LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Accertamenti bancari: deduzione costi presunti

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 10013/2025, interviene sul tema degli accertamenti bancari. Un imprenditore, a seguito di un accertamento basato su movimenti bancari, si era visto riconoscere una deduzione forfettaria del 15% per i costi. La Suprema Corte, richiamando la sentenza della Corte Costituzionale n. 10/2023, ha stabilito un principio fondamentale: l’imprenditore ha sempre il diritto di eccepire e ottenere la deduzione di una quota percentuale di costi relativi ai ricavi presunti dai prelevamenti non giustificati. La sentenza impugnata è stata cassata con rinvio, incaricando il giudice di merito di determinare l’effettiva incidenza dei costi, anche in via presuntiva e con l’ausilio di medie di settore.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamenti bancari: Sì alla deduzione presuntiva dei costi

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha introdotto un principio di fondamentale importanza in materia di accertamenti bancari, rafforzando le tutele per gli imprenditori. La decisione stabilisce che, a fronte di ricavi presunti derivanti da prelevamenti non giustificati, il contribuente ha sempre il diritto di ottenere una deduzione per i costi di produzione, anche se determinata in via presuntiva. Questa pronuncia, allineandosi a un precedente intervento della Corte Costituzionale, bilancia il potere dell’Amministrazione finanziaria con il principio di capacità contributiva.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un imprenditore individuale sottoposto a un avviso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate. L’Amministrazione finanziaria, analizzando i movimenti sui conti correnti, aveva riqualificato diversi prelevamenti non giustificati come ricavi non dichiarati, basandosi sulla presunzione legale prevista dall’art. 32 del d.P.R. n. 600/1973.

Il contribuente aveva impugnato l’atto, e la Commissione tributaria di primo grado aveva parzialmente accolto il ricorso, riconoscendo una deduzione forfettaria del 15% a titolo di costi inerenti ai maggiori ricavi accertati. La Commissione tributaria regionale, in secondo grado, aveva confermato questa decisione, ritenendola ‘equilibrata ed equa’, e respingendo sia l’appello principale dell’imprenditore sia quello incidentale dell’Agenzia, che contestava la legittimità di una deduzione dei costi non supportata da prove documentali specifiche.

Entrambe le parti hanno quindi proposto ricorso per cassazione: l’imprenditore lamentando, tra le altre cose, un’insufficiente motivazione sulla quantificazione del 15%; l’Agenzia delle Entrate sostenendo che nessuna deduzione forfettaria fosse ammissibile in assenza di prova certa dei costi.

L’analisi della Corte sugli accertamenti bancari

La Suprema Corte ha esaminato congiuntamente il motivo di ricorso dell’imprenditore relativo alla motivazione sulla percentuale dei costi e l’unico motivo del ricorso incidentale dell’Agenzia, poiché entrambi vertevano sulla medesima questione: la determinazione dei costi in un contesto di accertamenti bancari basati su presunzioni.

Il punto di svolta dell’analisi è il richiamo alla sentenza della Corte Costituzionale n. 10 del 2023. Con tale pronuncia, la Consulta aveva salvato la norma sulla presunzione di ricavo per i prelevamenti (art. 32 d.P.R. 600/73) da dubbi di incostituzionalità, a condizione che fosse interpretata in modo da consentire sempre al contribuente-imprenditore di opporre la prova presuntiva dell’incidenza dei costi.

Senza tale possibilità, infatti, si finirebbe per tassare un ricavo lordo come se fosse un reddito netto, violando il principio di capacità contributiva (art. 53 Cost.), secondo cui si deve tassare solo la ricchezza effettiva.

La deduzione dei costi come correttivo necessario

La Cassazione ha chiarito che tassare i prelevamenti come ricavi senza considerare i costi occulti sostenuti per produrli creerebbe un trattamento irragionevole e sproporzionato. La presunzione legale che un prelievo finanzi un costo occulto, che a sua volta genera un ricavo occulto di pari importo, deve essere bilanciata dalla possibilità per il contribuente di dimostrare, anche per presunzioni, che una parte di quel ricavo è stata assorbita dai costi di produzione.

Le Motivazioni della Decisione

Sulla base di queste premesse, la Corte di Cassazione ha superato il precedente orientamento giurisprudenziale, che richiedeva al contribuente una prova rigorosa e puntuale di ogni singolo costo deducibile. La Corte ha invece enunciato un nuovo e chiaro principio di diritto: “In tema di accertamenti bancari di cui all’art. 32 d.P.R. 602/1973, a fronte della presunzione legale di ricavi non contabilizzati, e quindi occulti, scaturenti da prelevamenti bancari non giustificati, il contribuente imprenditore può sempre, anche in caso di accertamento analitico-induttivo, eccepire la incidenza percentuale dei costi relativi, che vanno, dunque, detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati”.

Inoltre, ha precisato che qualora tali costi non siano stati riconosciuti dall’Amministrazione finanziaria, spetta al giudice di merito accertarne l’ammontare. Tale accertamento può avvenire “in via presuntiva, anche con riferimento alle «medie» elaborate dall’amministrazione finanziaria per il settore di riferimento, o, se del caso, anche a mezzo di consulenza tecnica d’ufficio”.

Di conseguenza, la sentenza di secondo grado è stata cassata perché, pur avendo riconosciuto una deduzione del 15%, non aveva adeguatamente motivato come fosse giunta a tale percentuale, omettendo di considerare parametri oggettivi come le medie di settore per l’attività specifica dell’imprenditore (idraulico artigiano).

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta una vittoria significativa per gli imprenditori e un importante passo avanti nella tutela dei diritti del contribuente. Le implicazioni pratiche sono notevoli:

1. Diritto alla deduzione presuntiva: Gli imprenditori sottoposti ad accertamenti bancari possono legittimamente chiedere la deduzione di una quota di costi, anche in assenza di documentazione specifica, basandosi sulla logica economica che per produrre ricavi è necessario sostenere dei costi.
2. Ruolo attivo del giudice: Il giudice tributario ha il dovere di quantificare tale quota, non potendo rigettare la richiesta solo per mancanza di prove documentali. Deve utilizzare strumenti come le medie di settore o nominare un consulente tecnico.
3. Equilibrio processuale: Viene riequilibrata la posizione tra Fisco e contribuente. Alla forte presunzione legale a favore dell’erario corrisponde ora un concreto strumento di difesa per l’imprenditore, in linea con i principi costituzionali di ragionevolezza e capacità contributiva.

In caso di accertamenti bancari, i prelevamenti non giustificati di un imprenditore sono sempre considerati ricavi?
Sì, in base a una presunzione legale stabilita dall’art. 32 del d.P.R. n. 600/1973. Tuttavia, il contribuente ha il diritto di vincere tale presunzione fornendo la prova contraria e, in ogni caso, può chiedere la deduzione dei costi di produzione inerenti a tali ricavi presunti.

L’imprenditore può dedurre i costi relativi ai ricavi accertati tramite prelevamenti, anche se non ha fatture o documenti specifici?
Sì. La Corte di Cassazione ha affermato che l’imprenditore può sempre eccepire l’incidenza percentuale dei costi relativi, che devono essere detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati. Questa deduzione può essere riconosciuta anche in via presuntiva.

Come vengono calcolati i costi deducibili se mancano le prove documentali?
Spetta al giudice di merito accertare l’ammontare dei costi. Per farlo, può utilizzare parametri presuntivi, come le medie di settore elaborate dall’amministrazione finanziaria per l’attività specifica del contribuente, oppure può disporre una consulenza tecnica d’ufficio (CTU).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati