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Accertamenti bancari: come provare le donazioni

In un caso di accertamenti bancari, un contribuente ha ricevuto somme sul proprio conto da familiari residenti all’estero. L’Agenzia delle Entrate le ha considerate reddito non dichiarato. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia, stabilendo che il contribuente può superare la presunzione di reddito anche con prove presuntive, come il rapporto di parentela e la natura non fissa dei versamenti, senza dover necessariamente fornire una prova analitica per ogni singola operazione.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamenti bancari e Donazioni: la Cassazione fa Chiarezza sulla Prova Contraria

Gli accertamenti bancari rappresentano uno degli strumenti più efficaci a disposizione dell’Agenzia delle Entrate per contrastare l’evasione fiscale. Tuttavia, non tutte le somme che transitano su un conto corrente costituiscono reddito imponibile. È il caso delle donazioni tra familiari, spesso oggetto di contenzioso. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti su come un contribuente possa difendersi, specificando che la prova della natura non reddituale dei versamenti può essere fornita anche tramite presunzioni.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un avviso di accertamento notificato a un contribuente per l’anno d’imposta 2012. L’Agenzia delle Entrate, a seguito di indagini bancarie e notando l’esiguità dei redditi dichiarati a fronte del possesso di auto di grossa cilindrata, aveva qualificato come reddito imponibile una serie di accrediti ricevuti dal contribuente sul proprio conto corrente. Tali somme provenivano dal fratello e dalla cognata, entrambi residenti all’estero.

Il contribuente si opponeva, sostenendo che si trattasse di semplici liberalità (donazioni) e non di compensi per la gestione del patrimonio del fratello, come ipotizzato dall’ufficio. La Commissione Tributaria Regionale aveva dato ragione al contribuente, ritenendo che elementi come lo stretto rapporto di parentela e il fatto che le somme non fossero fisse né identiche nel tempo fossero sufficienti a dimostrarne la natura di donazione. L’Agenzia delle Entrate, insoddisfatta, ha proposto ricorso in Cassazione.

La Questione degli Accertamenti Bancari e l’Onere della Prova

Il cuore della controversia ruota attorno all’articolo 32 del d.P.R. n. 600/1973. Questa norma stabilisce una presunzione legale: tutti gli accrediti su un conto corrente si considerano ricavi o compensi, a meno che il contribuente non dimostri il contrario. L’Agenzia delle Entrate sosteneva che la corte di merito non avesse applicato correttamente questo principio, poiché il contribuente non aveva fornito una prova analitica per ogni singolo versamento.

Secondo l’amministrazione finanziaria, la corte si era basata su semplici elementi presuntivi (il legame familiare, la modestia degli importi) che non erano sufficienti a superare la forte presunzione legale. Inoltre, la periodicità dei versamenti, a detta dell’Agenzia, suggeriva che si trattasse di corrispettivi per un’attività lavorativa, configurabili come ‘redditi diversi’.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ritenendolo in parte inammissibile e in parte infondato. I giudici hanno chiarito alcuni punti fondamentali in materia di accertamenti bancari.

In primo luogo, la Corte ha confermato che l’onere probatorio di dimostrare la natura non imponibile delle somme accreditate grava sul contribuente. Tuttavia, ha specificato che questa prova può essere fornita anche attraverso presunzioni semplici, purché siano gravi, precise e concordanti. Nel caso di specie, la Commissione Tributaria Regionale aveva correttamente utilizzato elementi come il rapporto di parentela e l’irregolarità degli importi per dedurre la natura di liberalità dei versamenti. Questo tipo di valutazione, essendo un apprezzamento di merito, non è sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato.

In secondo luogo, la Cassazione ha respinto la necessità di una prova analitica e ‘parcellizzata’ per ogni singolo versamento. Poiché era incontestato che tutte le operazioni oggetto di accertamento provenissero dalle medesime persone (il fratello e la cognata), la motivazione della corte di merito, sebbene resa in modo complessivo, è stata ritenuta valida per tutte le operazioni. Non era dunque necessario un esame ‘versamento per versamento’ quando l’origine e la logica sottostante erano le stesse.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida un importante principio a tutela del contribuente nell’ambito degli accertamenti bancari. Sebbene la legge ponga una forte presunzione a favore del Fisco, il cittadino ha la possibilità di difendersi fornendo una prova contraria che non deve essere necessariamente documentale. Elementi logici e presuntivi, come i legami familiari e le caratteristiche dei flussi finanziari, possono essere sufficienti a convincere il giudice della natura non reddituale delle somme accreditate. La decisione sottolinea l’obbligo del giudice di merito di valutare rigorosamente le prove offerte, ma riconosce al tempo stesso la validità di un ragionamento presuntivo ben fondato per superare le pretese dell’amministrazione finanziaria.

In caso di accertamenti bancari, come può un contribuente dimostrare che le somme ricevute sono donazioni e non reddito?
Secondo la Corte, il contribuente può superare la presunzione legale di reddito fornendo la prova contraria. Tale prova può consistere anche in presunzioni semplici, come lo stretto rapporto di parentela con chi effettua i versamenti e la natura non fissa e non identica delle somme, che insieme possono dimostrare la natura di liberalità degli accrediti.

La prova fornita dal contribuente deve essere documentale o sono ammesse anche presunzioni?
La Corte ha affermato che al contribuente è consentito fornire la prova contraria anche attraverso presunzioni semplici (gravi, precise e concordanti). Non è quindi richiesta una prova esclusivamente documentale, ma il giudice deve valutare analiticamente i fatti noti per dedurre quelli ignoti, apprezzando il significato dei movimenti bancari nel loro contesto complessivo.

È necessario giustificare analiticamente ogni singolo versamento ricevuto sul conto corrente?
Non necessariamente. La Corte ha ritenuto che, quando i versamenti contestati provengono tutti dalla stessa fonte (in questo caso, fratello e cognata) e sono riconducibili alla stessa causale (donazione), la motivazione del giudice può essere complessiva e valida per tutte le operazioni, senza la necessità di un esame analitico di ogni singolo accredito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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