Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26966 Anno 2025
Oggetto: Tributi Relatore: COGNOME NOME
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26966 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Data pubblicazione: 07/10/2025
ACCERTAMENTI BANCARI
COSTI DI PRODUZIONEINCIDENZA PERCENTUALE
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 16008 del ruolo generale dell’anno 2017, proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv.to NOME COGNOME e Dall’Avv.to NOME COGNOME (indirizzi di posta elettronica: EMAIL), giusta procura speciale a margine del ricorso, domiciliata presso la cancelleria della Corte di cassazione in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-resistente – per la cassazione della sentenza n. 11179/28/2016 della Commissione tributaria regionale della Campania depositata in data 12/12/2016, non notificata;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25 settembre 2025 dal Consigliere NOME COGNOME di Nocera;
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore , propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale della Campania aveva rigettato l’appello proposto nei confronti dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , avverso la sentenza n. 16596/11/2015 della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli che aveva rigettato il ricorso proposto dalla contribuente, esercente attività di commercializzazione di GPL, avverso avviso di accertamento con il quale l’Amministrazione, previo p.v.c. della GdF, aveva ripreso a tassazione maggiori ricavi, pari a euro 3.734.322,00, ai fini Ires, Irap e Iva, per il 2008, sulla base di indagini bancarie effettuate sui conti correnti della società e del suo amministratore di fatto (NOME COGNOME in relazione alle movimentazioni risultate ingiustificate.
In punto di diritto, per quanto di interesse, la CTR ha affermato che – a fronte di una contabilità inattendibile e dell’accertamento dell’Ufficio di maggiori ricavi basato sulla presunzione legale di cui agli artt. 32 del DPR n. 600/73 e 51 del DPR n. 633/72 con riguardo alle movimentazioni risultate ingiustificate sui conti correnti verificati della società e dell’amministratore di fatto (NOME COGNOME 1) quanto alla assunta mancata valutazione da parte dell’Ufficio, nella determinazione del reddito di impresa, dei ‘ costi medi ‘ del prodotto
commercializzato (GPL), a fronte di una presunzione di contabilizzazione dei costi di produzione (a differenza dei ricavi) quali ‘voci passive’ e potendo gli stessi essere anche inferiori a quelli medi, ‘ non era sufficiente una generica allegazione di circostanze, del tutto plausibili, ma generiche (id est: era certamente vero che il prezzo del GPL tendenzialmente era identificabile con il riferimento a parametri di mercato noti ma era poi necessario dimostrare che, in concreto, esso stato pagato, n ell’esercizio finanziario 2008, a un determinato prezzo) ‘; 2) in mancanza di una dimostrazione degli assunti costi e di una giustificazione analitica (‘punto per punto’) delle riscontrate movimentazioni bancarie non si poteva addurre l’inverosimiglianza della contestata percentuale di ricarico.
3 . L’Agenzia delle entrate si è costituita con ‘comparsa di costituzione’.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo si denuncia: 1) la violazione degli artt. 42, comma 2, del DPR n. 600/73, 56 del DPR N. 633/72 e 12, comma 7, della legge n. 212 /2000; 2) difetto di motivazione su un punto decisivo della controversia- nullità dell’accertamento per avere la CTR ritenuto legittimo l’avviso di accertamento sebbene fosse stato emesso -come eccepito nei gradi di merito, senza che sul punto la CTR avesse motivato alcunché -in assenza di ‘un corretto e sostanziale contraddittorio in sede di giustificazioni’ e , dunque, in difetto di motivazione non avendo l’Ufficio valutato (fornendo ‘una risposta punto per punto’) le deduzioni formulate dalla contribuente in sede di contraddittorio endoprocedimentale. Al riguardo, la ricorrente denuncia la nullità dell’avviso di accertamento stante l’assenza di un preciso riscontro in merito alle ‘copiose difese assunte dalla RAGIONE_SOCIALE in sede di contraddittorio’.
1.1.In primo luogo, la ricorrente col mezzo all ‘ esame ha cumulato censure per violazione di legge e vizio motivazionale senza però distinguere tra di esse nell’illustrazione del motivo: in tal modo impedendo un sicuro esercizio nomofilattico non essendo «ricompreso nel compito di nomofilachia assegnato al
Giudice di legittimità anche la individuazione del vizio in base al quale poi verificare la legittimità della sentenza impugnata, come emerge dal combinato disposto degli artt. 360 e 366 co. 1 n. 4 c.p.c. che riservano in via esclusiva tale compito alla parte interessata» (cfr. Cass. n. 18242 del 2003 e n. 4610 del 2016 Cass. Sez. 2, Sentenza n. 26790 del 23/10/2018; Sez. 1, Sentenza n. 39169 del 09/12/2021).
1.2. Quanto alla assunta violazione di legge, la (sub) censura è, comunque, nel merito, infondata.
1.3. Va, al riguardo, ribadito che è valido l’avviso di accertamento che non menzioni le osservazioni del contribuente di cui all’art. 12 della legge 27 luglio 2000, n. 212 atteso che, da un lato, la nullità consegue solo alle irregolarità per le quali sia espressamente prevista dalla legge oppure da cui derivi una lesione di specifici diritti o garanzie tale da impedire la produzione di ogni effetto e, dall’altro lato, l’Amministrazione ha l’obbligo di valutare tali osservazioni, ma non di esplicitare detta valutazione nell’atto impositivo (Cass. 31/03/2017, n. 8378). Si può convenire che nell’impianto delineato dal legislatore, alla facoltà concessa al contribuente di presentare memorie e osservazioni dopo il rilascio del processo verbale di constatazione, si accompagni il dovere di valutazione delle stesse da parte dell’Amministrazione, ma tale dovere non equivale alla necessità di puntuale e analitico contrasto di tutte le eccezioni del contribuente. E’ sufficiente che le osservazioni siano “valutate” e che l’Amministrazione dia conto dell’esito di tale valutazione nella motivazione dell’avviso di accertamento (Cass. sez. 5 n. 11881 del 2017). Nella specie, la motivazione dell’avviso di accertamento (allegata al ricorso) è coerente con tale modo di procedere, avendo l’Ufficio sintetizzato le diverse giustificazioni fornite dalla parte sia con riguardo alle operazioni di addebito che di accredito (pagg. 4-6) ritenendo, dai chiarimenti e dalla documentazione di parte, giustificate alcune delle movimentazioni finanziarie (per complessivi euro 135.340,00, di cui euro 35.990,00 per operazioni in addebito e euro 99.350,00 per operazioni in accredito).
1.4. Inammissibile si profila la (sub) censura relativa all’assunto ‘ difetto di motivazione su un punto decisivo della controversia ‘ in quanto, pur a prescindere dal riferimento al parametro di sindacato del vizio di motivazione, non più attuale, ma inopportunamente evocato, va ribadito che l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti, nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive (Cass., sez. 2, 14/06/2017, n. 14802; n. 2785 del 2021). Peraltro, nella specie, la CTR, nel rigettare nel merito l’appello della contribuente , ha confermato la sentenza di primo grado che aveva ritenuto infondata l’eccezione di difetto di motivazione dell’avviso in questione in quanto adeguatamente valutate in esso dall’Amministrazione le ragioni della contribuente , evidenziando come l’Uffi cio non fosse tenuto a valutare ‘ costi ipotetici non dimostrati ‘ ovvero ad espungere dal reddito contestato movimentazioni non giustificate analiticamente.
2. Con il secondo motivo si denuncia: 1) la violazione degli artt. 32 del DPR n. 600/73 e 51 del DPR n. 633/72, 2727 e 2729 c.c.; 2) omesso esame circa fatti decisivi e controversi per il giudizio (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.) per avere la CTR a fronte dell’accertamento di maggiori ricavi in applicazione della presunzione legale ex artt. 32 e 51 cit.confermato la legittimità dell’avviso senza considerar e la valenza della documentazione allegata già al ricorso di primo grado (ad es. fatture emesse dalle quali si evinceva che il prezzo massimo di vendita praticato del GPL era quello di euro 0,85 al litro con un margine lordo massimo di circa il 10/12%, tenuto conto del costo di acquisto del prodotto stabilito per legge dal Ministero dello sviluppo economico e controllato dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato ) dalla quale emergeva la totale abnormità dell’accertamento in questione in base al quale la società avrebbe ricavato un utile nella misura del 42%; inoltre, quanto ai costi medi del prodotto commercializzato non riconosciuti dalla CTR,
considerata l’attività di vendita all’ingrosso di GPL svolta dalla società ed essendo il costo di acquisto del prodotto stabilito ex lege e soggetto a controllo, non sarebbe stato possibile un acquisto dello stesso a prezzi differenti e più bassi di quelli di mercato.
2.1. Il motivo -nella parte in cui denuncia una violazione di legge -è fondato nei termini di seguito indicati.
2.2. Va premesso che in tema di accertamenti bancari, gli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972 prevedono una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. per le presunzioni semplici, e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze . (Cass. 30/062020, n. 13112; Cass. n. 5529 del 2025). Nel dettaglio, dunque, la prova del contribuente deve essere idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non sono riferibili ad operazioni imponibili, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle singole operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili (Cass., 30 giugno 2020, n. 13112, citata, in motivazione) e a tale dimensionamento dell’onere della prova gravante sul contribuente corrisponde l’obbligo del giudice di merito, da un lato, di operare una verifica rigorosa dell’efficacia dimostrativa delle prove fornite dal contribuente a giustificazione di ogni singola movimentazione accertata, e, dall’altro, di dare espressamente conto in sentenza delle risultanze di quella verifica (Cass., 18 novembre 2021, n. 35258).
2.3. La Corte, inoltre, ha precisato che l’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 contempla « una presunzione legale relativa in virtù della quale tutti i movimenti contabili – sia i versamenti che i prelievi – effettuati da un imprenditore
corrispondono ad operazioni imponibili e vincola, da un lato, l’Ufficio ad assumere che i movimenti bancari effettuati sui conti correnti intestati al contribuente siano a lui imputabili, senza che risulti necessario procedere all’analisi delle singole operazioni e, dall’altro, il contribuente, che quella presunzione volesse superare, ad offrire la prova contraria di avere tenuto conto delle somme oggetto delle movimentazioni ai fini della determinazione del reddito soggetto ad imposta, avendo registrato i versamenti in contabilità ed utilizzato prelevamenti per pagare determinati beneficiari, oppure fornendo la prova analitica della eventuale “irrilevanza” di quei movimenti, perciò riferibile al singolo movimento bancario, il che esclude già di per sé che sia sufficiente una prova generica e non puntuale » (Cass., 9 agosto 2016, n. 16686; in motivazione; Cass 10013 del 2025).
2.4.Sulla base di tali considerazioni, questa Corte ha evidenziato che «L’art. 32 d.P.R. n. 600/1973, al pari dell’art. 51 d.P.R. n. 633/1972, impone di considerare ricavi sia i prelevamenti, sia i versamenti su conto corrente, salvo che il contribuente non provi che i versamenti siano registrati in contabilità e che i prelevamenti siano serviti per pagare determinati beneficiari; nell’ipotesi in cui l’Amministrazione finanziaria contesti complessivamente l’inattendibilità della contabilità, il giudice del merito deve, in ogni caso, verificare l’efficacia dimostrativa delle prove fornite dal contribuente rispetto ad ogni singola movimentazione al fine di verificare che le movimentazioni bancarie siano o meno riferibili ad operazioni imponibili ai fini reddituali» (Cass., 13 dicembre 2023, n 34926; Cass., 5 aprile 2022, n. 14353; Cass 10013 del 2025).
2.5.Nella specie, con riguardo alla operata ripresa di maggiori ricavi non dichiarati, il motivo pur prospettando una violazione degli artt. 32 del DPR n. 600/73 e 51 del DPR n. 633/72, 2727 e 2729 c.c., in realtà tende inammissibilmente ad una nuova interpretazione di questioni di merito, in quanto – a fronte della imputazione a maggiori ricavi di movimentazioni dei conti correnti della società e dell’amministratore di fatto risultat e non giustificate in applicazione della presunzione legale ex artt. 32 e 51 cit. – la CTR ha ritenuto con una valutazione di fatto non sindacabile in sede di legittimità -che la
contribuente avesse ‘omesso di giustificare le movimentazioni bancarie ‘ punto per punto ‘ , il che implica un apprezzamento di merito di genericità della prova documentale addotta a contrario e, dunque, di inidoneità della stessa a superare la presunzione legale in relazione ad ognuna delle movimentazioni verificate.
2.6. Diversamente il motivo è fondato con riguardo alla questione della determinazione dei costi in tema di accertamenti bancari ex. art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973.
2.7. Va precisato, al riguardo, che la Corte costituzionale, con sentenza n. 10 del 2023, si è pronunciata sulla legittimità costituzionale dell’art. 32, primo comma, n. 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, nella parte in cui pone la presunzione per la quale i prelevamenti sul conto corrente, se non risultano dalle scritture contabili, sono considerati ricavi dell ‘ imprenditore commerciale, salvo che ne sia indicato il beneficiario e, dopo avere richiamato la sentenza n. 228 del 2014 (che, come già detto, aveva differenziato rispetto agli imprenditori la posizione dei lavoratori autonomi e dei professionisti, ritenendo solo rispetto a questi ultimi che la norma con riferimento ai prelievi fosse lesiva del principio di ragionevolezza e di capacità contributiva) e la sentenza n. 225 del 2005 (che aveva già deciso su alcune questioni afferenti alla legittimità costituzionale rispetto ai parametri di cui agli artt. 3 e 53 Cost. della presunzione di equiparazione dei prelievi ai ricavi espressa dalla norma censurata) ha ritenuto non fondate le questioni di costituzionalità dell’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973; ciò, tuttavia, in base alla possibilità di un’interpretazione adeguatrice, orientata alla conformità agli evocati parametri, precisando (al punto 8 e 9) che bisogna tener conto dei costi in misura percentuale rispetto ai ricavi accertati e ha, pertanto, statuito che «la disposizione censurata in tanto si sottrae alle censure mosse, in riferimento agli evocati parametri, dalla Commissione tributaria rimettente sì che le sollevate questioni possono essere dichiarate non fondate in quanto si interpreti nel senso che, a fronte della presunzione legale di ricavi non contabilizzati, e quindi occulti, scaturente da prelevamenti bancari non giustificati, il contribuente imprenditore possa sempre, anche in caso di
accertamento analitico-induttivo, opporre la prova presuntiva contraria e in particolare possa eccepire la «incidenza percentuale dei costi relativi, che vanno, dunque, detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati».
2.8.Più specificamente, la Corte Costituzionale, richiamato il principio secondo il quale, nell’ipotesi di accertamento induttivo «puro», deve riconoscersi la deduzione dei costi di produzione, determinata anche in misura percentuale forfettaria, ha ribadito che l’interpretazione adeguatrice, orientata alla conformità ai parametri di cui agli artt. 3 e 53 Cost., richiede che il contribuente imprenditore possa sempre articolare la prova presuntiva e, in particolare, eccepire la «incidenza percentuale dei costi relativi, che vanno, dunque, detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati» affinché la presunzione in esame risulti essere compatibile, in particolare, anche con il principio di capacità contributiva (art. 53, primo comma, Cost.) e ha precisato che: «Però, nell’esaminare la questione della deducibilità dei costi anche a fronte di un accertamento analitico contabile compiuto mediante indagini bancarie, occorre considerare che la disposizione censurata consente all’amministrazione finanziaria di avvalersi di una presunzione che, quanto all’equiparazione dei prelevamenti ai ricavi, è in realtà duplice (o di secondo grado): i prelievi sarebbero utilizzati per sostenere costi occulti, i quali a loro volta avrebbero generato pari ricavi non risultanti, anch’essi, dalla contabilità dell’imprenditore. In una fattispecie siffatta dunque – tanto che il metodo di accertamento sia analitico-induttivo, quanto induttivo cosiddetto “puro” – finirebbe effettivamente con il violare i principi di ragionevolezza e di capacità contributiva un sistema nel quale fosse consentito alla stessa amministrazione dimostrare, in virtù di un meccanismo inferenziale di secondo grado, che i prelievi del contribuenteimprenditore sono serviti per sostenere costi “occulti”, dai quali sono stati prodotti ricavi “occulti”, pari ai prelievi in questione, senza che sia possibile la deduzione dei costi sostenuti dall’imprenditore per produrre tali ricavi, secondo una prova contraria per presunzioni offerta da quest’ultimo. Da una parte, infatti, da tale sistema deriverebbero esiti irragionevoli perché finirebbe per prevedere un trattamento più severo, quanto al regime della possibile prova contraria
rispetto alla presunzione legale in esame, in danno del contribuente che ha tenuto una contabilità complessivamente attendibile (e che può essere destinatario di un accertamento analitico-induttivo), rispetto al regime probatorio di cui si avvale chi, destinatario di un accertamento induttivo, ha omesso qualsiasi contabilità ovvero ne ha tenuta una complessivamente inattendibile o ha posto in essere gravi condotte, quale l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi. D’altra parte, la presunzione in esame, quanto ai prelievi bancari recuperati a reddito d’impresa quali ricavi “occulti”, si porrebbe in contrasto con il principio della capacità contribuiva poiché, in mancanza di alcuna deduzione di costi, desumibile in via presuntiva, anche con riferimento alle “medie” elaborate dall’amministrazione finanziaria per il settore di riferimento, finirebbe per tassare, in parte, una ricchezza inesistente laddove, invece, ogni prelievo tributario deve avere una causa giustificatrice in indici concretamente rivelatori di ricchezza ( ex plurimis , sentenze n. 156 del 2001, n. 111 del 1997, n. 21 del 1996, n. 143 del 1995, n. 179 del 1985 e n. 200 del 1976)» (cfr. paragrafo 8 della sentenza delle Corte Costituzionale n. 10 del 2023).
2.9.Ciò comporta il superamento di quella giurisprudenza costante, in materia di prova contraria incombente al contribuente per vincere la presunzione relativa di cui al citato art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, secondo cui è onere del contribuente dimostrare la sussistenza di specifici costi e oneri deducibili, fondata su concreti elementi di prova (cfr. Cass., 16 luglio 2020, n. 15161), avvicinando il riconoscimento della detrazione dei costi, in relazione ai prelevamenti non giustificati, al regime forfettario proprio dell’induttivo puro. 2.10.Questa Corte, dunque, ha enunciato il seguente principio di diritto: « In tema di accertamenti bancari di cui all’art. 32 d.P.R. 602/1973, a fronte della presunzione legale di ricavi non contabilizzati, e quindi occulti, scaturenti da prelevamenti bancari non giustificati, il contribuente imprenditore può sempre, anche in caso di accertamento analitico-induttivo, eccepire la incidenza percentuale dei costi relativi, che vanno, dunque, detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificat i» e ha affermato che «Ove detti costi non siano stati
riconosciuti dall’Amministrazione finanziaria, va demandato al giudice di merito l’accertamento dell’ammontare dei costi sostenuti per la produzione del reddito, in ragione del parametro individuato nel par. 8 della sentenza della Corte Costituzionale n. 10 del 2023, quantificandoli in via presuntiva, anche con riferimento alle «medie» elaborate dall’amministrazione finanziaria per il settore di riferimento, o, se del caso, anche a mezzo di consulenza tecnica d’ufficio» (Cass., 8 marzo 2023, n. 6874; Cass 10013 del 2025).
2.11.Nella sentenza impugnata la CTR non si attenuta ai suddetti principi nel non riconoscere la incidenza percentuale dei costi relativi che andavano, invece, detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati e pretendendo, al riguardo, l’assolvimento da parte della società dell’onere di dimostrare la sussistenza di specifici costi e oneri deducibili, fondata su concreti elementi di prova, nella specie ritenuto non assolto ( non era sufficiente una generica allegazione di circostanze, del tutto plausibili, ma generiche (id est: era certamente vero che il prezzo del GPL tendenzialmente era identificabile con il riferimento a parametri di mercato noti ma era poi necessario dimostrare che, in concreto, esso stato pagato, nell’esercizio finanziario 2008, a un determinato prezzo)… dinanzi alla mancanza di una giustificazione analitica dei costi sostenuti ‘ ).
3.In conclusione, va accolto il secondo motivo nei termini di cui in motivazione, disatteso il primo, con cassazione della sentenza impugnata, in relazione al motivo come accolto, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo nei termini di cui in motivazione, disatteso il primo, cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo come accolto, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 25 settembre 2025
Il Presidente NOME COGNOME