Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34552 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34552 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
MEDAGLIA FLAVIO
– intimato – per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Calabria n. 2956/2021 depositata in data 15/09/2021, non notificata;
udita la relazione tenuta nell’adunanza camerale del 10 dicembre 2024 dal consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Art. 32 dPR n. 600/73indagini bancarie-prova contraria-presunzioniammissibilità
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6776/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
La Commissione tributaria regionale della Calabria rigettò l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Cosenza, che aveva annullato l’avviso di accertamento emesso nei confronti di NOME COGNOME con cui , presupposti l’esiguità dei redditi e il possesso di autovetture di grossa cilindrata, a seguito di indagini bancarie, erano accertati, a fini Irpef per l’anno di imposta 2012, gli accrediti ricevuti sui conti correnti dal fratello e dalla cognata , residenti all’estero .
In particolare, la CTR ritenne che non vi fossero elementi per ritenere che si trattasse di compensi corrisposti a fronte dell’obbligo di provvedere alla gestione del patrimonio del fratello, come sostenuto dall’ufficio, e non di liberalità, come sostenuto dal contribuente, come era dimostrato dal fatto che le somme versate non erano fisse e non erano identiche e dal rapporto di stretta parentela, irrilevante essendo il difetto di forma in quanto le donazioni erano tutte tracciabili.
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso affidato ad un motivo.
Il contribuente, cui il ricorso è stato notificato a mezzo p.e.c. presso il difensore di appello, è rimasto intimato.
Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 10 dicembre 2024.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., l’Agenzia deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 67 t.u.i.r.
L ‘ufficio deduce infatti che la CTR non avrebbe tenuto conto della presunzione legale prevista dalla prima disposizione in quanto, in presenza di accrediti sul conto bancario, gravava sulla parte l’onere di provare la natura non reddituale degli stessi, attraverso una prova analitica riferita ad ogni versamento bancario, cui consegue l’obbligo del giudice di verificare l’efficacia dimostrativa delle prove offerte e
darne conto in motivazione; nel caso di specie la CTR aveva omesso tale verifica mancando anche un principio di prova scritta poichè le donazioni peraltro provenivano dal conto della cognata e la natura donativa era stata desunta solo da elementi presuntivi, quali il rapporto di parentela, la modestia degli importi e il carattere non fisso dei versamenti, mentre le causali dei bonifici non indicavano alcuna d escrizione ‹‹donazione›› nè vi erano altri documenti in atti; invece la periodicità cadenzata dei versamenti lasciava presumere che si trattasse di corrispettivi per obblighi di fare, disciplinati quali redditi diversi dall’art . 67 t.u.i.r.; irrilevante era poi il riferimento al rischio di doppia imposizione, pure richiamato dalla CTR.
2. Costituisce orientamento consolidato di questa Corte quello per cui, in tema di accertamenti bancari, gli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972 prevedono una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 cod. civ. per le presunzioni semplici, e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze (Cass. n. 13112/2020).
In dettaglio – secondo questa giurisprudenza di legittimità – in materia di accertamenti bancari, all’onere probatorio gravante sul contribuente, che vuole superare la presunzione legale posta dalle predette disposizioni a favore dell’erario, di fornire non una prova generica, ma una prova analitica (sul punto, vedi Cass. n. 26111/2015 e la giurisprudenza ivi richiamata) idonea a dimostrare che gli elementi
desumibili dalle movimentazioni bancarie non sono riferibili ad operazioni imponibili, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle singole operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili (in termini, Cass. n. 18081/2010, Cass. n. 22179/2008 e Cass. n. 26018/2014), corrisponde poi l’obbligo del giudice di merito, da un lato, di operare una verifica rigorosa dell’efficacia dimostrativa delle prove fornite dal contribuente a giustificazione di ogni singola movimentazione accertata, e, dall’altro, di dare espressamente conto in sentenza delle risultanze di quella verifica.
Si è anche precisato che, in mancanza di espresso divieto normativo ed in ossequio al principio di libertà dei mezzi di prova, al contribuente è consentito fornire la prova contraria anche attraverso presunzioni semplici, dovendo in questo caso il giudice di merito individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purché grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo, senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative (Cass. n. 11102/2017; Cass. n. 10480/2018; Cass. n. 18495/2024).
Premessi tali consolidati principi, cui va data ulteriore continuità, il ricorso è da respingere in quanto in parte inammissibile ed in parte infondato.
Le uniche censure in diritto che il motivo esprime sono date: a) da lla violazione dell’onere della prova in tema di accertamenti bancari ; b) dalla natura della prova offerta dal contribuente, affidata a elementi presuntivi; c) dalla violazione da parte del giudice dell’obbligo di esaminare analiticamente i singoli versamenti e darne conto in motivazione.
Sotto il primo profilo, il giudice di appello non ha violato il riparto degli oneri probatori ma ha ritenuto che il contribuente avesse dimostrato la natura non reddituale delle somme versate sul conto corrente dalla cognata, ritenendo trattarsi di donazione, assolvendo al proprio onere probatorio. La contestazione della qualificazione delle operazioni a monte quali corrispettivi di obblighi di fare invece che di donazioni è questione che evidentemente esula dal tema relativo all’onere della prova.
Sotto il secondo profilo, come già evidenziato, questa Corte ha già affermato che la prova del contribuente può anche essere affidata a presunzioni, principio cui la CTR si è affidata, e nel caso di specie il ragionamento presuntivo non è censurato, nel corpo del motivo e neanche nella rubrica, ove non si fa riferimento alle disposizioni in tema di presunzioni. L’apprezzamento degli elementi presuntivi ovviamente poi non è censurabile in sede di legittimità in quanto attiene al merito della controversia.
Sotto il terzo profilo, l’analiticità dell’esame dei singoli versamenti (peraltro neanche indicati dall’ufficio), è incontestato che le operazioni oggetto di accertamento sono versamenti provenienti dalla cognata e dal fratello, per cui è del tutto ovvio che la motivazione della CTR, sebbene resa complessivamente, sia valida per tutti.
4. Concludendo, il ricorso va respinto.
Non vi è a provvedere in merito alle spese di lite alla luce della circostanza che la parte intimata non ha svolto attività difensiva.
La soccombenza di una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, determina che non si applichi l’art. 13 , comma 1quater , d.P.R. n. 115 del 2002 (Cass. 29/01/2016, n. 1778).
rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma in data 10 dicembre 2024.