Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1143 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1143 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/01/2025
Oggetto: operazioni oggettivamente inesistenti -indagini bancarie
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 582/2020 R.G. proposto da NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME (pec: EMAILordineavvocatiromaEMAIL), elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 3148/2/2019 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio depositata il 22.5.2019, non notificata.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 21 novembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
La Commissione Tributaria Regionale del Lazio accoglieva l’appello proposto dall ‘ Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Roma n. 15673/38/2017 con la quale era stato accolto il ricorso avverso un avviso di accertamento notificato a NOME COGNOME per II.DD. e IVA relativamente all’ anno di imposta 2010.
In sentenza si legge che a carico del Dr. NOME COGNOME esercente attività di medico generico convenzionato con il RAGIONE_SOCIALE, venivano svolte indagini circa l’uso di fatture emesse per operazioni inesistenti, funzionali alla creazione di fittizi crediti IVA da utilizzare in compensazione. Emergeva che nei confronti del contribuente nel corso del triennio 2008-2010 erano stati effettuati diversi bonifici per euro 155.000,00 da parte della cooperativa RAGIONE_SOCIALE con causale ‘rate acquisto terreni’ o similari. Ulteriori bonifici, per complessivi euro 420.000,00 venivano effettuati dalla cooperativa “RAGIONE_SOCIALE“. Da un controllo all’Anagrafe tributaria non risultava che le due cooperative, il cui oggetto sociale era costituito dalla prestazione di servizi di pulizia e logistica, avessero registrato contratti preliminari o definitivi per acquisto di immobili nel triennio considerato. L’Amministrazione finanziaria disponeva indagini finanziarie su conti bancari intestati al contribuente, ex artt. 32, d.P.R. n. 600/73, e 51, d.P.R. 633/72, e, all’esito, lo invitava al preventivo contraddittorio, ma egli non si presentava né forniva giusti-
ficazione delle anomale movimentazioni bancarie contestate. Venivano così emessi tre avvisi di accertamento, uno per ciascuna annualità.
Il giudice di prime cure accoglieva nel merito le doglianze della parte ricorrente e annullava l’atto di accertamento per il 2010, ravvisando, in base alla documentazione prodotta dalla parte in giudizio, giustificate tutte le movimentazioni bancarie contestate dall’Ufficio.
Il giudice d’appello riformava la sentenza di primo grado, ritenendo che, al contrario, il contribuente non avesse offerto la prova specifica riguardante analiticamente i singoli movimenti bancari richiesta in caso di accertamenti bancari come quelli occorsi nella specie.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il contribuente, affidato a sei motivi e che illustra con memoria, cui replica l’Agenzia delle Entrate con controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3) e 4), cod. proc. civ., viene prospettata la nullità della sentenza per l’omessa pronuncia sull’eccezione di decadenza e inutilizzabilità della documentazione prodotta dal contribuente in giudizio, in violazione degli artt.112 cod. proc. civ. e 32 nn.1 e 2 d.lgs. n.546/1992. 2. Nel secondo motivo, in relazione a ll’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., si deduce la violazione e falsa applicazione de ll’ art.32, commi 4 e 5, d.lgs. n.546/1992. Si reitera così la prospettazione, già avanzata nei precedenti gradi di merito, secondo la quale l’Amministrazione avrebbe errato a non tener conto che il contribuente aveva ripetutamente contattato l’Agenzia per far presente di non essere in grado di reperire la documentazione necessaria per l’esibizione nel procedimento amministrativo, a causa del ristretto lasso di tempo disponibile per un trasloco intrapreso dalla parte.
Con il terzo motivo di ricorso, in rapporto a ll’art. 360, comma 1, nn. 3) e 5), cod. proc. civ., viene lamentata l’illogicità, manifesta e irriducibile contraddittorietà della decisione, in violazione dell’art.132, comma 2, n.4, cod. proc. civ. e dell’art.118 disp. att. cod. proc. civ., dal momento che l’eccezione dell’inutilizzabilità della documentazione prodotta in giudizio dal contribuente sarebbe comunque pretestuosa, in quanto i documenti prodotti solo in allegato al ricorso coincidono con quelli rinvenuti nel corso dell’istruttoria svolta dall’Amministrazione.
4. I motivi, connessi, sono inammissibili.
Tutti e tre i motivi in disamina non colgono la ratio decidendi espressa dal giudice sulla questione, dal momento che la CTR ha implicitamente ritenuto utilizzabile la documentazione prodotta dal contribuente nel giudizio e non esibita in sede amministrativa, avendola valutata e ritenuta non adeguata alla giustificazione delle movimentazioni bancarie contestate.
5. Con il quarto motivo il ricorrente, in relazione a ll’art. 360, comma 1, nn. 3) e 4), cod. proc. civ., deduce la nullità della sentenza per omessa pronuncia sull’eccezione di giudicato interno e di giudicato esterno sollevati dal contribuente, in violazione degli artt.112, 324 cod. proc. civ. e 2909 cod. civ.. Il ricorrente lamenta il fatto che la decisione si sia basata su una lettura errata dei motivi di appello che l’avrebbe condotta alla erronea integrale conferma dell’avviso di accertamento attraverso un nuovo e completo riesame della pretesa erariale. Ciò sarebbe stato precluso dal giudicato interno in ordine ad alcuni punti della motivazione della sentenza di primo grado, non oggetto di appello dell’Agenzia , la cui conseguenza doveva essere quantomeno la riduzione del maggior reddito imponibile nella misura delle movimentazioni giustificate e non più contestate.
Inoltre, il giudice non avrebbe tenuto conto del giudicato esterno discendente dalla sentenza n. 3971/09/16 resa della C.T.R. relativamente a diverso anno d’imposta nell’arco del triennio oggetto di accertamento, ma i cui effetti avrebbero dovuto essere estesi anche alla presente controversia, essendo a dire del ricorrente, identiche le questioni affrontate.
Il motivo è inammissibile.
6.1. Da un lato, con riferimento al prospettato giudicato interno, il ricorso non riproduce l’atto di appello dell’Agenzia al fine di consentire la verifica della decisività della censura, alla luce dell’accertamento contenuto alla terza pagina della sentenza della intervenuta proposizione di appello anche nel merito circa la fondatezza delle riprese oggetto di accertamento.
6.2. Quanto poi al giudicato esterno, la doglianza è contraddittoria, facendo riferimento ad una sentenza di appello resa inter partes nella quale il periodo di imposta oggetto dell’avviso non può essere il 2009, in quanto tale annualità è oggetto di separato ricorso per Cassazione.
Inoltre, sulla base di quanto esposto nel ricorso anche a livello di allegazione, comunque mancano le condizioni di fatto per ritenere operante l’effetto ex art.2909 cod. civ. con riferimento alle imposte periodiche oggetto di ripresa, posto che gli accertamenti bancari e le operazioni contestate come inesistenti possono condurre a risultati divergenti a seconda dell’anno oggetto di imposta, trattandosi di operazioni economiche che, astrattamente, possono sussistere per u n’annualità e non per un’altra, così come i singoli movimenti bancari contestati possono trovare giustificazione caso per caso.
Il quinto motivo di ricorso, in rapporto all’art. 360, comma 1, nn. 3) e 5), cod. proc. civ., deduce l’o messa esposizione delle ragioni di diritto e l’ omesso esame di un fatto decisivo da parte della sentenza, nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 32, comma 1,
n.2, d.P.R. 600/73, 132 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ. «sul perché non si poteva ritenere effettivo il compromesso de quo che aveva dato causa ai noti bonifici» (cfr. p.32 ricorso).
8. Il motivo è inammissibile perché non coglie la ratio decidendi espressa dal giudice. Il ricorrente si duole del fatto che la CTR avrebbe negato l’effettività della stipula del contratto preliminare e la comproprietà del terreno ai fini della ripresa ad imposizione, mentre la sentenza ha escluso l’esistenza non del contratto bensì dell’intera operazione, evidenziando che non solo la compravendita non si è realizzata attraverso la stipula del contratto definitivo, ma anche che le movimentazioni nei conti correnti non forniscono riscontri circa l’effettività dell’operazione economica suddetta.
Il sesto motivo rubricato ‘spese di lite’ , solo un abbozzo senza neppure indicazione del pertinente paradigma dell’art.360, primo comma, cod. proc. civ., è inammissibile sia per la tecnica di formulazione sia perché diretto manifestamente ad ottenere una sostituzione della decisione di merito, non ottenibile nei termini richiesti in sede di legittimità.
Il giudizio di cassazione (cfr. Cass. 28 novembre 2014 n. 25332) è un giudizio a critica vincolata, nel quale le censure alla pronuncia di merito devono trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi, in quanto la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito di un capo della decisione.
9.1. Inoltre, in tema di spese processuali, la facoltà di disporne la compensazione tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza
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prendere in esame l’eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione (Cass., Sez. U, Sentenza n. 14989 del 15/07/2005; conf., Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 11329 del 26/04/2019, Rv. 653610, nonché Cass. n. 3122 del 2020, non massimata).
10. Il ricorso è conclusivamente rigettato. Le spese di lite sono regolate come da dispositivo e seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in euro 5.900,00 per compensi, oltre a spese prenotate a debito.
Si dà atto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21.11.2024