Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34685 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34685 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
STOCCO NOME COGNOME
– intimata – per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Calabria n. 2754/2019 depositata in data 24 luglio 2019, non notificata;
udita la relazione tenuta nell’adunanza camerale del 28 novembre 2024 dal consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Irpef -indagini bancarie
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8240/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
La CTR della Calabria accoglieva l’appello proposto da NOME COGNOME contro la sentenza della CTP di Cosenza che ne aveva rigettato il ricorso contro un avviso di accertamento per imposte dirette dell’anno di imposta 200 4, fondato sulle risultanze delle indagini bancarie; in particolare i giudici di appello evidenziavano che negli atti di parte fosse incontestato che i ricavi erano superiori all’ammontare dei versamenti bancari e che la parte aveva dato conto della riferibilità di ogni singola movimentazione delle somme versate sul proprio conto a quelle oggetto di dichiarazione mentre l’ufficio non si era costituito in primo grado e in appello aveva avanzato motivi difensivi del tutto scollegati dalla impugnazione.
Contro tale decisione l ‘Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
La contribuente intimata, cui il ricorso è stato notificato a mezzo p.e.c. presso i difensori costituiti in appello, non ha svolto attività difensiva.
Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 28 novembre 2024.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, proposto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la difesa erariale deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973 in quanto in tema di indagini bancarie spetta al contribuente dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non siano riferibili a operazioni imponibili mentre l’onere probatorio dell’amministrazione è soddisfatto dai predetti dati e la prova che il contribuente deve fornire deve essere analitica.
Col secondo motivo essa deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., violazione dell’art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992, in quanto la motivazione sarebbe meramente
parvente laddove attribuisce rilevanza, quale prova offerta dal contribuente, all’ammontare complessivo dei ricavi dichiarati in quanto, evidentemente, l’accertato è un dato ulteriore rispetto al dichiarato.
Col terzo motivo, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., deduce omesso esame di fatti decisivi ai fini della decisione, avendo la CTR omesso di esaminare le tabelle prodotte dall’ufficio riproduttive delle giustificazioni avversarie.
I motivi vanno esaminati congiuntamente e sono fondati nei termini che seguono.
Costituisce orientamento consolidato di questa Corte che in tema di accertamenti bancari, gli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972 prevedono una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 cod. civ. per le presunzioni semplici, e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze (Cass. n. 13112/2020).
In dettaglio – secondo questa giurisprudenza di legittimità – in materia di accertamenti bancari, all’onere probatorio gravante sul contribuente, che vuole superare la presunzione legale posta dalle predette disposizioni a favore dell’erario, di fornire non una prova generica, ma una prova analitica (sul punto, vedi Cass. n. 26111/2015 e la giurisprudenza ivi richiamata) idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non sono riferibili ad
operazioni imponibili, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle singole operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili (in termini, Cass. n. 18081/2010, Cass. n. 22179/2008 e Cass. n. 26018/2014), corrisponde l’obbligo del giudice di merito, da un lato, di operare una verifica rigorosa dell’efficacia dimostrativa delle prove fornite dal contribuente a giustificazione di ogni singola movimentazione accertata, e, dall’altro, di dare espressamente conto in sentenza delle risultanze di quella verifica.
Nella fattispecie concreta, il giudice d’appello non ha fatto corretta applicazione di questi canoni giuridici in quanto in primo luogo ha dato rilievo ad un fatto evidentemente non idoneo di per sé a costituire la prova di quanto sopra (e cioè la circostanza che i ricavi dichiarati fossero superiori a quelli accertati, il che non implica affatto una necessaria coincidenza degli uni con gli altri); ha poi omesso di compiere un’accurata e puntuale verifica della idoneità dimostrativa degli elementi offerti dalla contribuente a giustificazione dell’irrilevanza fiscale di ciascuna movimentazione, in relazione a ciascuno dei conti correnti che ella aveva acceso, limitandosi ad affermare del tutto apoditticamente che la parte ha ribadito nell’atto di appello come ciascun versamento bancario avesse a monte una o più operazioni imponibili, dando conto della riferibilità di ogni singola movimentazione d’ingresso di somme sul proprio conto corrente ad operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni .
Concludendo, il ricorso deve essere accolto; la sentenza va cassata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione, cui si demanda la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione, cui demanda di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma in data 28 novembre 2024.