LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Accertamenti bancari: onere della prova del contribuente

Un contribuente, dipendente pubblico che svolgeva anche l’attività di amministratore di condominio, è stato oggetto di accertamenti fiscali basati sui movimenti del suo conto corrente. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 756/2024, ha respinto il suo ricorso, consolidando due principi chiave in materia di accertamenti bancari. Primo, la presunzione legale che i versamenti non giustificati su un conto costituiscano reddito imponibile si applica a tutti i contribuenti, non solo a imprese e professionisti. Di conseguenza, spetta al cittadino fornire la prova contraria. Secondo, l’attività di amministratore di più condomini, svolta per un periodo di tempo prolungato, è considerata ‘professione abituale’ e quindi soggetta a IVA.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamenti Bancari: la Cassazione ribadisce l’onere della prova del contribuente

Con la recente ordinanza n. 756 del 2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema di grande rilevanza per tutti i contribuenti: gli accertamenti bancari. La decisione chiarisce in modo inequivocabile la ripartizione dell’onere probatorio quando il Fisco contesta redditi non dichiarati basandosi sui versamenti in conto corrente. La Corte ha stabilito che la presunzione di maggior reddito grava sul cittadino, il quale ha il compito di dimostrare la natura non imponibile delle somme accreditate.

I Fatti del Caso: un Amministratore di Condominio sotto la lente del Fisco

Il caso ha origine dagli avvisi di accertamento notificati a un contribuente, funzionario della stessa Amministrazione Finanziaria, per gli anni dal 2008 al 2011. L’Agenzia delle Entrate aveva contestato redditi da lavoro autonomo non dichiarati, derivanti dall’attività di amministratore di quattro diversi condomini svolta in un arco temporale di circa sei anni. La quantificazione del presunto reddito era basata interamente sull’analisi delle movimentazioni del conto corrente personale del contribuente.

Nei gradi di merito, la Commissione Tributaria Regionale aveva parzialmente accolto le ragioni del contribuente, annullando la pretesa fiscale relativa ai prelevamenti e all’Irap, ma confermando la legittimità della ripresa a tassazione basata sui versamenti bancari. Il contribuente ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando principalmente due aspetti: la violazione delle norme sugli accertamenti bancari e l’errata qualificazione della sua attività come soggetta a IVA.

La Decisione della Corte: Ricorso Rigettato

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la sentenza di secondo grado e consolidando principi giurisprudenziali di fondamentale importanza pratica.

Le Motivazioni: Analisi degli accertamenti bancari e della soggettività IVA

La decisione della Suprema Corte si fonda su due pilastri argomentativi distinti, uno relativo alla presunzione legale legata ai versamenti e l’altro riguardante la qualificazione fiscale dell’attività di amministratore di condominio.

La Presunzione Legale sui Versamenti Bancari e gli accertamenti bancari

Il punto centrale della pronuncia riguarda l’articolo 32 del D.P.R. n. 600/1973. La Corte ha ribadito con forza un orientamento ormai consolidato: la presunzione legale secondo cui i versamenti su conto corrente costituiscono reddito si applica alla generalità dei contribuenti, e non solo ai titolari di reddito d’impresa o di lavoro autonomo. Questa presunzione, sebbene ‘relativa’ (cioè ammette prova contraria), determina un’inversione dell’onere probatorio.

Questo significa che, una volta che l’Agenzia delle Entrate ha utilizzato i dati bancari per l’accertamento, spetta esclusivamente al contribuente dimostrare, con prove analitiche e specifiche per ogni singola operazione, che le somme accreditate:

1. Sono già state incluse nel reddito dichiarato e tassate.
2. Sono fiscalmente irrilevanti (es. risarcimenti, donazioni, prestiti).

Nel caso di specie, i giudici hanno ritenuto che il ricorrente non avesse fornito tale prova rigorosa, limitandosi ad affermazioni generiche. La Corte ha definito inammissibile anche la doglianza relativa alla mancata esclusione automatica degli stipendi accreditati, in quanto questione non sollevata nei precedenti gradi di giudizio.

L’Attività di Amministratore come ‘Professione Abituale’

Il secondo motivo di ricorso verteva sull’assoggettabilità a IVA dei compensi percepiti. Il contribuente sosteneva che la sua attività fosse meramente occasionale e non costituisse una ‘professione abituale’ ai sensi dell’art. 5 del D.P.R. n. 633/1972.

Anche su questo punto, la Cassazione ha dato torto al ricorrente. I giudici hanno chiarito che il requisito dell’abitualità non coincide con l’esclusività o la prevalenza. Svolgere l’attività di amministratore per quattro distinti condomini in un arco temporale di diversi anni integra pienamente il requisito della professionalità e della stabilità, rendendo l’attività soggetta a IVA. La Corte ha evidenziato che l’esenzione IVA si applica solo in casi limitati, come la gestione di un singolo condominio con pochi partecipanti e senza un’organizzazione di mezzi, configurabile come collaborazione coordinata e continuativa. Nel caso esaminato, la pluralità degli incarichi e la loro durata nel tempo erano elementi sufficienti a qualificare l’attività come professionale e abituale.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza rafforza due importanti messaggi per i contribuenti. In primo luogo, in caso di accertamenti bancari, la trasparenza e la tracciabilità sono fondamentali. È essenziale conservare documentazione idonea a giustificare l’origine di ogni versamento ricevuto sul proprio conto corrente, per essere in grado di superare la presunzione legale a favore del Fisco. In secondo luogo, chi svolge attività autonome, anche se secondarie rispetto al proprio lavoro principale, deve valutare attentamente i requisiti di ‘abitualità’ per adempiere correttamente agli obblighi IVA. Gestire più clienti o incarichi in modo continuativo, come nel caso dell’amministratore di più condomini, fa scattare l’obbligo di aprire la Partita IVA, a prescindere dall’ammontare dei compensi percepiti.

Chi deve provare l’origine dei soldi versati su un conto corrente durante un accertamento fiscale?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere della prova grava interamente sul contribuente. Deve essere lui a dimostrare, in modo analitico, che ogni versamento non costituisce reddito imponibile.

La presunzione che i versamenti in banca siano reddito vale solo per imprenditori e professionisti?
No. La Corte ha confermato che la presunzione legale di maggior reddito desumibile dai versamenti bancari si estende alla generalità dei contribuenti, incluse le persone fisiche che non esercitano attività d’impresa o di lavoro autonomo.

L’attività di amministratore di condominio è sempre soggetta a IVA?
Non sempre, ma lo diventa quando assume il carattere di ‘professione abituale’. Secondo la sentenza, amministrare più condomini (in questo caso quattro) per un periodo di tempo prolungato (sei anni) è sufficiente per qualificare l’attività come abituale e, di conseguenza, soggetta a IVA.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati