Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11931 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 11931 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/05/2025
Oggetto: II.DD. IVA – professionista – accerta- menti bancari
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8726/2021 R.G. proposto da COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME (pec: ) domiciliato presso la Cancelleria della Corte di cassazione;
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia n. 5012/9/2020, depositata il 23.9.2020 e non notificata. camerale del 31 gennaio 2025
Udita la relazione svolta nell’adunanza dal consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia n. 5012/9/2020, depositata il 23.9.2020 veniva accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Agrigento n. 3682/1/2015.
Veniva così riformata la sentenza del giudice di prime cure la quale aveva accolto il ricorso di NOME COGNOME, professionista, avente ad oggetto l’avviso di accertamento n. TY501FC0043/2014 emesso dall’Agenzia delle Entrate a titolo di IRPEF, Addizionali, IRAP, IVA e accessori per l’anno d’imposta 2010. L’Amministrazione finanziaria contestava nel quadro di accertamenti bancari ex artt. 32 del d.P.R. n. 600/73 e 51 del d.P.R. n. 633/72 che i versamenti non giustificati/dichiarati fossero da considerare compensi non dichiarati derivanti dall’attività di lavoro autonomo.
In particolare, il giudice d’appello riteneva che il contribuente non avesse dato adeguata prova dell’estraneità dei versamenti rispetto alla propria attività professionale e così accertava che non era stata superata la presunzione ai sensi degli artt. 32, d.P.R. n. 600 del 1973, e dell’art. 51, d.P.R. n. 633 del 1972.
Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per Cassazione il contribuente affidato a quattro motivi, cui replica l’Agenzia delle Entrate e del Territorio con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., la violazione degli artt.36, comma 2, 61, d.lgs. n.546/1992 e 118 disp. att. cod. proc. civ. per
apparenza della motivazione della CTR che riforma integralmente la decisione di primo grado.
La censura è infondata.
2.1. La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo , quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526 – 01). Inoltre, la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).
2.2. Nel caso di specie, la sentenza impugnata rispetta il minimo costituzionale, dal momento che dopo l’ esposizione del fatto e delle difese delle parti e dopo il richiamo di pertinente giurisprudenza di legittimità, a fronte della contestazione delle movimentazioni bancarie che le indagini bancarie ritengono non giustificate, ha accertato
che il contribuente non ha dato adeguata prova dell’estraneità d ei versamenti rispetto alla propria attività professionale.
Con il secondo motivo di ricorso , ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., viene prospettata da un lato la violazione del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 32 e 38, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51 e degli artt. 2697 e 2729 cod. civ. D all’altro, viene contestato l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5, per essersi il giudice limitato ad una motivazione solo in diritto ed aver apoditticamente escluso la dimostrazione della estraneità delle operazioni all’attività professionale, rendendo una motivazione no n individualizzata ed omettendo l’esame di tutte le movimentazioni bancarie oltre che di tutta la documentazione prodotta dal contribuente ed elencata in modo specifico e riprodotta in ricorso. dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., prospetta anche la violazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ. e dell’art. 115 cod. proc. civ., per non aver il giudice
Il terzo mezzo di impugnazione, ai fini deciso sulla base delle prove proposte dalle parti.
Le censure, connesse, possono essere esaminate congiuntamente e sono inammissibili.
5.1. Va richiamato al proposito il corretto canone di riparto della prova in tema di accertamenti bancari. Il contribuente ha l’onere di superare la presunzione posta dagli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972, dimostrando in modo analitico l’estraneità di ciascuna delle operazioni a fatti imponibili, e il giudice di merito è tenuto ad effettuare una verifica rigorosa in ordine all’efficacia dimostrativa delle prove fornite dallo stesso, rispetto ad ogni singola movimentazione, dandone compiutamente conto in motivazione (Cass. Sez. 6 – 5, ordinanza n. 10480 del 03/05/2018). Infatti, gli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972 prevedono una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 cod. civ. per le presunzioni semplici,
e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze (Cass. Sez. 5, sentenza n. 13112 del 30/06/2020) Inoltre, tema di accertamento delle imposte sui redditi e dell’IVA, tutti i movimenti sui conti bancari del contribuente si presumono, ai sensi dell’art. 32, comma 1, n. 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, e dell’art. 51, comma 2, n. 2, del d.P.R. n. 633 del 1972, riferiti alla sua attività economica, i primi quali ricavi e i secondi quali corrispettivi versati per l’acquisto di beni e servizi reimpiegati nella produzione, spettando all’interessato fornire la prova contraria che gli stessi non si riferiscono ad operazioni imponibili (Cass. Sez. 5, ordinanza n. 25043 del 18/09/2024).
5.2. Orbene, il canone probatorio pertinente è stato identificato dalla sentenza impugnata e calato nel caso concreto con un preciso accertamento fattuale secondo il quale il contribuente non ha dato adeguata prova dell’estraneità di detti versamenti rispetto alla propria attività professionale. Si tratta di un apprezzamento del quadro probatorio riservato al giudice del merito, che ha investito le giustificazioni addotte dal contribuente in primo grado. Infatti, nel
, la circostanza che il di viene automaticamente a confluire nel giudizio di , consente al giudice di valutare anche i documenti depositati in
, e devono essere vagliati dal giu- dice di ai fini della decisione, adempimento compiuto nel caso in esame come emerge dalla ricostruzione delle difese delle parti operata dalla sentenza e da riferimenti precisi al quadro istruttorio, come ad es. il raffronto tra i compensi dichiarati per l’anno e le spese di lavoro dipendente.
5.3. Il Collegio rammenta inoltre che le Sezioni Unite della Corte con la sentenza n. 34476 del 2019 hanno statuito che è inammissibile il ricorso in Cassazione mediante il quale, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame su di un fatto decisivo per la controversia, miri ad una rivalutazione dei fatti storici di causa ( ex pluribus, si veda anche Cass. n. 27992/2024).
Le due doglianze, sotto lo schermo della prospettata violazione di legge e nullità della sentenza, in realtà mirano a conseguire un riesame delle emergenze di merito, inammissibile in sede di legittimità a fonte di una motivazione del giudice che ha argomentato in merito alla valutazione del quadro probatorio.
5.4. Concorre una ulteriore concorrente inammissibilità, con riferimento al terzo motivo nella parte in cui introduce una censura motivazionale nonostante il doppio rigetto della prospettazione di parte contribuente sia in primo sia secondo grado. Infatti, l’abrogazione dell’art. 348-ter cod. proc. civ., già prevista dalla legge delega n.206/2021 attuata per quanto qui interessa dal d.lgs. n.149/2022, ha comportato il collocamento all’interno dell’art. 360 cod. proc. civ. di un terzo comma, con il connesso adeguamento dei richiami, il quale ripropone la disposizione dei commi quarto e quinto dell’articolo abrogato e prevede l’inammissibilità del ricorso per cassazione per il motivo previsto dal n. 5 dell’art. 360 citato, ossia per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Il ricorrente non ha dimostrato che le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello sono state tra loro diverse. 6. ll quarto motivo, che prospetta la nullità della sentenza, in relazione all’art.360, primo comma, n.4 , cod. proc. civ., per violazione dell’art.112 cod. proc. civ., in relazione alla questione dell’entità dei compensi dichiarati negli anni 2012 e 2013 rispetto alle precedenti annualità, è inammissibile.
In assenza di costituzione in secondo grado dell’appellato, odierno ricorrente per cassazione, non può da questi essere utilmente proposta una domanda di omessa pronuncia da parte del giudice su alcuna domanda/eccezione che non ha proposto in appello, essendo irrilevante la sua proposizione in primo grado.
In conclusione, il ricorso dev’essere rigettato e le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in euro 4.300,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Si dà atto del fatto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso il 31.1.2025