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Accertamenti bancari: la Cassazione sui soci e costi

Una società a ristretta base partecipativa è stata oggetto di accertamenti bancari estesi al conto personale del suo amministratore unico. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità di tale prassi, data la stretta connessione tra il patrimonio sociale e quello dei soci. Tuttavia, ha cassato la sentenza di merito per due ragioni fondamentali: una contraddizione nel dispositivo della sentenza d’appello e, soprattutto, il mancato riconoscimento della deducibilità forfettaria dei costi correlati ai maggiori ricavi presunti, in linea con una recente sentenza della Corte Costituzionale. Il caso è stato rinviato per una nuova valutazione del reddito imponibile.

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Pubblicato il 2 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamenti bancari: la Cassazione sui soci di Srl e la deduzione dei costi

Gli accertamenti bancari rappresentano uno degli strumenti più efficaci a disposizione dell’Agenzia delle Entrate per contrastare l’evasione fiscale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sulla loro applicazione, in particolare quando coinvolgono società a ristretta base partecipativa. L’analisi si è concentrata sulla legittimità delle indagini sui conti personali dei soci e, aspetto cruciale, sul diritto del contribuente a vedersi riconosciuti i costi relativi ai maggiori ricavi presunti. Vediamo nel dettaglio la decisione e le sue implicazioni pratiche.

I Fatti di Causa

Una società a responsabilità limitata, caratterizzata da una compagine sociale ristretta, ha impugnato un avviso di accertamento per IRES, IRAP e IVA relativo all’anno d’imposta 2011. L’accertamento era scaturito da indagini bancarie che avevano analizzato non solo i conti della società, ma anche quelli personali del suo amministratore unico e socio, nonché di altri familiari coinvolti nell’azienda.

La Commissione Tributaria Provinciale (CTP) aveva inizialmente annullato l’atto per un vizio di sottoscrizione. Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) aveva ribaltato la decisione, accogliendo l’appello dell’Agenzia delle Entrate e confermando la validità dell’accertamento. La società ha quindi presentato ricorso in Cassazione, articolando nove distinti motivi di censura.

L’analisi della Cassazione sugli accertamenti bancari e altri motivi

La Suprema Corte ha esaminato punto per punto le doglianze della società, rigettandone la maggior parte ma accogliendone due di fondamentale importanza.

La legittimità degli accertamenti bancari sui conti dei soci

Uno dei motivi di ricorso contestava la legittimità delle verifiche fiscali sui conti correnti di soggetti terzi, sebbene legati alla società. La Corte ha respinto questa censura, ribadendo un principio consolidato: nel caso di società a ristretta base societaria, esiste una presunzione di stretta connessione tra le finanze della società e quelle dei suoi soci o amministratori. Pertanto, l’Ufficio è autorizzato a estendere gli accertamenti bancari ai conti personali di tali soggetti per verificare se movimentazioni non giustificate siano in realtà ricavi non dichiarati dall’azienda. La prova contraria, ovvero dimostrare la natura personale e non aziendale di tali operazioni, spetta al contribuente.

Altri motivi di ricorso respinti

La Corte ha inoltre respinto altre obiezioni, tra cui:
* Vizi di notifica e sottoscrizione: Le irregolarità formali, come la notifica in busta chiusa o la delega di firma a un funzionario, non sono state ritenute sufficienti a invalidare gli atti, in linea con un orientamento consolidato che privilegia la sostanza sulla forma, specialmente quando il contribuente è in grado di difendersi.
Motivazione per relationem*: È stata confermata la validità della motivazione dell’accertamento che rinvia alle conclusioni di un processo verbale di constatazione (p.v.c.) della Guardia di Finanza, a condizione che tale documento sia già stato consegnato o sia comunque noto al contribuente.

le motivazioni

Il punto di svolta della decisione risiede nell’accoglimento di due specifici motivi. Il primo riguardava una contraddizione interna alla sentenza d’appello: i giudici della CTR avevano preso atto che l’Agenzia, in udienza, aveva rinunciato a una parte della pretesa fiscale (relativa alle movimentazioni sul conto di una socia), ma avevano poi accolto integralmente l’appello dell’Ufficio, confermando l’accertamento nella sua interezza. Questa incongruenza tra motivazione e dispositivo ha portato alla cassazione parziale della sentenza.

Il secondo e più rilevante motivo accolto riguarda il riconoscimento dei costi. La società lamentava che, a fronte dei maggiori ricavi presunti derivanti dalle movimentazioni bancarie non giustificate, non le era stata riconosciuta la deduzione dei costi di produzione correlati. La Cassazione, richiamando la fondamentale sentenza della Corte Costituzionale n. 10 del 2023, ha affermato che, a fronte di una presunzione legale di ricavi occulti, il contribuente imprenditore ha sempre il diritto di opporre la prova contraria, anche tramite una richiesta di riconoscimento di un’incidenza percentuale forfettaria di costi. L’affermazione della CTR, secondo cui la contabilità regolare non obbliga l’Amministrazione a riconoscere costi non registrati, è stata giudicata in insanabile contrasto con questo principio. Di conseguenza, la sentenza è stata cassata con rinvio.

le conclusioni

La Corte di Cassazione ha accolto il settimo e l’ottavo motivo di ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado. Quest’ultima dovrà ricalcolare il reddito imponibile della società, tenendo conto della parziale rinuncia dell’Agenzia e, soprattutto, riconoscendo una deduzione forfettaria dei costi in relazione ai maggiori ricavi accertati. La decisione rafforza un importante principio di equilibrio fiscale: se il Fisco presume un ricavo, deve anche presumere il costo necessario a produrlo, garantendo una tassazione più equa e aderente alla capacità contributiva.

È legittimo per il Fisco effettuare accertamenti bancari sui conti personali di un socio o amministratore per verificare il reddito di una società a ristretta base partecipativa?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, per le società con pochi soci (spesso familiari), si presume che le movimentazioni sui conti personali dei soci possano essere riferibili all’attività sociale. Pertanto, l’Ufficio può legittimamente indagare su tali conti, e spetta poi al contribuente dimostrare che le operazioni non sono riconducibili a ricavi aziendali.

Se l’Agenzia delle Entrate accerta maggiori ricavi basandosi su movimentazioni bancarie, il contribuente ha diritto alla deduzione dei costi correlati?
Sì. La Corte, richiamando una sentenza della Corte Costituzionale, ha stabilito che a fronte di ricavi non contabilizzati ma presunti legalmente (come quelli derivanti da prelevamenti non giustificati), l’imprenditore può sempre chiedere il riconoscimento di un’incidenza percentuale forfettaria di costi di produzione da detrarre dall’ammontare dei maggiori ricavi accertati.

Un avviso di accertamento è valido se la sua motivazione si limita a rinviare a un verbale della Guardia di Finanza?
Sì, la motivazione che rinvia a un altro atto (per relationem) è considerata valida a condizione che l’atto richiamato (in questo caso, il processo verbale di constatazione) sia stato precedentemente consegnato o notificato al contribuente, o che comunque ne sia a conoscenza. Questo per garantire che il contribuente possa comprendere pienamente le ragioni della pretesa fiscale e difendersi adeguatamente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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