Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17456 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17456 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 29/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27431/2016 R.G. proposto da :
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME con l’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia -Sezione Staccata di Brescia n. 2542/2016 depositata il 28/04/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Come emerge dagli atti di causa, in data 26.01.2009 e in data 21.04.2009 l’Agenzia delle Entrate di Clusone convocava NOME COGNOME al fine di ottenere spiegazioni in merito ad alcuni movimenti bancari ed a cambi di assegni circolari intrattenuti con tale NOME COGNOME
Il contribuente aveva, a tale riguardo, reso ai funzionari dell’Agenzia una dichiarazione, poi autenticata, nella quale affermava che nel 2005, non potendo ottenere contanti dalle banche,
aveva chiesto a COGNOME di effettuare operazioni di cambio di assegni circolari, a fronte di un compenso del 5%. Dichiarava, inoltre, che le somme di cui agli assegni circolari cambiati erano da ricondurre a ricavi della società RAGIONE_SOCIALE di cui era stato amministratore unico e socio di maggioranza con una quota dei 95% fino al 31/12/2007. Nel corso del medesimo contraddittorio COGNOME affermava che il Cadei gli aveva cambiato 106 assegni circolari per un valore complessivo di euro 1.366.500,00, restituendogli in contanti l’ammontare di euro 1.325.545,00.
In seguito a tali dichiarazioni, in data 12.10.2009, l’Ufficio procedeva al controllo dei conti correnti intestati a NOME COGNOME e di quelli di cui aveva la diretta disponibilità. Notificava, quindi, al contribuente, un invito a comparire richiedendo, ai sensi dell’art. 32 del DPR n. 600/1973, giustificazioni in merito alle operazioni, relative al 2005 e 2006, di versamento e prelevamento effettuate sui conti correnti personali, nonché in merito ad operazioni di cambio assegni eseguite presso le banche ove erano accesi conti intestati alla RAGIONE_SOCIALE di cui il contribuente era all’epoca socio di maggioranza e amministratore.
Oltre alle operazioni con il Cadei, infatti, il controllo dell’Ufficio aveva avuto ad oggetto altre operazioni extraconto di cambio di assegni, eseguite direttamente da COGNOME per l’importo di euro 215.210,00 per il 2005 e di euro 127.526,00, per il 2006, su banche presso le quali erano accesi conti correnti intestati alla RAGIONE_SOCIALE, di cui egli aveva delega di firma e pieni poteri di agire. Anche detti importi, in assenza di giustificazioni, erano stati qualificati dall’Ufficio come redditi di capitale non dichiarati, e tassati nella misura del 40% ex art. 47 Tuir, trattandosi di partecipazione qualificata.
L’Agenzia delle entrate, quindi, rilevando che, in sede di contraddittorio, il contribuente non aveva fornito alcuna giustificazione circa la provenienza e destinazione di tali movimentazioni finanziarie, che non avevano trovato corrispondenza
con i redditi dichiarati, sulla base degli elementi raccolti, ai sensi dell’art. 38 del DPR 600/73, notificava a NOME COGNOME gli avvisi di accertamento n. ROD01T100492 e n. RODO1T100063, rispettivamente per gli anni di imposta 2005 e 2006, elevando il reddito imponibile Irpef dichiarato da euro 26.615,00 a euro 705.759,00 per l’anno 2005 e da euro 55.281,00 ad euro 239.721,00 per l’anno 2006.
Il contribuente impugnava gli atti avanti alla Commissione tributaria provinciale di Bergamo, lamentando, per quanto ancora qui rileva, in relazione alle operazioni bancarie della società RAGIONE_SOCIALE, la violazione degli artt. 32, comma 2 e 38 del DPR n. 600/73. In particolare, rilevava che l’Ufficio aveva contestato al contribuente situazioni bancarie e monetarie relative alla predetta società, senza previamente emettere alcun atto impositivo nei confronti della stessa.
La Commissione di prossimità accoglieva, in parte qua , i ricorsi del contribuente, osservando che la presunzione di distribuzione degli utili extracontabili delle RAGIONE_SOCIALE, pur in astratto operante, trattandosi di società a ristretta base partecipativa, non lo era nel caso di specie, poiché dal processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza relativo ad altra verifica fiscale, acquisito di ufficio agli atti del processo, era emerso che dominus e gestore di fatto della RAGIONE_SOCIALE era il socio di minoranza NOME COGNOME formalmente titolare del 5% delle quote sociali, mentre COGNOME avrebbe rivestito nella società un ruolo meramente formale.
Appellava l’Amministrazione Finanziaria, evidenziando che dalle stesse dichiarazioni del contribuente era emerso come gli assegni circolari oggetto del cambio con il contante ricevuto dal Cadei fossero da ricondurre ai ricavi della società RAGIONE_SOCIALE di cui COGNOME era stato socio di maggioranza, nonché amministratore unico fino al 2007, e che nessuna prova, tuttavia, questi aveva fornito circa la regolarità fiscale delle predette operazioni, da lui stesso poste in
essere. Parimenti, alcuna giustificazione era stata offerta in merito alle operazioni di cambio assegni eseguite presso le banche ove erano accesi conti intestati alla RAGIONE_SOCIALE, di cui il contribuente era all’epoca socio di maggioranza e amministratore .
La Commissione regionale, con sentenza n. 2542/2016 depositata il 28/04/2016, rigettava l’appello erariale .
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso, affidato a tre motivi, l’Agenzia delle entrate , cui ha resistito il contribuente con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, l’Amministrazione denuncia, in relazione all’art. 360 n. 4 с.р.с. , la nullità della sentenza per omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c., deducendo che il giudice di secondo grado avrebbe omesso di pronunciarsi in ordine al motivo di appello relativo alle somme ricevute da NOME COGNOME per il cambio degli assegni, eseguite per il tramite di NOME COGNOME per l’importo di euro 1.259.268,00, nell’anno 2005.
1.1. Preliminarmente si osserva che il motivo è correttamente formulato, in ossequio al requisito della necessaria specificità.
1.2. Giova a tale proposito rammentare che «nel giudizio di legittimità, la deduzione del vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., postula, per un verso, che il giudice di merito sia stato investito di una domanda o eccezione autonomamente apprezzabili e ritualmente e inequivocabilmente formulate e, per altro verso, che tali istanze siano puntualmente riportate nel ricorso per cassazione nei loro esatti termini e non genericamente o per riassunto del relativo contenuto, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire la verifica, innanzitutto, della ritualità e della tempestività e, in secondo luogo, della decisività delle questioni prospettatevi. Pertanto, non essendo detto vizio rilevabile d’ufficio, la Corte di cassazione, quale giudice del ‘fatto processuale’,
intanto può esaminare direttamente gli atti processuali in quanto, in ottemperanza al principio di autosufficienza del ricorso, il ricorrente abbia, a pena di inammissibilità, ottemperato all’onere di indicarli compiutamente, non essendo essa legittimata a procedere ad un’autonoma ricerca, ma solo alla verifica degli stessi’ (cfr. Cass. Sez. 2, n. 28072 del 14/10/2021).
1.3. Orbene, l’Agenzia ha trascritto nel proprio ricorso, per estratto (pp. 9 e 10), il motivo di appello con il quale aveva dedotto l ‘ omessa considerazione, nella sentenza impugnata, della mancata giustificazione, da parte del contribuente, delle operazioni, ex se affette da evidenti irregolarità, che egli stesso aveva ammesso di avere posto in essere con il Cadei e che aveva attribuito alla monetizzazione in contanti di utili societari, di cui pertanto risultava avere ottenuto la disponibilità.
1.4. Il motivo è, inoltre, fondato, rilevandosi che, sul punto, la CTR nulla ha illustrato, limitandosi ad argomentare in merito alle -ulteriori e diverse – operazioni effettuate da COGNOME sui conti della società RAGIONE_SOCIALE
Con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, п. 3 с.р.с. , la «Violazione e falsa applicazione degli artt. 32 n. 7 DPR n. 600/73, 2727 e 2697 c.c.».
Lamenta la ricorrente che La CTR non avrebbe correttamente applicato la disciplina in materia di onere della prova attinente agli accertamenti bancari.
2.1. È opportuno premettere all’esame dei motivi una ricostruzione della disciplina applicabile, come interpretata da questa Corte di legittimità.
2.2. In tema di accertamenti bancari, gli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972 prevedono una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. per le presunzioni semplici, e che può essere superata dal
contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze (Cass. 30/06/2020, n. 13112, da ultimo richiamata da Cass. 20/02/2025, n. 4553).
2.3. In ordine ai conti formalmente intestati a terzi si è affermato che gli artt. 32 d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 d.P.R. n. 633 del 1972 autorizzano l’Ufficio finanziario a procedere all’accertamento fiscale anche attraverso indagini su detti ultimi, che si ha motivo di ritenere connessi ed inerenti al reddito del contribuente, acquisendo dati, notizie e documenti di carattere specifico relativi ai medesimi, sulla base di elementi indiziari. Si è aggiunto che all’utilizzabilità dei dati non è di ostacolo il divieto di doppia presunzione, attenendo quest’ultimo alla correlazione tra una presunzione semplice ed un’altra presunzione semplice, e non già al rapporto con una presunzione legale, quale è quella che ricorre nella fattispecie in esame (Cass. 16/06/2017, n. 15003, Cass. 01/02/2016, n. 1898, Cass, 21/12/2007, n. 27032). Peraltro, la prova inferenziale che sia caratterizzata da una serie lineare di inferenze, ciascuna delle quali sia apprezzata dal giudice secondo criteri di gravità, precisione e concordanza, fa sì che il fatto noto attribuisca un adeguato grado di attendibilità al fatto ignorato, il quale cessa pertanto di essere tale divenendo noto, ciò che risolve l’equivoco logico che si cela nel divieto di doppie presunzioni (Cass. 07/12/2020, n. 27982).
2.4. Si è precisato, quindi, che la disposizione non limita l’acquisizione della documentazione ai soli conti bancari formalmente intestati al contribuente sottoposto ad accertamento, sicché si deve ritenere estesa anche ai conti correnti intestati a terzi soggetti, ma
alla condizione che, pur in mancanza della formale titolarità, il conto sia nella disponibilità di fatto del contribuente sottoposto a verifica fiscale.
2.5. L’onere probatorio relativo alla presenza di tali condizioni formale intestazione ovvero disponibilità di fatto del conto -compete all’Ufficio; ove il medesimo sia stato assolto, opera la presunzione legale stabilita dall’art. 32, primo comma, n. 2, d.P.R. n. 600 del 1973 secondo cui i versamenti e i prelievi devono essere considerati proventi dell’attività svolta dall’interessato, con spostamento dell’onere probatorio sul contribuente, al quale spetta fornire la prova contraria, dimostrando che si tratti di somme comprese nella determinazione del reddito o che non abbiano rilevanza reddituale.
2.6. Pertanto, in caso di conti bancari di cui sia formalmente titolare il contribuente, la presunzione che gli importi versati siano frutto di compensi è immediatamente applicabile; nel caso di conti intestati a terzi, l’Ufficio, al fine di avvalersi della presunzione legale in oggetto, deve fornire la previa prova, anche per presunzioni (purché qualificate), che il conto bancario intestato a terzi sia nell’effettiva disponibilità del contribuente, al quale pertanto sono attribuibili le movimentazioni fiscalmente rilevanti (Cass. 31/08/2022, n. 25663, Cass. 20/12/2018, n. 32974; Cass. 13/04/2012, n. 5849; Cass. 12/01/2009, n. 374).
2.7. La CTR non si è attenuta ai richiamati principi, non misurandosi in alcun modo con le regole di attribuzione dell’onere della prova come affermate, per il caso di specie, dal costante orientamento giurisprudenziale di questa Corte.
I giudici di appello hanno infatti ritenuto che la qualificazione del maggior reddito imputato al contribuente, peraltro in ragione di quanto da egli stesso dichiarato, come reddito di impresa tratto da società a ristretta base partecipativa, escludesse di per sé l’applicabilità delle presunzioni ex art. 32 cit., facendo venir meno in
radice la riferibilità a COGNOME delle operazioni da lui stesso poste in essere.
2.8. La CTR non ha ritenuto, di conseguenza, di dover operare, come invece avrebbero dovuto, alcuna valutazione comparativa degli elementi presuntivi allegati dall’Amministrazione e da questa ribaditi nelle difese di merito, in ossequio al principio di autosufficienza richiamate topograficamente e trascritte per estratto nel ricorso, ove si era dedotto che: i) negli anni 2005/2005, NOME COGNOME ricopriva la carica di amministratore unico e legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE di cui era socio maggioritario al 95%; ii) il contribuente eseguiva delle operazioni extraconto, nella banca presso cui era acceso un conto corrente intestato alla società RAGIONE_SOCIALE; iii) le operazioni extraconto consistevano in cambio di assegni con denaro contante per l’importo complessivo di € 215.210,00 nel 2005 e di € 127.526,00 nel 2006 ; iii) tenuto conto dei ruoli rivestiti dal contribuente e dalla ristrettissima base societaria della RAGIONE_SOCIALE, l’Ufficio aveva ritenuto che il contribuente fosse il diretto beneficiario degli utili occultati negli anni 2005/2006.
3. In conclusione, assorbito il terzo motivo, proposto in via subordinata rispetto ai precedenti, il ricorso deve essere accolto con riferimento ai primi due e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia -Sezione Staccata di Brescia affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nel rispetto dei principi sopra illustrati, nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e secondo motivo di ricorso e dichiara assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia -Sezione Staccata di Brescia affinché, in diversa composizione, proceda a
nuovo e motivato esame, oltre a provvedere sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 7 maggio 2025.