Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13761 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13761 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 22/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9582/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME
-intimati- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA SICILIA SEZ. ST. MESSINA n. 9556/10/21 depositata il 26/10/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 03/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 9556/10/21 del 26/10/2021, la Commissione tributaria regionale della Sicilia – Sezione staccata di Messina (di seguito CTR), rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate (di seguito AE) nei confronti della sentenza n. 428/12/13 della
Commissione tributaria provinciale di Messina (di seguito CTP), che aveva accolto i ricorsi riuniti proposti da RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) e dai soci NOME COGNOME NOME COGNOME ed NOME COGNOME nei confronti di un avviso di accertamento per IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 2006, notificato alla società, e di tre avvisi di accertamento per IRPEF relativa al medesimo anno d’imposta, notificati ai soci.
1.1. La CTR respingeva l’appello proposto da AE, evidenziando, per quanto ancora interessa in questa sede, che : a) l’accertamento era avvenuto utilizzando conti correnti bancari ritenuti riferibili alla società; b) società e soci avevano depositato «il verbale di contraddittorio per accertamento con adesione prot. n. 45869 del 23.02.2012 e la documentazione diretta a fornire la prova della non riferibilità delle operazioni bancarie prese a base della pretesa tributaria all’attività sociale»; c) le giustificazioni fornite dai contribuenti erano state ritenute inaccettabili da AE sulla base di valutazioni generiche ed astratte; d) le spese sostenute per la famiglia, pur non singolarmente provate, dovevano ritenersi rientranti nella normalità e non potevano «rappresentare ricavi occulti da sottoporre a tassazione».
Avverso la sentenza di appello AE proponeva ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
I soci, convenuti in giudizio anche quali successori della cessata RAGIONE_SOCIALE, restavano intimati.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso di AE è affidato a due motivi, di seguito illustrati.
1.1. Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 132 cod. proc. civ. e dell’art. 36 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546,
per avere la CTR reso motivazione apparente in ordine all’assoluzione, da parte del contribuente, dell’onere probatorio sullo stesso gravante.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e dell’art. 2697 cod. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto che i contribuenti abbiano assolto alla prova liberatoria prevista dalla legge, senza procedere al necessario esame analitico delle singole movimentazioni contestate.
1.3. I due motivi possono essere congiuntamente esaminati per ragioni di connessione. Il primo motivo di ricorso è infondato, mentre fondato è il secondo motivo.
1.4. Secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte, si è in presenza di una motivazione apparente allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice. Sostanzialmente omogenea alla motivazione apparente è poi quella perplessa e incomprensibile: in entrambi i casi, invero -e purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali -l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione (Cass. S.U. n. 22232 del 03/11/2016; Cass. S.U. n. 16599 del 05/08/2016).
1.4.1. Determina, infine, una violazione di legge costituzionalmente rilevante anche la motivazione contraddittoria, nella misura in cui
esprima un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, mentre deve escludersi la possibilità di sindacare in sede di legittimità la semplice motivazione insufficiente (Cass. S.U. n. 8053 del 07/04/2014).
1.5. Sotto diverso profilo, la presunzione (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari a norma dell’art. 32, primo comma, n. 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, si articola nel modo che segue: a) i «dati ed elementi» attinenti ai rapporti bancari possono essere utilizzati nei confronti di tutti i contribuenti destinatari di accertamenti previsti dagli artt. 38, 39, 40 e 41 del d.P.R. n. 600 del 1973 (persone fisiche, titolari di reddito determinato in base alle scritture contabili, redditi di soggetti diversi dalle persone fisiche, redditi accertati d’ufficio); b) la presunzione secondo cui i versamenti ed i prelevamenti sono considerati ricavi o compensi può essere utilizzata nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa o di reddito di lavoro autonomo, soggetti all’obbligo di tenuta delle scritture contabili (con la correzione apportata dalla Corte Cost. con la sentenza n. 228 del 2014 che ha dichiarato l’illegittimità della presunzione di maggiori compensi desumibile dai prelevamenti effettuati dai titolari di reddito di lavoro autonomo).
1.5.1. Pertanto, mentre l’operazione bancaria di prelevamento conserva validità presuntiva nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, le operazioni bancarie di versamento hanno efficacia presuntiva di maggiore disponibilità reddituale nei confronti di tutti i contribuenti, i quali possono contrastarne l’efficacia adempiendo l’onere di dimostrare che « ne hanno tenuto conto ai fini della determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine » (così, sostanzialmente, Cass. n. 1519 del 20/01/2017; conf. Cass. n. 29572 del 16/11/2018; nel senso indicato
si veda anche Cass. n. 22931 del 26/09/2018, nonché la giurisprudenza ivi richiamata).
1.5.2. Più nel dettaglio, il contribuente deve provare «che i versamenti sono registrati in contabilità e che i prelevamenti sono serviti per pagare determinati beneficiari, anziché costituire acquisizione di utili; pertanto, in virtù della disposta inversione dell’onere della prova, grava sul contribuente l’onere di superare la suddetta presunzione (relativa) dimostrando la sussistenza di specifici costi e oneri deducibili, che dev’essere fondata su concreti elementi di prova e non già su presunzioni o affermazioni di carattere generale o sul mero richiamo all’equità » (Cass. n. 15161 del 16/07/2020; Cass. n. 16896 del 24/07/2014; Cass. n. 13035 del 24/07/2012; Cass. n. 25365 del 05/12/2007; Cass. n. 18016 del 09/09/2005).
1.5.3. A fronte della presunzione legale prevista dagli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972, la quale « non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. per le presunzioni semplici », la prova richiesta al contribuente è analitica, « con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze » (Cass. n. 13112 del 30/06/2020; Cass. n. 10480 del 03/05/2018; Cass. n. 11102 del 05/05/2017).
1.5.4. Al fine di superare la presunzione posta a carico del contribuente dall’art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, pertanto, non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell’affluire di somme sul proprio conto corrente, ma è necessario che il contribuente fornisca la prova analitica della
riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni, ovvero dell’estraneità delle stesse alla sua attività (Cass. n. 4829 del 11/03/2015; Cass. n. 21303 del 18/09/2013).
1.5.5. In questo contesto, « a fronte della presunzione legale di ricavi non contabilizzati, e quindi occulti, scaturenti da prelevamenti bancari non giustificati, il contribuente imprenditore può sempre, anche in caso di accertamento analitico-induttivo, eccepire l’incidenza percentuale dei costi relativi, che vanno, dunque, detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati » (così Cass. n. 6874 del 08/03/2023, in applicazione dei principi derivanti da Corte cost. n. 10 del 31/01/2023, innovando rispetto al precedente orientamento in materia).
1.5.6. Sotto altro profilo, « le verifiche fiscali finalizzate a provare, per presunzioni, la condotta evasiva possono anche indirizzarsi sui conti bancari intestati al coniuge o al familiare del contribuente, potendo desumersi la riferibilità a quest’ultimo da elementi sintomatici, quali: il rapporto di stretta familiarità, l’ingiustificata capacità reddituale dei prossimi congiunti nel periodo di imposta considerato, l’infedeltà delle dichiarazioni e l’esercizio di attività da parte del contribuente compatibile con la produzione della maggiore redditività riferita a dette persone » (Cass. n. 549 del 15/01/2020; si vedano, altresì, Cass. n. 428 del 14/01/2015; Cass. n. 20668 del 01/10/2014; Cass. n. 21420 del 30/11/2012; Cass. n. 26173 del 06/12/2011).
1.6. Applicando i superiori principi di diritto al caso di specie, la motivazione resa dal giudice di appello non può dirsi apparente, avendo egli chiaramente esplicitato il percorso motivazionale, in maniera logica e coerente, nel rispetto del minimo costituzionale previsto dalla Costituzione.
1.7. Tuttavia, la motivazione resa dal giudice di appello, sebbene non apparente, è erronea: da un lato, la CTR chiarisce che la prova che devono fornire i contribuenti in ordine alla giustificazione delle rimesse contestate deve essere adeguata, rigorosa e non generica, nonché sottoposta ad attento vaglio del giudice (pag. 4 della sentenza impugnata); dall’altro, invece, si limita ad affermare che detta prova sia stata genericamente assolta dalla documentazione prodotta da società e soci, senza esaminare le singole rimesse e addirittura riconoscendo che non sarebbe stata fornita giustificazione per i singoli importi (pag. 5 della sentenza impugnata).
1.8. In altri termini, il vizio in cui incorre il giudice di appello è quello di considerare assolta la prova contraria a carico dei contribuenti nella consapevolezza che la stessa è generica. Inoltre, la sentenza impugnata non prende in esame le singole rimesse, specificando i documenti da cui ha tratto le sue determinazioni in ordine alla provenienza e destinazione delle rimesse.
In conclusione, va accolto il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo; la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente procedimento.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, anche per le spese del presente procedimento. Così deciso in Roma, il 03/12/2024.