Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12541 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12541 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 12/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23400/2020 R.G. proposto da :
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che la rappresenta e difende
-controricorrente-
nonché contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – DIREZIONE PROVINCIALE DI LECCO -intimata- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. MILANO n. 4849/13/19 depositata il 02/12/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 4849/13/19 del 02/12/2019, la Commissione tributaria regionale della Lombardia (di seguito CTR) respingeva l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza n. 315/01/18 della Commissione tributaria provinciale di Lecco (di seguito CTP), che aveva accolto solo parzialmente il ricorso del contribuente relativo a un avviso di accertamento per IRPEF e IVA relativo all’anno di imposta 2014.
1.1. Come emerge dalla sentenza impugnata, l’atto impositivo era stato emesso per lo più sulla base di accertamenti bancari sui conti correnti riconducibili al contribuente, il quale aveva svolto attività di lavoratore autonomo non dichiarata (istruttore ed esaminatore di volo per elicotteri).
1.2. La CTR respingeva l’appello di NOME COGNOME evidenziando, per quanto ancora interessa, che: a) l’utilizzazione dei dati acquisiti presso le aziende di credito quali prove presuntive di maggiori ricavi o operazioni imponibili non era subordinata alla prova che il contribuente esercitasse attività di impresa o di lavoro autonomo, gravando su quest’ultimo l’onere di provare che le rimesse non fossero fiscalmente rilevanti; b) l’attività lavorativa extra -ufficio svolta dal sig. COGNOME era senz’altro inquadr abile come lavoro autonomo ai sensi dell’art. 5 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR); c) il contribuente non aveva offerto prova idonea a sostenere la non imputabilità delle somme transitate sui conti correnti suoi e della moglie e non aveva prodotto documentazione inerente alle spese per i pedaggi, il carburante e gli adempimenti burocratici che affermava di aver sostenuto, né aveva fornito prova degli ulteriori costi sostenuti; d) la sentenza penale di assoluzione era irrilevante in quanto si era limitata
ad accertare che il contribuente non aveva svolto attività extra-ufficio durante le ore di lavoro.
NOME COGNOME impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
AE resisteva in giudizio con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso di NOME COGNOME è affidato a tre motivi, di seguito riassunti.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 53 del TUIR, per avere la CTR erroneamente ritenuto l’esercizio abituale e professionale dell’attività economica di esaminatore di volo senza considerare che la semplice titolarità della licenza non gli avrebbe consentito affatto di svolgere la predetta attività, se non previo inserimento del medesimo in una diversa organizzazione munita della certificazione JAR. Si dovrebbe, pertanto, concludere che il sig. COGNOME non abbia la qualifica di lavoratore autonomo, dovendosi inquadrare gli eventuali redditi tratti dall’attività in esame tra i redditi diversi.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 53 del TUIR, dell’art. 1 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA) e dell’art. 2222 cod. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto, in capo al ricorrente, i requisiti della abitualità e professionalità nello svolgimento dell’attività contestata, dovendo, invece, detti redditi essere annoverati tra i redditi diversi, con conseguente insussistenza degli obblighi IVA.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 39, secondo comma, lett. d), e terzo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nonché dell’art. 51 del
decreto IVA, per avere la CTR erroneamente ritenuto applicabile al sig. Timpano la presunzione legale posta dall’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, non svolgendo il contribuente attività di lavoro autonomo e, comunque, non essendo l’attività di lavoro autonomo equiparabile all’attività d’impresa.
I primi due motivi di ricorso, riguardando la qualificazione dei redditi accertati e, in particolare, la circostanza se detti redditi rientrino o meno nell’art. 53 del TUIR, possono essere unitariamente esaminati. Gli stessi vanno disattesi.
2.1. Secondo quanto previsto dall’art. 53, comma 1, del TUIR, «Sono redditi di lavoro autonomo quelli che derivano dall’esercizio di arti e professioni. Per esercizio di arti e professioni si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diverse da quelle considerate nel capo VI , compreso l’esercizio in forma associata di cui alla lettera c) del comma 3 dell’art. 5».
2.1.1. Il comma 2 della medesima disposizione indica, invece, le fattispecie ‘assimilate’ a quelle di lavoro autonomo, che sono elencate nelle lettere b), c), d), e), atteso che la lett. a) è stata abrogata dall’art. 34, comma 1, lett. d), della l. 21 novembre 2000, n. 342. Le stesse non hanno, peraltro, rilevanza nel caso di specie.
2.2. Il riferimento codicistico è al contratto d’opera di cui all’art. 2222 cod. civ., stipulato dalla persona che si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, nonché all’art. 2230 cod. civ., che regola la prestazione d’opera intellettuale, caratterizzata dal rilievo prevalente della persona del professionista e dalla sua insostituibilità.
2.3. Peraltro, ai fini di qualificare fiscalmente il reddito come rientrante tra quello da lavoro autonomo o tra i redditi diversi, rileva
esclusivamente la prestazione di lavoro autonoma derivante dall’esercizio di arti o professioni, ove svolta con carattere di abitualità. Solo un reddito avente le superiori caratteristiche rientra tra i redditi di cui all’art. 53, comma 1, del TUIR.
2.4. Ne deriva che un reddito classificabile in quelli previsti dall’art. 53, comma 1, cit. deve essere prodotto da un lavoratore non subordinato (autonomia) che svolga, anche in collaborazione con altre persone, una molteplicità di atti coordinati e finalizzati verso un identico scopo; atti che solo lui può compiere, in ragione delle specifiche capacità che lo contraddistinguono (professionalità), e caratterizzati da organizzazione, stabilità, regolarità e sistematicità (abitualità), in modo tale che l’attività compiuta non sia occasionale, cioè saltuaria, episodica o, comunque, non programmata.
2.5. Nel caso di specie, la CTR ha affermato che l’attività del sig. COGNOME (esaminatore e istruttore di volo per elicotteri): a) è caratterizzata dalla professionalità, perché quest’ultimo è titolare di una specifica abilitazione; b) è organizzata autonomamente dal contribuente in tutte le fasi dei corsi per piloti di elicotteri, seppur con l’ausilio dell’Aeroclub, titolare della certificazione JAR necessaria per il rilascio o il rinnovo dell’abilitazione a condurre elicotteri; c) è stata svolta continuativamente dal 2008 al 2014.
2.6. Nella valutazione del giudice di appello le superiori circostanze sono idonee ad integrare i requisiti di autonomia, professionalità e abitualità necessari per la sussunzione dell’attività svolta dal sig. COGNOME nell’ambito della previsione dell’art. 53, comma 1, del TUIR, con conseguente debenza anche dell’IVA.
2.7. Tale valutazione è del tutto conforme ai principi sopra evidenziati e le considerazioni svolte dal ricorrente con i due motivi, lungi dall’integrare un’insussistente violazione di legge, mirano unicamente a una inammissibile rivalutazione nel merito delle
conclusioni già raggiunte dalla CTR, ben potendo l’attività professionale svolgersi con il supporto di altro ente (in ipotesi, l’Aeroclub) e non essendo, di per sé, decisivo nella valutazione della sentenza impugnata -il richiamo all’art. 2222 cod. civ., costituente un riferimento normativo del tutto pleonastico.
2.8. In buona sostanza, il ricorrente, pur deducendo apparentemente, una violazione di norme di legge, mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. n. 3340 del 05/02/2019; Cass. n. 640 del 14/01/2019; Cass. n. 24155 del 13/10/2017; Cass. n. 8758 del 04/07/2017; Cass. n. 8315 del 05/04/2013).
Il terzo motivo, con il quale si contesta l’utilizzabilità degli accertamenti bancari nei confronti di lavoratori autonomi non professionisti, è fondato nei limiti di seguito specificati.
3.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la presunzione (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari a norma dell’art. 32, primo comma, n. 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, non è riferibile ai soli titolari di reddito di impresa o di reddito di lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti come è reso palese dal richiamo, operato dal citato art. 32, anche all’art. 38 del medesimo d.P.R., riguardante l’accertamento del reddito complessivo delle persone fisiche (attinente ad ogni tipologia di reddito di cui esse siano titolari).
3.1.1. La previsione in oggetto si articola nel modo che segue: a) i «dati ed elementi» attinenti ai rapporti bancari possono essere utilizzati nei confronti di tutti i contribuenti destinatari di accertamenti previsti dagli artt. 38, 39, 40 e 41 del d.P.R. n. 600 del 1973 (persone fisiche, titolari di reddito determinato in base alle scritture
contabili, redditi di soggetti diversi dalle persone fisiche, redditi accertati d’ufficio); b) la presunzione secondo cui i versamenti ed i prelevamenti sono considerati ricavi o compensi può essere utilizzata nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa o di reddito di lavoro autonomo, soggetti all’obbligo di tenuta delle scritture contabili (con la correzione apportata dalla Corte Cost. con la sentenza n. 228 del 2014 che ha dichiarato l’illegittimità della presunzione di maggiori compensi desumibile dai prelevamenti effettuati dai titolari di reddito di lavoro autonomo).
3.1.2. Pertanto, mentre l’operazione bancaria di prelevamento conserva validità presuntiva nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, le operazioni bancarie di versamento hanno efficacia presuntiva di maggiore disponibilità reddituale nei confronti di tutti i contribuenti, i quali possono contrastarne l’efficacia adempiendo l’onere di dimostrare che « ne hanno tenuto conto ai fini della determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine » (così, sostanzialmente, Cass. n. 1519 del 20/01/2017; conf. Cass. n. 29572 del 16/11/2018; nel senso indicato si veda anche Cass. n. 22931 del 26/09/2018, nonché la giurisprudenza ivi richiamata).
3.1.3. Più nel dettaglio, il contribuente deve provare «che i versamenti sono registrati in contabilità e che i prelevamenti sono serviti per pagare determinati beneficiari, anziché costituire acquisizione di utili; pertanto, in virtù della disposta inversione dell’onere della prova, grava sul contribuente l’onere di superare la suddetta presunzione (relativa) dimostrando la sussistenza di specifici costi e oneri deducibili, che dev’essere fondata su concreti elementi di prova e non già su presunzioni o affermazioni di carattere generale o sul mero richiamo all’equità » (Cass. n. 15161 del 16/07/2020; Cass.
n. 16896 del 24/07/2014; Cass. n. 13035 del 24/07/2012; Cass. n. 25365 del 05/12/2007; Cass. n. 18016 del 09/09/2005).
3.1.4. A fronte della presunzione legale prevista dagli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972, la quale « non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. per le presunzioni semplici », la prova richiesta al contribuente è analitica, « con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze » (Cass. n. 13112 del 30/06/2020; Cass. n. 10480 del 03/05/2018; Cass. n. 11102 del 05/05/2017).
3.1.5. Al fine di superare la presunzione posta a carico del contribuente dall’art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, pertanto, non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell’affluire di somme sul proprio conto corrente, ma è necessario che il contribuente fornisca la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni, ovvero dell’estraneità delle stesse alla sua attività (Cass. n. 4829 del 11/03/2015; Cass. n. 21303 del 18/09/2013).
3.1.6. In questo contesto, « a fronte della presunzione legale di ricavi non contabilizzati, e quindi occulti, scaturenti da prelevamenti bancari non giustificati, il contribuente imprenditore può sempre, anche in caso di accertamento analitico-induttivo, eccepire l’incidenza percentuale dei costi relativi, che vanno, dunque, detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati » (così Cass. n. 6874 del 08/03/2023, in applicazione dei principi derivanti da Corte cost. n. 10
del 31/01/2023, innovando rispetto al precedente orientamento in materia).
3.1.7. Ne consegue che « Ove detti costi non siano stati riconosciuti dall’Amministrazione finanziaria, va demandato al giudice di merito l’accertamento dell’ammontare dei costi sostenuti per la produzione del reddito, in ragione del parametro individuato nel par. 8 della sentenza della Corte Costituzionale n. 10 del 2023, quantificandoli in via presuntiva, anche con riferimento alle «medie» elaborate dall’amministrazione finanziaria per il settore di riferimento, o, se del caso, anche a mezzo di consulenza tecnica d’ufficio » (così sempre la già citata Cass. n. 6874 del 2023).
3.1.8. Sotto altro profilo, « le verifiche fiscali finalizzate a provare, per presunzioni, la condotta evasiva possono anche indirizzarsi sui conti bancari intestati al coniuge o al familiare del contribuente, potendo desumersi la riferibilità a quest’ultimo da elementi sintomatici, quali: il rapporto di stretta familiarità, l’ingiustificata capacità reddituale dei prossimi congiunti nel periodo di imposta considerato, l’infedeltà delle dichiarazioni e l’esercizio di attività da parte del contribuente compatibile con la produzione della maggiore redditività riferita a dette persone » (Cass. n. 549 del 15/01/2020; si vedano, altresì, Cass. n. 428 del 14/01/2015; Cass. n. 20668 del 01/10/2014; Cass. n. 21420 del 30/11/2012; Cass. n. 26173 del 06/12/2011).
3.2. Applicando i sopra menzionati principi generali al caso di specie, va evidenziato che: i) il sig. COGNOME è un lavoratore autonomo professionista, esposto, pertanto, come gli altri contribuenti, ad accertamenti bancari e alla presunzione di cui all’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973; ii) per stessa ammissione del ricorrente (cfr. pag. 4 del ricorso, che trova conferma nel controricorso), le rimesse considerate dall’Amministrazione finanziaria
consistono unicamente nei versamenti in conto corrente e non anche nei prelevamenti, sicché legittima è l’attività di accertamento dell’Ufficio; iii) i costi diversamente da quanto erroneamente sostenuto dalla CTR -devono, peraltro, essere riconosciuti quanto meno in misura forfettaria ai fini della corretta applicazione del meccanismo presuntivo previsto dalla norma, così come previsto a seguito del disposto di Corte cost. n. 10 del 2023, cit.
3.3. Sotto questo terzo profilo, pertanto, la sentenza impugnata va cassata, dovendo il giudice del rinvio procedere a valutare l’incidenza forfettaria dei costi sui ricavi, posto che i costi specifici non sono stati comprovati dal contribuente.
In conclusione, va accolto il terzo motivo di ricorso nei limiti di cui si è detto, rigettati gli altri; la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente procedimento.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso nei limiti di cui in motivazione, rigettati gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del presente procedimento.
Così deciso in Roma, il 24/04/2025.