Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8240 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8240 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 28/03/2025
Irpef-Irap-Iva-Indagini finanziarie
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18773/2018 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’ Avv. NOME COGNOME e dall ‘Avv. NOME COGNOME in forza di procura a margine del ricorso, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO in Roma;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato;
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. DELLA CAMPANIA, n. 10633/14/17, depositata in data 12/12/2017, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5/03/2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con avviso di accertamento n. TF7010701520/2014 l’Agenzia delle Entrate recuperava ad imposizione maggiori Irpef, Irap e Iva per l’anno di imposta 2009 . Il contribuente proponeva istanza di accertamento con adesione conclusasi negativamente e quindi proponeva ricorso.
L’adita Commissione tributaria provinciale di Caserta accoglieva parzialmente il ricorso.
Avverso tale decisione proponevano appello tanto l’Amministrazione finanziari a quanto il contribuente, e, una volta riunite le due impugnazioni, la C.T.R. accoglieva parzialmente l’appello proposto dall’Ufficio, rigettando il gravame del contribuente.
Ricorre per la cassazione della sentenza di secondo grado NOME COGNOME affidandosi a tre motivi di ricorso.
L’ Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 5 marzo 2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la nullità della sentenza per violazione degli artt. 22 e 53 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., deducendo l’errato mancato rilievo dell’inammissibilità dell’appello erariale, spedito a mezzo posta, in quanto mancante del deposito della ricevuta di spedizione o dell’avviso di ricevimento dell’appello medesimo, come si evincerebbe dalla mancata indicazione di esso tra gli allegati al ricorso.
1.1. Il motivo è inammissibile e infondato.
L ‘Avvocatura dello Stato ha riprodotto all’interno del controricorso la relata di notifica del ricorso, la cui visione diretta è alla Corte consentita dalla natura processuale del vizio dedotto, documento da cui emerge che l’atto di appello è stato notificato a mezzo messo notificatore (art. 16, comma 4, d.lgs. n. 546 del 1992) e non direttamente a mezzo del servizio postale (art. 16, comma 3, d.lgs. n. 546 del 1992), come invece dedotto nel ricorso, che quindi manca di specifica descrizione del fatto processuale, nonché la ricevuta di deposito dell’atto con allegati, da cui si ricava l’avvenuto deposito nella segreteria della CTR.
Con il secondo motivo il contribuente deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12 della l. 7 luglio del 2000, n. 212, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., lamentando l’erroneità della decisione laddove ha ritenuto assolto l’onere motivazionale dell’ufficio sulle osservazioni svolte dal contribuente.
2.1. Il motivo è infondato.
In tema di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, questa Corte ha già ritenuto che è valido l’avviso di accertamento che non menziona le osservazioni del contribuente ex art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, atteso che, da un lato, la nullità consegue solo alle irregolarità per le quali è espressamente prevista dalla legge oppure da cui deriva una lesione di specifici diritti o garanzie tale da impedire la produzione di ogni effetto e che, dall’altro lato, l’Amministrazione ha l’obbligo di valutare tali osservazioni, ma non di esplicitare detta valutazione nell’atto impositivo (Cass. 07/05/2024, n. 12343; Cass. Cass. 03/05/2022, n. 1398, in motivazione; Cass. 10/05/2021, n. 12268, in motivazione; Cass. 31/03/2017, n. 8378; Cass. 24/02/2016, n. 3583).
Inoltre, nel caso di specie, la CTR ha esaminato la motivazione dell’avviso di accertamento e con accertamento in fatto , insuscettibile
di riesame in questa sede, ha evidenziato che esso fosse sufficientemente motivato, anche in riferimento alle osservazioni della parte.
Con il terzo motivo di impugnazione, il contribuente eccepisce la violazione dell’art. 36 d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, dell’art. 13 2, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ. e d ell’ art. 111 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ. , per aver omesso la motivazione sulle giustificazioni addotte dal contribuente in merito ai versamenti contestati dall’Ufficio con l’atto impositivo.
3.1. Il motivo è infondato.
La mancanza della motivazione, rilevante ai sensi dell’art. 132 n. 4, cod. proc. civ. (e nel caso di specie dell’art. 36, secondo comma, n. 4, d.lgs. 546/1992) e riconducibile all’ipotesi di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, si configura quando la motivazione manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione ovvero… essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum . Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione, sempre che il vizio emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata (Cass., Sez. U., 7/04/2014, n. 8053).
In particolare si è in presenza di una motivazione apparente allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi,
materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture.
Ciò premesso, in generale, costituisce poi orientamento consolidato di questa Corte che, in tema di accertamenti bancari, gli artt. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e 51 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 prevedono una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 cod. civ. per le presunzioni semplici, e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze (Cass. 30/06/2020, n. 13112; Cass. 3/05/2018, n. 10480).
Nel caso di specie, la CTR ha adeguatamente adempiuto ai propri doveri motivazionali, come emerge dalla semplice lettura della decisione, dove tutte le giustificazioni relative a tutte le operazioni indicate nel terzo motivo di ricorso sono accompagnate da un esame analitico (operazione per operazione) e da una motivazione concreta, con la quale invero il ricorrente neanche si confronta, limitandosi a riportare la propria originaria tesi difensiva.
Concludendo, il ricorso va respinto.
Alla soccombenza segue condanna al pagamento delle spese di lite in favore dell’Agenzia delle entrate, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore dell’Agenzia delle entrate, liquidandole in euro 10.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito;
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 , della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 05/03/2025.