Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31930 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31930 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, ed elettivamente domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-ricorrente –
Contro
NOME COGNOME con avv. NOME COGNOME
-controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 2235/2015 pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, pubblicata il 14 dicembre 2015; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
L’Agenzia, sulla base delle movimentazioni bancarie del contribuente, verificate a seguito dell’acquisto senza finanziamento di un bar per l’importo di € 200 mila a fronte di nessun reddito dichiarato, e della mancata compilazione del quadro RW, verificata l’annotazione di numerosi bonifici provenienti da un conto cinese, accertava redditi diversi per l’anno 2009 pari ad € 190.314,00, procedendo al recupero della relativa tassazione. La CTP
Oggetto: accertamenti bancari
respingeva il ricorso del contribuente, mentre la CTR, adìta dallo stesso in sede d’appello, accoglieva il gravame ritenendo che la giustificazione delle somme utilizzate per l’acquisto fosse stata fornita attraverso una dichiarazione notarile di due soggetti che affermavano di aver donato l’importo al nipote (qualificandosi infatti essi come suoi nonni). Propone l’Agenzia ricorso in cassazione affidato a tre motivi, cui resiste il contribuente a mezzo di controricorso. Lo stesso ha altresì spiegato ricorso incidentale affidato a sua volta ad un motivo.
Ragioni della decisione
1.Con il primo motivo si denuncia violazione degli artt. 32, 38 e 4bis, d.p.r. n. 600/1973, 2700, 2727 e 2729, cod. civ., laddove la sentenza d’appello ha ritenuto che la dichiarazione resa dai due cittadini cinesi ad un notaio del luogo costituisse prova legale della provenienza dei fondi e dunque fosse idonea a superare la presunzione di reddito fino a querela di falso.
1.1. Il motivo è fondato.
A ben vedere la pronuncia d’appello si basa su plurime rationes decidendi, tutte supportate da un’erronea lettura dei dati normativi, o meglio da un loro palese fraintendimento.
L’Agenzia, verificata la presenza di movimentazioni bancarie costituite da bonifici provenienti dall’estero, a fronte di un soggetto che nulla dichiarava, ha chiesto le relative giustificazioni ai sensi dell’art. 32, d.p.r. n. 600/1973.
Tali movimentazioni, a fronte dell’assenza di coerenza con le dichiarazioni e vieppiù di successiva giustificazione, di per sé costituiscono presunzione legale di produzione di reddito occultato.
La prima affermazione della CTR, secondo cui il fatto che il contribuente abbia dapprima affermato di aver ricevuto un prestito e poi ‘dimostrato’ una donazione non costituirebbero elementi gravi, precisi e concordanti tali da giustificare l’inversione dell’onere
della prova non ha alcun senso né alcun legame con le norme vigenti.
Una volta infatti appurata l’incoerenza tra dichiarazione e movimentazione, sorge una presunzione iuris tantum (che dunque non è fondata su elementi gravi, precisi e concordanti, come quella hominis), a fronte della quale è onere del contribuente fornire rigorosa prova del contrario.
Ma neppure la seconda ratio è minimamente rispettosa del dato normativo, laddove la stessa afferma che il contribuente avrebbe dimostrato che il denaro apparteneva a terzi.
Il contribuente ha infatti solo prodotto un documento in cui un notaio cinese attesta la presenza dei due cittadini cinesi e che gli stessi davanti a lui dichiaravano di aver fatto a suo tempo una donazione.
Non attesta il notaio (come osserva la stessa CTR) che essi sono parenti e in particolare nonni del contribuente; né egli riceve un atto di donazione, ma piuttosto un mero atto asseritamente ricognitivo, intervenuto quattro anni dopo l’asserita donazione, che può essere valutato dal giudice, ma che di certo non può costituire prova legale.
La prova legale infatti, nel nostro ordinamento, in cui l’atto in questione dev’essere fatto valere, è costituita dalla confessione, dal giuramento e dall’atto pubblico, quest’ultimo, come noto, impugnabile solo a mezzo di querela di falso.
Ma nella specie l’efficacia di atto pubblico è appunto limitata alla certificazione dell’identità dei soggetti e della dichiarazione di aver donato, non all’atto di donazione in sé che è riferito ad epoca ben anteriore, superandosi così anche la terza ratio, che peraltro con ulteriore errore di diritto presuppone che l’efficacia di prova legale della dichiarazione sia da ragguagliarsi al diritto cinese.
Tutte le norme indicate risultano quindi violate dalla decisione impugnata.
Col secondo mezzo si denuncia omesso esame di un fatto decisivo, costituito nella specie dall’ulteriore movimentazione bancaria (versamenti per ulteriori € 96 mila e prelevamenti per € 73.550) che non trovano del pari giustificazione.
2.1. L’omessa considerazione di tali elementi si spiega pienamente alla luce dell’erronea e superiormente censurata conclusione del giudice d’appello secondo cui nella specie la prova offerta dal contribuente era di natura legale e poteva essere superata solo attraverso la proposizione di querela di falso.
Tali elementi invero sono da considerarsi in un corretto giudizio di verifica delle prove offerte dal contribuente per superare la presunzione legale formatasi, ma nell’ottica della decisione assunta non si tratta di omesso esame ma di assorbimento in conseguenza dell’erroneamente ritenuta natura legale della prova offerta.
Col terzo mezzo si denuncia motivazione apparente relativamente all’ulteriore ratio decidendi della pronuncia impugnata, che letteralmente si riporta ‘Inoltre, deve come lessico quanto rappresentato dal contribuente in ordine alla circostanza che l’avviso di accertamento sarebbe nullo in quanto l’agenzia non avrebbe indicato il metodo di accertamento utilizzato nel caso in esame’.
3.1. La motivazione deve ritenersi apparente allorché, pur graficamente esistente, dalla stessa non è possibile ricostruire la ratio decidendi che ha consentito al giudice di giungere alla decisione. E’ questo il caso di specie, in cui dalla riportata frase non è possibile dedurre l’iter logico e, in generale un senso logico compiuto della stessa.
In relazione al motivo del ricorso incidentale, con lo stesso si denuncia difetto di motivazione in ordine alla compensazione delle spese di giudizio.
4.1. Il motivo è assorbito dall’accoglimento del ricorso principale, per cui il ricorso incidentale dev’essere respinto.
Il ricorso dev’essere dunque accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità
P.Q.M .
La Corte accoglie il ricorso e, assorbito il motivo del ricorso incidentale cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana che, in diversa composizione, provvederà altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 19 giugno 2024.