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Accertamenti bancari: No retroattività per le nuove norme

Una società e i suoi soci venivano sottoposti ad accertamenti bancari e contestazioni su costi non inerenti, inclusi quelli per un’imbarcazione. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 25535/2024, ha stabilito un principio cruciale: le modifiche normative più favorevoli al contribuente in materia di accertamenti bancari (d.l. 193/2016) non hanno efficacia retroattiva. La Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate su questo punto, cassando la sentenza d’appello e rinviando il caso per un nuovo esame. Sono state invece respinte le censure dell’Agenzia sulla deducibilità di altri costi e sull’imputazione ai soci delle spese dell’imbarcazione.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamenti Bancari: la Cassazione Nega l’Effetto Retroattivo alle Norme Favorevoli

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un tema di grande rilevanza per i contribuenti: l’applicazione nel tempo delle norme sugli accertamenti bancari. La sentenza stabilisce che le modifiche legislative più favorevoli, introdotte nel 2016, non possono essere applicate retroattivamente a controlli fiscali relativi ad anni precedenti. Questa decisione chiarisce un importante aspetto procedurale e rafforza il principio generale della irretroattività delle norme sostanziali tributarie.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da avvisi di accertamento notificati dall’Agenzia delle Entrate a una società in accomandita semplice e ai suoi soci. Le contestazioni del Fisco si basavano su tre elementi principali:

1. Prelievi bancari non giustificati: l’Amministrazione finanziaria aveva ripreso a tassazione una somma derivante da prelevamenti bancari ritenuti ingiustificati.
2. Costi non inerenti: erano stati contestati costi per decine di migliaia di euro, documentati da fatture, ma considerati non inerenti all’attività d’impresa.
3. Imbarcazione ad uso privato: i costi relativi a un’imbarcazione di proprietà della società erano stati imputati direttamente ai soci, in quanto si riteneva che fosse utilizzata per scopi personali.

La Commissione Tributaria Regionale (CTR) aveva parzialmente accolto le ragioni dei contribuenti. In particolare, aveva ritenuto applicabile retroattivamente la normativa del 2016 (d.l. 193/2016), che aveva introdotto limiti quantitativi più favorevoli per la presunzione legata ai prelevamenti bancari. Avendo accertato che gli importi contestati erano inferiori a tale soglia, la CTR aveva annullato quella parte dell’accertamento. Inoltre, aveva considerato provata l’inerenza degli altri costi contestati e illegittima l’imputazione ai soci delle spese per l’imbarcazione. L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso per Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato i tre motivi di ricorso presentati dall’Agenzia delle Entrate, giungendo a una decisione che ha ribaltato parzialmente l’esito del giudizio d’appello.

1. Primo motivo (Accolto) – Retroattività delle norme sugli accertamenti bancari: La Corte ha accolto il motivo principale del ricorso, affermando che la modifica normativa del 2016, che ha cambiato il meccanismo probatorio per gli accertamenti bancari, ha natura sostanziale e non interpretativa. Pertanto, non può avere efficacia retroattiva. La CTR ha errato nell’applicarla a un caso relativo a periodi d’imposta precedenti alla sua entrata in vigore.
2. Secondo motivo (Respinto) – Deducibilità dei costi: I giudici hanno ritenuto inammissibile e infondato il motivo relativo alla deducibilità dei costi per forniture di servizi. La CTR, secondo la Cassazione, aveva fornito una motivazione adeguata, basata su vari elementi presuntivi (come la mancanza di personale interno della società), e tale valutazione di fatto non è sindacabile in sede di legittimità.
3. Terzo motivo (Respinto) – Imputazione costi dell’imbarcazione: Anche il motivo riguardante l’imputazione ai soci dei costi dell’imbarcazione è stato respinto. La Corte ha osservato che la CTR si era pronunciata sulla questione, confermando la decisione di primo grado. L’Agenzia avrebbe dovuto contestare la decisione sotto un diverso profilo, come la violazione di legge, e non limitarsi a lamentare un’omessa pronuncia.

Di conseguenza, la Corte ha cassato la sentenza impugnata limitatamente al primo motivo e ha rinviato il caso alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per una nuova valutazione.

Le Motivazioni: Irretroattività delle Norme Sostanziali Tributarie

Il cuore della decisione risiede nella distinzione tra norme procedurali, interpretative e sostanziali. La Cassazione, rifacendosi a un suo precedente orientamento (Cass. n. 19774/2020), ha specificato che la norma introdotta nel 2016, che stabilisce le soglie per i prelievi oltre le quali scatta la presunzione di maggior reddito, non si limita a chiarire il significato di una legge preesistente. Al contrario, essa modifica la sostanza del rapporto tra Fisco e contribuente, incidendo direttamente sull’onere della prova e sui presupposti dell’imposizione. Le norme di natura sostanziale, per principio generale dell’ordinamento, dispongono solo per il futuro e non possono essere applicate a fatti accaduti prima della loro entrata in vigore. Applicare retroattivamente tale norma violerebbe il principio di certezza del diritto e di legittimo affidamento del contribuente. Pertanto, gli accertamenti bancari per gli anni d’imposta precedenti al 2016 devono essere valutati sulla base della normativa vigente all’epoca dei fatti.

Le Conclusioni: Implicazioni per Contribuenti e Professionisti

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale in materia fiscale: le novità normative, anche se più favorevoli al contribuente, non possono essere invocate per sanare situazioni passate, a meno che il legislatore non lo preveda espressamente qualificando la norma come interpretativa. Per i contribuenti e i professionisti, ciò significa che la difesa contro avvisi di accertamento deve sempre basarsi sulle leggi in vigore nel periodo d’imposta oggetto di controllo. La decisione, inoltre, conferma che la valutazione sull’inerenza dei costi è un accertamento di fatto riservato ai giudici di merito, che può essere censurato in Cassazione solo per vizi logici o giuridici evidenti, e non per un semplice disaccordo sull’interpretazione delle prove. Infine, il caso evidenzia l’importanza di strutturare correttamente i motivi di ricorso, poiché un’errata qualificazione del vizio lamentato può portare al rigetto della censura, anche se potenzialmente fondata nel merito.

Le nuove norme più favorevoli sugli accertamenti bancari, introdotte nel 2016, possono essere applicate a controlli fiscali per anni precedenti?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che tali norme hanno natura sostanziale e non interpretativa, pertanto non hanno efficacia retroattiva e si applicano solo ai periodi d’imposta successivi alla loro entrata in vigore.

Come viene valutata la deducibilità di un costo da parte del giudice tributario?
La valutazione dell’inerenza di un costo è un accertamento di fatto che il giudice compie basandosi su tutti gli elementi di prova disponibili, anche presuntivi. Se la motivazione del giudice è logica e sufficiente, non può essere messa in discussione nel giudizio di Cassazione.

Cosa succede se un giudice d’appello conferma la decisione di primo grado senza esaminare tutti gli argomenti dell’appellante?
Secondo la Corte, si è di fronte a un rigetto implicito. La parte soccombente non può lamentare un’omessa pronuncia, ma deve impugnare la decisione contestando la violazione di legge o il vizio di motivazione, dimostrando perché il ragionamento del giudice (anche se implicito) è errato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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