Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4646 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4646 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 21/02/2025
Indagini bancarie – Art. 32 dPR n. 600/73 – Presunzioni.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6141/2019 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME in forza di procura a margine del ricorso; p.e.c. EMAILpecEMAIL;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato e presso la stessa domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
-resistente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, n. 4887/2018, depositata in data 10/07/2018, non notificata;
udita la relazione della causa nell ‘ adunanza camerale del 20/12/2024 tenuta dal consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale del Lazio, sezione staccata di Latina (CTR), accoglieva l’appello erariale contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Latina (CTP), che aveva accolto il ricorso di NOME COGNOME contro un avviso di accertamento emesso a fini Irpef per l’anno di imposta 2010 a seguito di indagini bancarie sui cont i correnti ai sensi dell’art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973 .
Contro tale decisione il contribuente propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
L ‘Agenzia delle Entrate non si è costituita tempestivamente nel presente giudizio, ma ha depositato istanza di partecipazione all’eventuale udienza di discussione pubblica della causa .
La causa è stata fissata per l’adunanza camerale de l 20/12/2024.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo , proposto ai sensi dell’ar t. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., si deduce violazione degli artt. 112 cod. proc. civ. e 53 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, denunciando l’omessa pronuncia da parte della CTR in merito all’eccezione di inammissibilità dell’appello dell’ufficio , in quanto fondato sulla mera riproposizione dei motivi già svolti in primo grado.
1.1. Il motivo non è fondato, in riferimento sia al vizio processuale di omessa pronuncia sia alla sottesa doglianza relativa alla mancanza di specificità dell’appello.
Sotto il primo profilo, ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto; tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di una specifica
argomentazione (Cass. 13/10/2017, n. 24155; Cass. 06/12/2017, n. 29191; Cass. 29/01/2021, n. 2151; Cass. 25/06/2024, n. 17532).
Pertanto, in applicazione del principio, questa Corte ha rigettato il motivo di ricorso denunciante l’omessa pronuncia sulla dedotta inammissibilità dei motivi d’appello, per difetto di specificità degli stessi, ove il giudice comunque abbia deciso il gravame nel merito, ciò costituendo implicito rigetto dell’eccezione (vedi ad es. la citata Cass. n. 2151/2021) , alla luce della considerazione che l’esame del merito dell’appello implica necessariamente una comprensione dei motivi del medesimo e della loro idoneità a censurare la decisione di primo grado.
Inoltre, per costante orientamento di questa Corte, nel processo tributario , ove l’Amministrazione finanziaria si limiti a ribadire e riproporre in appello le stesse ragioni ed argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato, come già dedotto in primo grado, in quanto considerate dalla stessa idonee a sostenere la legittimità dell’avviso di accertamento annullato (come affermato dallo stesso odierno ricorrente), è da ritenersi assolto l’onere d’impugnazione specifica previsto dall’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992 (Cass. 25/02/2022, n. 6309; Cass. 22/03/2017, n. 7369; Cass. 29/02/2012, n. 3064).
Con il secondo motivo, in primo luogo, il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la violazione del combinato disposto degli artt. 2909 e 112 cod. proc. civ., e, ai sensi dell’art. 360, primo comma , n. 5 cod. proc. civ., l’omesso esame di un giudicato interno debitamente eccepito. Deduce infatti che la sentenza della CTP si fondava su due distinte rationes decidendi , una sola delle quali sarebbe stata impugnata dalla difesa erariale.
2.1. Il motivo non è fondato.
Il ricorrente, riportando una breve parte della motivazione della CTP, peraltro di per sé inadeguata a comprendere gli esatti termini
della decisione, ritiene che i giudici di primo grado avessero deciso per l’accoglimento del ricorso sia per un vizio dell’attività istruttoria sia nel merito, dando rilievo alle difese svolte dal contribuente e volte a giustificare le operazioni bancarie, evidenziando che solo la prima ratio decidendi sarebbe stata censurata dall’appello erariale .
L’assunto cont rasta sia con quanto indicato nel primo motivo, ove il ricorrente si duole del fatto che l’ufficio avesse riproposto i medesimi motivi già dedotti nel primo grado, sia con quanto riportato dalla stessa decisione della CTR che, nella seconda pagina, espressamente attesta che in appello l’A genzia delle Entrate aveva impugnato anche sul merito, rilevando che l’appello deduceva anche l’ illogicità della sentenza «non avendo il contribuente fornito prova idonea a contrastare la presunzione legale della natura di compensi ovvero ricavi dei dati relativi all’accertamento bancario ».
Col terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., si deduce la violazione dell’art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., sia perché la CTR aveva escluso la rilevanza degli errori dell’amministrazione in sede di ist ruttoria, ove si faceva riferimento ad una partita IVA per attività diverse da quelle effettivamente esercitate, sia in quanto la CTR non ha valutato gli elementi giustificativi dei movimenti bancari dedotti dal contribuente.
Il motivo contiene quindi due censure.
3.1. La prima censura assume una non specificata rilevanza dell’errata indicazione , nella richiesta istruttoria inviata dall’amministrazione , dell’attività economica esercitata .
Essa è inammissibile. In primo luogo il ricorrente non ne spiega in alcun modo la concreta rilevanza né la riconduzione alla norma asseritamente violata; in secondo luogo, la censura costituisce una generica critica al ragionamento della CTR che, correttamente, ha
ritenuto che sul punto la decisione impugnata non potesse trovare conferma «poiché la motivazione con la quale si censura il mancato rispetto del contraddittorio, a motivo dell’errore nell ‘ indicazione dell’attività inquisita, è del tutto generica e ipotetica e non si sostanzia in censure specifiche che individuino concrete violazioni del diritto del contribuente. Quest’ultimo infatti ha potuto subito rilevare le errate indicazioni insite nell’accertamento e le ha denunciate rispondendo al questionario in ordine alla giusta attività e consentendo in tal modo all’ufficio di apportare le idonee correzioni alla situazione contestata».
3.2. La seconda censura, con cui si contesta che la CTR non abbia dato conto delle difese del contribuente in merito ai singoli movimenti bancari, è infondata.
Costituisce orientamento consolidato di questa Corte che, in tema di accertamenti bancari, gli artt. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e 51 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 prevedono una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 cod. civ. per le presunzioni semplici, e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze (Cass. 30/06/2020, n. 13112; Cass. 3/05/2018, n. 10480).
Va evidenziato poi che, in tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non
introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 cod. proc. civ. (Cass., Sez. U., 30/09/2020, n. 20867).
Ciò premesso, deve ritenersi che il motivo sia quindi infondato.
La motivazione dei giudici di appello sul punto è chiara in quanto la CTR evidenzia che «il contribuente dopo aver correttamente individuato l’attività di gestione dello stabilimento balneare in ragione dell’annualità indicata e delle movimentazioni bancarie indicate e quindi dopo aver risposto coerentemente alla richiesta dell’ufficio non ha fornito puntuali riscontri probatori circa l’asserita provenienza del contante movimentato nei conti correnti», affermazione con la quale il ricorrente neanche si confronta compiutamente, riproducendo in ricorso il motivo esposto nel ricorso introduttivo di primo grado, che contiene un mero elenco delle operazioni e delle asserite giustificazioni (invero molto spesso sono indicati prelievi e versamenti per generiche esigenze di casa), ma senza indicare quali siano le prove della provenienza del contante e della riconducibilità delle somme versate a quelle prelevate dal conto della moglie.
4. Concludendo, il ricorso va respinto.
Non vi è a provvedere sulle spese in ragione del mancato svolgimento di attività difensiva dell’intima ta Agenzia delle entrate.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2024.