Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25004 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25004 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/09/2024
Oggetto: avviso di accer- tamento – artt. 32 e 39 d.P.R. n.600/73 – II.DD. e IVA
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7578/2016 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente – contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO (PEC: EMAIL) ed elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo RAGIONE_SOCIALE legale RAGIONE_SOCIALE ;
-controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n.2174/11/15 della Commissione Tributaria Regionale della Puglia depositata il 20.10.2015, non notificata. camerale del 12 settembre
Udita la relazione svolta nell’adunanza 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia veniva parzialmente accolto l’appello di NOME COGNOME avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Bari n. 1822/20/14 con la quale il giudice aveva riunito e rigettato i ricorsi introduttivi proposti dal contribuente.
Si legge nella sentenza impugnata che tali ricorsi avevano ad oggetto una pluralità di avvisi di accertamento: da un lato quattro avvisi rideterminavano i redditi d’impresa ai fini IRPEF – IRAP e gli imponibili IVA per gli anni d’imposta 2005 – 2006 – 2007 e 2008 applicando ai ricavi accertati percentuali di incidenza dei costi non documentati (nn. TVF011200914/2011 -TVF011200917/2011 -TV F011200926/2011 – TVF011200948/2011). Dall’altro, con ulteriori cinque avvisi, l’RAGIONE_SOCIALE contestava le movimentazioni finanziarie ritenute non giustificate sui conti correnti intestati al contribuente, alla moglie e ai figli, NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, determinando un reddito d’impresa commerciale, ai sensi dell’art. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600/73
(nn.
P_IVA/2011
–
P_IVA/P_IVA –
P_IVA/2001
–
P_IVA/2012 –
P_IVA/P_IVA).
Il giudice di prime cure, riuniti i ricorsi, li rigettava accertando nel merito che non vi erano i presupposti per riconoscere la natura agricola dell’attività di impresa svolta dal contribuente per assenza di un essenziale elemento soggettivo, ossia la qualifica di imprenditore agricolo professionale in base alla previsione dell’art. 1 d. lgs. n. 99/2004. La CTP riteneva inoltre corretto l’operato dell’Ufficio circa
la percentuale di incidenza dei costi di materie prime e RAGIONE_SOCIALE merci sui ricavi, in quanto la percentuale del 13,29% costituiva un dato storico riveniente dall’analisi dei dati dichiarati dal contribuente per l’anno d’imposta 2004.
A sua volta, il giudice d’appello accertava l’assenza dei presupposti per l’applicazione del regime fiscale di cui all’art. 32 (reddito agrario) del d.P.R. 917/86 e del regime speciale dei produttori agricoli di cui all’art. 34 del d.P.R. 633/72. Dichiarava quindi legittima l’impostazione del l’accertamento del reddito d’impresa ai sensi dell’art. 39, 2° comma del d.P.R. 600/73 e della ricostruzione del volume d’affari ai sensi dell’art. 55 del d.P.R. 633/72. Nondimeno, con riferimento all’applicazione RAGIONE_SOCIALE indagini bancarie a norma dell’art. 32 di cui al d.P.R. 600/73, estesa anche ai conti dei familiari del contribuente, il giudice riteneva che l’inversione dell’onere della prova non operasse e che fosse l’Amministrazione finanziaria a dover dimostrare la natura fittizia dell’intestazione o, comunque, la sostanziale riferibilità al contribuente dei conti medesimi o di alcuni loro singoli dati. Per l’effetto, in difetto di prova, riteneva non recuperabili a tassazione i versamenti e i prelevanti rintracciati sui conti di NOME NOME e di COGNOME NOME.
Avverso tale sentenza l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso principale per Cassazione, articolato in un’unica censura, al quale il contribuente ha replicato con controricorso e ricorso incidentale affidato a due motivi.
Considerato che:
1. Con l’unico di ricorso principale viene prospettata la violazione e falsa applicazione degli articoli 2697 cod. proc. civ. e 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del decreto dei Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ..
2. Il motivo è fondato.
Le riprese ad imposizione sono radicate nel processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza, richiamato negli avvisi di accertamento impugnati, sulla base del quale a NOME COGNOME è stato applicato un accertamento ex art. 39 del d.P.R. 600/73 e ricostruito il volume ai sensi dell’art. 55 del d.P.R. 633/72. A tal fine sono state applicate, quale mezzo istruttorio, anche le indagini bancarie di cui all’art. 32 del d.P.R. 600/73 su conti dell’imprenditore e dei suoi familiari.
Orbene, con riferimento all’art.32 cit. (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 21420 del 30/11/2012), una volta dimostrata la pertinenza all’impresa dei rapporti bancari intestati alle persone fisiche con essa collegate, l’Amministrazione finanziaria non è tenuta a provare che tutte le movimentazioni che risultano da quei rapporti rispecchino operazioni aziendali, bensì è onere dell’impresa contribuente dimostrare l’estraneità di ciascuna di quelle operazioni alla propria attività di impresa.
Infatti, la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 428 del 14/01/2015) ha chiarito che lo stretto rapporto familiare e la composizione ristretta del gruppo sociale sono sufficienti a giustificare, salva la prova contraria, la riferibilità RAGIONE_SOCIALE operazioni riscontrate sui conti correnti bancari di tali soggetti all’attività economica della società sottoposta a verifica. Sicché, in assenza di prova di attività economiche svolte dagli intestatari dei conti, idonee a giustificare i versamenti e i prelievi riscontrati, in presenza di un contestuale rapporto di collaborazione con la società, deve ritenersi soddisfatta la prova presuntiva a sostegno della pretesa fiscale, con spostamento dell’onere della prova contraria sul contribuente.
Il principio di diritto richiamato non vale solo con riferimento alla ricostruzione RAGIONE_SOCIALE imposte sul reddito evase, ma anche ai fini IVA (Cass. Sez. 5 – , ordinanza n. 1174 del 21/01/2021). È quindi possi-
bile per l’Amministrazione finanziaria procedere attraverso acquisizioni bancarie ai sensi dell’art. 51, comma 3, n. 7, d.P.R. n. 633 del 1972, nel testo applicabile ratione temporis , non limitatamente ai soli conti bancari o postali o ai libretti di deposito intestati al titolare dell’azienda individuale. In presenza di elementi sintomatici può essere esteso anche a quelli intestati a terzi, elementi quali il rapporto di stretta contiguità familiare, l’ingiustificata capacità reddituale dei prossimi congiunti nel periodo di imposta, l’infedeltà della dichiarazione, l’attività di impresa compatibile con la produzione di utili o, come nella specie, l’essere quella oggetto di verifica un’impresa familiare.
Non è sufficiente ad escludere l’operatività della presunzione (v. Cass. Sez. 5, sentenza n. 20981 del 16/10/2015) il mero riferimento alla contitolarità del conto con il coniuge – anche non impiegato nell’azienda -e con gli altri familiari ed alla commistione tra consumi della famiglia ed attività imprenditoriale, essendo necessaria la prova analitica dell’estraneità ai fatti imponibili degli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria.
La doglianza in disamina trova quindi accoglimento perché la decisione del giudice d’appello con riferimento agli accertamenti bancari sui familiari di COGNOME NOME ha erroneamente ritenuto che non trovi applicazione la presunzione semplice discendente dall’art.32 cit., con conseguente onere della prova a carico di parte contribuente di fornire le giustificazioni RAGIONE_SOCIALE contestate movimentazioni bancarie anche sui conti dei familiari dell’imprenditore.
Con il primo motivo di ricorso incidentale, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 cod. proc. civ. il contribuente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2135 e 2697 cod. civ., 32 del d.P.R. n. 917/1986, nonché 34 del d.P.R. n 633/1972, in relazione al mancato riconoscimento del regime agricolo da parte del giudice.
Il motivo è inammissibile. La censura, sotto lo schermo della violazione di legge, è in realtà motivazionale perché mira a rovesciare
l’accertamento compiuto dal giudice circa l’inesistenza dei presupposti utili per il riconoscimento del regime agricolo in capo a NOME COGNOME, operato all’esito dell’apprezzamento del quadro probatorio.
Il motivo è quindi inammissibile per doppia conforme con riferimento al paradigma del prospettato vizio motivazionale alla luce del doppio rigetto della prospettazione di parte contribuente sulla questione sia in primo sia in secondo grado. Infatti, l’abrogazione dell’art. 348-ter cod. proc. civ., già prevista dalla legge delega n.206/2021 attuata per quanto qui interessa dal d.lgs. n.149/2022, ha comportato il collocamento all’interno dell’art. 360 cod. proc. civ. di un terzo comma, con il connesso adeguamento dei richiami, il quale ripropone la disposizione dei commi quarto e quinto dell’articolo abrogato e prevede l’inammissibilità del ricorso per cassazione per il motivo previsto dal n. 5 dell’art. 360 citato, ossia per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Il ricorrente non ha dimostrato che le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello sono state tra loro diverse.
5. Il secondo motivo proposto dal ricorrente incidentale, dedotto in rapporto all’art. 360 comma 1 n. 3 cod. proc. civ., prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 32, comma 1, n. 2 del d.P.R. n. 600/1973, dell’art. 2697 del cod. civ., nonché degli artt. 3 e 53 della costituzione, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 228/2014, con riferimento ai prelievi non giustificati, di cui il giudice avrebbe erroneamente tenuto conto.
6. Il motivo è infondato. La sentenza della Corte Costituzionale n. 228 del 2014 ha ritenuto irragionevole e contraria al principio di capacità contributiva la presunzione secondo la quale i prelievi ingiustificati dai conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo sono destinati ad un investimento nell’ambito della propria attività professionale e che questo sia a sua volta produttivo di reddito. Sulla scorta di tale principio di diritto, la Corte di Cassazione ha
più volte affermato (da ultimo, v. Cass. Sez. 5 – , ordinanza n. 9403 del 08/04/2024), anche in riferimento all’imprenditore individuale, sia in tema d’imposte sui redditi che di IVA, che la presunzione relativa della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari, giusta l’art. 32, comma 1, n. 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, è innanzitutto riferibile ai titolari di reddito di impresa, anche individuale, quale è il contribuente. Si estende inoltre al lavoro autonomo e alla generalità dei contribuenti, come si ricava dal successivo art. 38 del decreto, riguardante l’accertamento del reddito complessivo RAGIONE_SOCIALE persone fisiche, che rinvia allo stesso art. 32, comma 1, n. 2. Ciò premesso, all’esito della sentenza della Corte cost. n. 228 del 2014, le operazioni bancarie di prelevamento hanno valore presuntivo nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, anche individuale, mentre quelle di versamento nei confronti di tutti i contribuenti, i quali possono contrastarne l’efficacia dimostrando che le stesse sono già incluse nel reddito soggetto ad imposta o sono irrilevanti. Bene, dunque, ha fatto la sentenza impugnata a ritenere applicabili le presunzioni nel caso di specie.
Inoltre, al fine di superare la presunzione posta a carico del contribuente dall’art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (in virtù della quale i prelevamenti ed i versamenti operati su conto corrente bancario vanno imputati a ricavi conseguiti nell’esercizio dell’attività d’impresa), non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell’affluire di somme sul proprio conto corrente. È necessario che il contribuente fornisca la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni, ovvero dell’estraneità RAGIONE_SOCIALE stesse alla sua attività (cfr., tra le molte, Cass. Sez. 5, sentenza n. 4829 del 11/03/2015). Quanto all’accertamento riferito all’imposizione indiretta va ribadito che tutti i movimenti sui conti bancari del contribuente, siano essi accrediti che addebiti, si presumono, ai sensi dell’art.32, comma 1, n.2 del d.P.R. n.600 del 1973, e dell’art.51, comma 2, n.2, del d.P.R. n.633 del 1972, riferiti all’attività economica del contribuente, i primi
quali ricavi e i secondi quali corrispettivi versati per l’acquisto di beni e servizi reimpiegati nella produzione, spettando all’interessato fornire la prova contraria che i singoli movimenti non si riferiscono ad operazioni imponibili (cfr. ex multis , Cass. Sez. 5, sentenza n.26111 del 30/12/2015; conforme Cass. Sez. 5, sentenza n.15857 del 29/07/2016).
Per superare tale presunzione, il contribuente deve in particolare dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni operazione bancaria, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili (Cass. Sez. 5, sentenza n.15857 del 29/07/2016, conforme, Cass. Sez. 5, sentenza n.4829 del 11/03/2015). Il giudice ha accertato che tale onere della prova non è stato assolto da NOME COGNOME con riferimento alle operazioni sui conti a lui intestati, attraverso una articolata motivazione non censurabile in questa sede nei termini proposti.
7. In conclusione, accolto il ricorso principale, disatteso il ricorso incidentale, la sentenza impugnata dev’essere cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo e per la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale, rigettato il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo e per la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite. Si dà atto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso il 12.9.2024
NOME COGNOME