Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18495 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18495 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12888-2018 R.G. proposto da:
COGNOME , rappresentato e difeso, per procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME (pec: EMAIL), con domicilio eletto presso lo studio legale del l’Avv. NOME COGNOME , sito in Roma INDIRIZZO (pec: EMAIL);
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (pec:
Oggetto:
TRIBUTI –
accertamenti bancari
EMAIL), presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3681/23/2017 della Commissione tributaria regionale della Puglia, Sezione staccata di Lecce, depositata in data 7 dicembre 2017;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16 maggio 2025 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La controversia ha ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento relativo ad imposte dirette ed IVA per l’anno di imposta 2007 emesso sulla scorta delle risultanze delle movimentazioni bancarie effettuate dal contribuente NOME COGNOME, esercente l’attività di agente immobiliare con contabilità semplificata, sui propri conti correnti.
La CTP accoglieva parzialmente il ricorso del contribuente, riconoscendo l’illegittimità della ripresa a tassazione dei prelevamenti dal conto. Con la sentenza in epigrafe indicata la CTR (ora Corte di giustizia tributaria di secondo grado -CGT-2) della Puglia, Sezione staccata di Lecce, rigettava l’appello del contribuente condividendo la sentenza di primo grado anche nella parte in cui escludeva dalla ripresa a reddito i prelevamenti; statuizione peraltro non impugnata dall’Ufficio . I giudici di appello ritenevano non necessario l’espletamento del contraddittorio endoprocedimentale rilevando che comunque nel caso in esame lo stesso era stato espletato attraverso « numerosi incontri » che avevano consentito al contribuente « la predisposizione ed esibizione di chiarimenti e giustificazioni anche scritti in un periodo prolungato ed anche superiore ai 60 giorni ». Nel merito, la CGT-2 riteneva che la documentazione prodotta dal contribuente non fosse in grado di dimostrare la regolarità delle movimentazioni finanziarie. In particolare, il giudice di seconde cure
riteneva «non probante» e, come tale, inidonea a vincere la presunzione di maggiori ricavi, la documentazione prodotta dal contribuente costituita da mere dichiarazioni di parte e di privati (clienti o intermediari).
Avverso tale statuizione il contribuente propone ricorso per Cassazione affidato a tre motivi, cui replica l’Agenzia delle Entrate con controricorso.
Il ricorrente deposita memoria nonché istanza di sollecita trattazione del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, dedotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., la « Violazione dell’art. 112 e 132 c.p.c. e art. 36 D.lgs. 546/1992 omessa pronuncia e omesso esame di un fatto decisivo; violazione degli articoli 12 c. 2 L. 212/2000; nullità dell’invito e della fase di contraddittorio per violazione degli artt. 51 D.P.R. 633/1972, art. 32 e 38, D.P.R. 600/1973».
1.1. Lamenta il ricorrente l’omessa pronuncia della sentenza impugnata sul motivo con cui aveva dedotto il mancato avviso ad esso contribuente, nella fase amministrativa, della facoltà di avvalersi della difesa tecnica; avviso che non era contenuto nell’invito a rendere chiarimenti sulle movimentazioni bancarie accertate.
1.2. Sostiene che, nell’ipotesi in cui il motivo dovesse essere considerato implicitamente rigettato da quanto affermato dai giudici di appello in punto di contraddittorio endoprocedimentale, sussisteva comunque la violazione degli artt. 2, comma 2, della legge n. 212 del 2000, 51 del d.P.R. n. 633 del 1972 nonché 32 e 38 del d.P.R. n. 600 del 1973 in quanto, una volta invitato il contribuente a fornire chiarimenti e notizie in ordine alle operazioni finanziarie, si instaura un contraddittorio che fa insorg ere in capo all’amministrazione finanziaria l’obbligo di osservare tutte le garanzie procedimentali in favore del
contribuente tra cui quello di avvertirlo della facoltà di avvalersi della difesa tecnica.
Prescindendo dal rilievo di inammissibilità del motivo per commistione di censure, in particolare della contestuale deduzione del vizio di omessa pronuncia e di omessa motivazione, stante l’oggettiva diversità ontologica dei predetti vizi (cfr. Cass., Sez. 5, n. 27551 del 23/10/2024, Rv. 672731 – 01), essendo l’una escludente l’altra, rileva il Collegio che la sussistenza della dedotta omissione di pronuncia sul motivo di impugnazione dell’atto impositivo in esame, non comporta la necessità di cassare con rinvio la sentenza stessa, affinché il giudice di merito si pronunci sulla questione di merito giacché, sul presupposto del difetto della necessità di ulteriori accertamenti di fatto, trattandosi di questione di puro diritto, la Corte può statuire sulla medesima, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., in ossequio al principio giurisprudenziale secondo cui «Alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo, come costituzionalizzato nell’art. 111, comma secondo, Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 cod. proc. civ., ispirata a tali principi, una volta dichiarata la nullità – con conseguente cassazione – della sentenza impugnata (nella specie, per insanabile contrasto tra motivazione e dispositivo), la Corte di cassazione, qualora sia posta, con altro motivo di ricorso, una questione di mero diritto e su di essa si sia svolto il contraddittorio e non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto, può direttamente decidere la causa nel merito, attuando il previsto rimedio impugnatorio di carattere sostitutivo» (Cass. n. 24914 del 2011).
Ciò posto, il motivo, prima ancora che infondato nel merito, è inammissibile per difetto di autosufficienza di cui all’art. 366, primo comma, cod. proc. civ. che richiede, appunto «a pena di inammissibilità», rispettivamente, ai nn. 3 e 6 (in sinergia con il principio di specificità dei motivi veicolato dal n. 4), la «specifica
indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda», e il cui rispetto comporta che dalla sola lettura dell’atto, corredato da puntuali riferimenti normativi e documentali, il Giudice di legittimità deve essere posto in grado di comprendere le critiche rivolte alla pronuncia del Giudice di merito, per poterne poi valutare la fondatezza (Cass. n. 12481/2022).
3.1. Questa Corte, a Sezioni unite, nella sentenza n. 8950/2022, ha affermato che «Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c. -quale corollario del requisito di specificità dei motivi – anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 – non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non può pertanto tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito».
3.2. Orbene, nel caso di specie il ricorrente non ha riprodotto il contenuto dell’invito ricevuto dall’amministrazione finanziaria né lo ha allegato al ricorso, limitandosi a un richiamo al contenuto del ricorso di primo grado e a un ‘all. 2’ a quel ricorso (v. pag. 2 del ricorso in cassazione), così precludendo a questa Corte il necessario vaglio di fondatezza della censura.
3.3. Censura che, in ogni caso, è infondata stante l’inapplicabilità alla fattispecie del disposto di cui al comma 2 dell’art. 12 della legge n. 212 del 2000, in quanto il diritto del contribuente «di essere informato della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria», previsto dalla citata disposizione, si applica ai soli casi di «accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali,
agricole, artistiche o professionali», di cui al comma 1 della medesima disposizione, mentre nel caso in esame quello espletato dall’amministrazione finanziaria è accertamento cd. a tavolino, ovvero presso gli uffici finanziari (in termini, Cass., Sez. Trib., n. 9819 dell’11/4/2024 , punto 5; in linea, anche in relazione al consenso previsto per l’apertura di una borsa, Cass., Sez. Un., n. 3182 del 02/02/2022 (Rv. 663787 – 01), punto 7.7).
A ciò aggiungasi che nemmeno dalle altre disposizioni censurate è dato rinvenire un obbligo in capo all’amministrazione finanziaria del tipo di quello in esame.
4.1. Non nel l’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 che, con riferimento all’invito a comparire «di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti, anche relativamente ai rapporti ed alle operazioni, i cui dati, notizie e documenti siano stati acquisiti a norma del numero 7)» di cui al comma 1, n. 2), prevede soltanto l’indicazione del motivo della comparizione. E lo stesso è a dirsi per l’analoga disposizione prevista in materia di IVA dall’art. 51, comma 2, n. 2), del d.P.R. n. 633 del 1972.
4.2. Non nel l’art. 38 del medesimo d.P.R. che disciplina tutt’altro tipo di accertamento, ovvero quello «sintetico», del tutto diverso da quello effettuato nel caso di specie.
In ogni caso, osserva il Collegio che una tale omissione, ove effettivamente sussistente, non sarebbe comunque idonea a determinare l’invalidità del successivo atto impositivo non essendo tale sanzione prevista da alcuna disposizione.
5.1. Ed al riguardo va ricordato il consolidato orientamento giurisprudenziale in base al quale, in materia di garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’inosservanza degli obblighi informativi determina la nullità degli atti della procedura nei casi in cui l’effetto invalidante sia espressamente previsto dalla legge, mentre, negli altri casi, occorre valutare, anche alla luce dell’interpretazione
offerta dalla giurisprudenza europea che impone di verificare se la prescrizione normativa si riferisca ad una formalità o circostanza essenziale per il raggiungimento dello scopo cui l’atto è preordinato, se la violazione di legge abbia comportato la mera irregolarità dell’atto (o della procedura)», come nel caso di specie, «ovvero sia idonea a determinare l’invalidità dello stesso (cfr. Cass. n. 992/2015; n. 1299/2020 e n. 19363/21).
Con riferimento al secondo motivo, richiamato quanto detto al precedente par. 3.3., e prescindendo dal rilievo di inammissibilità per quanto detto al precedente par. 2, anche in relazione alla possibilità per questa Corte di pronunciare nel merito, va rilevata l’infondatezza nel merito della censura con cui il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., la « Violazione dell’art. 112 c.p.c., 132 c.p.c., 36 D.lgs. 546/92: omessa pronuncia e omesso esame di un fatto decisivo; nullità derivata dell’avviso di accertamento. Violazione dell’art. 12 c. 7 L.212/2000. Violazione dell’art. 1 della L. 241/1990 e degli articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea » per avere la CGT-2 confuso la possibilità di produrre documenti nella fase del c.d. contraddittorio amministrativo con la specifica regola secondo cui deve essere garantita al contribuente, prima di adottare l’avviso di accertamento, la po ssibilità di presentare memorie e documenti.
6.1. Pare opportuno ribadire che quello effettuato nella specie dall’amministrazione finanziaria è accertamento cd. a tavolino, ovvero presso gli uffici finanziari, sicché non è necessario il rispetto del termine dilatorio di cui al comma 7 dell’art. 12 della legge n. 212 del 2000 ed in ogni caso, con riguardo al caso in esame deve osservarsi che, per stessa ammissione del ricorrente, il contraddittorio endopreocedimentale si era svolto in più di un’occasione, « ben otto volte presso gli uffici fornendo le giustificazioni richieste » (ricorso, pag. 2). E la tesi sostenuta nel ricorso, di necessaria concessione al
contribuente della possibilità di presentare memorie e documenti, oltre ad essere smentita dalla sopra riportata affermazione della parte ricorrente, non è condivisibile alla stregua del principio giurisprudenziale secondo cui «In tema di accertamento cd. a tavolino, l’amministrazione finanziaria è tenuta a rispettare il contraddittorio endoprocedimentale in presenza di tributi armonizzati, ma le modalità per la sua realizzazione non sono a forma vincolata, essendo sufficiente assicurare l’effettività dello stesso, indipendentemente dagli strumenti in concreto adottati, quali il ricorso a procedure partecipative o l’impiego di altri meccanismi finalizzati all’interlocuzione preventiva, come l’inoltro di questionari ed il riconoscimento dell’accesso agli atti» (Cass. n. 18489/2024).
Ne risultano assorbite le considerazioni, ribadite anche in memoria, relative alla matrice unionale del contraddittorio preventivo.
Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., il «Difetto di motivazione dell’avviso di accertamento: violazione dell’art. 3 L. 241/1990, art. 7 della L. 212/2000 e art. 42 D.P.R. 600/1973», nonché il « Difetto di motivazione della sentenza: violazione dell’art. 132 c.p.c., dell’art. 36 D.lgs. 546/1992. Violazione dell’art. 32 D.P.R. 600/19 73, 2697 c.c. e 115 c.p.c.» per non avere la CGT-2 adeguatamente esaminato le specifiche giustificazioni apportate dal contribuente nel processo.
7.1. In particolare, il ricorrente fa riferimento alle riprese indicate nei progressivi n. 5, 24, 76, 88, 96, 110, 178, 185, 188, 194 e 199 e sostiene che i fatti addotti con riferimento alle giustificazioni fornite per le movimentazioni bancarie accertate dovevano essere considerati veri e provati ex art. 115, primo comma, cod. proc. civ.
7.2. Premesso che la censura di difetto di motivazione dell’avviso di accertamento è soltanto indicato nella rubrica del motivo in esame, senza alcun successivo sviluppo argomentativo, con conseguente
inammissibilità della censura per evidente genericità, deve esaminarsi preliminarmente la dedotta violazione del principio di non contestazione.
7.3. Al riguardo, deve ricordarsi che per consolidato orientamento di questa Corte, cui il Collegio intende dare continuità, il principio di non contestazione, di cui all’art. 115, primo comma, cod. proc. civ., si applica anche nel processo tributario, ma, attesa l’indisponibilità dei diritti controversi, riguarda esclusivamente i profili probatori del fatto non contestato, e sempreché il giudice, in base alle risultanze ritualmente assunte nel processo, non ritenga di escluderne l’esistenza» (cfr., ex multis , Cass. n. 2196/2015 e n. 12287/2018).
7.4. In buona sostanza, il predetto principio «concerne esclusivamente il piano (probatorio) dell’acquisizione del fatto non contestato, ove il giudice non sia in grado di escluderne l’esistenza in base alle risultanze ritualmente assunte nel processo. Si riferisce, cioè, ai fatti affermati dall’attore a fondamento della domanda, ovvero ai fatti materiali che integrano la pretesa sostanziale dedotta in giudizio. Non si estende, invece, alle circostanze che implicano un’attività di giudizio» (così in Cass. n. 2196/2015, cit.).
7.5. Quanto detto implica che nel caso come quello in esame, l’applicazione de l suddetto principio non può comunque precludere la doverosa valutazione del giudice di merito dell ‘ idoneità del contenuto del documento prodotto in giudizio dalla parte contribuente, e non contestato dall’amministrazione finanziaria, a giustificare la movimentazione bancaria oggetto di ripresa a tassazione e, quindi, a superare la presunzione legale relativa di redditività di quell’operazi one, ex art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973.
7.6. Ciò precisato, pare opportuno preliminarmente ricordare in tema di accertamenti bancari, che secondo il più che consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità (confortato anche dalla recente pronuncia della Corte costituzionale n. 10 del 2023), una volta
che l’amministrazione finanziaria abbia fornito la prova dei movimenti in entrata e in uscita operati dal contribuente su conto corrente bancario, integrando così il meccanismo presuntivo posto a favore della stessa (cfr. Cass. n. 34638 del 2022) – che, avendo fonte legale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 cod. civ. per le presunzioni semplici -, spetta al contribuente, per evitare che le risultanze delle verifiche bancarie siano poste a base di successivi eventuali atti impositivi, fornire la prova della loro inclusione nella base imponibile oppure dell’estraneità alla produzione del reddito (Cass. n. 40221 del 2021; Cass. n. 26014 del 2024); prova che dev’essere analitica (Cass. n. 13112 del 2020), p er ogni movimento bancario contestato, e non generica (Cass. n. 15857 del 2016) ma che, in mancanza di espresso divieto normativo e per il principio di libertà dei mezzi di prova, può essere fornita anche attraverso presunzioni semplici (Cass. n. 3777/2015, in motivazione).
7.7. Ad un tale specifico onere probatorio gravante sul contribuente, corrisponde un altrettanto specifico obbligo del giudice di merito, da un lato, di operare una verifica rigorosa dell’efficacia dimostrativa delle prove fornite dal contribuente a giustificazione di ogni singola movimentazione accertata, rifuggendo da qualsiasi valutazione di irragionevolezza ed inverosimiglianza dei risultati restituiti dal riscontro delle movimentazioni bancarie – in quanto il giudizio di ragionevolezza dell’inferenza dal fatto certo a quello incerto è già stato stabilito dallo stesso legislatore con la previsione, in tale specifica materia, della presunzione legale (Cass. n. 21800 del 2017) , e, dall’altro, di dare espressamente conto in sentenza delle risultanze di quella verifica (cfr. Cass. n. 10480 del 03/05/2018, Rv. 648064 -01; conf. Cass. n. 13112 del 30/06/2020, Rv. 658392 – 01).
7.8. Una verifica che il giudice deve, quindi, compiere con particolare accuratezza, essendo tenuto ad individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purché
grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo, senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative” (Cass. n. 3577/2015 e Cass. n. 22502/2011).
7.9. A tali principi non si è attenuta la CGT-2 che ha valutato la documentazione prodotta a prova contraria dalla parte contribuente nel suo complesso, cumulativamente, ritenendola « non probante » e recante « come documento definitivo una dichiarazione di qualche privato: cliente o intermediario », lasciando quindi presumere che le dichiarazioni di terzi scontino un’inattendibilità intrinseca , il che è giuridicamente errato posto che questa Corte ha in più occasioni affermato, in tema di dichiarazioni di terzi, e con riguardo al regime previgente all’attuale art. 7, comma 4, del d.lgs. n. 546 del 1992, come modificato dall’art. 4 della legge n. 130 del 2022, che «In tema di processo tributario, anche al contribuente, oltre che all’Amministrazione finanziaria, è riconosciuta, in attuazione dei principi del giusto processo e della parità delle parti ex art. 111 Cost., la possibilità di introdurre nel giudizio dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale – e, di conseguenza, dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà -, le quali hanno il valore probatorio proprio degli elementi indiziari, senza che ciò comporti il venir meno del poteredovere del giudice tributario di valutare l’attendibilità del contenuto delle dichiarazioni, secondo il principio della libera valutazione delle prove, confrontando le propalazioni raccolte e valutando la credibilità dei dichiaranti in base ad elementi soggettivi e oggettivi, come la loro qualità e vicinanza alle parti, l’intrinseca congruenza di dette dichiarazioni e la convergenza di queste con eventuali altri elementi acquisiti» (Cass., Sez. 5, n. 28022 del 30/10/2024 Rv. 672739 -01; in termini anche Cass. n. 29757/2018; n. 22302/2022).
7.10. Nel caso di specie, inoltre, il ricorrente ha elencato, specificandone la collocazione tra gli atti dei giudizi di merito, di una serie di documenti posti a giustificazione delle sopra indicate movimentazioni bancarie (si veda, a titolo di esempio, la procura notarile relativa a vendita immobiliare con cui il COGNOME, che deve ricordarsi svolgeva attività di agente immobiliare, aveva incassato somme ed effettuato pagamenti per conto dell’acquirente) del tutto ignorate dalla Corte di giustizia territoriale, la cui attività valutativa delle risultanze processuali non è stata svolta con la doverosa analiticità.
In estrema sintesi, quindi, va accolto il terzo motivo di ricorso, nei termini di cui sopra si è detto, e vanno rigettati gli altri. La sentenza impugnata va quindi cassata in relazione al motivo accolto con rinvio alla CGT-2 della Puglia che provvederà anche alla regolamentazione delle spese processuali del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il terzo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione, rigettati gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 16 maggio 2025.