Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14857 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14857 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10266/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, in persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME;
-intimato- per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Foggia, n. 2829/2018 depositata il 26 settembre 2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’11 aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-In data 21 maggio 2015 la Guardia di Finanza di Manfredonia conduceva una verifica fiscale nei confronti della ditta individuale di NOME COGNOME, esercente attività di distribuzione di carburanti, autolavaggio e bar tabacchi, per gli anni compresi tra il 2010 e il 2014. All’esito della verifica, l’Agenzia delle entrate emetteva gli avvisi di accertamento nn. TVK0107028381 NUMERO_CARTA, NUMERO_CARTA e TVK010702935 15 con i quali si accertava un maggior reddito d’impresa, un maggior valore della produzione a fini IRAP , nonché un maggior volume d’affari rispetto a quello dichiarato.
Il contribuente impugnava con distinti ricorsi gli avvisi di accertamento dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Foggia che, previa riunione dei ricorsi, con sentenza n. 1475/2016 depositata in data 8 luglio 2016, li accoglieva parzialmente, compensando le spese di giudizio. In particolare, accoglieva la domanda subordinata contenuta in ciascun ricorso con la quale veniva rideterminato, applicando le percentuali di costi induttivi di cui ai parametri previsti dal d.p.c.m. 28 luglio 1989, il reddito pari a euro 67.411,00, per l’anno di imposta 2010, a euro 76.812,00 per l’anno di imposta 2011, a euro 27.460,00 per l’an no di imposta 2012.
-Avverso tale pronuncia la Direzione regionale di Foggia proponeva atto di appello.
La Commissione tributaria regionale, con sentenza n. 2829/2018, depositata il 26 settembre 2018, ha respinto l’appello dell’Ufficio , confermando la sentenza di primo grado.
-L’Ufficio ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
Il Pubblico ministero ha depositato una requisitoria scritta, concludendo per l’accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 32, comma 1, n. 2 d.P.R. n. 600 del 1973, 51, comma, 2 n. 2 d .P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 36 0, comma 1, n. 3 c.p.c., per aver la Commissione tributaria regionale erroneamente ritenuto non raggiunta la prova dell’evasione contestata come maggiori ricavi non contabilizzati e indeducibilità di costi ai fini IVA.
1.1. -Il motivo è fondato.
In tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo l’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, mentre si determina un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili, fornendo, a tal fine, una prova non generica, ma analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili (Cass., Sez. V, 31 gennaio 2024, n. 2928; Cass., Sez. V, 29 luglio 2016, n. 15857).
La presunzione legale relativa, ex art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, che comporta l’onere probatorio, a carico del contribuente, di dare specifica giustificazione delle movimentazioni bancarie, oggetto di contestazione, al fine di dimostrare che le stesse non derivano da operazioni imponibili e tale conseguenza, oltre al regime legale, si riconnette altresì a quel principio di vicinanza della prova che è connaturato al disposto dell’art. 2697 c.c. e che attiene alla possibilità di conoscere, in via diretta o indiretta, i fatti materiali e
storici che stanno alla base della loro evidenziazione probatoria (Cass., Sez. V, 4 ottobre 2024, n. 26014).
Analogamente, in tema di IVA e di accertamenti bancari, grava sul contribuente l’onere di superare la presunzione posta dall’art. 51 del d.P.R. n. 633 del 1972, dimostrando in modo analitico l’estraneità di ciascuna delle operazioni a fatti imponibili, ed il giudice di merito è tenuto ad effettuare una verifica rigorosa in ordine all’efficacia dimostrativa delle prove fornite dallo stesso contribuente, avuto riguardo ad ogni singola movimentazione e dandone conto in motivazione (Cass., Sez. V, 5 maggio 2021, n. 11696).
Nel caso di specie sussiste una palese violazione delle norme sul riparto dell’onere della prova alla luce della giurisprudenza richiamata di questa S.C., avendo sul punto la Commissione tributaria regionale reso una motivazione del tutto inadeguata e stereotipata. Da un lato, la pronuncia rinvia all’esame delle doglianze effettuato in prime cure, senza affrontare le questioni prospettate in sede di gravame, dall’altro pone l’accento sull’articolo 2697 c.c., senza tener in alcun conto della specificità della fattispecie, in cui si controverte sulla prova dell’evasione contestata come maggiori ricavi non contabilizzati a fini IRPEF (art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973) e sull’i ndeducibilità dei costi ai fini IVA (art. 51 d.P.R. n. 633 del 1972).
2. -L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento dei restanti (con il secondo motivo si prospetta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 39, comma 2, d.P.R. n. 600 del 1973, 51, comma 2, d .P.R. n. 633 del 1972, 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per aver la Commissione tributaria regionale applicato le percentuali di redditività al maggior reddito accertato senza fornire adeguata motivazione né rispettare i parametri imposti dalla normativa in rubrica. Con il terzo motivo si
deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 132 c.p.c., 36 d .lgs. 546/1992, in relazione all’art. 360 , comma, 1 n. 4 c.p.c., per aver la Commissione tributaria regionale reso una pronuncia affetta da motivazione apparente fondata esclusivamente sulle valutazioni effettuate dai giudici di primo grado).
-Il ricorso va dunque accolto.
La sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado competente anche per la liquidazione delle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, sezione staccata di Foggia, in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’11 aprile 2025.