispettato il termine dilatorio di sessanta giorni ‘tra la notifica dell’invito a contraddittorio e la notifica dell’avviso di accertamento’, essendo ‘trascorsi 35 giorni’ (ric., p. 24).
Con il settimo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il contribuente critica la violazione dell’art. 16 del D.Lgs. n. 546 del 1992 in cui è incorso il giudice del gravame in materia di governo delle spese di lite, avendone effettuato una liquidazione ‘manifestamente sproporzionata ed ingiusta’ (ric., p. 27).
Mediante il suo primo strumento di impugnazione il ricorrente contesta la violazione di legge in cui ritiene essere incorsa la CTR per aver erroneamente ritenuto valido l’avviso di accertamento impugnato, sebbene non congruamente motivato. Rileva il ricorrente che l’atto impositivo si limita a richiamare gli esiti degli accertamenti bancari che gli sono contestati, sebbene
ricorra nel caso di specie l’ipotesi di una contabilità attendibile, senza tenere alcun conto della documentazione addotta a prova contraria, mediante la quale ritiene di aver dimostrato che parte delle movimentazioni bancarie contestate sono state considerate nel calcolo dell’imponibile, ‘in quanto relative all’attività d’impresa’ (ric., p. 12), ed altra parte non è stata considerata perché priva di rilevanza reddituale.
8.1. Come rilevato anche dal Pubblico Ministero nelle sue conclusioni, le critiche proposte dal ricorrente con il suo primo motivo di ricorso risultano estremamente generiche, e lo strumento di impugnazione risulta perciò mal proposto. Il contribuente contesta in realtà l’accertamento di fatto eseguito dalla CTR sulla congruità della motivazione dell’atto impositivo, senza sottoporre a specifica critica la decisione, e limitandosi a rinnovare i propri argomenti sul merito del giudizio.
Il ricorrente afferma che la contabilità d’impresa sarebbe stata ritenuta attendibile, ma non chiarisce da che cosa desuma questo dato. Ancora, il contribuente sostiene che parte delle movimentazioni bancarie sono state riportate in contabilità perché attinenti all’attività d’impresa, mentre altre non sono state riportate perché ad essa estranee, ma non ha cura di illustrare come ritenga debbano essere ripartite le singole movimentazioni bancarie rinvenute tra le due categorie, e come abbia provato quali attengano ad attività diverse dalla gestione dell’impresa.
Il primo motivo di ricorso risulta pertanto inammissibile.
Mediante il secondo strumento di impugnazione il contribuente censura la violazione di legge in cui ritiene essere incorso il giudice del gravame per aver ritenuto legittimo l’avviso di accertamento fondato su indagini bancarie, sebbene avesse fornito la prova contraria alle deduzioni dell’Ente impositore.
9.1. Invero questa Corte regolatrice ha avuto recentemente occasione di ribadire che ‘in tema di accertamento delle imposte
sui redditi, qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo l’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, mentre si determina un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili, fornendo, a tal fine, una prova non generica, ma analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili’, Cass. sez. V, 30.1.2024, n. 2928, e non si era mancato di chiarire, già in precedenza, che ‘in tema di accertamenti bancari, gli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972 prevedono una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. per le presunzioni semplici, e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze’, Cass. sez. V, 30.6.2020, n. 13112.
9.2. Il ricorrente propone pertanto una lamentela generica, e la sua critica non è utilmente scrutinabile, perché non indica specificamente la riferibilità di ogni versamento o prelevamento bancario ad importi non imponibili, né tantomeno riporta come abbia provato la circostanza.
Il secondo motivo di ricorso deve essere pertanto dichiarato anch’esso inammissibile.
Mediante il terzo mezzo d’impugnazione il ricorrente contesta il vizio di motivazione in cui ritiene essere incorso il giudice dell’appello per non aver esaminato il fatto decisivo, che è stato oggetto di discussione tra le parti, con riferimento alla (affermata) dimostrata estraneità al reddito di impresa di operazioni extra conto contestate dall’Ufficio quali ricavi in nero, recuperati a tassazione.
10.1. Occorre allora rilevare che nei gradi di merito del giudizio la CTP e la CTR si sono pronunciate in senso conforme, e ricorre pertanto un’ipotesi di c.d. doppia conforme. In materia questa Corte regolatrice ha recentemente ribadito che ‘nell’ipotesi di “doppia conforme”, prevista dall’art. 348-ter, comma 5, c.p.c., il ricorso per cassazione proposto per il motivo di cui al n. 5) dell’art. 360 c.p.c. è inammissibile se non indica le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse’, Cass. sez. V, 28.2.2023, n. 5947. Nel caso di specie il ricorrente neppure illustra perché ritenga che le ragioni di fatto poste a fondamento delle pronunce di primo e secondo grado siano diverse.
Il terzo motivo di ricorso risulta pertanto inammissibile.
Mediante il quarto strumento di impugnazione il ricorrente contesta la violazione di legge in cui ritiene essere incorsa la CTR perché l’accertamento analitico induttivo svolto dall’Amministrazione finanziaria, che neppure provvede a qualificare l’accertamento svolto, può essere legittimo solo se assistito da presunzioni gravi, precise e concordanti che consentano di ritenere inattendibile la contabilità aziendale, circostanze che nel caso di specie non ricorrono affatto.
11.1. Questa Corte di legittimità ha recentemente chiarito che ‘in sede di redazione dell’avviso di accertamento, l’Amministrazione finanziaria non è tenuta ad indicare in quale categoria dogmatica
(analitico, analitico induttivo, analitico presuntivo, sintetico, etc.) deve essere iscritto l’atto impositivo notificato al contribuente, poiché rilevano, ai fini della legittimità dell’accertamento tributario e del rispetto del diritto di difesa, la sua fondatezza e la chiara intelligibilità’, Cass. sez. V, 7.6.2024, n. 16015.
Inoltre, come già evidenziato esaminando il secondo motivo di ricorso, ‘in tema di accertamenti bancari, gli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972 prevedono una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. per le presunzioni semplici …’, Cass. sez. V, 30.6.2020, n. 13112.
Il quarto motivo di ricorso risulta pertanto infondato e deve essere rigettato.
Con il suo quinto motivo di ricorso il contribuente critica l’omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, per non avere la CTR pronunciato sulla contestazione relativa al difetto dei presupposti per il ricorso all’accertamento analitico induttivo.
Lo strumento di impugnazione risulta inammissibile, esattamente per le ragioni già esposte con riferimento al terzo motivo di ricorso.
Mediante il sesto strumento di impugnazione il contribuente contesta la nullità della decisione impugnata per non avere il giudice dell’appello pronunciato circa l’invalidità dell’avviso di accertamento in conseguenza della violazione degli artt. 32 e 33 del Dpr n. 600 del 1973 e dell’art. 12 della legge n. 212 del 2000, non avendo l’Agenzia delle Entrate rispettato il termine dilatorio di sessanta giorni tra la notifica dell’invito al contraddittorio e la notifica dell’avviso di accertamento.
13.1. Invero lo strumento di impugnazione risulta mal proposto, perché il ricorrente neppure indica come abbia introdotto
l’invocata censura nel primo grado del giudizio, e se la contestazione non era stata proposta innanzi alla CTP la proposizione in appello risultava intempestiva e la CTR non era tenuta a pronunziarsi in forma esplicita. Inoltre il ricorrente non riporta le formule con cui ha prospettato la questione in grado di appello.
Il sesto motivo di ricorso nella misura in cui possa essere considerato ammissibile, risulta comunque infondato, e deve essere pertanto respinto.
Mediante il settimo strumento di impugnazione il ricorrente critica la violazione di legge in cui ritiene essere incorso il giudice del gravame in materia di governo delle spese di lite, avendone effettuato una liquidazione manifestamente sproporzionata ed ingiusta.
14.1. Anche la contestazione introdotta dal contribuente con il settimo motivo di ricorso non risulta proposta in conformità con il modello legale.
La CTR scrive di procedere alla liquidazione delle spese a carico del contribuente, perdente nel grado di giudizio, ‘facendo applicazione dei parametri minimi in ragione dell’attività effettivamente svolta’ (sent. CTR, p. 4).
Il ricorrente non illustra in realtà alcuna specifica censura, non chiarisce perché la liquidazione sia illegittima, non spiega in che cosa la CTR sia incorsa in errore, non illustra perché il giudice del gravame non avrebbe applicato i parametri minimi, o perché avrebbe dovuto scendere anche al di sotto di questi.
Il settimo strumento di impugnazione risulta pertanto inammissibile.
In definitiva il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere rigettato.
Non occorre provvedere in materia di spese di lite, perché l’Amministrazione finanziaria non ha svolto difese nel giudizio di legittimità.
15.1. Deve comunque darsi atto che ricorrono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, del c.d. doppio contributo.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
rigetta il ricorso proposto da NOME .
Ai sensi del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater , dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis , se dovuto.
Così deciso in Roma, il 20.9.2024.