Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3782 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3782 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 14/02/2025
Indagini bancarie -Presunzione legale – Onere di prova contraria -Rilevanza dei costi.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10028/2019 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME in forza di procura allegata alla memoria di costituzione di nuovo difensore;
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato e presso la stessa domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto n. 959/2018 depositata in data 20/09/2018, non notificata;
udita la relazione della causa nell ‘ adunanza camerale del 20/12/2024 tenuta dal consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale del Veneto rigettava l’appello di NOME COGNOME contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Padova che ne aveva rigettato il ricorso contro un avviso di accertamento emesso a fini Irpe f, Irap e Iva per l’anno di imposta 2008 a seguito di indagini bancarie. In particolare, premessa la natura di presunzione legale in relazione a versamenti e prelievi, prevista dagli artt. 32 d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 d.P.R. n. 633 del 1972, riteneva che il contribuente non avesse fornito prova contraria in relazione ad operazioni diverse da quelle già escluse dal fisco, escludendo che a tal fine avesse rilievo il regime di contabilità semplificata con cui egli operava; escludeva che le presunzioni predette non fossero applicabili in sede di accertamento parziale ai sensi dell’art. 41 -bis d.P.R. n. 600 del 1973; riteneva che fossero riconoscibili solo i costi documentati e non quelli in misura forfettaria essendo in presenza di un accertamento analitico induttivo.
Il contribuente propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso
La causa è stata fissata per l’adunanza camerale de l 20/12/2024, per la quale il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo , proposto ai sensi dell’ar t. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., si deduce violazione de ll’art. 132 cod. proc. civ. e dell’art. 36 d.lgs. n. 546 del 1992, per motivazione apparente della sentenza.
Con il secondo motivo, il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., violazione de ll’art. 116 cod. proc. civ., non avendo la CTR tenuto conto delle prove versate dal contribuente in merito alle giustificazioni delle operazioni bancarie.
Col terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., si deduce la violazione dell’art. 32 , primo comma, d.P.R. n. 600 del 1973 , dell’art. 39, primo comma, lett. c, d.P.R. n. 600 del 1973, e del l’art. 51 d.P.R. n. 633 del 1972 , per aver la sentenza ritenuto implicitamente inidonea al superamento della presunzione legale la documentazione contabile versata in atti, con particolare riferimento alla circostanza che diversi versamenti costituirebbero pagamenti frazionati, in quanto acconti e saldi delle fatture di acquisto.
1.1. l primi tre motivi vanno esaminati congiuntamente e sono fondati.
Costituisce orientamento consolidato di questa Corte che in tema di accertamenti bancari, gli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972 prevedono una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 cod. civ. per le presunzioni semplici, e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario ad esse.
In dettaglio – secondo questa giurisprudenza di legittimità – in materia di accertamenti bancari, al predetto onere probatorio gravante sul contribuente, che vuole superare la presunzione legale posta dalle predette disposizioni a favore dell’erario, di fornire non una prova generica, ma una prova analitica, corrisponde l’obbligo del giudice di merito, da un lato, di operare una verifica rigorosa dell’efficacia dimostrativa delle prove fornite dal contribuente a giustificazione di ogni singola movimentazione accertata, e, dall’altro, di dare espressamente conto in sentenza delle risultanze di quella verifica. (in
termini, Cass. n. 13112/2020; Cass. n. 26111/2015; Cass. n. 26018/2014; Cass. n. 18081/2010; Cass. n. 22179/2008).
La motivazione della CTR sul punto è invece del tutto generica e apodittica, limitandosi ad una condivisione dell’operato dell’amministrazione che aveva tenuto conto di parte delle deduzioni difensive in sede di accertamento, con una generale ed astratta valutazione del tutto non idonea a dare conto delle deduzioni difensive proposte in giudizio dal contribuente in ordine ai singoli movimenti, avendo egli dedotto di aver depositato in data 11/07/2014 davanti alla CTP i prospetti riconciliativi delle operazioni bancarie con le operazioni registrate in contabilità e i documenti giustificativi, specificando altresì che per varie operazioni di vendita, vi sarebbero stati pagamenti frazionati, in acconto e a saldo (il deposito di tale memoria con allegati risulta compiutamente localizzato e la memoria è stata altresì prodotta agli atti del giudizio).
La CTR dovrà pertanto esaminare tali documenti e preliminarmente la loro ammissibilità, dandone conto in motivazione.
Col quarto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., si deduce la violazione dell’art. 39, primo comma, lett. c, d.P.R. n. 600 del 1973, in quanto la CTR ha escluso di poter riconoscere la percentuale forfettaria di incidenza dei costi sui ricavi in diminuzione del maggior reddito accertato.
2.1. Il motivo è fondato.
Questa Corte ha già riconosciuto che in tema di accertamenti bancari di cui all’art. 32, primo comma, n. 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, così come interpretato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 10 del 2023, a fronte della presunzione legale di ricavi non contabilizzati, e quindi occulti, scaturenti da prelevamenti bancari non giustificati, il contribuente imprenditore può sempre, anche in caso di accertamento analitico-induttivo, eccepire l’incidenza percentuale dei costi relativi,
che vanno, dunque, detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati (Cass. n. 6874/2023; Cass. n. 18653/2023; Cass. n. 7122/2023).
Si è evidenziato che la consolidata opzione interpretativa contraria deve infatti essere rivisitata alla luce della pronuncia di Corte Cost. n. 10 del 2023, cui la Commissione tributaria provinciale di Arezzo, con ordinanza del 26 aprile 2021, aveva rimesso la questione di legittimità costituzionale dell’art. 32, primo comma, n. 2), del d.P.R. n. 600 del 1973, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, nella parte in cui pone la presunzione per la quale i prelevamenti sul conto corrente, se non risultano dalle scritture contabili, sono considerati ricavi dell’imprenditore commerciale, salvo che ne sia indicato il beneficiario.
La Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale essendo possibile un’interpretazione adeguatrice della norma. Ha osservato che, in caso di accertamento induttivo in senso stretto (o puro), l’impossibilità di una ricostruzione complessiva della contabilità (o, comunque, la generalizzata inattendibilità della stessa) ha da tempo indotto la giurisprudenza di legittimità ad affermare il principio -cui ha fatto riferimento la stessa Corte nella sentenza n. 225 del 2005 -secondo il quale deve riconoscersi la deduzione dei costi di produzione, determinata anche in misura percentuale forfettaria, precisando che è lo stesso ufficio finanziario ad essere onerato di determinare induttivamente non solo i ricavi, ma anche i corrispondenti costi. L’accertamento analitico -contabile (che aveva originato l’incidente di legittimità costituzionale) si caratterizza -invece – per la rettifica di singole componenti del reddito dichiarato e può derivare dal confronto tra la dichiarazione e le scritture contabili (il bilancio, in particolare) e dall’esame della documentazione posta a fondamento della contabilità, come le risultanze delle movimentazioni bancarie.
Presupposto dell’utilizzo del metodo analitico o misto è l’attendibilità complessiva della contabilità, che consente la rettifica di singole componenti reddituali: in sostanza, la determinazione del reddito è compiuta nell’ambito delle risultanze della con tabilità, ma con una ricostruzione induttiva di singoli elementi attivi o passivi, dei quali risulta provata aliunde la mancanza o l’inesattezza. Proprio la presenza di una contabilità generalmente attendibile, e una ripresa a tassazione che si realizza mediante rettifiche di singole poste della stessa, implica che ai fini della deduzione dei costi, operi in generale la regola ritraibile dall’art. 109 t.u.i.r., in forza della quale, se gli stessi non sono presenti nel conto economico, possono essere dedotti solo se risultano da elementi cer ti e precisi, dei quali l’onere della prova è a carico del contribuente. Da tale sistema, secondo il giudice delle leggi, deriverebbero esiti irragionevoli perché finirebbe per prevedere un trattamento più severo, quanto al regime della possibile prova contraria rispetto alla presunzione legale in esame, in danno del contribuente che ha tenuto una contabilità complessivamente attendibile (e che può essere destinatario di un accertamento analiticoinduttivo), rispetto al regime probatorio di cui si avvale chi, destinatario di un accertamento induttivo, ha omesso qualsiasi contabilità ovvero ne ha tenuta una complessivamente inattendibile o ha posto in essere gravi condotte, quale l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi. Pertanto, la disposizione censurata in tanto si sottrae alle censure di illegittimità costituzionale in quanto si interpreti nel senso che, a fronte della presunzione legale di ricavi non contabilizzati, e quindi occulti , scaturente da prelevamenti bancari non giustificati, il contribuente imprenditore possa sempre, anche in caso di accertamento analitico-induttivo, opporre la prova presuntiva contraria e in particolare possa eccepire la «incidenza percentuale dei costi relativi, che vanno , dunque, detratti dall’ammontare dei prelievi non
giustificati» (Corte cost. n. 225 del 2005). L’Agenzia delle entrate, con circolare n. 32/E/2006 (capitolo quinto, punto 5.5), aveva già affermato, con riguardo agli accertamenti induttivi puri , che «il riconoscimento di costi deve essere livellato – anche in misura percentualistica – in ragione dei maggiori ricavi accertati sulla base del meccanismo presuntivo» di cui all’art. 32, primo comma, n. 2), del d.P.R. n. 600 del 1973. A seguito della richiamata pronuncia della Corte costituzionale, tale principio deve ritenersi estensibile anche al caso di utilizzo del metodo analitico o misto .
In conclusione, sul punto, alla stregua dell’interpretazione adeguatrice fornita dal giudice delle leggi, si rivela dunque errata la decisione impugnata nella parte in cui afferma che non è possibile riconoscere, in mancanza di idonea documentazione, una incidenza percentuale di costi presunti a fronte di maggiori ricavi.
In sede di rinvio la Corte di giustizia tributaria dovrà quindi rideterminare il reddito imponibile del contribuente riconoscendo una deduzione in misura percentuale forfettaria dei costi in relazione ai ricavi accertati.
Concludendo, il ricorso va accolto, la sentenza va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione, cui si demanda di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione, cui demanda di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2024.