Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9075 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9075 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5981 -20 20 R.G. proposto da:
COGNOME NOME , rappresentato e difeso, per procura speciale a margine del ricorso, dall’AVV_NOTAIO, ed elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio legale dell’AVV_NOTAIO;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO, domicilia;
– controricorrente –
Oggetto: Tributi -accertamenti bancari
avverso la sentenza n. 9732/23/2018 della Commissione tributaria regionale della CAMPANIA, depositata il 13/11/2018; udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 18/01/2024 dal AVV_NOTAIO;
Rilevato che:
In controversia relativa ad impugnazione di un avviso di accertamento di un maggior reddito di lavoro professionale per l’anno d’imposta 20 07 emesso dall’ Amministrazione finanziaria nei confronti di NOME COGNOME sulla scorta RAGIONE_SOCIALE risultanze di un processo verbale di constatazione redatto dalla G.d.F. a seguito di verifica RAGIONE_SOCIALE movimentazioni effettuate sul conto corrente bancario del predetto contribuente, ricondotte ad attività professionale di avvocato svolta dal COGNOME, in particolare con la società RAGIONE_SOCIALE, la CTR (ora Corte di giustizia tributaria di secondo grado) della Campania, con sentenza n. 10277/47/2015 del 18/11/2015, rigettava l’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della CTP di Napoli n. 22539/14/2014 che aveva accolto il ricorso del contribuente rilevando il difetto di motivazione dell’atto imp ositivo.
Avverso la sentenza d’appello l’RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione che questa Corte, con ordinanza n. 14614 del 12 giugno 2017, accoglieva rinviando al giudice di appello per il riesame del merito della controversia.
Il contribuente riassumeva, quindi, la causa dinanzi alla CTR della Campania che con la sentenza in epigrafe indicata accoglieva l’originario appello dell’Ufficio limitatamente al recupero a tassazione dei versamenti bancari, annullando l’atto impositivo con riferimento ai prelevamenti. Sostenevano i giudici di appello che l’atto impositivo era compiutamente motivato atteso che, « letto alla luce dei due processi verbali di constatazione regolarmente consegnati e sottoscritti dal contribuente contiene la sommaria
esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni del recupero con riferimento ad atti già in possesso RAGIONE_SOCIALE stesso contribuente che, pertanto, è stato messo in condizione di comprendere appieno la portata come dimostrato dalla dettagliata impugnazione proposta »; che la documentazione inviata da società assicurative alle quali la RAGIONE_SOCIALE aveva richiesto informazioni, provava lo svolgimento da parte del contribuente dell’attività professionale di avvocato ed era quindi legittimo il recupero a tassazione dei versamenti bancari « non giustificabili da redditi dichiarati », con riferimento a quelli risultanti sia dal conto corrente intestato al contribuente che a quello intestato ai genitori conviventi con il medesimo, non essendo state fornite neanche per queste giustificazioni RAGIONE_SOCIALE « operazioni di accredito» ritenute «eccessive rispetto al reddito dichiarato ». Quanto alla documentazione prodotta dal ricorrente, la CTR riteneva « inconferente la questione relativa alla legittimità della presentazione, in sede di giudizio, della documentazione contabile stante l’espresso divieto normativo nei casi in cui questa non sia stata esibita, a richiesta, in sede di verifica dove è stata addirittura negata l’esistenza dell’intera documentazione relativa all’attività legale espletata ». Riteneva, quindi, illegittimo il recupero a tassazione dei prelevamenti bancari, pure operato con l’atto impositivo impugnato, che pertanto la CTR annullava in parte qua , essendo venuta meno, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, la presunzione legale di redditività dei prelevamenti effettuati da lavoratori autonomi.
Avverso tale statuizione il contribuente propone ricorso per cassazione affidato ad un unico articolato motivo, cui replica l ‘ intimata con controricorso.
Considerato che:
Con il motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., viene dedotta la violazione degli
artt. 112, 115 e 329 cod. proc. civ., 36 e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992, 32, comma 1, n. 2 e 7, 39, comma 2, e 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, 56 del d.P.R. n. 633 del 1972 e 7 della legge n. 212 del 2000.
1.1. Sostiene il ricorrente che i giudici di appello, con motivazione meramente apparente, violando le disposizioni di cui agli artt. 112 e 115 cod. proc. civ. nonché 36 e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992, avevano accolto l’appello dell’Ufficio «senza esprimersi sulle prove contrarie» da esso ricorrente prodotte in giudizio al fine di superare la presunzione legale di redditività RAGIONE_SOCIALE movimentazioni bancarie contestate.
1.2. Al riguardo deduce di aver dimostrato che tutti i movimenti bancari contestati erano relativi ad operazioni di carattere esclusivamente personale e familiare come si desumeva dalla documentazione prodotta in giudizio, che elencava nel ricorso.
1.3. Sostiene, inoltre, che i giudici di appello si erano già espressi, con la prima pronuncia, successivamente impugnata dinanzi a questa Corte e cassata con rinvio, sul merito della vicenda processuale riconoscendo la fondatezza RAGIONE_SOCIALE eccezioni sollevate dal contribuente e l’idoneità RAGIONE_SOCIALE prove documentali prodotte in giudizio a giustificare i redditi contestati, ritenendo, in particolare, che l’ufficio era incorso nella violazione dell’obbligo di motivazione sancito dall’art. 7 della legge n. 212 del 20 00 e degli artt. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 56 del d.P.R. n. 633 del 1972 (ricorso, pag. 18).
Il motivo, là dove viene dedotto il difetto di motivazione della sentenza impugnata, è infondato.
Premesso che la motivazione è meramente apparente quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il
ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 2016, Rv. 641526-01; conf. Cass., Sez. 65, Ordinanza n. 14927 del 2017; v. anche Cass. n. 13248 del 2020), osserva il Collegio che nella specie la sentenza impugnata si pone ben al di sopra del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., in quanto i giudici di appello hanno espresso RAGIONE_SOCIALE chiare rationes decidendi affermando che la documentazione inviata da società assicurative alle quali la RAGIONE_SOCIALE aveva richiesto informazioni, provava lo svolgimento da parte del contribuente dell’attività professionale di avvocato ed era quindi legittimo il recupero a tassazione dei versamenti bancari « non giustificabili da redditi dichiarati », con riferimento a quelli risultanti sia dal conto corrente intestato al contribuente che a quello intestato ai genitori conviventi con il medesimo, non essendo state fornite neanche per queste giustificazioni RAGIONE_SOCIALE « operazioni di accredito» ritenute «eccessive rispetto al reddito dichiarato » e, quanto alla documentazione prodotta dal ricorrente, che era « inconferente la questione relativa alla legittimità della presentazione, in sede di giudizio, della documentazione contabile stante l’espresso divieto normativo nei casi in cui questa non sia stata esibita, a richiesta, in sede di verifica dove è stata addirittura negata l’esistenza dell’intera documentazione relativa all’attività leg ale espletata ».
La censura con cui il ricorrente lamenta l’omesso esame della documentazione prodotta in giudizio a giustificazione dei movimenti bancari contestati è, invece, inammissibile per difetto di interesse non avendo il ricorrente censurato la statuizione d’appel lo di inutilizzabilità di quella documentazione per non essere stata esibita in sede di verifica fiscale.
Infondata è, invece, la censura di violazione dell’art. 384 cod. proc. civ. Al riguardo il ricorrente intende valorizzare, nel senso dal medesimo indicato in ricorso, l’affermazione fatta dalla CTR nella prima sentenza per confermare la statuizione di primo grado, ovvero che doveva ritenersi « corretto l’iter motivazionale seguito dai primi Giudici, laddove, pur considerando l’accertamento in oggetto legittimamente motivato per relationem, ha evidenziato la carenza di elementi probatori per sostenere la piena correttezza e validità ».
Invero, la CTR campana con la prima sentenza aveva ritenuto inammissibile la produzione in appello della copia del processo verbale di constatazione della G.d.F. richiamato nell’avviso di accertamento a sostegno RAGIONE_SOCIALE ragioni della ripresa a tassazione nei confronti del contribuente e tanto spiega l’affermazione dei giudici di appello, ricalcata da quella dei giudici di primo grado, di «carenza di elementi probatori per sostenere la piena correttezza e validità » dell’atto impositivo ; affermazione, quindi, chiaramente riferita alla pretesa creditoria dell’amministrazione finanziaria, senza alcun esame e valutazione RAGIONE_SOCIALE prove fornite dal contribuente.
Peraltro, la statuizione cassatoria della sentenza d’appello con rinvio al giudice di merito per il riesame del merito della controversia, sta chiaramente a dimostrare che nessuna valutazione era stata effettuata dalla CTR della documentazione prodotta dal contribuente e, quindi, nessuna statuizione era stata adottata sull’idoneità dell a stessa a superare la presunzione legale di redditività RAGIONE_SOCIALE movimentazioni bancarie contestate, posto che, in caso contrario, essa avrebbe costituito autonoma ratio decidendi che, non essendo stata impugnata, per come si evince dal contenuto della pronuncia di questa Corte, avrebbe determinato
l’inammissibilità del ricorso per cassazione proposto dall’RAGIONE_SOCIALE.
Conclusivamente, il ricorso va rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE spese processuali che liquida in 5.800,00 euro per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma in data 18/01/2024